IL REGIME DEI DIVIDENDI, DEI PROVENTI E DEI COSTI CON STATI E TERRITORI A FISCALITA PRIVILEGIATA



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IL REGIME DEI DIVIDENDI, DEI PROVENTI E DEI COSTI CON STATI E TERRITORI A FISCALITA PRIVILEGIATA 1. Il principio della territorialità quale limite della potestà tributaria Abbiamo assistito negli ultimi anni ad un sempre più massiccio ed incisivo intervento del legislatore tributario per disciplinare fattispecie aventi ad oggetto operazioni con soggetti domiciliati in stati o territori a fiscalità privilegiata. Questo intervento rappresenta evidentemente una reazione ad una sempre più spregiudicata pianificazione fiscale internazionale delle imprese, intesa quale complesso di iniziative di organizzazione sul piano operativo da parte del mondo imprenditoriale, al fine di ottimizzare l onere fiscale che ne consegue. In questo contesto, ci troviamo di fronte a due interessi contrapposti, quello dello stato e quello del contribuente, la cui composizione nel nostro ordinamento giuridico è storicamente demandata ad una codificazione per singolo tributo e per fattispecie, anziché per principi generali. In questa contrapposizione tra lo stato da una parte ed il contribuente dall altra, è quest ultimo a correre i maggiori rischi, basti pensare, come vedremo, alla indeducibilità dei costi per le operazioni eseguite oltreconfine. Per quanto riguarda lo stato e specificamente lo stato-ordinamento, nell ambito della produzione normativa soggiace al principio della territorialità, in virtù del quale la potestà tributaria può investire soltanto fattispecie che soggettivamente ed oggettivamente sono in rapporto con il territorio dello stato. La produzione di una norma che violasse questo principio determinerebbe la non effettività della legge, non tanto nell ambito del diritto positivo per un vizio della legge, quanto piuttosto nell ambito della potestà tributaria, essendo il principio della territorialità, insieme a quelli della esclusività e della effettività, prima ancora, uno dei limiti della sovranità. 1 Non è individuabile, a mio avviso, la violazione di questo principio nelle norme che andremo ad esaminare, anche se attengono evidentemente, nell ambito del rapporto giuridico tributario, a fattispecie complesse che investono il diritto tributario internazionale, quanto piuttosto potrebbe essere individuata una violazione del principio della ragionevolezza nell accertamento della base imponibile. 2. Ipotesi di lavoro Il tema della relazione è amplio, in quanto investe anche altre fattispecie necessariamente connesse. E evidente, infatti, che il regime tributario dei dividendi da paesi black list implica anche affrontare le disposizioni in materia di imprese estere controllate e collegate, la cosiddetta disciplina CFC. Cercherò, quindi, di fare una panoramica generale, abbinando al commento della normativa anche alcuni aspetti pratici collegati alla dichiarazione dei redditi. 3. Normativa di riferimento Le normative principali del TUIR a cui farò riferimento sono le seguenti: per quanto riguarda i dividendi da paesi black list, l articolo 47 comma 4, relativo ai redditi di capitale delle persone fisiche, a cui rimandano anche gli articoli 59 e 89, relativi ai redditi di impresa degli imprenditori individuali e delle società; 1 Su tali concetti vedi amplius L. Rastello, Diritto Tributario, principi generali, 1994, pagg. 183 e ss..

