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N. R.G. 2017/133 Firmato Da: FLAMINI MARTINA Emesso Da: Postecom CA3 Serial#: eccb8 TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO I SEZIONE CIVILE Nella causa civile iscritta al n. r.g. 133/2017 promossa da: MACAULAY EDOMWONYI (C.F. DMWMLY94P11Z335C), con il patrocinio dell avv. VERDINI VALENTINA, elettivamente domiciliato in MILANO, VIA MELCHIORRE GIOIA, 41/A presso il difensore Ricorrente contro MINISTERO DELL INTERNO (C.F. 80185690585) C.T. PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROT. INT. MILANO C/O PREFETTURA UTG (C.F. 97723970154) E con l intervento del PUBBLICO MINISTERO OGGETTO: ricorso ex art. 35 D.Lgsvo 25/08. Conclusioni del ricorrente: come da ricorso introduttivo IN FATTO E DIRITTO Con ricorso ex art. 35 D.L.vo 25/08, tempestivamente depositato, Edomwonyi Macaulay, nato in Nigeria in data 11.9.1994, ha proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato di Milano aveva rigettato la sua richiesta di protezione internazionale. Il ricorrente, a sostegno della propria domanda di protezione internazionale, ha dedotto: che, per poter pagare la retta del College, aveva accettato di avere rapporti omosessuali con un amico, molto ricco; che all interno del College era stata scoperta la relazione e che, per paura delle conseguenze, aveva deciso di lasciare il proprio paese. La Commissione Territoriale, non costituitasi in giudizio, ha trasmesso gli atti relativi al procedimento svoltosi dinanzi ad essa. Il P.M. ha ricevuto rituale notifica del ricorso introduttivo. Sentito il ricorrente, acquisiti i documenti prodotti, il giudice, esaurita la discussione, ha riservato la decisione. Il ricorso, proposto ai sensi dell'art. 35 del D.Lvo 28.1.2008 n. 25 (Attuazione della Direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli stati membri ai fini del Pagina 1

riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, applicabile nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2011 ai procedimenti pendenti, come quello in esame, in virtù del disposto dell art. 36) è fondato e merita accoglimento. Se per un verso nelle controversie attinenti al riconoscimento dello status di rifugiato politico deve ritenersi in via generale attenuato l onere probatorio incombente sul richiedente - così come oggi esplicitato dall art. 3, comma 5 D.lvo 251/07-, d altra parte il richiedente protezione non è esonerato dalla prova. Secondo l insegnamento della Cassazione L'onere probatorio, deve dunque essere assolto seppur in via indiziaria tenendo conto delle difficoltà connesse a volte ad un allontanamento forzato e segreto, ma comunque a mezzo elementi aventi carattere di precisione, gravità e concordanza, desumibili dai dati, anche documentali, offerti al bagaglio probatorio ( )Il fatto che tale onere debba intendersi in senso attenuato non incide sulla necessità della sussistenza sia della persecuzione sia del suo carattere personale e diretto per le ragioni rappresentate a sostegno della sua rivendicazione (cfr. Cass. n. 26278/05), e soprattutto non pone a carico dell'amministrazione alcuno speculare onere ne' di concedere il beneficio del dubbio, ne' di smentire con argomenti contrari le ragioni addotte dall'istante. (Cass. 18353/06). In particolare, per accertare la veridicità e l'attendibilità delle circostante esposte dal ricorrente a fondamento delle proprie istanze di protezione internazionale deve farsi applicazione del regime dell'onere della prova previsto nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, che stabilisce che, se il richiedente non ha fornito la prova di alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova vengono ritenuti comunque veritieri se: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) è stata fornita un'idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi, le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili e correlate alle informazioni generali e specifiche riguardanti il suo caso; c) il richiedente ha presentato la domanda il prima possibile o comunque ha avuto un valido motivo per tardarla; d) dai riscontri effettuati il richiedente è attendibile (v. Cass. 6879/11). Il ricorso merita accoglimento. Nella domanda di protezione internazionale il ricorrente ha riferito di essere cittadino della Nigeria e di essere stato costretto a lasciare il suo paese a causa della scoperta della relazione omosessuale che aveva intrattenuto con l amico Moussa, (relazione che avrebbe messo in pericolo la sua vita, atteso che l omosessualità in Nigeria è un reato punito con la pena detentiva). Il ricorrente è stato sentito poi dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano e nel corso del presente giudizio, rendendo sempre dichiarazioni coerenti e concordanti. Pagina 2

