psicologia dello sport



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Sport e motivazione

La psicologia dello sport è la disciplina che studia gli aspetti psicologici,sociali, pedagogici e psico-fisiologici dello sport. Inizialmente la psicologia dello sport cercò di stabilire delle relazioni significative fra personalità e sport, utilizzando soprattutto strumenti diagnostici provenienti dalla psicologia clinica, ma successivamente si è specializzata nell'ambito della preparazione mentale e sulle abilità che possono essere incrementate nello sportivo, vale a dire l'attenzione, la concentrazione, la motivazione, la gestione dello stress e dell'ansia ed altro. Lo psicologo dello sport è un dottore in psicologia (più spesso ad indirizzo clinico o del lavoro) che mette a disposizione le sue conoscenze presso Federazioni, Enti, Palestre Associazioni e si dedica alla formazione, tramite interventi individuali o di gruppo, dello staff dirigenziale, degli arbotri, degli allenatori, istruttori, degli atleti di sport individuali o di squadra. Lo psicologo non è un tecnico, quindi non eroga servizi concernenti consigli o strategie tecniche e tattiche, ma riveste un ruolo ben definito: quello di esperto di tematiche psicologiche e psico-pedagogiche nei confronti di tutti i membri della Società sportiva. Lo psicologo dello sport si occupa in particolare di: allenare e potenziare le abilità mentali degli atleti, fra cui annoveriamo in particolare l'abilità di rilassarsi,di visualizzare, di porsi degli obiettivi, di mantenere la propria motivazione, di gestire l'ansia da prestazione. La psicologia dello sport sta dando un enorme contributo alla comprensione del ruolo dello sport nello sviluppo dei bambini, evidenziando come debba rappresentare un'esperienza divertente, di crescita e consapevolezza del proprio corpo, dello stare bene con se stessi e gli altri (compagni di squadra e allenatore). Le principali competenze dello psicologo sportivo sono: il goal setting (formazione corretta degli obiettivi di prestazione e di risultato); allenare a gestire le emozioni; allenare alla visualizzazione del percorso e dei gesti motori dell'atleta; migliorare l'autostima dell atleta; proporre strategie per la gestione dell'attivazione psicofisica dell'atleta; studiare e potenziare gli stili attentivi dell'atleta; lavorare sul self talk (dialogo interno) positivo e negativo; diagnosticare disturbi alimentari (DCA) sport-specifici; diagnosticare psicopatologie sportspecifiche come la nikefobia, l'ansia da prestazione o la sindrome del campione; analizzare il gesto motorio con videoregistrazioni; informare ed intervenire sull'abuso di sostanze dopanti e stupefacenti; informare ed intervenire sull'uso improprio di farmaci antidolorifici negli atleti infortunati; offrire consulenza sul dolore, depressione, perdita e suicidio negli atleti; offrire consulenza sull'overtraining e sul

burn out negli sportivi; offrire consulenza sulla gestione della grinta e dell'aggressività in relazione allo sport; intervenire sull'infortunio sportivo e sul processo riabilitativo; seguire i passaggi di categoria e i cambiamenti nella vita dello sportivo; favorire il team spirit; favorire la gestione della coesione di squadra; analizzare e sviluppare la leadership di atleti ed allenatori; sviluppare le competenze relazionali dell'allenatore; sviluppare la sportività (fair play) negli atleti; offrire consulenze di parent training ai genitori. Riguardo concentrazione e attenzione, dato che questa può essere spontanea (cioè involontaria, che "segue" gli stimoli così come si susseguono attorno all'individuo) e conativa (cioè volontaria, focalizzata su un determinato stimolo). È su questa seconda tipologia che si concentra la psicologia dello sport. Le competenze di psicologia sono importanti soprattutto se il medico dello sport, l istruttore e l allenatore ha a che fare con il settore giovanile: l attività motoria riveste una fondamentale importanza in età adolescenziale, ma non sempre viene proposta in modo corretto. Le motivazioni che spingono i ragazzi allo sport sono: acquisire e migliorare l abilità e la competenza sportiva, il divertimento, il desiderio di competere, lo stare in squadra, l amicizia, la forma fisica. Gli errori da evitare sono: le eccessive pressioni agonistiche, le metodologie didattiche inadeguate, l esasperazione dei gesti tecnici: questi sono fattori che possono portare all abbandono precoce e, fatto ancor più grave, possono creare danni nel processo di crescita dell adolescente. Ovviamente anche nelle squadre composte da adulti possono esserci spazi di intervento da un punto di vista psicologico, sia negli sport di squadra che in quelli individuali. Pertanto compito del medico dello sport ed i tecnici è cercare di capire più possibile i ragazzi, curare, attentamente il rapporto con gli allenatori, controllare la qualità degli allenamenti e verificare l armonia all interno dei gruppi. In Psicologia, ed in particolare in Psicologia Sportiva, si parla spesso della differenza tra Motivazione Estrinseca (o Esterna), e Motivazione Intrinseca (o Interna). Ma qual è la differenza? La motivazione estrinseca trae la sua forza dall esterno: soldi, successo, posizione sociale La motivazione intrinseca invece proviene dal nostro mondo interiore: è la passione, l amore nei confronti di ciò che facciamo. Spesso sono necessarie entrambe le tipologie motivazionali per motivarci al meglio. Ma sicuramente è soprattutto la motivazione interna a rappresentare il motore interiore più importante. Le persone che traggono la propria spinta motivazionale dal punto di vista Esterno (Estrinseco) a lungo andare possono vedere la propria carica motivazionale esaurirsi, proprio perchè non alimentata da una vera passione, da un vero amore radicato interiormente. Ci sono atleti appagati economicamente e dai numerosi successi ottenuti che però continuano a gareggiare. Perchè? Molto probabilmente perchè animati da obiettivi sempre più ambiziosi, e da un amore nei confronti del proprio sport che vince il trascorrere del tempo e degli anni. Ecco perchè è importante, qualora questa fiamma si sia affievolita, andare ad analizzarne