per quanto riguarda il regime delle ritenute sui dividendi, l articolo 27 del d.p.r. 600/1973; per quanto riguarda la disciplina delle CFC, gli articoli 167 e 168 recanti disposizioni in materia di imprese estere controllate e collegate; per quanto riguarda il regime dei costi derivanti da operazioni con imprese residenti o localizzate in paesi black list, la norma di riferimento è l articolo 110, decimo comma del TUIR; un altra norma da tener presente, per quanto attiene le plusvalenze esenti (in regime pex), è l articolo 87, comma 1 lettera c), che contiene anche l esimente per la disapplicazione del regime di integrale imponibilità dei dividendi black list. Infine, segnalo, a livello di interpretazione ministeriale, la corposa circolare 51/E del 6/10/2010 ed anche la successiva circolare 23/E del 26/5/2011 che tratta casi specifici nella forma di risposte a quesiti. 4. Stati e territori a fiscalità privilegiata Attualmente, la definizione di stati e territori a fiscalità privilegiata si rinviene nell articolo 167, quarto comma del TUIR, che fa riferimento a due criteri specifici: un livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia e la mancanza di un adeguato scambio di informazioni. La norma demanda, poi, la concreta individuazione di tali stati o territori ad appositi decreti del Ministro delle Finanze. In effetti, questa norma è un morto che cammina, anche se probabilmente camminerà ancora per molto, in quanto è abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo a quando sarà pubblicato il decreto ministeriale previsto dall articolo 168 bis del TUIR che, a regime, sarà la norma di riferimento per l individuazione degli stati o territori a fiscalità privilegiata. Con l articolo 168 bis, però, tale individuazione sarà al contrario, cioè verranno indicati con apposito decreto ministeriale i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni e quelli che, oltre a consentire tale scambio di informazioni, hanno un livello di tassazione non sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia. Quindi, sarà prevista una white list, per cui l individuazione degli stati o territori a fiscalità privilegiata avverrà nella non presenza di tali stati fra quelli considerati virtuosi dal futuro decreto ministeriale. Attualmente non è stata ancora approvata la white list, per cui la norma di riferimento è l articolo 167, quarto comma del TUIR ed il decreto ministeriale 21/11/2001 2 che individua i paesi cosiddetti black list, rilevante ai fini della disciplina dei dividendi e della CFC ed il decreto ministeriale 23/1/2002, rilevante ai fini della indeducibilità dei costi, ex art. 110 comma 10 del TUIR. 5. Il regime dei dividendi provenienti da stati o territori a fiscalità privilegiata 5.1 Premessa metodologica Per riassumere in un concetto il regime dei dividendi (e delle plusvalenze finanziarie) provenienti da stati o territori a fiscalità privilegiata si può dire che ad essi non si applica il regime della partecipation exemption (regime pex). 2 Si segnala che il D.M. 27/7/2010 ha espunto Cipro, Malta e Corea del Sud dal D.M. 21/11/2001.

Questo regime, che coinvolge oltre ai dividendi anche le plusvalenze derivanti da partecipazioni, rappresenta la novità più rilevante della riforma introdotta con il d.lgs. 344/2003. La sua architettura si fonda sulla tassazione del reddito in capo alla società che l ha prodotto, considerata a titolo definitivo e non più in acconto sulla futura tassazione del dividendo in capo al socio e sull esclusione dall applicazione delle imposte delle remunerazioni, derivanti dal rapporto partecipativo, siano essi dividendi o plusvalenze. Si tratta di una irrilevanza reddituale tendenziale e non assoluta, soprattutto per le persone fisiche, ma il nuovo quadro di riferimento è così delineato. Ebbene, in questo contesto, il legislatore ha ritenuto che le remunerazioni siano esse dividendi o plusvalenze derivanti da partecipazioni in società aventi sede in paesi a regime fiscale privilegiato non rientrino nel regime pex, ma siano assoggettate per intero ad imposizione, salva la possibilità di rientrare nel regime pex attraverso la procedura di interpello. 