Attrezzature a pressione L evoluzione della norma tecnica

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8 Novembre-Dicembre 2017 Attrezzature a pressione L evoluzione della norma tecnica Giuseppe Pinna pinna@cti2000.it Gli operatori del settore delle attrezzature a pressione hanno sempre avuto il problema di doversi confrontare e orientare tra diversi documenti che costituiscono le fonti della regolamentazione tecnica per la progettazione, la produzione e l esercizio delle attrezzature a pressione, mondo molto variegato fin dalle sue origini, che tocca trasversalmente diversi settori, anche lontani tra loro: Oil & Gas, chimico, petrolchimico, elettrico, gomma e plastica, manifatturiero, farmaceutico, alimentare; dalle raffinerie e dai grandi impianti di produzione di energia alle piccole realtà quali laboratori e impianti di stoccaggio, coinvolgendo una moltitudine di soggetti: fabbricanti, progettisti, installatori, aziende utilizzatrici, manutentori, organismi di certificazione e controllo. Trattandosi di un campo con rilevanti rischi sulla sicurezza, esso è stato disciplinato inizialmente con atti legislativi che fornivano le indicazioni tecniche specifiche per la realizzazione e l utilizzo delle apparecchiature. A partire dal 1926 alle norme di legge si sono affiancate le disposizioni emanate dall ANCC (Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione, istituita con Regio Decreto Legge 9 luglio 1926 n. 1331, diventata ISPESL nel 1972 e confluita nell INAIL nel 2010). Tali disposizioni, nella forma di specificazioni tecniche, assumevano forza di legge in quanto richiamate in decreti e leggi dello Stato. La situazione è cambiata, almeno per quanto concerne la progettazione e la produzione, con l avvento, nel 2000, della direttiva 97/23/CE, PED - Pressure Equipment Directive (recepita in Italia con il D.Lgs. 93/2000), che ha introdotto e applicato alle attrezzature a pressione la filosofia del cosiddetto Nuovo Approccio per la libera circolazione delle merci nel mercato unico europeo. La direttiva PED, diversamente da quanto accadeva in epoca precedente l avvento del nuovo approccio, va a definire esclusivamente i Requisiti Essenziali di Sicurezza per la fabbricazione e l immissione sul mercato di attrezzature e insiemi in pressione, demandando al complesso delle norme tecniche armonizzate il compito di definire i requisiti di dettaglio per ciascun tipo di prodotto. Questo approccio ha portato alla costituzione di un consistente corpo di norme tecniche, emanate dal CEN e approvate dalla Commissione Europea, che fornisce ai fabbricanti di attrezzature a pressione una solida base tecnica cui riferirsi per la progettazione e la costruzione. Tra queste assumono particolare rilevanza le serie di norme EN 764 Attrezzature a pressione, EN 13445 Recipienti a pressione non esposti a fiamma, EN 12952 Caldaie a tubi d acqua e installazioni ausiliarie, EN 12953 Caldaie a tubi da fumo. LA DIRETTIVA PED DEL 1997, REVISIONATA NEL 2014, HA DETERMINATO LO SVILUPPO DI UN NUTRITO CORPUS DI NORME ARMONIZZATE DEDICATE ALLA PROGETTAZIONE E ALLA COSTRUZIONE DELLE ATTREZZATURE A PRESSIONE Il 19 Luglio 2016 è entrata in vigore la nuova direttiva PED 2014/68/UE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 15 Febbraio 2016, n. 26. Con questa rifusione, la direttiva PED, al pari di numerose altre direttive, è stata adeguata alle prescrizioni del New Legal Framework, costituito dal Regolamento 765/2008 in materia di accreditamento degli organismi notificati e vigilanza del mercato e dalla Decisione 768/2008 relativa al quadro comune per la commercializzazione dei prodotti nel mercato europeo. La nuova PED, pur non modificando il campo di applicazione e la definizione dei requisiti essenziali di sicurezza, apporta tuttavia alcuni cambiamenti: --è stata definita una nuova classificazione dei fluidi, per adeguarla a quanto previsto dal regolamento

IL CTI INFORMA 9 CLP (Regolamento CE n. 1272/2008) relativo alla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele; --è stata definita una nuova categorizzazione degli operatori economici, ora distinti in Fabbricanti, Importatori, Distributori, e Rappresentanti Autorizzati; --è stata introdotta la modifica della denominazione di alcuni moduli di valutazione della conformità, che sono ora uniformati al New Legal Framework; --è riportata una più esplicita definizione dei requisiti ai fini dell analisi dei rischi e dei pericoli; --si è resa necessaria la rivisitazione e il riallineamento delle linee guida PED, che, allo scopo di evitare confusioni, o sovrapposizioni, avranno una diversa nomenclatura, basata su lettere; --in conseguenza dell entrata in vigore della nuova direttiva si rende necessaria una nuova notifica degli Organismi di valutazione della conformità; --è previsto un nuovo modello per la dichiarazione di conformità. L avvento della PED e delle norme armonizzate non ha però causato il superamento definitivo dei vari codici nazionali preesistenti, che anzi continuano ad avere una certa diffusione, anche in Italia, dove le vecchie Raccolte ISPESL sono tuttora in uso. Nel 2003, il CTI, con la partecipazione dell Ispesl, dei rappresentanti di costruttori, utilizzatori, organismi notificati e ispettorati degli utilizzatori operanti in Italia, ha elaborato e pubblicato il documento R-02 Raccomandazioni del Comitato Termotecnico Italiano per l uso delle Raccolte ISPESL Rev. 95, nell ambito della Direttiva 97/23/ CE. Le raccomandazioni