il perchè, cercando di trovare interiormente quella passione che col tempo è venuta meno. Storia Che la mente possa influire significativamente su ogni attività umana e, quindi, anche su quella sportiva è stato certamente chiaro fin dai primi Giochi Olimpici ateniesi. il destino di una competizione sportiva non dipendeva esclusivamente dalla prestanza fisico-atletica, ma anche dall'astuzia, dalla strategia, dal coraggio, dallo stato d'animo, caratteristiche, quest'ultime, strettamente legate all'attività mentale dell'atleta. Nonostante ciò solamente intorno al 1890 alcuni educatori hanno espresso le loro opinioni sugli aspetti psicologici dell'educazione fisica. Norman Triplett nel 1897 effettuò i primi studi sulla performance in situazioni di agonismo. la psicologia dello sport iniziò ad entrare nelle università, con l'istituzione di master, dottorati e corsi di specializzazione. Tra il 1970 ed il 1980 furono condotti studi sul miglioramento della performance, sulla personalità dell'atleta e sulla motivazione. Negli anni ottanta si studiarono tecniche mirate al miglioramento della prestazione. Nel 1993 fu pubblicata la prima edizione di Handbook of Research on Sport Psychology da Singer e colleghi in cui erano raccolte le ricerche più significative pubblicate fino ad allora. "Dalla prima pubblicazione di questo manuale, vi sono state molte evoluzioni, segno di maturità. Negli ultimi vent'anni (1989) hanno preso poi piede gli studi di psicologia clinica dello sport grazie ai lavori di C.Ravasini-G.Lodetti( Aspetti psicoanalitici dell'attivita sportiva ed.ghedini) La psicologia clinica dello sport si occupa degli aspetti clinici e di crescita globale della personalità dello sportivo e dell'abbattimento del disagio giovanile attraverso le dinamiche sportive di interazione.

Preparazione mentale

La psicodiagnostica E' mirata alla valutazione delle caratteristiche psicologiche generali e delle capacità cognitive dell'atleta. Lo scopo è quello di evidenziare o escludere la presenza di tratti o sintomi psicopatologici manifesti o latenti e di fornire indicazioni circa le capacità visuo-immaginative, attentive e mnemoniche del giocatore. Tra le molteplici scale psicodiagnostiche validate, negli ultimi anni, l'orientamento è stato quello di preferire strumenti sport specifici anche se, talvolta, come si vedrà in seguito, non è possibile fare a meno di scale utilizzate per tutta la popolazione generale. In questa pagina, verrà presentato un modello psicodiagnostica in particolare, il C.B.A. SPORT e, successivamente, saranno presentati altri strumenti utili, ma soltanto in determinate situazioni. C.B.A. SPORT (Cognitive Behavioral Assessment) E' un questionario per la raccolta e l'elaborazione di informazioni che riguardano ampie problematiche di interesse psicologico e più precisamente sportivo. Si compone di 13 schede o sub-test, ognuna delle quali indaga una particolare area psicologica. La scheda 1: dati socioanagrafici permette di recuperare gli indici generali del soggetto riguardanti l'attività sportiva e i dati demografici. La scheda 2: STAI X1 è costituita dalla forma X1 dello State Trait Anxiety Inventory (STAI) e consente di valutare l'ansia del soggetto all'inizio della compilazione del test. La scheda 3: STAI X2 è costituita dalla forma X2 dello State Trait Anxiety Inventory di Spielberger e consente di valutare la predisposizione ansiosa del soggetto intesa come caratteristica stabile di personalità. La scheda 4: cartella autobiografica contiene informazioni delicate e strettamente riservate, relative alla vita affettiva e sessuale, alle abitudini alimentari, alla qualità del sonno e alle condizioni della pratica sportiva. La scheda 5: questionario psicofisiologico è una versione ridotta del QPF-R e rileva eventuali reazioni psico-fisiologiche, nonché i sintomi somatici senza base organica dimostrabile esperiti dal soggetto prima di una gara o di un avvenimento importante. La scheda 6: questionario di assertività ha lo scopo di determinare il livello di "assertività" del soggetto, termine che denota la capacità di affermare le proprie esigenze all'interno dell'ambiente e di realizzarle.

La scheda 7: inventario delle paure consiste in una serie di 17 item rivolti a rilevare la presenza di eventuali oggetti o esperienze che potrebbero essere fonte di ansia o paura per il soggetto. La scheda 8: questionario sulla depressione ha lo scopo di valutare la presenza o meno di indici che possano far pensare ad uno stato di depressione. La scheda 9: scala di consapevolezza corporea ed efficienza fisica si propone di valutare altre due dimensioni associate alla pratica sportiva: la consapevolezza corporea ossia l'abilità nel percepire alcuni aspetti del proprio fisico e della propria funzionalità corporea; l'efficienza fisica che si riferisce invece alla valutazione soggettiva del proprio stato di salute psicofisica. La scheda 10: questionario di autoconsapevolezza dell'atleta valuta la tendenza e la capacità dell'atleta a riflettere sugli aspetti più personali del proprio Sé, siano essi manifesti come immagine esteriore, siano essi più intimi come le aspirazioni personali, i valori, i sentimenti. La scheda 11: scheda questionario di valutazione dell'affermazione di sé misura il grado di autostima dell'atleta a tre livelli: immagini prototipiche (maggiore è il grado di identificazione dell'atleta con le aspettative e le caratteristiche del suo sport, maggiore sarà la sua tendenza a condividerne i tratti e le disposizioni), approvazione sociale (se le reazioni degli altri sono congruenti con la propria immagine di sé, l'autostima sale), autovalutazione emotiva (fiducia in sé e autoapprezzamento). La scheda 12: locus of control misura su quale versante "interno-esterno" si colloca ciascun atleta. Nel versante esterno troviamo le persone che tendono ad attribuire i risultati ottenuti a forze che vanno al di là del proprio controllo, chiamano in causa il fato, la fortuna, la sorte; nel versante interno si collocano tutte quelle persone che si ritengono completamente responsabili di ciò che accade loro. ALTRE SCALE DI VALUTAZIONE Sport specifiche: Questionario di Motivazione alla partecipazione sportiva. Composto da 30 item a risposta multipla da molto importante (3) a per nulla importante (1), questo strumento può essere utile per valutare e quantificare il grado di motivazione allo sport. Drop out Risk Profile (DPR). Tratto da "La motivazione all'esercizio fisico" di J.Annesi (Ed.il campo), è composto da 30 item a risposta multipla da molto falso (1) a molto vero (5), può essere utile per valutare quanto l'atleta in questione è a rischio di abbandono. Leadership Scale for Sport (Chelladurai, 1978). Composto da 40 item a risposta multipla, da sempre (5) a mai (1), esplora la leadership nello sport. E' molto interessante poiché, attraverso cinque sottoscale (allenamento e istruzione, comportamento democratico, comportamento autocratico, supporto sociale, feedback positivi), è possibile valutare la leadership percepita (nella scheda: IL MIO ALLENATORE), la leadership desiderata (nella scheda: VORREI CHE IL MIO ALLENATORE), oltre alla autovalutazione dell'allenatore stesso (nella scheda: QUANDO IO ALLENO). Flow State Scale (Muzio, Nitro, Crosta, 1998, da Jackson, Marsh, 1992