5.2 Il criterio della provenienza L assoggettamento degli utili provenienti da stati a fiscalità privilegiata è finalizzato alla tassazione degli utili corrisposti da società residenti in stati a fiscalità ordinaria, ma che si sono originati in uno stato a fiscalità privilegiata. Il regime delle conduit company pone due tipi di problemi: la quantificazione degli utili provenienti indirettamente da società black list e la compatibilità con il regiem comunitario madre-figlia. 5.3 Quantificazione dei dividenti black list Tematica di indubbia rilevanza operativa è costituita dall esatta individuazione del importo dei dividendi che deve essere assoggettato a tassazione integrale, in quanto provenienti da paesi a fiscalità privilegiata. Sul tema, l Agenzia delle Entrate, con la circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, ha chiarito che nelle ipotesi estreme di sub-holding intermedie qualificabili come mere conduit company, l intero utile da esse distribuito potrà infatti ritenersi generato nel paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa. Del pari, sarà possibile individuare ragionevolmente la fonte degli utili erogati da holding statiche o da società che non svolgono una effettiva attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle partecipazioni. Infatti, la legal entity controllata potrebbe conseguire, oltre che proventi da partecipazione, anche ricavi di diversa natura (ad esempio proventi straordinari, finanziari, commerciali). Quindi, si pone il problema di utilizzare un preciso criterio, che consenta di rilevare la natura dell utile proveniente dall impresa estera controllata. Una soluzione individuata dalla dottrina consiste nell utilizzo di un criterio proporzionale, da applicare sia in relazione alla formazione della provvista (per determinare la quale le perdite decurterebbero proporzionalmente i risultati positivi derivanti dalle partecipazioni in soggetti di black list e dagli altri investimenti produttivi), sia per l identificazione della provenienza degli utili, di volta in volta, distribuiti dalla società intermedia al socio italiano. Tali utili si considererebbero attinti dai dividendi black list incassati dalla società intermedia e dagli altri redditi da essa prodotti in proporzione alla loro entità.

In assenza di un criterio espresso previsto dal legislatore, l Agenzia delle Entrate, nella citata circolare n. 51/E del 2010, ha chiarito che, qualora gli utili siano formati con proventi di diversa natura e provenienza, la società intermedia conduit dovrà documentare di volta in volta la provenienza degli utili distribuiti al socio residente. Il contribuente dovrà, altresì, fornire idoneo dettaglio anche nel caso in cui le riserve di utile della legal entiy estera intermedia, che vengono distribuiti alla casa madre italiana, si siano formate in differenti esercizi d imposta, sia con proventi derivanti da controllate residenti in paesi black list, sia in paesi a fiscalità ordinaria. In mancanza di adeguato supporto documentale che fornisca la provenienza dell utile, nonché l esercizio di formazione della provvista, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza dal paese a fiscalità privilegiata. 5.4 Compatibilità con il regime comunitario dei dividendi madre-figlia Secondo quanto precisato dall Agenzia delle Entrate con la circolare n. 51/E del 2010 vanno comprese nell ambito applicativo degli artt. 47, comma 4 ed 89, comma 3, del TUIR, anche gli utili distribuiti da una società conduit europea, ma provenienti da paesi o territori a fiscalità privilegiata. In particolare, secondo le Entrate il regime di imposizione integrale in esame si rende applicabile anche nel caso di dividendi distribuiti da società conduit figlie ai sensi della Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435/CEE (cosiddetta direttiva madri e figlie) della società italiana che percepisce i dividendi, quando la fattispecie considerata ricade nell ambito applicativo dell art. 1, comma 2, della citata direttiva. Sul punto, l Agenzia ha anche ricordato, tra le altre cose, che la sentenza della Corte di Giustizia del 12 settembre 2006 relativa alla causa C-196/04 (cosiddetta Cadbury- Schweppes) tende a riconoscere la legittimità delle norme antiabuso nazionali nei limiti in cui le stesse abbiano lo scopo di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili societari. Ne discende la concreta necessità di porre in essere una valutazione caso per caso, coerentemente con il consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario secondo il quale per accertare se l operazione