R-02 sono state revisionate nel 2005. È attualmente in corso di approvazione da parte di UNI una richiesta, inoltrata dall INAIL, per l avvio di una prassi di riferimento UNI (la Prassi di Riferimento PdR non è una norma tecnica, ma è un documento pubblicato da UNI, in conformità al Regolamento UE n.1025/2012, avente lo scopo di raccogliere prescrizioni relative a prassi condivise all interno di soggetti firmatari di un accordo di collaborazione con UNI) contenente linee guida per l applicazione delle raccolte Ispesl VSR, VSG, M, S nell ambito della direttiva 2014/68/UE. La prassi di riferimento UNI intende riprendere i contenuti del documento R-02 aggiornandoli alla luce dei RES (Requisiti Essenziali di Sicurezza) definiti dalla nuova direttiva PED 2014/68/ UE e ai cambiamenti normativi intervenuti (aggiornamenti delle norme UNI EN 13445, UNI EN 12952, UNI EN 12953). IL CTI, CON IL CONTRIBUTO DELL ISPESL, DEL COORDINAMENTO DELLE REGIONI E DELLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA, NEL 2006 AVVIANO L ELABORAZIONE DI UNA SERIE DI SPECIFICHE TECNICHE E NORME FINALIZZATE A SUPPORTARE I REQUISITI DEL DM 329/2004: NASCE COSÌ IL PACCHETTO NORMATIVO DELLE UNI 11325 SULLA MESSA IN SERVIZIO ED UTILIZZAZIONE DEGLI INSIEMI A PRESSIONE Una volta immesso il prodotto sul mercato ha inizio la fase dell esercizio, la cui regolamentazione continua ad essere demandata alla legislazione nazionale. Questa nel corso degli anni si è prodotta in varie disposizioni e, tra abrogazioni parziali e totali e, in certi casi, ripristini di validità, si presenta in un quadro di non sempre facile interpretazione. Dopo l entrata in vigore della PED, gli operatori si sono dovuti confrontare soprattutto con due disposizioni di legge: il Decreto del Ministero delle Attività produttive n. 329 del 2004, che regola la messa in servizio e l utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi, e il D.Lgs. 81 del 2008 (Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), integrato dal Decreto 11 aprile 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche e i criteri di abilitazione dei soggetti che le eseguono. Parallelamente il mondo della normazione tecnica nazionale si è mosso per adeguarsi al nuovo quadro legislativo, spesso riprendendo e aggiornando contenuti tecnici che in precedenza erano definiti in disposizioni di legge o in altri documenti tecnici riconosciuti (es. circolari ANCC/Ispesl). In particolare il CTI, nell ambito di un incarico conferito all UNI dal Ministero delle attività produttive al fine di supportare le disposizioni del citato D.M. n. 329/2004, con il contributo dell ISPESL, del Forum degli Organismi Notificati, del Coordinamento Tecnico Interregionale e di tutte le associazioni

10 Novembre-Dicembre 2017 Serie UNI/TS 11325 - Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione Stato di avanzamento UNI/TS 11325:1: Valutazione dello stato di conservazione ed efficienza delle tubazioni in esercizio ai fini della riqualificazione periodica d integrità UNI/TS 11325:2: Procedura di valutazione dell idoneità all ulteriore esercizio delle attrezzature e degli insiemi a pressione soggetti a scorrimento viscoso UNI/TS 11325:3: Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata UNI/TS 11325:4: Metodi operativi per la valutazione di integrità di attrezzature a pressione operanti in regime di scorrimento viscoso applicabili nell ambito della procedura di valutazione di cui alla UNI/TS 11325-2 Pubblicata 2009 *Programmata revisione Pubblicata 2013 *Programmata revisione Pubblicata 2010 *Revisione in pubblicazione Pubblicata 2013 *Programmata revisione UNI/TS 11325:5: Interventi temporanei sulle attrezzature a pressione Pubblicata 2012 UNI/TS 11325:6: Messa in servizio delle attrezzature e degli insiemi a pressione UNI/TS 11325:8: Pianificazione delle manutenzioni su attrezzature a pressione attraverso metodologie basate sulla valutazione del rischio (RBI) Pubblicata 2014 Pubblicata 2013 UNI/TS 11325:9: Idoneità al servizio (Fitness for Service) Pubblicata 2013 UNI/TS 11325:10: Parte 10: Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata esclusi dal campo di applicazione della UNI/TS 11325-3 UNI/TS 11325:11: Procedura di valutazione dell idoneità al servizio di attrezzature a pressione soggette a fatica UNI 11325:12: Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi a pressione Progetto in lavorazione Pubblicata 2015 In pubblicazione di categoria interessate ha avviato nel 2006 l elaborazione di una serie di specifiche tecniche e norme finalizzate a supportare i requisiti del DM 329/2004 in materia di esercizio delle attrezzature a pressione. Questo lavoro si è concretizzato nella serie UNI 11325 Attrezzature a pressione Messa in servizio ed utilizzazione degli insiemi a pressione, della quale tra il 2009 e il 2015 sono state pubblicate 9 parti. Altre norme collegate UNI 11096: Prove non distruttive. Controlli sullo stato di integrità strutturale di attrezzature a pressione soggette a scorrimento viscoso a caldo. Pianificazione ed esecuzione dei controlli, valutazione dei risultati e documentazione. *Collegata alle UNI/TS 11325 2 e 4 UNI/TR 11507: Manutenzione dei dispositivi per la limitazione diretta della pressione (valvole di sicurezza) UNI 11513: Verifica in esercizio della taratura delle valvole di sicurezza mediante martinetti UNI/TR 11667: Attrezzature a pressione - Verifiche d integrità di attrezzature/ insiemi a pressione - Prove a pressione UNI ISO 13574: Traduzione ISO 13574:2015 Industrial furnaces and associated processing equipment -- Vocabulary Stato di avanzamento Pubblicata 2012 Pubblicata 2013 Pubblicata 2013 *In revisione Pubblicata 2017 Pubblicata 2016