modificato). Composto da 36 item a risposta multipla da assolutamente sì (5) ad assolutamente no (1), attraverso 9 dimensioni (equilibrio tra sfida e abilità, unione tra azione e coscienza, mete chiare, feedback immediato, concentrazione sul compito, senso di controllo, perdita di autoconsapevolezza, destrutturazione del tempo, esperienza autotelica) si propone di descrivere il tipo di Flow ("esperienza ottimale") dell'atleta. Competitive State Anxiety Inventory-2, CSAI-2 (Martens e coll., 1990). Composto da 27 item a risposta multipla da moltissimo (4) a per niente (1), va somministrato un'ora prima della competizione ed, attraverso le tre sottoscale (autoefficacia, ansia cognitiva, ansia somatica) è utile per discriminare e quantificare i sentimenti pre-gara dell'alteta. Non Sport specifiche: Matrici Progressive di Raven (Raven, 1940). Composto da 60 item che vengono presentati in 5 serie da 12 problemi ciascuno. Utile per valutare le abilità analitiche, spaziali e di ragionamento, non dipendenti fa nozioni apprese precedentemente. Attraverso una tabella di conversione dei dati grezzi è possibile derivare il Quoziente Intellettivo (Q.I.) dell'individuo. Questionario di Edinburgo (Oldfield, 1971). Di semplice compilazione, composto da 12 item, è utile per valutare la dominanza manuale. POMS: Profile of Mood States (D.M. McNair, M. Lorr e L.F. Droppleman, 1971). Il test consiste di 58 aggettivi che definiscono 6 diversi fattori: Tensione - Ansia (fattore T), Depressione - Avvilimento (fattore D), Aggressività - Rabbia (fattore A), Vigore - Attività (fattore V), Stanchezza - Indolenza (fattore S), Confusione - Sconcerto (fattore C). La risposta è multipla da moltissimo (4) a per nulla (0). Il questionario studia alcuni aspetti della personalità. Minnesota Multiphasic Personalità Inventory, MMPI-2 (James N. Butcher, Carolyn L. Williams, 1992); è un questionario di autovalutazione che consta di 567 item di tipo vero/falso. Permette di redigere i tratti della personalità e di evidenziare l'eventuale presenza di elementi psicopatologici mediante la combinazione delle scale di base (L menzogna, F frequenza, K correzione, Hs ipocondria, D depressione, Hy isteria, Pd deviazione psicopatica, Mf mascolinità/femminilità, Pa paranoia, Pt psicastenia, Sc schizofrenia, Ma ipomania, Si introversione sociale), le scale di contenuto (ANX ansia, FRS fobie, OBS ossessività, DEP depressione, HEA preoccupazione per la salute, BIZ ideazione bizzarra, ANG rabbia, CYN cinismo, APS comportamenti antisociali, TPA tipa A, LSE bassa autostima, SOD disagio sociale, FAM problemi familiari, WRK problemi lavorativi, TRT difficoltà al trattamento) e le scale supplementari (Fb frequenza, TRIN V/F corrispondenza alle risposte vero/falso, MAC-R alcolismo, APS tossicodipendenza potenziale, AAS ammissione di tossicodipendenza, PK disturno post-traumatico, O-H ostilità ipercontrollata, MDS disagio coniugale). Rorshach Test (1956). La prova consiste nel dare un'interpretazione a dieci macchie d'inchiostro. Rorscach ritiene che s'inneschi un processo di percezione distinto in tre

momenti: sensazione, ricordo e associazione. In altre parole, le sensazioni suscitate dalle macchie provocano il risveglio di vecchi insiemi di sensazioni sotto forma di immagini ricordo. Permette di redigere i tratti della personalità e di evidenziare l'eventuale presenza di elementi psicopatologici. Affinché i risultati del test possano essere considerati validi, è necessario che chi somministra il test ed interpreta le risposte sia particolarmente formato ed esperto. Pensiero positivo Alla fatidica domanda riguardo quale parte del bicchiere si guardi più spesso, non tutti rispondono il "bicchiere mezzo pieno". Una buona parte della popolazione, infatti, tende a porre maggior attenzione al negativo ("bicchiere mezzo vuoto"). E succede che ciò che, inizialmente, sembra essere solo una predisposizione poi diventa inevitabilmente un'abitudine. E' proprio così, nella grande differenza interindividuale, c'è chi spontaneamente, aprendo la porta di una stanza sconosciuta (come la vita), guarda (o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi, le cose piacevoli e chi, invece, altrettanto naturalmente, guarda (o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi, le cose spiacevoli. Il perché di tale realtà è, certamente, radicato su dinamiche psicologiche complesse che, a seconda dei casi, poi trova conferme e/o disconferme nell'esperienza della quotidianità. Una verità ancor più importante è che in ogni individuo, senza alcuna ombra di dubbio, il positivo c'è. In alcune persone è chiaro, evidente ed in bella mostra, in altre è da ricercare con il lumicino, ma c'è. Il pensiero positivo, quindi, prima ancora di essere una tecnica di preparazione mentale, è una filosofia di vita. Senza tale approccio interiore, senza cioè ricercare il positivo esistente negli altri, è davvero difficile e quantomeno bizzarro utilizzare questa importante tecnica di mental training. Si cadrebbe, empaticamente, in contraddizione. La tecnica. Per poter effettuare tale pratica, è importante che lo psicologo sportivo conosca bene l'atleta in modo da sapere qual'è la sua predisposizione iniziale "a pensare positivo". Bisogna capire come l'individuo, che si vuole preparare, vive gli eventi positivi e quelli negativi. In seguito a cosa, a suo avviso, si è vinto o perso. Bravura, fortuna, fatalità? Anche da questi elementi è possibile valutare l'autostima dell'atleta e l'autoefficacia (autostima gesto-specifica) sapendo che chi pensa spesso in negativo, probabilmente, ha una bassa autostima E' bene, pertanto, aiutare l'atleta a cercare, inizialmente insieme, ciò che di lui è positivo per poi cominciare a "tirarlo fuori". E' un allenamento continuo: spostare il negativo, vedere positivo, stoppare i pensieri neri, far avanzare solo quelli chiari. Mano a mano, ciò che sembra uno sforzo diventa naturale. L'atleta scopre che ha imparato a pensare positivo. E siccome il pensiero positivo è "contagioso", senza rendersene pienamente conto, l'atleta comincia ad insegnare a pensare in positivo a chi sta accanto a lui. Questa è la migliore prova che la tecnica è stata compresa, accettata e praticata.