che si intende effettuare abbia come obiettivi principali la frode o l evasione fiscali, le autorità nazionali competenti devono procedere, in ciascun caso, ad un esame globale della detta operazione. Pertanto, secondo quanto chiarito dall Agenzia delle Entrate con la circolare n. 51/E del 2010: il fatto che la disciplina domestica adotti un approccio case by case è confermato dalla possibilità di invocare l istituto dell interpello, ai sensi di quanto previsto dall art. 89, comma 3, del TUIR, per ottenere la disapplicazione del regime di tassazione integrale dei dividendi; alla luce dei principi comunitari, ai fini della disapplicazione del regime di imposizione integrale dei dividendi distribuiti da una conduit figlia UE, provenienti in tutto o in parte da paesi a fiscalità privilegiata, l esame condotto dall Amministrazione fiscale non può essere limitato all applicazione di criteri generali predeterminati, ma dovrà essere effettuato caso per caso; più che basarsi su semplici quantificazioni del carico fiscale subito dagli utili percepiti dalla madre italiana, l analisi di ciascun caso deve valutare se la partecipazione nel soggetto localizzato nel paradiso fiscale non sia detenuta

tramite la società figlia allo scopo di evitare artificiosamente che i redditi siano tassati in maniera congrua. 5.5 Esimenti Il regime di imposizione integrale dei dividendi di provenienza black list non opera in caso di interpello preventivo favorevole ed in caso di utili già imputati per trasparenza in base alla disciplina CFC. Interpello preventivo favorevole Ai fini della dimostrazione che dalle partecipazioni non consegue l effetto di localizzare i redditi in stati o territori a fiscalità privilegiata, l agenzia delle entrate, con la circolare 51/E del 6/10/2010, ha fornito i seguenti chiarimenti: 1) si applica l art. 5 comma 3 del D.M. 21/11/2001 n. 429 che prevede che, ai fini della risposta positiva, rileva che i redditi conseguiti dalla società black list sono prodotti in misura non inferiore al 75% in stati o territori a fiscalità ordinaria ed ivi sottoposti integralmente a tassazione. Tale circostanza ricorre quando la società black list ha prodotto il reddito tramite una stabile organizzazione al di fuori del territorio a fiscalità privilegiata ovvero quando la società black list è partecipata da una conduit non black list ed il relativo reddito è assoggettato a tassazione nello stato di residenza della casa madre; 2) le ipotesi di disapplicazione previste dal D.M. 21/11/2001 n. 429 devono considerarsi a titolo esemplificativo e non esaustivo; 3) ai fini del riconoscimento dell esimente, assume rilevanza il carico complessivamente gravante sul gruppo societario in relazione ai redditi prodotti dalla società black list appartenente a tale gruppo; 4) la ratio della disposizione è quella di garantire che i redditi prodotti dalla società black list siano tassati in misura congrua ed a tal fine assume rilievo il tax rate effettivo complessivamente scontato sui redditi prodotti dalla società black list; 5) in caso di catene societarie, quindi, l agenzia ritiene che l esimente sia rispettata quanto l imposizione complessivamente gravante sull utile ante imposte della società back list sia in linea con l imposizione italiana, a prescindere dal luogo in cui avviene detta tassazione; 6) la sistematica distribuzione dei dividendi rafforza la dimostrazione della carenza di intenti elusivi (lotta al tax deferral); 7) se il tax rate effettivo gravante sugli utili della partecipata black list fosse inferiore all aliquota nominale ires italiana, questa circostanza non preclude di ottenere una risposta positiva all interpello. In tale fattispecie, va dato rilievo alla tassazione effettiva che la società black list avrebbe subito qualora fosse stata localizzata in Italia, in quanto, in ipotesi, avrebbe potuto essere inferiore per effetto della concorrenza alla formazione dell utile di redditi esenti od esclusi (dividendi o partecipazioni pex). Quindi, l esimente può essere riconosciuto quando il tax rate risulti comunque congruo in relazione all imposizione effettiva che l utile della società black list avrebbe subito in Italia. 5.6 Disciplina degli utili eccedenti Una particolare problematica riguarda la disciplina degli utili distribuiti da soggetti CFC eccedenti l importo già assoggettato a tassazione per trasparenza.