IL CTI INFORMA 11 Nuovi progetti di norma in lavorazione UNI xxxxx: Attrezzature e insiemi a pressione: progettazione e costruzione di forni chimici, petrolchimici e di raffinazione UNI xxxxx: Attrezzature a pressione - Valutazione dello stato di conservazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione a seguito del degrado da esercizio dei materiali UNI/TR xxxxx: Locali destinati al posizionamento di generatori di vapore e/o acqua surriscaldata e delle attrezzature accessorie UNI EN ISO 764-1 Traduzione italiano UNI EN 764-1:2015 Attrezzature a pressione - Parte 1: Vocabolario Prassi di Riferimento UNI: Linee guida per l uso delle Raccolte ISPESL VSR, VSG, M, S (che rivede la Raccomandazione CTI 2:2005) Stato di avanzamento Inchiesta pubblica UNI (scadenza 16/01/2018) Inchiesta pubblica UNI (scadenza 16/01/2018) Progetto in lavorazione Progetto in lavorazione Proposta INAIL in corso di approvazione da parte di UNI Per alcune di queste è già arrivato il momento della revisione. Altre norme nazionali si sono affiancate, elaborate dalle competenti commissioni tecniche di CTI e UNI. A fronte di questo nuovo quadro, sia le norme armonizzate alla PED che i regolamenti e le specifiche tecniche finalizzate all esercizio delle attrezzature e degli impianti a pressione necessitano di una verifica ed eventualmente di un adeguamento. A livello legislativo è atteso un nuovo Decreto Ministeriale che vada ad aggiornare i contenuti del DM 329/2004. Per quanto concerne le norme nazionali sono in corso numerosi lavori che potranno contribuire a definire un riferimento tecnico di supporto per gli operatori. Nelle tabelle sotto è presentato il quadro aggiornato delle norme in vigore e dei progetti in corso di lavorazione nei gruppi di lavoro del Sottocomitato 3 del CTI. UN MODELLO PER LA GESTIONE DEL CICLO DI VITA Corrado Delle Site Coordinatore della CT 222 Integrità strutturale degli impianti a pressione alfabetico (per le norme tecniche). Con il presente contributo si intende fornire un modello semplificato di ciclo di vita delle attrezzature a pressione, con lo scopo di presentare le norme secondo il criterio delle fasi della vita dell attrezzatura. Questo consente anche di identificare eventuali momenti della gestione di un attrezzatura che non risultano coperti da alcuna norma e che come tali potrebbero essere meritevoli di un futuro approfondimento da parte degli enti di normazione preposti. La gestione del ciclo di vita di un attrezzatura a pressione si articola nelle seguenti fasi principali, mostrate schematicamente nel flow chart in figura 1. --Progettazione e costruzione --Messa in servizio --Esercizio --Sorveglianza GV --Verifiche periodiche e d integrità --Valutazione vita consumata --Valutazione del degrado metallurgico --Fitness for service --Riparazioni --Dismissione La presentazione dei requisiti per la progettazione, la costruzione e l esercizio delle attrezzature a pressione, siano essi definiti in documenti legislativi o in norme tecniche, avviene tipicamente sulla base dell ordine cronologico di pubblicazione (in particolare per leggi e decreti) o del codice numerico/ Le specifiche tecniche della serie UNI TS 11325 forniscono gli elementi per gestire l intero ciclo di vita dell attrezzatura, dalla progettazione alla messa in servizio, dall esercizio al decommissioning, includendo le eventuali riparazioni. Di seguito si esaminano le singole fasi del ciclo di vita con particolare riferi-

12 Novembre-Dicembre 2017 mento agli aspetti tecnici ed ai riferimenti normativi vigenti. Progettazione e costruzione Obiettivo di questa prima fase del ciclo di vita è la realizzazione di un attrezzatura conforme alla normativa vigente. A partire dal 29 maggio 2002 è entrata obbligatoriamente in vigore la Direttiva 97/23/ CE (PED) recepita in Italia con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n 93. Con D. Lgs. 15 febbraio 2016, n. 26 sono state apportate alcune modifiche al decreto di recepimento, attuando come previsto la direttiva europea 2014/68/UE (rifusione). La Direttiva PED è una direttiva di prodotto che rientra nel cosiddetto nuovo approccio, la cui filosofia portante è basata su dei principi generali inderogabili che, soddisfatti integralmente, dovrebbero garantire all attrezzatura a pressione il raggiungimento di un livello di sicurezza minimo corrispondente ad un rischio accettabile. La Direttiva detta i requisiti minimi e indispensabili al fine di garantire la libera circolazione degli apparecchi a pressione: i requisiti essenziali di sicurezza (RES). Al fine di garantire la conformità con i requisiti essenziali, sono emanate, a livello europeo, le norme armonizzate. Esse hanno il grande vantaggio di dare la presunzione di conformità ai RES. Tuttavia un fabbricante, qualora lo ritenga opportuno, può far riferimento a qualsiasi altra norma, purché questa permetta di soddisfare i requisiti essenziali di sicurezza applicabili al caso in esame. Le norme armonizzate, nel campo delle attrezzature a pressione, sono redatte dal CEN (Comitato Europeo di Normazione) e tra queste le più importanti sono la EN 13445 (apparecchi a pressione non sottoposti a fiamma), la EN 12952 (generatori di vapore a tubi d acqua), la EN 12953 (generatori di vapore a tubi