Goal Setting Prima di poter lavorare sugli obiettivi è importante sapere che essi possono essere suddivisi in: OGGETTIVI misurabili (diminuire di peso, vincere un determinato numero di gare, ecc) o SOGGETTIVI non misurabili (compiere un gesto bene, divertirsi, ecc). Gli obiettivi possono essere, inoltre: OUTCOME GOAL orientati al risultato (vincere una gara, una medaglia, ecc. Si può giocare bene e perdere con fallimento dell'outcome goal); PERFORMANCE GOAL orientati al miglioramento della performance indipendentemente dagli altri (migliorare un tempo, una misura, un fondamentale, ecc); PROCESS GOAL focalizzati sull'azione e l'esecuzione dell'individuo (nuotatore che vuol tenere la bracciata lunga in uno stile, calciatore che vuole mantenere il baricentro basso sul tiro di collo piede, ecc). Le AREE su cui orientare un goal setting sono: INDIVIDUAL SKILL migliorare alcune qualità individuali come la velocità, l'esecuzione del movimento ecc.; TEAM SKILL traguardi di squadra, tattiche, ecc.; FITNESS obiettivi sulle prestazioni del proprio fisico quali peso, elasticità, equilibrio, ecc.; PLAYING TIME entrare nella squadra dei titolari, aumentare il minutaggio, ecc.; ENJOYMENT con gli atleti più anziani per evitare che si annoino; PSYCHOLOGICAL SKILL visualizzazione, ripetizione di uno statement positivo, ecc. Gli OBIETTIVI devono essere: SPECIFICI precisando esattamente cosa deve essere fatto; VALUTABILI essendo sicuri di poter quantificare i goal; ORIENTATI ALL'AZIONE indicando qualcosa che deve essere fatto; REALISTICI essendo sicuri di poter raggiungere i goal; TIMELY essendo sicuri di poter raggiungere i goal in tempi ragionevoli; STRATEGICI da stabilire con il gruppo (come giocare durante la stagione, ecc.). Le MISURAZIONI dei goal possono essere: SOGGETTIVE osservazioni del coach, feedback dei giocatori, modo di allenarsi; OGGETTIVE tempo giocato, punti segnati, tempi raggiunti, statistiche, ecc. Le BARRIERE al goal setting possono essere di tipo: PSICOLOGICO mancanza di sicurezza, di impegno, attitudine negativa, atleti giovani umorali ed emotivi, ecc.; FISICO infortuni, malattie, scarsa abilità; ESTERNO distrazioni, tempo atmosferico, problemi sociali (fidanzata, moglie, parenti), altre attività esterne; MOTIVAZIONALE perdita d'interesse, mancanza d'impegno, coaching style, ecc.

LAVORO PER OBIETTIVI pianificazione di specifici obiettivi significativi per il gruppo o per il singolo determinazione di obiettivi chiari, realistici, e definiti operativamente definizione di obiettivi misurabili e di procedure di valutazione dei risultati diversificazione di sotto-obiettivi a breve, medio e lungo termine differenziazione di obiettivi di prestazione e di risultato formulazione di obiettivi in termini positivi e propositivi pianificazione di strategie per il raggiungimento delle mete Training propriocettivo L'obiettivo del training propriocettivo è quello di portare l'individuo ad apprendere ed affinare gradualmente le capacità di autopercezione, autoispezione e raggiungere una migliore consapevolezza corporea come prerequisiti al training di rilassamento psicofisico vero e proprio. Non tutti gli atleti "ascoltano" il loro corpo. Per ascoltare il proprio corpo è necessario, innanzitutto, fare silenzio. Successivamente bisogna impararne la lingua, costituita dal ritmo cardiaco e dalla frequenza respiratoria, da contrazioni e decontrazioni, posture, massa, elasticità, forza, potenza, e da tutta una serie di sensazioni che, ad un attento ascoltatore, comunicano qualcosa. Il corpo non smette mai di comunicare e, pertanto, appare riduttivo prestargli attenzione solamente in caso di dolore, fatica e/o limitazione funzionale. La tecnica. Si procede mediante esercizi che favoriscono una progressiva acquisizione della capacità di concentrazione e presa di coscienza corporea in relazione a specifiche parti dell'organismo (rappresentazione mentale, autopercezione, esplorazione, autoinduzione di sensazioni di pesantezza e calore). Naturalmente si comincia dalla percezione dei segnali corporei più evidenti (come frequenza cardiaca e respiratoria), poi si ascoltano le sensazioni corporee conseguenti ad un determinato movimento fino ad arrivare a riconoscere i segnali connessi ai gesti più fini. Allenare l'atleta ad ascoltare il proprio corpo dà all'atleta stesso una maggiore sensazione di controllo del movimento e, di conseguenza, ne aumenta la sicurezza durante l'esecuzione.

Concentrazione La attenzione può essere spontanea (cioè involontaria, che "segue" gli stimoli così come si susseguono attorno all'individuo) e conativa (cioè volontaria, focalizzata su un determinato stimolo). E' appunto questo secondo tipo di attenzione che è molto importante nello sport e che è anche chiamata concentrazione. Lo stile attentivo è stato studiato a lungo da Neideffer che, nel 1993 Il Focus attentivo può essere: ESTERNO AMPIO (Aware) tipico dei giochi di squadra e/o delle categorie "open skill"; ESTERNO RISTRETTO (Focused) tipico delle discipline o delle azioni motorie "closed skill"; INTERNO AMPIO ( Strategic) si riscontra nelle pianificazioni di gara o in determinate tipologie di pausa all'interno della stessa; INTERNO RISTRETTO (Systematic) tipica dell'allenamento ideomotorio. Allenare la concentrazione significa controllare i processi motori di pensiero, dirigere e mantenere l'attenzione su di un compito per una corretta esecuzione incrementando le capacità di: 1. selezionare gli stimoli su cui focalizzare l'attenzione, escludendo quelli irrilevanti 2. dirigere l'attenzione al momento opportuno verso le informazioni pertinenti 3. mantenere l'attenzione sugli stimoli rilevanti. L'affinamento e la gestione volontaria della capacità di concentrazione vengono sviluppate attraverso il training propriocettivo e le procedure di rilassamento, andando così a costituire un insieme di abilità sinergiche ed interconnesse e rappresentando le condizioni necessarie per la buona riuscita delle successive fasi di visualizzazione e ripetizione ideomotoria.