E un caso che si può prospettare quando il reddito della CFC sia soggetto a variazioni in diminuzione, talché il reddito imponibile sia inferiore a quello distribuibile. Pensiamo ad una partecipata CFC che detenga partecipazioni in società white list, il cui reddito sia formato dalla remunerazione di queste partecipazioni. Il soggetto italiano, applicando le disposizioni previste dal testo unico, determinerà il reddito della CFC apportando una variazione in diminuzione, dovendosi ritenere applicabile il regime pex ai dividendi da partecipazioni in società white list che concorrono a formare il reddito della CFC black list. La distribuzione a questo punto da parte della CFC degli utili eccedenti rispetto a quelli già tassati per trasparenza deve essere integrale od in regime pex? In merito al trattamento degli utili eccedenti, già con la circolare 16 marzo 2005, n. 10/E, l Amministrazione finanziaria aveva avuto modo di affermare che non vi è dubbio che la disciplina di cui agli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3, del TUIR sia applicabile anche alle distribuzioni di utili che avvengono da parte delle società residenti in territori o paesi a fiscalità privilegiata controllate o collegate per la parte che eccede gli utili già imputati ai sensi degli artt. 167 e 168. Tale circostanza non escludeva, pertanto, che nel particolare caso di distribuzione di utili eccedenti rispetto a quanto già imputato per trasparenza potesse tornare utile per il contribuente esperire la procedura di interpello di cui sopra, in quelle ipotesi in cui quest ultimo non avesse inteso avvalersi, ad esempio, di tale facoltà ai fini della CFC rule, ma solo al fine di ottenere la disattivazione dell integrale imposizione dei dividendi, anche se con riferimenti ai soli utili eccedenti. In questo caso, infatti, il contribuente poteva aspirare a fruire della più favorevole disciplina prevista per i dividendi di matrice domestica od estera a fiscalità ordinaria (tassazione del 5% per i soggetti ires). Con la risoluzione n. 191/E del 27 luglio 2007, inoltre, l Agenzia delle Entrate non aveva sostanzialmente trovato nulla da obiettare nel comportamento di un contribuente che si era regolato proprio in tal senso, ritenendo evidentemente più vantaggioso dedicare la propria attenzione esclusivamente al trattamento fiscale degli utili eccedenti, e applicando senza colpo ferire la CFC rule. L elemento di intenzionalità va individuato, nel caso di specie, nel fatto che in relazione ad un determinato pacchetto partecipativo, se il contribuente è in grado di dimostrare la seconda esimente ai fini del trattamento dei dividendi, è conseguentemente in grado anche di far valere le proprie ragioni anche ai fini della disciplina CFC, mentre non vale, come è appena il caso di sottolineare, il discorso inverso, ma su questo punto ritorneremo a breve. Il quadro interpretativo sembrerebbe tuttavia essere sensibilmente mutato alla luce delle più recenti precisazioni contenute nella circolare n. 51/E del 6 ottobre 2010, in merito al coordinamento delle due discipline. In particolare, l Agenzia delle Entrate ritiene che l imposizione per trasparenza del reddito della partecipata black list esaurisca il prelievo fiscale in relazione al medesimo reddito, il che vuol dire che se gli utili distribuiti dalla CFC originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi non vanno nuovamente tassati in capo al medesimo soggetto e ciò a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento ed in diminuzione operate al fine di determinare il reddito imponibile, quest ultimo sia superiore o inferiore all utile dell esercizio distribuito. In realtà, l Amministrazione finanziaria non si è dilungata, nello specifico, con il predetto documento di prassi, sul trattamento degli utili eccedenti, limitandosi a sostenere che nelle ipotesi sopra descritte, in cui viene ad essere applicata la CFC rule, gli utili non vanno nuovamente tassati in capo al socio; al riguardo si potrebbe