da fumo), EN 13480 (tubazioni). In Italia si guarda ancora con grande attenzione alle Raccolte ISPESL (Raccolta VSR, VSG, M, S) come codice di costruzione per attrezzature e insiemi. A tale riguardo INAIL ha recentemente richiesto ad UNI di porre allo studio una prassi di riferimento sull uso delle raccolte ISPESL in ambito PED, in sostituzione della Raccomandazione CTI R-2:2005, ormai superata. Per quanto riguarda la progettazione e costruzione di forni chimici, petrolchimici e di raffinazione è in procinto di emanazione una norma nazionale che fornisce indicazioni e linee guida per la progettazione e la costruzione di tali attrezzature al fine di ridurre al minimo i rischi derivanti dalla pressione e dalla temperatura, come prescritto dalla direttiva PED. Include inoltre raccomandazioni per la supervisione e sorveglianza durante l esercizio. Come sottolineato da più parti, i problemi più rilevanti riscontrati dagli addetti ai lavori in questi anni di applicazione della Direttiva sono principalmente correlati alle molteplicità interpretative a cui la Direttiva stessa si presta. Un ruolo molto importante in tal senso è svolto, a livello italiano, dal Forum degli Organismi Notificati e, a livello europeo, dal WGP del CEN, entrambi deputati a formulare pareri e linee guida procedurali riguardanti la Direttiva PED. Messa in servizio La messa in servizio rappresenta lo step successivo alla progettazione e costruzione ed è demandata all utilizzatore che installa l attrezzatura, dopo che la stessa è stata immessa sul mercato. Il legislatore ha previsto una verifica da parte di un Ente Preposto (al momento dall INAIL), le cui modalità operative sono disciplinate a livello nazionale dal D.M. 329/2004 negli artt. 4, 7 e 9. Il decreto sopra indicato esclude da tale verifica obbligatoria gli insiemi rientranti nell art. 5 dello stesso decreto. A livello normativo la UNI/TS 11325-6 definisce le procedure operative a supporto di tale verifica. Esercizio Durante il normale esercizio di un attrezzatura l utilizzatore deve provvedere ad effettuare operazioni di manutenzione e controlli (D.Lgs 81/2008, art 71, comma 8) finalizzati al buon funzionamento dell attrezzatura. Nei casi disciplinati dalle tabelle A e B del D.M. 329/2004 (nel caso di attrezzature in ambienti di vita) e dall allegato VII al D.M. 11 aprile 2011 (nel caso di attrezzature in ambienti di lavoro), l utilizzato-

IL CTI INFORMA 13 FIGURA 1 - Diagramma del ciclo di vita di un attrezzatura a pressione

14 Novembre-Dicembre 2017 re o il datore di lavoro devono richiedere ai soggetti preposti l effettuazione delle verifiche periodiche finalizzate a testimoniare l idoneità dell attrezzatura a proseguire il normale esercizio. Le verifiche si dividono in verifiche di funzionamento e verifiche d integrità: le prime rivolte principalmente all esame del processo e dei dispositivi di sicurezza, le seconde a confermare lo stato di conservazione nel tempo delle membrature costituenti l attrezzatura stessa. Le periodicità di verifica possono essere modificate rispetto a quelle fissate per legge applicando l istituto della deroga di cui all art. 10 comma 5 del DM 329/2004. A tale scopo occorre dimostrare che il nuovo intervallo ispettivo non provochi un aumento del livello di rischio, applicando le metodologie di tipo Risk-Based Inspection (RBI). Il Risk Based Inspection (RBI) differisce dalle tecniche ispettive cosiddette deterministiche, che prevedono controlli su base periodica regolare e definiti con tempi stabiliti e date prefissate eguali per tutti i settori. Tali tecniche, pur tenendo conto di tipiche caratteristiche progettuali dell apparecchio e condizioni di esercizio, sono tuttavia basate su esperienze generalizzate e non specifiche dei singoli impianti, trascurando l efficacia dei diversi sistemi di gestione. Le frequenze dei controlli potrebbero risultare non ottimali e quindi inferiori o superiori alle reali necessità della specifica attrezzatura. In tale contesto, la specifica tecnica UNI/TS 11325-8 Pianificazione delle manutenzioni su attrezzature a pressione attraverso metodologie basate sulla valutazione del rischio ha lo scopo di orientare gli utilizzatori nella definizione dei programmi di ispezione e manutenzione delle attrezzature a pressione del proprio impianto sulla base della valutazione del rischio legato all effettivo stato di conservazione ed efficienza delle attrezzature stesse. Verifiche d integrità strutturale Come già evidenziato, la verifica d integrità delle attrezzature a pressione è finalizzata a verificare lo stato di conservazione delle membrature ed è prevista dall art. 12 del DM 329/2004. Essa prevede come requisito minimo, l esecuzione di esami visivi e controlli spessimetrici. Tuttavia, non è esclusa la possibilità di dover eseguire altri controlli che si rendano necessari a fronte di situazioni di danneggiamento evidenziate dal calcolo o dai controlli di base. La UNI/TS 11325 parte 1 definisce i criteri per la corretta verifica d integrità di tubazioni tramite controlli di screening e di dettaglio. Analogamente a quanto fatto per le tubazioni, si prevede di porre allo studio in ambito CTI norme specifiche per la verifica d integrità di recipienti e di generatori di vapore. Valutazione della vita consumata Alcuni meccanismi di danno quali il creep o la fatica, determinano una diminuzione nel tempo delle caratteristiche meccaniche dell attrezzatura, quantizzabile in termini di frazione di vita