Rilassamento L'obiettivo del rilassamento è controllare il livello di attivazione al fine di gestire stati d'ansia e di tensione psicofisica. Il rilassamento è, probabilmente, tra le tecniche di preparazione mentale, quella più conosciuta ed accettata. Nonostante ciò, tale pratica ancora troppo spesso viene lasciata alla libera iniziativa del singolo atleta (che ne sente il bisogno) e stenta a far parte sistematica dell'allenamento psicofisico dell'individuo. I benefici che ne possono derivare sono notevoli: dal miglioramento della qualità di tutto il periodo di allenamento alla gestione ed ottimizzazione delle ore pre-gara fino alla creazione di una base solida su cui instaurare un serio progetto di preparazione mentale. I modi con si può ottenere un buon rilassamento sono diversi, basti pensare al Training Autogeno di Schultz (in cui il termine Autogeno vuole mettere in risalto come le modificazioni psichiche e somatiche vengono provocate autonomamente dal praticante, adattando il metodo alle proprie esigenze), al Rilassamento Progressivo di Jacobson (che prevede un rilassamento generale dell'intero corpo ed un rilassamento differenziale col quale si insegna, nei gesti della vita quotidiana, ad utilizzare solo i muscoli impegnati in posture o movimenti, lasciando rilasciati gli altri) o alle tecniche di origine orientale (quali lo joga e lo zen). La cosa importante è che, a prescindere dalla tecnica utilizzata, il soggetto deve raggiungere bene l'obiettivo: il controllo del livello di attivazione psicofisica. Una procedura di rilassamento può prevedere tre fasi differenti da svilupparsi progressivamente: 1. esercizi di contrazione-decontrazione di specifici distretti muscolari: la tecnica consiste nel contrarre gradualmente specifici gruppi muscolari, mantenerli in tensione isometrica per alcuni secondi, ed infine rilasciarli; 2. modulazione del ritmo respiratorio: concentrazione sulle sequenze inspirazioneespirazione ed induzione di un ritmo respiratorio diaframmatico-addominale, caratterizzato da respiri lenti e profondi (mentre respiri rapidi e superficiali segnalano al cervello le presenza di pericolo, respiri lenti e profondi comunicano alla mente di rilassarsi). Attraverso una respirazione lenta e completa, si favorisce l'instaurarsi di uno stato di rilassamento facendo prestare attenzione al gioco di tensione-distensione muscolare dell'addome e del torace; 3. abbinamento di esercizi di contrazione-decontrazione muscolare ed esercizi

respiratori: contrazione-rilassamento dei vari gruppi muscolari dalla parte bassa del corpo a quella alta, abbinati al ritmo respiratorio (alla contrazione l'atto inspiratorio, mentre il rilasciamento è accompagnato dalla fase espiratoria), ed intervallati da fasi di ripresa della concentrazione sulla sola respirazione. Infine, è doveroso porre l'attenzione a quei soggetti affetti da disturbo d'ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, "depressione mascherata", claustrofobia, fobia specifica poiché il "setting" del rilassamento potrebbe causare un certo disagio; in tale occasione (non così rara anche in ambito sportivo) uno psicologo sportivo, con competenze anche cliniche, troverà insieme all'atleta un modo "personalizzato" per raggiungere, comunque, il controllo dello suo stato di attivazione che rimane possibile e che, anzi, in queste persone, assume una doppia valenza:terapeutica e di preparazione mentale. Buoni risultati sono stato ottenuti anche attraverso l'ausilio del Biofeedback (elettromiografico, termocutaneo, della frequenza cardiaca, attività elettrodermica) mediante il quale viene facilitato il controllo della funzionalità neurovegetativa del soggetto.

Visualizzazione La visualizzazione può essere definita la rappresentazione immaginativa del programma e delle singole sequenze motorie da eseguire nei diversi momenti della gara. Tale capacità immaginativa non è uguale in ogni individuo, ma differisce sia per quantità (immagini e sensazioni più o meno vivide e realistiche) e qualità (c'è chi dimostra di avere una spiccata capacità immaginativa del senso della vista, del tatto, piuttosto che dell'olfatto o dell'udito). La tecnica. Partendo da una base di rilassamento, si guidano gli atleti nella rappresentazione mentale di immagini visive dapprima semplici ed in seguito complesse; si procede quindi all'inserimento progressivo di stimoli immaginativi acustici, tattili, cinestetici, olfattivi, favorendo il progressivo sviluppo di una capacità immaginativa polisensoriale ed immersiva. Le scene immaginate utilizzate devono essere, oltre che distensive, anche coinvolgenti e realistiche, per poter creare o ricreare nella mente dell'atleta esperienze il più ricche possibili. Vengono dapprima introdotte immagini di scene familiari agli atleti, sia sportive che non sportive; in seguito si passa a sequenze immaginative riguardanti il setting della pratica sportiva. Infine, si propongono specifiche fasi tecniche o manovre della specialità in oggetto. Tali sequenze di allenamento delle capacità di visualizzazione vengono effettuate due o tre volte a sessione, e, per evitare eventuali cali di concentrazione, ciascuna ripetizione non deve superare i 5-10 minuti di durata.