quindi ingenerare qualche incertezza, avvalorata peraltro da quanto asserito a commento dei riflessi emergenti in caso di applicazione della disciplina CFC alle distribuzioni operate da società interposte rientranti nel regime madri-figlie. Nell ipotesi più favorevole al contribuente, che sembra avvalorata anche dalle ulteriori considerazioni emerse in relazione agli utili relativi ad annualità precedenti rispetto a quelle in cui la CFC rule, il trattamento di tali utili dovrebbe uniformarsi a quello concernente gli utili distribuiti da un soggetto residente o localizzato in un contesto a fiscalità ordinaria. Sul piano logico, infatti, gli utili in questione, così come quelli delle società residenti, verrebbero ad essere trattati alla stregua di quelli già tassati, ed in questo senso la disposizione recata dall art. 167, comma 7, del TUIR, che sostanzialmente avvalora l imposizione sugli utili eccedenti, andrebbe interpretata nel senso che questa imposizione prende le forme del regime di imposizione riservato alle partecipazioni in società residenti o localizzate in contesti a fiscalità ordinaria. Va detto che questa impostazione, ove confermata, farebbe sostanzialmente venire meno la stessa utilità di presentare l istanza di interpello in relazione al trattamento degli utili eccedenti, se maturati in un periodo di imposta per il quale si rende applicabile una delle due disposizioni previste in materia di società estere controllate o collegate. Peraltro, a parere dell Agenzia, se oggetto di distribuzione siano utili provenienti da riserve pregresse, vale a dire da riserve di utili costituite in periodi di imposta in cui non c è stata alcuna tassazione per trasparenza, gli stessi concorrono alla determinazione del reddito imponibile per l intero ammontare, ai sensi degli artt. 47, comma 4 e 89, comma 3 del TUIR. RAPPORTI TRA ESIMENTI E opportuno sottolineare che l interpello ai fini della disapplicazione dell integrale concorso alla formazione del reddito da parte dei dividendi provenienti da stati o territori black list è simile, ma non perfettamente identico, alla seconda esimente prevista dall art. 167, quinto comma lettera b) ai fini della disapplicazione della normativa CFC. Infatti, l interpello per l applicazione del regime pex ai dividendi black list prevede la dimostrazione da parte del soggetto passivo che sin dall inizio del periodo di possesso delle partecipazioni non sia stato conseguito l effetto di localizzare i redditi in stati o terreni a fiscalità privilegiata. La previsione temporale che si esplicita nell inciso sin dall inizio del periodo di possesso non è prevista per l analogo interpello disapplicativo della normativa CFC (seconda esimente). Si possono avere, quindi, questi casi: il soggetto passivo non applica la CFC rules per la prima esimente: i dividendi sono tassati integralmente; il soggetto passivo non applica la CFC rules per la seconda esimente, ma non dall inizio del periodo di possesso della partecipazione: i dividendi sono tassati integralmente; il soggetto passivo ha dimostrato che sin dall inizio del periodo di possesso non ha conseguito l effetto di localizzare i redditi in fornitori black list (seconda esimente ampliata temporalmente): non applica la CFC rules ed i dividendi sono soggetti a pex. Va anche segnalato che il contribuente potrebbe anche esprimere una doppia procedura di interpello: puntare sulla prova esimente per disapplicare la CFC rules e solo in presenza, in un secondo momento, di distribuzione degli utili, proporre l interpello secondo la seconda esimente ampliata temporalmente.