consumata. La vita teorica utile è determinabile riferendosi a curve di riferimento specifiche per il materiale della membratura interessata dal fenomeno. La normativa nazionale sullo scorrimento viscoso si è arricchita di una serie di norme che coprono tutti gli aspetti della valutazione di vita consumata a creep. In particolare l aspetto tecnico-procedurale è coperto dalla UNI/TS 11325-2, l aspetto tecnico-scientifico è definito dalla UNI/TS 11325-4, l aspetto metallografico dalla UNI 11374 e dalla UNI 11373, l aspetto Prove non Distruttive dalla UNI 11096. Il parametro di soglia per valutare se un apparecchio è in scorrimento viscoso è la temperatura convenzionale di inizio creep che, per un determinato materiale, è indipendente dalla sollecitazione di esercizio. Tuttavia, la sollecitazione influisce sulla significatività del fenomeno creep per mezzo della frazione di vita consumata ed è pertanto è un parametro fondamentale nella determinazione degli intervalli di ricontrollo. Il danneggiamento per fatica è affrontato nella UNI/ TS 11325-10, riferendosi in linea generale alle normative europee di settore (esempio UNI EN 12952 per i generatori di vapore) ed ai rispettivi metodi proposti. In entrambi i casi, sia per il creep che per la fatica, l utilizzatore, una volta effettuata l analisi, proporrà l intervallo di ricontrollo sulla base delle risultanze di calcoli e controlli in campo. Ovviamente le tempistiche delle suddette valutazioni di vita consumata

IL CTI INFORMA 15 differiscono, in linea generale, da quelle relative alle verifiche d integrità previste per legge essendo modulate sull effettivo stato di danno rilevato, piuttosto che su intervalli di ispezione ad intervalli prefissati. Valutazione del degrado metallurgico Oltre ai fenomeni di creep e fatica, trattati separatamente nelle specifiche tecniche sopra indicate, esistono altri meccanismi a cinetica lenta che agiscono nel tempo degradando le caratteristiche meccaniche di attrezzature a pressione ed i cui effetti non risultano rilevabili all esame visivo. Tra questi ricordiamo i meccanismi di addolcimento, di infragilimento caustico e da invecchiamento, attacco da idrogeno, sensibilizzazione, carburazione/ decarburazione, grafitizzazione, segregazione, ecc. Elementi per la valutazione dello stato di conservazione di attrezzature e impianti sono indicati in un nuovo progetto di norma UNI (attualmente in fase di inchiesta pubblica UNI), che fornisce tabelle riepilogative per ciascun meccanismo e propone le prove non distruttive più idonee con la descrizione qualitativa del fenomeno di danno e l indicazione delle possibili metodologie di misura. Sorveglianza Generatori di Vapore I generatori di vapore devono essere sottoposti a sorveglianza ai fini della sicurezza, in relazione ai rischi specifici connessi con l esercizio degli stessi. È nota infatti la pericolosità di queste attrezzature a pressione, specialmente legate alla loro corretta gestione, e ciò è evidente dalla lunga serie di incidenti verificatisi dalla fine dell 800 ad oggi. Con il termine sorveglianza si intende il controllo del generatore, da parte di una persona addetta, per accettarsi che lo stesso, tutti i suoi dispositivi e l acqua di alimento siano nelle normali condizioni previste dal manuale di uso e manutenzione. La sorveglianza può essere con assistenza continua o senza assistenza continua. Le specifiche tecniche UNI/TS 11325-3 (edizione 2010, di cui è in pubblicazione la revisione) e UNI/TS 11325-10 (progetto di norma attualmente in corso di lavorazione, dedicato ai piccoli generatori, non trattati dalla parte 3) forniscono procedure per la sorveglianza di generatori di vapore, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti. Fitness for Service La filosofia alla base della specifica tecnica UNI/TS 11325-9 sul Fitness for Service è quella di fornire dei principi base per eseguire la valutazione dell idoneità al servizio in presenza di difetti, facendo riferimento a norme e codici già esistenti, evidenziandone caratteristiche e limiti. E infatti la legislazione vigente ammette che in presenza di difetti possa essere ammesso un esercizio temporaneo dell attrezzatura a pressione, in condizioni di sicurezza, a seguito di idonee valutazioni del tipo FFS. La specifica tecnica sopra indicata illustra la procedura da seguire per: --la caratterizzazione del difetti, --l individuazione dei meccanismi di danneggiamento, --l esecuzione dei calcoli, --la valutazione finale, --le competenze richieste al personale. Se un difetto è ritenuto instabile e quindi non sicuro per l esercizio occorre invece procedere alla immediata riparazione mediante idonee procedure sia permanenti che temporanee. Riparazioni Le riparazioni di attrezzature a pressione sono disciplinate dall art. 14 del D.M. 329/2004 che definisce le relative procedure sia per attrezzature certificate CE che per attrezzature preesistenti all emanazione della direttiva PED. In casi particolari, riferiti al settore petrolifero, sono ammesse riparazioni temporanee (Legge 4 aprile 2012, n. 35) effettuabili anche con impianti in marcia, allo scopo di garantire la produzione di impianti a ciclo continuo o di pubblica utilità che forniscono servizi essenziali. Tali interventi devono poter garantire la sicurezza dell attrezzatura e dell impianto per un tempo determinato fino all esecuzione della fermata programmata successiva, in corrispondenza della quale poter effettuare la riparazione vera e propria.