Self-talk Spesso gli atleti sono consapevoli di attuare un intenso dialogo con se stessi (self talk) e generalmente viene considerato che parole, frasi o immagini positive possono svolgere una funzione positiva sulla percezione di efficacia che l'atleta ha di se stesso in una determinata situazione sportiva. In effetti, è ragionevole credere che la struttura e i contenuti di specifici pensieri influenzino la prestazioni più di altri. Questi pensieri sono: 1. affermazioni rilevanti per il compito (aspetti tecnico-tattici); 2. parole chiave riguardanti l'umore (singole parole a forte contenuto emotivoaffettivo); 3. affermazioni positive (parole significativamente positive). La tecnica. I "promemoria psicologici" consistono quindi in simboli o parole chiave la cui funzione è quella di richiamare sensazioni associate a ciò che si intende pensare, sentire o fare. Il self talk viene quindi suggerito attraverso apposite parolestimolo che aiutano l'atleta a focalizzare l'attenzione su aspetti chiave della prestazione e ad evocare volontariamente stati chiave psicologici positivi e produttivi, comportando una percezione di autocontrollo e di autoinduzione emotiva. La procedura consiste nel definire un simbolo (una parola specifica o una frase), annotarla, cercare di visualizzarla, e tenerla in mente. Ogni volta che si pone attenzione al simbolo o si pensa alla parola presa in considerazione, verranno sperimentati i pensieri e le azioni associate allo stato che si vuole raggiungere. Quanto più saranno ripetute ed intense le sensazioni che si associano allo specifico simbolo o parola, tanto più quest'ultimo sarà un efficiente promemoria. In tal modo, si intuisce come il self talk, da una parte, possa costituire una forma di controllo attentivo e direzioni l'attenzione verso segnali rilevanti sul compito, dall'altra, sia inscildibile dalla corretta applicazione del pensiero positivo assieme al quale trova la massima espressione.

Allenamento ideomotorio Definizione. Rappresentazione mentale sistematicamente ripetuta e cosciente dell'azione motoria (Frester, 1985) che deve essere appresa, perfezionata o stabilizzata, senza che vi sia una esecuzione reale, visibile esternamente, di movimenti parziali o globali (Corbin, 1972). Un'altra definizione è quella di Richardson (1969): l'imagery si riferisce a tutte quelle esperienze quasi-sensoriali e quasi-percettive di cui siamo coscienti e che per noi esistono in assenza di quelle condizioni di stimolo che realmente determinano quelle specifiche reazioni sensoriali e percettive. Le caratteristiche principali, quindi dell'allenamento ideomotorio sono: capacità individuale di provare sensazioni in assenza di stimolo consapevolezza nell'esecuzione di questa attività mentale assenza di movimenti visibili, durante tale attività L'allenamento ideomotorio: 1. facilita-supporta l'apprendimento del movimento 2. ottimizza l'esecuzione motoria La teoria. Fondamentalmente sono cinque le teorie che tentano di spiegare il perché dell'efficacia dell'allenamento ideomotorio: 1. la teoria psiconeurosensoriale (Carpenter, 1894; Jacobson, 1934; Suinn, 1972, 1976; Jowdy e Harris, 1990) secondo la quale la ripetizione ideomotoria provoca una ridotta, ma misurabile attivazione neuromuscolare specifica (distretti muscolari interessati all'azione); 2. la teoria dell'attivazione ("arousal") (Schimidt, 1982; Feltz & Riessinger, 1990) secondo la quale l'imagery favorisce l'insorgere di livelli di attivazione adeguati alle richieste (attivazione neuromuscolare generalizzata); 3. la teoria dell'apprendimento simbolico (Fitts, 1964; Feltz & Landers, 1983; Hall & Erffmeyer, 1983) secondo cui tale pratica fornisce al soggetto l'opportunità di

allenare gli elementi simbolici di un compito motorio e di preparare/pianificare mentalmente la prestazione (Bandura, 1969); 4. la teoria bioinformazionale (Lang, 1977; Bird, 1984) secondo cui al variare dell'immagine mentale varia anche il comportamento reale poiché entrambi possiedono la stessa base psicofisiologica (efficacia dell'imagery); 5. teoria del modello triplo codice (Ahseen, 1984; Murphy e Jowdy, 1992) secondo la quale l'efficacia dell'imagery subisce l'influenza di tre fattori interagenti: il realismo sensoriale delle immagini, le modificazioni fisiologiche prodotte dalle immagini e il significato delle immagini che deve essere soggettivamente significativo. La tecnica. Dopo aver definito la sequenza motoria specifica, si procede alla sua sistematica ripetizione a livello immaginativo, in parallelo all'allenamento effettuato sul campo (esecuzione pratica). Ogni gesto tecnico è composto da una sequenza di movimenti consecutivi: per la realizzazione della pratica ideomotoria occorre focalizzare l'attenzione, per ogni step motorio della sequenza, solo sul movimento del proprio corpo e, una volta memorizzata la sequenza corretta, anche sulle sensazioni e sui pensieri che lo accompagnano e sul ritmo respiratorio. Per aiutare l'atleta nell'acquisizione della sequenza motoria corretta e nell'elaborazione di immagini mentali appropriate, la rappresentazione mentale viene fatta precedere dalla visione di un filmato del gesto tecnico. Successivamente, dopo aver raggiunto lo stato di rilassamento in tempi brevi, si introducono visualizzazioni polisensoriali riguardanti il setting abituale, al cui interno si rappresenta mentalmente la sequenza ideomotoria del gesto atletico, rispettandone i parametri spazio-temporali. La sequenza ideomotoria deve essere ripetuta da tre a cinque volte, ma nel caso subentri un calo della concentrazione va sospesa immediatamente per passare all'esecuzione pratica.

Autonomizzazione delle strategie Uno degli obiettivi più nobili della preparazione mentale è rendere l'atleta autonomo. Per arrivare a questo obiettivo, però, sono necessari dei buoni maestri e anni di allenamenti fisici e mentali. Il contributo che, in questo processo di maturazione dell'atleta, può dare l'allenamento mentale, fondamentalmente, è di conoscenza e consapevolezza delle risorse di cui l'uomo è stato dotato, ma che non sempre utilizza a pieno. Infatti, pensare positivo, avere degli obiettivi, ascoltare il proprio corpo, sapersi concentrare, imparare a rilassarsi, utilizzare l'immaginazione, impostare un dialogo positivo con se stessi, ripetere a mente il gesto atletico perfetto, non sono altro che degli strumenti per "tirar fuori" da ogni individuo le energie più profonde che ciascuno possiede. Quel di più che fa la differenza. Un atleta che, per anni, ha utilizzato queste tecniche avrà acquisito le capacità per gestire al meglio tutto il periodo della preparazione di un evento importante, le fasi di attivazione immediatamente precedenti la gara, la gara stessa ed il dopo gara, in maniera completa e matura. Il miglior augurio, infatti, che si possa fare ad un atleta è di sperimentare, il più a lungo possibile, la gioia ed il piacere di "guidare" il proprio corpo attraverso il pieno utilizzo delle sue attività mentali. Le vittorie che, inevitabilmente, vivrà faranno da lieto contorno a quello che sarà l'equilibrio di un atleta perfetto.