RITENUTE APPLICABILI Nel trattare la tassazione dei dividendi provenienti da paesi black list, bisogna anche tenere presente il regime della ritenuta a cui essi sono sottoposti. Gli utili di fonte estera, in generale, possono essere percepiti o con l intervento di un intermediario finanziario o senza (direttamente all estero oppure anche in Italia a mezzo assegno estero). Gli utili di fonte estera percepiti attraverso banche sono soggetti ad una ritenuta in ingresso, che può essere a titolo definitivo (imposta sostitutiva) od a titolo di acconto. Gli stessi utili, poi, possono anche essere soggetti ad una ritenuta in uscita da parte dello stato di provenienza, talché la banca italiana applica la ritenuta in ingresso sul cosiddetto netto frontiera, cioè sull importo del dividendo già al netto della ritenuta applicata dallo stato estero. Ciò premesso, i dividendi da paesi black list sono soggetti alle seguenti ritenute: sia in caso di partecipazioni qualificate che non qualificate, viene operata una ritenuta a titolo di acconto del 12,5% sul netto frontiera da parte dell intermediario finanziario che interviene nella riscossione dell utile; solo nel caso di dividendi che derivano da partecipazioni non qualificate, i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati, la ritenuta del 12,5% è operata a titolo di imposta, ovviamente sul 100% della remunerazione. Qualora in seguito all interpello, il contribuente dimostri che è rispettata la condizione che sin dall inizio del periodo di possesso della partecipazione non è stato conseguito l effetto di localizzare i redditi in stati o territori a fiscalità privilegiata, i dividendi tornano ad assumere la natura di ordinari utili di fonte estera e, quindi: se derivano da una partecipazione qualificata, l intermediario residente che interviene nella riscossione opera la ritenuta di acconto del 12,5% sul 40% (o sul 49,72%) della remunerazione (al netto della ritenuta estera); se derivano da partecipazioni non qualificate, sono soggetti alla ritenuta del 12,5% a titolo di imposta applicata sul netto frontiera. L applicazione del regime ordinario è subordinata all invio da parte del contribuente della risposta positiva all interpello presentato. Nella dichiarazione dei redditi i dividendi black list si dichiarano nel quadro RL, rigo RL1, composto da due colonne: - in colonna 1, va indicato uno dei seguenti codici: - 2 se utili black list di natura qualificata; - 3 utili black list di natura non qualificata e non negoziati in mercati regolamentati; - 4 o 6 se utili black list di natura qualificata con interpello accolto (4 in caso di utili prodotti sino al 31/12/2007 e 6 se prodotti successivamente), - in colonna 2, va indicato l intero importo del dividendo, a meno che non sia stato accolto l interpello (codice 4 e 6), per cui va indicato il 40% o il 49,72%.

IL REGIME DEI COSTI Il principio generale fissato dall art. 110, comma 10 del TUIR, è quello della indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in paesi black list, non appartenenti all Unione Europea. Si tratta di una presunzione legale relativa, la cui prova contraria è codificata dalla norma e limitata alle seguenti due ipotesi derogatorie (comma 11): - che l impresa estera svolge prevalentemente un attività commerciale effettiva; - che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Imprese residenti o localizzate: espressione generica in cui sono ricomprese le imprese residenti, le stabili organizzazioni, le imprese localizzate in base a criteri diversi dalla residenza. Spese ed altri componenti negativi: formula amplia in cui sono ricompresi anche gli ammortamenti, le svalutazioni, le perdite e le minusvalenze. In attesa dell emanazione della white list, ai fini della applicazione delle indeducibilità dei costi, il decreto di riferimento, per l individuazione degli stati o territori a fiscalità privilegiata, è il DM 21/11/2001. Esimenti (in alternativa): 1) svolgimento in via prevalente di un attività commerciale effettiva; 2) effettivo interesse economico dell operazione e concreta esecuzione. La prova contraria per vincere la presunzione può essere fornita: - in via preventiva, con interpello (art. 