16 Novembre-Dicembre 2017 Decommissioning Il ciclo di vita si ritiene concluso quando l attrezzatura non è più in grado di garantire l esercizio in sicurezza, anche a seguito di riparazioni o declassamenti delle condizioni di esercizio. In questa evenienza l attrezzatura deve essere demolita, al fine di evitare un riutilizzo della stessa, mentre la targa dati deve essere riconsegnata all ente preposto. Conclusioni Il panorama normativo attualmente disponibile è sufficientemente approfondito per fornire un adeguato supporto al tecnico e per gestire l intero ciclo di vita di un attrezzatura o di un impianto. Le specifiche tecniche della serie UNI/TS 11325, prodotte con il contributo del CTI, costituiscono una valida guida per l utilizzatore che deve orientarsi tra le norme disponibili: infatti, tranne nel caso del creep, le specifiche tecniche non contengono procedure originali ed innovative ma piuttosto forniscono elementi per poter individuare fra le procedure esistenti nel panorama internazionale e nazionale quella che maggiormente risponde alle necessità operative e ai meccanismi di danno effettivamente presenti. Per completare l intero pacchetto normativo, si prevede di affrontare in maniera specifica le problematiche d integrità di recipienti e generatori di vapore, in aggiunta a quelle delle tubazioni già trattate nella UNI TS 11325-1. È inoltre in programma una prassi di riferimento sull uso delle raccolte ISPESL (VSR, VSG, M ed S) in ambito PED, che andrebbe a sostituire la ormai superata Raccomandazione CTI R-02:2005 sul medesimo argomento, al fine di fornire ai fabbricanti nazionali, in continuità con il passato, una valida alternativa alle norme armonizzate, aggiornata allo stato dell arte del settore. FORNI INDUSTRIALI Riccardo Balistreri Coordinatore della CT 221 Progettazione e costruzione di attrezzature a pressione e di forni industriali La Commissione Tecnica 221 Progettazione e costruzione di attrezzature a pressione e di forni industriali, e in particolare del Gruppo di Lavoro 03 (GL 3) Forni chimici, petrolchimici e per oli minerali e altri forni industriali, lo scorso luglio ha concluso la stesura della revisione della Raccomandazione CTI R6/2006 Raccomandazioni del CTI per la progettazione, la costruzione e l esercizio di forni chimici e petrolchimici - Edizione aggiornata con errata corrige Dic. 2007 e avviato l iter per l inchiesta pubblica CTI-UNI. La norma tecnica ha come titolo: Attrezzature e insiemi a pressione: progettazione e costruzione di forni chimici, petrolchimici e di raffinazione. Lo scopo della norma è quello di fornire uno strumento per la progettazione e la costruzione di forni a focolare interno per l industria chimica, petrolchimica e di raffinazione, con una pressione interna ai serpentini di scambio termico superiore a 0,5 bar, le cui membrature siano costruite in acciaio, in leghe di Nichel o con i materiali speciali. Il tutto nel rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla direttiva 2014/68 UE. Poiché allo stato attuale non esiste una norma EN, armonizzata alla direttiva PED, che tratti questo genere di prodotti, questa vacatio consente agli stati membri lo sviluppo di normative nazionali; queste potranno anche essere utilizzate come documento tecnico da sviluppare qualora, in ambito CEN, si convergesse verso la necessità di emanare una norma armonizzata in materia. IL 16 GENNAIO SCADE L INCHIESTA PUBBLICA UNI RELATIVA ALLA NORMA SULLA PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DI FORNI A FOCOLARE INTERNO PER L INDUSTRIA CHIMICA, PETROLCHIMICA E DI RAFFINAZIONE Nella trattazione della norma il GL 3, in specifici passaggi, ha fatto riferimento alla norma UNI EN ISO 13704 Industrie del petrolio, petrolchimiche e del gas naturale - Calcolo dello spessore dei tubi dei riscaldatori nelle raffinerie di petrolio e alla norma UNI EN ISO 13705 Industrie del petrolio, petrolchimiche e del gas naturale - Riscaldatori a fiamma per servizi generali di raffineria. Queste due norme ISO di derivazione API, rappresentano lo stato dell arte in materia anche se negli ultimi anni le nuove revisioni

IL CTI INFORMA 17 del codice API Standard 530 non sono state recepite in alcun aggiornamento della norma EN ISO 13704. Nella nuova norma tecnica il GL 3 ha sviluppato e integrato il calcolo di stabilità derivato dalla UNI EN ISO 13704 con lo scopo di renderlo più aderente alla filosofia della direttiva PED, segnalando, dove necessario, la presenza di riferimenti nell ultima versione delle API Standard 530 più aggiornati rispetto ai corrispettivi della EN ISO 13704. Ha rivisitato e aggiornato i capitoli riguardanti i materiali inserendo nuovi materiali di marca, nonché le prove e i controlli in fabbricazione e le indicazioni sulla scelta dei dispositivi di protezione e regolazione. Un altro importante adeguamento ha riguardato le tabelle in appendice B relative all armonizzazione con i RES della direttiva 2014/68 UE che sono state rivisitate e aggiornate. Infine si sono inseriti due nuovi capitoli riguardanti la marcatura CE e le indicazioni sui contenuti minimi del manuale di istruzioni ai fini della sorveglianza dei forni. In ambito ISO, il GL03 esamina i commenti ed esprime le posizioni nazionali sui documenti elaborati dall ISO/TC 244, dedicato alla progettazione, fab- FIGURA 2 - Disegno schematico di un forno bricazione, materiali, componenti e ispezioni di forni industriali, mentre in ambito CEN segue le attività del CEN/TC 186 nel campo della sicurezza delle attrezzature per i processi termici industriali, come forni industriali o attrezzature per il riscaldamento industriale. Nello specifico si segnala che il CEN/TC 186 è impegnato nella revisione delle parti 1, 2, 3 e 11 della EN 746 sulle apparecchiature di processo termico industriale, mentre l ISO/TC 244 Industrial furnaces and associated processing equipment ha in corso i seguenti progetti di revisione: --ISO/DIS 13578 Industrial furnaces and associated processing equipment - Safety requirements for machinery and equipment for production of steel by electric arc furnaces ; --ISO/DIS 13579-11 Industrial furnaces and associated processing equipment Method of measuring energy balance and calculating energy efficiency Part 11: Evaluation of various kind of efficiency. GLI EFFETTI DEL DEGRADO DEI MATERIALI SULLA SICUREZZA Carlo Fossati Coordinatore della CT 222/GL 05 Fatica Nel mese di gennaio 2018, il giorno 16, terminerà il periodo di inchiesta pubblica UNI per il progetto di norma E0203E800 Attrezzature a pressione - Valutazione dello stato di conservazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione a seguito del degrado strutturale e metallurgico da esercizio dei materiali. Il CTI sulla base dell incarico ricevuto per lo sviluppo di Specifiche Tecniche in materia di valutazione del degrado nelle attrezzature in pressione, a supporto del D.M. 329 del 2004 e nell ambito delle problematiche relative alla sicurezza degli impianti industriali regolata dal Decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008 e successive modificazioni ed integrazioni, ha sino ad oggi elaborato tre specifiche tecniche: --UNI/TS 11325-2:2013 Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 2: Procedura di