Dinanzi al Giudice il ricorrente ha dichiarato: ho lasciato il mio paese perché sono stato scoperto in una stanza del college con un mio amico, in un atto omosessuale. Io, era il gennaio del 2014, frequentavo questo college da un anno. Lo pagavo con i soldi che mi dava Moussa. Questo College si chiamava Edo College. Io non sono omosessuale, ma ho deciso di avere questo rapporto perché avevo bisogno di soldi. Il ragazzo con cui ero, Moussa, era musulmano ed era molto ricco. Io ho accettato di avere questo rapporto per avere i soldi per mantenermi. Lui mi ha dato molti soldi, non ricordo esattamente. Questo è successo molte volte. Mentre eravamo insieme una donna è entrata in camera e ci ha colto sul fatto. Lei ha cominciato ad urlare. Noi abbiamo capito che la cosa stava diventando grave. Io sono riuscito a scappare, ma il mio amico no. Sono scappato perché la polizia mi avrebbe cercato. Mi avrebbe cercato anche la donna che ci aveva scoperto. Io non so cosa sia successo subito dopo. In seguito ho saputo che Moussa è morto. Lo ho saputo dalla gente, da mio fratello, da mia sorella. Io li ho incontrati dopo essere scappato. Mio fratello mi ha consigliato di fuggire perché la polizia mi aveva cercato anche a casa mia. A questo punto ho rotto la mia SIM. Le dichiarazioni del ricorrente appaiono del tutto credibili. Egli, infatti, ha riferito sempre particolari coerenti che portano a ritenere del tutto plausibile come egli, pur di poter continuare a pagare gli studi, aveva accettato di avere una relazione omosessuale con l amico facoltoso che frequentava il suo stesso college. Il ricorrente, piuttosto che dichiarare di essere omosessuale (allo scopo di riferire un particolare che, alla luce della nota posizione della autorità nigeriane nei confronti degli omosessuali, avrebbe dimostrato la sussistenza di un requisito necessario per il riconoscimento dello status) ha detto la verità, affermando di non essere omosessuale, ma di aver accettato di avere dei rapporti sessuali con Moussa al solo scopo di poter continuare a frequentare il College. La credibilità delle dichiarazioni del ricorrente è altresì confermata dai documenti prodotti dalla difesa e, in particolare, dal certificato relativo agli esami sostenuti dal ricorrente proprio presso l Edo College di Benin City. Così ritenuto credibile quanto dichiarato dal ricorrente, si osserva che, nel caso in esame, la discriminazione per l appartenenza ad un determinato gruppo sociale (e, nello specifico, l orientamento sessuale del ricorrente, che, è opportuno ribadire, costituisce un aspetto fondamentale dell identità umana che una persona non deve essere costretta a nascondere o abbandonare) diventa una forma di persecuzione, atteso che in Nigeria l omosessualità è un reato ed è punito con la pena detentiva. A tal proposito, non pare inutile ricordare che nella sentenza 7.11.2013, la Corte di Giustizia UE ha chiarito: che l orientamento sessuale di una persona costituisce una caratteristica così fondamentale per la sua identità che essa non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi ; che tale Pagina 3

interpretazione è confermata dall articolo 10, paragrafo 1, lettera d), secondo comma, della direttiva, da cui risulta che, in funzione delle circostanze esistenti nel paese d origine, un particolare gruppo sociale può essere un gruppo i cui membri hanno come caratteristica comune un determinato orientamento sessuale ; che l esistenza di una legislazione penale come quelle di cui trattasi in ciascuno dei procedimenti principali, che riguarda in modo specifico le persone omosessuali, consente di affermare che tali persone costituiscono un gruppo a parte che è percepito dalla società circostante come diverso ; che l esistenza di una legislazione penale come quelle di cui trattasi in ciascuno dei procedimenti principali, che riguarda in modo specifico le persone omosessuali, consente di affermare che tali persone devono essere considerate costituire un determinato gruppo sociale ; ed infine che il mero fatto di qualificare come reato gli atti omosessuali non costituisce, di per sé, un atto di persecuzione. Invece, una pena detentiva che sanzioni taluni atti omosessuali e che effettivamente trovi applicazione nel paese d origine che ha adottato una siffatta legislazione dev essere considerata una sanzione sproporzionata o discriminatoria e costituisce pertanto un atto di persecuzione. Ciò posto, nel caso in esame, la same sex marriage bill, infatti, approvata nel gennaio del 2014, prevede fino a 14 anni di carcere per chi contrae matrimonio o unione civile gay e 10 anni per chi rende pubblica la propria relazione omosessuale. L esistenza di una pena detentiva così elevata, non può che essere considerata una sanzione discriminatoria e dunque un atto di persecuzione. Alla luce di quanto sin qui sinteticamente esposto, a questo giudice appare del tutto evidente il grave pericolo di persecuzione cui sarebbe soggetto il ricorrente in caso di rientro in Patria, motivato dal suo orientamento sessuale (che, come evidenziato poco sopra, era ormai noto anche alla Polizia Locale, che ha fatto irruzione del College). Sussistono, pertanto, i presupposti per riconoscere al ricorrente lo status di rifugiato sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28.7.1951 e del D.Lvo 19.11.2007. n. 251. In considerazione del fatto che l Amministrazione dello Stato non si è costituita e non ha resistito alla domanda del ricorrente, e a norma dell art. 133 DPR 30.5.2002 n. 115, appare corretto prescindere dalla pronuncia di condanna alle spese (in quanto questa verrebbe a cadere su un amministrazione dello Stato, in favore di quest ultimo). P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa, così provvede: Pagina 4

Riconosce a Edomwonyi Macaulay, nato in Nigeria il 11.9.1994 CUI 054C47A - lo status di rifugiato; spese non ripetibili; dispone che la presente ordinanza sia notificata al Ministero dell interno presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale presso la Prefettura di Milano. Milano, 29 settembre 2017 Il Giudice dott. Martina Flamini Firmato Da: FLAMINI MARTINA Emesso Da: Postecom CA3 Serial#: eccb8 Pagina 5