21 L. 413/1991); - nel corso della procedura di accertamento, in risposta all apposito avviso notificato dall Agenzia delle entrate (entro 90 giorni dalla richiesta). Esimente (I) rapporto con la prima esimente CFC: l eventuale risposta positiva all istanza di interpello per la disapplicazione della CFC rules, facendo valere la prima esimente (art. 167 comma 5 lettera a)), va ritenuta valida anche ai fini della deducibilità dei costi art. 110 comma 10. Attività commerciale: attività di cui all art. 2195 c.c. ovvero ogni attività il cui svolgimento genera redditi che in Italia sarebbero qualificati come redditi di impresa. Prevalenza: è riferita al rapporto con altre eventuali attività dell impresa estera non considerate commerciali. Effettiva: è necessario verificare la sostanza e non la forma. Orientamenti ministeriali. Secondo un primo orientamento dell amministrazione (ris. 18/E del 29/1/2003 ris. 46/E del 16/3/2004 ris. 381/E del 18/12/2007), è possibile disapplicare la norma dimostrando che l impresa estera, per apparato organizzativo ed investimenti effettuati, svolge un attività commerciale, a prescindere dal mercato di sbocco. Secondo l Agenzia, non è configurabile un attività commerciale in ipotesi di mero godimento di beni da cui derivano dividendi, interessi e royalties (passive income). Secondo altre risoluzioni (387/E e 388/E del 19/12/2002) è necessario anche lo svolgimento nel territorio estero, oltre della fase prettamente esecutiva, anche di un autonoma attività strategica e decisionale di penetrazione nel mercato estero. Con la risoluzione 427/E del 2008, ha affermato che, ai fini del riscontro di un attività commerciale effettiva, si rende necessario che detta impresa risulti effettivamente radicata nel territorio estero di localizzazione, in modo da partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di quest ultimo. In definitiva, non sarebbe più sufficiente la struttura organizzativa nel paese a fiscalità privilegiata, ma occorrerebbe che l attività sia esercitata a favore del mercato locale.

Il nuovo orientamento non trova alcun riscontro nel dato testuale della norma e neppure dall evoluzione degli orientamenti comunitari in materia. Infatti, nella Comunicazione COM 785 del 10/12/2007 della Commissione della CE (citata nella risoluzione 427/E del 2008) si afferma che l insediamento di una società è da considerare effettivo quando, sulla base di elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi, in particolare a livello della sua presenza fisica in termini di locali, di personale e di attrezzature, corrisponde una realtà economica, ossia una società reale che svolge attività economiche effettive e non una società fantasma o schermo. Non risulta, pertanto, che per la Commissione europea sia necessario lo svolgimento dell attività nel mercato domestico, ciò che rileva è l esistenza di una struttura idonea. Il suddetto orientamento può dirsi comunque superato dalla circolare 51/E del 6 ottobre 2010, nella quale l Agenzia ha affermato che il cosiddetto radicamento non costituisce elemento dirimente ai fini della deducibilità dei costi black list. Presenza di convenzioni contro le doppie imposizioni. Occorre verificare l applicabilità del regime di indeducibilità dei costi ex art. 110 comma 10 del TUIR, in presenza di una convenzione per evitare le doppie imposizioni. Per principio generale, le nome dei trattati convenzionali sono di rango sovraordinato rispetto alle disposizioni di legge interne e, quindi, se nelle convenzioni vi sono criteri meno restrittivi per la deducibilità dei costi in questione, tali ultime disposizioni prevalgono sull art. 110 del TUIR. Il riferimento è all art. 24, paragrafo 4, del modello di convenzione OCSE, secondo il quale gli interessi, i canoni ed altre spese pagate da un impresa di uno stato contraente ed un residente dell altro stato contraente, sono deducibili, ai fini di determinare gli utili imponibili di detta impresa, alle stesse condizioni in cui sarebbero deducibili se fossero stati pagati ad un residente del primo stato. Questa disposizione è suscettibile di disapplicare la norma dell articolo 110 del TUIR. Firenze 6 luglio 2011 Andrea Quercetelli