18 Novembre-Dicembre 2017 valutazione dell idoneità all ulteriore esercizio delle attrezzature e degli insiemi a pressione soggetti a scorrimento viscoso --UNI/TS 11325-4:2013 Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 4: Metodi operativi per la valutazione di integrità di attrezzature a pressione operanti in regime di scorrimento viscoso applicabili nell ambito della procedura di valutazione di cui alla UNI/TS 11325-2 --UNI/TS 11325-11:2015 Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 11: Procedura di valutazione dell idoneità al servizio di attrezzature e insiemi a pressione soggetti a fatica. La Specifica Tecnica costituita dal progetto di norma UNI E0203E800 è quindi la quarta procedura nell ambito della valutazione del degrado nelle attrezzature in pressione. IL 16 GENNAIO SCADE L INCHIESTA PUBBLICA UNI RELATIVA ALLA NORMA SULLA VALUTAZIONE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DELLE ATTREZZATURE E DEGLI INSIEMI A PRESSIONE A SEGUITO DEL DEGRADO STRUTTURALE E METALLURGICO DA ESERCIZIO DEI MATERIALI Già nel settembre 2016, trattando il problema del degrado dei materiali, avevamo citato questa specifica tecnica allora in avanzata fase di elaborazione descrivendone scopi ed impostazione. In considerazione dell importanza dell argomento nell ambito della sicurezza in generale e della sicurezza degli impianti industriali in particolare ed in considerazione del fatto che presumibilmente nel corso del 2018 la Specifica diverrà operativa riteniamo utile riaffrontare l argomento del degrado dei componenti di impianti industriali. Prima però di tornare sui concetti fisici legati al degrado nei materiali, riteniamo utile, proprio in vista della prossima entrata in vigore della citata Specifica Tecnica riassumerne i contenuti. Citando quanto riportato al Paragrafo 1: Scopo e campo di applicazione, la norma è volta a definire le modalità per valutare lo stato di conservazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione in esercizio relativamente al degrado metallurgico del materiale e tratta i meccanismi di danno a evoluzione normalmente lenta i cui effetti non risultano rilevabili all esame visivo. Sono inoltre esclusi i meccanismi di danno dovuti a fatica e scorrimento viscoso, già trattati dalle altre parti della UNI/ TS 11325 (parti 2, 4 e 11). Già dal campo di applicazione appare chiaro come questa norma sia fortemente innovativa rispetto alla tradizione italiana, in quanto affronta l aspetto generale del progressivo degrado dei materiali in precedenza non chiaramente evidenziato dalle normative nazionali. Ciò non significa che tale fenomeno potesse essere ufficialmente trascurato ma il tutto era lasciato al senso di responsabilità dell utilizzatore ed alle competenze del tecnico incaricato della valutazione dello stato degli impianti. L argomento che la specifica tecnica affronta è molto vasto ed oggi lo stato delle conoscenze si basa su esperienze derivanti da molteplici campi quali ad esempio: esperienze nell esercizio, nel controllo degli impianti industriali, conoscenze nell ambito scienza dei materiali (quali corrosione, processi di diffusione, processi degenerativi di materiali fuori equilibrio termodinamico, ecc.). L approccio proposto segue essenzialmente lo schema delle altre parti della serie UNI/TS 11325 sopra citate e ricalca quello universalmente accettato per la valutazione della vita residua di un attrezzatura: a) Analisi preliminare per prendere conoscenza dell attrezzatura sia dal punto di vista progettuale, sia dal punto di vista dell esercizio passato. Esame accurato di: --disegni di progetto --condizioni di progetto (pressione, temperatura, etc.); --condizioni nominali dei fluidi di processo; --eventuali calcoli di progetto; --dati relativi alle modifiche apportate; --storia delle condizioni di esercizio (pressione, temperatura, tempo di esercizio, fluidi di processo, condizioni ambientali); --documentazione relativa ad ogni rilevante variazione delle condizioni di esercizio passate e/o previste

IL CTI INFORMA 19 in futuro per l attrezzatura; --eventuali piani di controllo e relativi registri di controllo manutentivi; --esito di precedenti controlli e ispezioni; --riepilogo di eventuali azioni correttive, quali riparazioni, modifiche e sostituzioni. b) Individuazione e caratterizzazione dei potenziali meccanismi di danneggiamento sulla base di quanto emerso dalla storia di esercizio: --analisi dei processi passati, attuali e di quelli programmati; --individuazione dei meccanismi di danneggiamento potenzialmente attivi; --individuazione, per ogni meccanismo attivo, dei parametri critici. TABELLA 1 - Tabella relativa al meccanismo di Addolcimento Meccanismo Materiali interessati Fattori critici Effetto sul materiale Conseguenze Localizzazione preferenziale Implicazioni su recipienti a pressione Possibili metodi di valutazione Invasivi Parzialmente invasivi ADDOLCIMENTO (SOFTENING) Fenomeno tipico degli acciai al carbonio non bonificati e degli acciai Cr-Mo Temperatura (maggiore di 450 C) Di norma progressiva riduzione della densità di dislocazioni- Ingrossamento dei precipitati nel grano con conseguente riduzione in numero e aumento delle reciproche distanze Diminuzione delle proprietà tensili (in particolare del carico di snervamento) Salvo casi particolari il fenomeno interessa l intero spessore di parete Può ridurre il carico di snervamento al di sotto del valore tabellare su cui era basato il carico ammissibile al momento del progetto iniziale con conseguenti implicazioni sulla stabilità in esercizio Qualsiasi metodo consenta di valutare il carico di snervamento Azione Vantaggi Svantaggi Prelievo di materiale (ove possibile) per esecuzione prova di tenacità/ resilienza Prelievo minicampione su sovrametallo Prove small-punch Dati affidabili Le prove possono essere eseguite a qualsiasi temperatura L asportazione di materiale è minima e non richiede successiva riparazione La prova può essere eseguita a qualsiasi temperatura Implica una riparazione o una sostituzione della parte asportata e spesso una verifica di stabilità dopo asportazione del materiale La tecnica è consolidata e applicata da anni ma non è ancora normata Possono essere necessarie curve di riferimento Non invasivi Prova di durezza Di facile esecuzione La durezza non è legata al carico di snervamento Può essere eseguita solo a temperatura ambiente La misura è solo superficiale