Biofeedback nella psicologia dello sport

Nello sport è importante che lo sportivo abbia coscienza del maggior numero possibile di processi corporei. Per raggiungere questa coscienza è molto utile l utilizzo di Biofeedback. Nella psicologia dello sport ci sono alcune concrete possibilità di impiegare Biofeedback. Riduzione dell ansia agonistica Allo scopo di ottenere una desensibilizzazione sistematica, lo sportivo viene condotto in determinate situazioni agonistiche caratterizzate da ansia, tramite immagini o sequenze video. Grazie all impiego di tecniche di rilassamento e alla derivazione dei relativi parametri (polso, respirazione, valore di conduttanza cutanea, tensione muscolare), l ansia viene ridotta e eventualmente la situazione connotata da ansia viene risolta. La logica conseguenza è un aumento della performance agonistica. Regolazione dell attivazione Ogni sportivo ha una cosiddetta zona di funzionamento ottimale. Con questo si intende un determinato campo di tensione o di attivazione che permette la performance migliore. Molti atleti si trovano in questa zona durante l allenamento. Durante una competizione però, a causa di una produzione supplementare di ormoni, si verifica una ipertensione o iperattivazione e così una performance non soddisfacente. Ottimizzazione del recupero Come supporto in misure di rigenerazione attive e passive. Lo sportivo impara a rilassare i muscoli più velocemente e in modo migliore e a liberare la mente. L efficacia delle misure di recupero viene così incrementata. È possibile un allenamento sportivo più intenso e gli effetti desiderati (miglioramento della performance) vengono raggiunti più rapidamente. Supporto nella riabilitazione dopo infortuni Anche in questo caso è opportuno in primo luogo un training di rilassamento. D altra parte, l impiego di Biofeedback aiuta gli sportivi anche a riacquistare il controllo della muscolatura, a dirigere in modo più corretto l impiego della forza o a creare una tensione muscolare equilibrata in entrambe le parti del corpo. È inoltre possibile ridurre un eventuale paura di nuovi infortuni. Messa a punto della tecnica Un attivazione scorretta conduce quasi sempre, direttamente o indirettamente, a un calo della performance, visto che l atleta non si sente fisicamente a suo agio. Con un training Biofeedback dei parametri polso, respirazione, tensione muscolare e valore di conduttanza cutanea, lo sportivo riesce a rintracciare tensioni indesiderate, scopre movimenti non economici e può influenzarli e modificarli nella direzione desiderata. Come campanello d allarme Sedute regolari di Biofeedback forniscono un quadro del rapporto tra carico e

recupero. Se il carico è eccessivo e il recupero non più sufficiente, si osservano modifiche nei parametri che indicano sovrallenamento. Fanno parte di queste modifiche per es. polso a riposo aumentato, scarso assorbimento di ossigeno, tensione muscolare aumentata, modifiche nella curva del respiro e capacità di rilassamento generalmente ridotta. Le ricerche sulla tecnica del biofeedback (BFB) cominciarono negli Stati Uniti negli anni quaranta e proseguirono fino agli anni settanta, ma circondate da un alone di mistero dovuto ad un uso distorto dello strumento. Sul finire degli anni sessanta fu l ambito clinico a mostrare un crescente interesse e solo negli anni ottanta la psicologia dello sport fu attratta dalle potenzialità terapeutiche della tecnica del biofeedback e svolse le sue prime ricerche per ridurre il dolore e la fatica, incrementare la forza muscolare e regolare il ritmo cardiaco. Successivamente l interesse si spostò verso il miglioramento delle prestazioni e l individuazione delle condizioni psicologiche ad esse associate, attraverso la modifica e il controllo del livello di attivazione. Tali ricerche erano però svolte esclusivamente in setting di laboratorio e soltanto agli inizi degli anni novanta, dopo ripetute critiche, l applicazione del biofeedback training è stata indirizzata verso setting naturali di competizione sportiva. I risultati delle prime ricerche evidenziarono le condizioni psicofisiologiche associate con prestazioni di alto livello soprattutto nell ambito degli sport closed skill Nonostante si noti recentemente un crescente interesse da parte dei ricercatori la letteratura evidenzia quanto il biofeedback sia ancora poco conosciuto e applicato all interno di un più ampio programma di intervento finalizzato a migliorare la prestazione atletica. Infatti l utilizzo del biofeedback oggi non è ancora considerato parte integrante dell ordinaria preparazione sportiva, sia mentale che fisica, perché molti atleti e allenatori non ne conoscono l importanza e le potenzialità nei processi di allenamento. La tecnica del biofeedback permette di gestire volontariamente alcune funzioni fisiologiche, relative al sistema nervoso autonomo, che sfuggono al controllo cosciente della persona come il battito cardiaco. È possibile ottenere il controllo volontario attraverso un adeguato training di apprendimento che ha inizio con il rilassamento, per mezzo di tecniche come il rilassamento progressivo, da tempo utilizzato anche nell ambito sportivo e di recente associato alla tecnica del biofeedback, al fine di migliorare la concentrazione degli atleti ed ottenere così prestazioni migliori. I ricercatori hanno notato come la tecnica del biofeedback garantiva significativi effetti positivi sulla gestione delle funzioni fisiologiche se affiancata dall utilizzo del training autogeno, che permetteva di raggiungere il rilassamento ottimale, e dell imagery che sembrava ricerche presenti in letteratura rilevano l efficacia della tecnica del biofeedback in ambito sportivo, in particolare, la ua utilità per gestire lo stress, gli stati d ansia, ma anche per ridurre il dolore e la fatica, e dunque migliorare la fiducia in sé degli atleti, soprattutto di alto livello, favorendo l instaurarsi delle condizioni ottimali volte all ottenimento della migliore

prestazione. Le tecniche di BFB (retroazione biologica) consistono nel fornire ad un soggetto, tramite un apposita apparecchiatura elettronica per l amplificazione dei segnali bioelettrici, un informazione (un feedback) sensorialmente percepibile, continua ed immediata, sull andamento di una sua funzione fisiologica (volontaria o autonoma) con lo scopo di operare una modificazione (permettere l apprendimento di un autocontrollo) della funzione stessa. - FEEDBACK: può essere acustico (3 suoni possibili) o visivo. Durante le sessioni lo psicologo rinforza l allenamento dell atleta con un feedback che rileva le variazioni del canale prescelto stabilendo una soglia di riferimento. Il terapeuta ha il completo controllo dei comandi per una puntuale acquisizione dei dati e per fornire al paziente in difficoltà anche dei rinforzi di tipo placebo, agendo a sua insaputa, sulla soglia. - LA SOGLIA: rappresenta un valore ben preciso al di sotto del quale non esiste feedback acustico o visivo. BIOFEEDBACK E SPORT Nel campo della psicologia applicata allo sport, il BFB è una delle tecniche più efficaci per facilitare l'apprendimento dell'autoregolazione dell'attivazione; è stato riconosciuto, infatti, il grande potenziale offerto dalla psicofisiologia per la comprensione e il miglioramento della prestazione atletica. Il BFB, abbinato alle tecniche di rilassamento e/o di attivazione, può essere utilizzato con successo al fine di ottenere un apprendimento sistematico del processo di psicoregolazione, permettendo all'atleta di definire soggettivamente e affrontare attivamente le situazioni, considerandone le caratteristiche specifiche. L'utilizzo del BFB consente la realizzazione degli obbiettivi seguenti: Controllo dell'attivazione Riduzione dell'ansia da prestazione, del dolore e della fatica Incremento della forza muscolare Regolazione del ritmo cardiaco Gestione dello stress Ottimizzazione della performance Il BFB utilizza strumenti dotati di sensori e trasduttori (convertitori) che forniscono informazioni sullo stato di funzioni biologiche che solitamente non sottostanno al controllo volontario, quali la tensione muscolare, rilevata attraverso la lettura delle onde Elettromiografiche, la conduttanza cutanea (GSR), e la frequenza cardiaca (HR). Attraverso il BFB è possibile identificare le condizioni psicologiche dell'atleta associate sia alle prestazioni migliori che a quelle peggiori, misurare gli effetti del training autogeno, delle tecniche di rilassamento progressivo, dell'imagery e del training musicale. Le procedure maggiormente utilizzate riguardano quindi la psicoregolazione, il rilassamento, l'attivazione ("psyching-up") e l'allenamento allo stress mediante l'uso di strategie di coping BFB: i canali di applicazione

Il sistema può, simultaneamente o separatamente, mostrare sullo schermo i canali di diverse funzioni psico-fisiologiche tra cui: frequenza cardiaca (HR) conduttanza cutanea (GSR) attività elettrica muscolare (EMG) LA FREQUENZA CARDIACA Prevede la misura della frequenza cardiaca dell intervallo R-R del segnale elettrocardiografico rilevato sulle derivazioni periferiche (ad esempio mano destra-mano sinistra) o sulle precordiali. LA CONDUTTANZA CUTANEA Il modulo per la conduttanza cutanea utilizza per la rilevazione del segnale due elettrodi da applicare sulle dita della mano dominante; il metodo di rilevazione è a tensione costante. L ATTIVITÀ ELETTRICA MUSCOLARE Per rilevare il segnale biografico occorrono tre elettrodi. Due elettrodi (rosso e verde) sono attivi ed uno neutro. Molto spesso si usa rilevare l attività miografica del muscolo frontale, che funziona come rilevatore dello stato di tensione generale del soggetto. BFB e SPORT: procedura di preparazione alla competizione Uso del BFB computerizzato e del videoregistratore (VCR), abbinati a tecniche di rilassamento e/o attivazione per simulare le sensazioni delle situazioni di gara. Approccio a tre stadi: PRIMO STADIO: baseline SECONDO STADIO: l atleta viene istruito sul BFB, impara la respirazione e come controllare in modo consapevole le sue risposte psicofisiologiche TERZO STADIO: l atleta impara a modificare volontariamente i propri livelli di attivazione e a mantenere questo stato per quanto lo desidera PRIMO STADIO All inizio viene utilizzato un test di autoregolazione dell attivazione per esaminare il livello "baseline" dell autoregolazione prima che abbia inizio l allenamento mentale e durante le varie fasi del programma. Dopo aver registrato la baseline psicofisiologica dell atleta, gli viene chiesto di immaginare se stesso in uno stato di riposo e di tensione, in maniera consecutiva.

Queste prime valutazioni hanno lo scopo di rilevare le misure di psicoregolazione usate intuitivamente dall atleta e di osservare le sue specifiche modalità di risposta. Durata: 3-4 sessioni di 18 minuti Setting: laboratorio SECONDO STADIO Lo scopo centrale del secondo stadio è rinforzare le modalità di risposta più efficaci dell atleta al BFB e associarle alle richieste dello sport praticato insegnandogli a controllarle in modo consapevole. In questo stadio vengono introdotte tecniche come la mental imagery, il rilassamento, la respirazione, la musica e altre (Meichenbaum, 1985; Orlik e Partington, 1988; Schultz, 1970; Suinn, 1986). Lo psicologo dello sport mostra all atleta come può rilassarsi o attivarsi (psyched-up) e come a questi stati corrispondano variazioni psicofisiologiche che vengono rilevate dall apparato del BFB e visualizzate sullo schermo del computer. Durante le sessioni l atleta chiude gli occhi, si concentra e viene informato del livello di rilassamento/attivazione raggiunto attraverso un feedback sonoro che rileva il canale preferenziale. Durata: il periodo per acquisire tale padronanza è lungo e individualizzato. La seduta è di 18-20 minuti Setting: laboratorio TERZO STADIO In questa fase, l atleta si prepara mentalmente ad affrontare la gara. Il materiale appreso e rinforzato dall atleta nelle fasi precedenti, viene trasferito nei contesti di allenamento attuale (Zaichkowsky e Takenaka, 1993, consigliano l uso del BFB portatile per aiutare gli atleti a regolare i loro stati psicofiosologici su campo). All atleta viene chiesto di immaginare e rivivere le stesse sensazioni avute nella situazione di gara (lo stato di attivazione del pre-gara e la simulazione mentale della gara stessa). A fine sessione si chiede all atleta di utilizzare le tecniche durante l allenamento per poter riferire l adeguatezza del suo stato emozionalementale per ottenere una buona prestazione. La padronanza degli stati mentali si raggiunge quando le sensazioni dell atleta sono perfettamente coordinate ai cambiamenti delle misure psicofisiologiche. L atleta ha imparato come controllare sia le risposte psicologiche che biologiche in situazioni di gara, attraverso la comprensione delle sue risposte corporee e dei loro cambiamenti. Durata: Il periodo per acquisire il controllo e la padronanza dei propri livelli psicofisiologici è variabile per ogni singolo atleta. Il tempo di ogni sessione è di 18-20 minuti. Setting: laboratorio e su campo BFB: esercizi a casa e follow-up