20 Novembre-Dicembre 2017 c) Pianificazione ed esecuzione dei controlli che devono essere mirati e finalizzati ad evidenziare il danno accumulato: --componenti interessati e la localizzazione; --tipi di controlli da eseguire; --estensione iniziale del controllo; --pianificazione temporale. d) Valutazione del danno e implicazioni sull esercibilità del componente che, ove necessario, include sia tipologia e tempistica dei controlli futuri, sia eventuali prescrizioni sui futuri parametri di esercizio. L aspetto peculiare e, se vogliamo, innovativo di questa specifica è confermato anche dal fatto che essa comprende due appendici di cui una, la prima, di tipo normativo e quindi cogente sotto tutti i punti di vista. Questa appendice (Appendice A), come detto di tipo normativo, contiene l elenco dei meccanismi di danno considerati rientranti nel campo di applicazione della specifica e, per ciascuno di essi fornisce una serie di informazioni che intendono costituire una guida e un indicazione per il tecnico incaricato dell attività: a. materiali interessati; b. fattori critici (temperatura, ambiente, ecc.); c. effetti del meccanismo sul materiale; d. conseguenze; e. localizzazione preferenziale (nel componente e/o nel materiale); f. implicazioni sui recipienti in pressione; g. possibili metodi di valutazione suddivisi in invasivi, parzialmente invasivi, non invasivi. In Tabella 1 è riportata, a titolo di esempio, la tabella relativa al fenomeni di Addolcimento. I meccanismi contenuti nell Appendice A sono: - Addolcimento (softening); - Infragilimento caustico (corrosione basica); - Attacco da idrogeno; - Infragilimento da invecchiamento; - Sensibilizzazione; - Carburazione; - Decarburazione; - Grafitizzazione; - Segregazione; - Infragilimento da fase sigma; - Temper embrittlement; - Fragilizzazione 475. L Appendice B, di tipo informativo, è ancor più didattica e, tramite 3 esempi, intende fornire una traccia sia per l impostazione del lavoro di analisi sia per la stesura della relazione finale. Ultimo punto importante da sottolineare è la figura dell incaricato dell analisi che, come già per altre parti della UNI/TS 11325, deve avere almeno 5 anni di esperienza documentata nella valutazione di stabilità di componenti in esercizio e di verifiche di progetto ed esercizio di attrezzature a pressione. Come per le altre specifiche la ragione di questa prescrizione risiede nel concetto stesso di valutazione del livello di degrado, valutazione che richiede necessariamente profonda conoscenza e famigliarità con i vari maccanismi che possono essere attivi in un impianto industriale. Il concetto di degrado Completata la breve panoramica sul progetto di norma E0203E800, possiamo passare ad analizzare velocemente i concetti principali legati al degrado dei materiali. Ricordando che questo concetto si applica a tutti i materiali (comprese le suole delle scarpe ed i vestiti che con il tempo tendono a forarsi o logorarsi) nel seguito l attività sarà focalizzata sui materiali strutturali in quanto sono i materiali preposti a fornire alle strutture portanti di un impianto stabilità rispetto a tutte le sollecitazioni ad esse applicate. Ricordato che degrado deriva dal verbo degradare (di origine latina) ed è usato in moltissimi ambiti (militare, giuridico, arti figurative, attrezzature, impianti ecc.) riportiamo nuovamente la definizione che ne danno i dizionari: Deteriorare, danneggiare, ridurre in cattivo stato; trasformarsi passando da una condizione superiore a una inferiore, subire una regressione, subire un progressivo scadimento.

IL CTI INFORMA 21 Il participio passato, degradato, in ambito ingegneristico assume un connotato tecnico-funzionale e quindi in senso lato definisce una diminuzione delle prestazioni e della funzionalità iniziale di un componente, macchina, impianto. Mentre in generale il concetto di degrado non è sempre legato al concetto di tempo di utilizzo, in ambito tecnico/ingegneristico questo legame è sempre presente ed è compito sia del progettista, prima, sia dell utilizzatore, poi, tenere sempre presenti i fattori che possono indurlo o accelerarlo in un attrezzatura. Se poi ci focalizziamo su attrezzature/impianti a pressione, sui materiali strutturali in essi impiegati e sulla loro caratteristica fondamentale: contenere in modo sicuro ed affidabile i fluidi di processo, gli ambiti si restringono ulteriormente. Si possono fare due suddivisioni: I. Fattori che posso indurre il degrado e che possono anche causare effetti sinergici se presenti contemporaneamente: a. temperatura, b. fluido contenuto, c. sollecitazioni meccaniche, d. radiazioni ed in particolare flussi neutronici. (Vista la politica energetica italiana che ha completamente abbandonato il nucleare, questa causa può essere totalmente ignorata ed è stata citata solo per completezza.) Lo sviluppo tecnologico ha progressivamente portato ad un sensibile miglioramento delle caratteristiche dei materiali strutturali (caratteristiche microstrutturali, meccaniche e di resistenza alla corrosione) e della loro stabilità nel tempo durante l esercizio. Una riflessione particolare è però necessaria sull influenza della temperatura che continua ad essere presente sia singolarmente sia, spesso, in modo sinergico con le altre due cause (fluido e sollecitazioni meccaniche). Influenza singola della temperatura I materiali strutturali, come noto, devono le loro caratteristiche ad un forzato congelamento della microstruttura in stati fuori dall equilibrio termodinamico; questo comporta una tendenza intrinseca (fortemente influenzata dalla temperatura) ad una progressiva evoluzione della microstruttura verso tale equilibrio, con conseguente alterazione delle proprietà iniziali. È un evoluzione ineluttabile, propria di tutti i materiali strutturali (da quelli fabbricati un tempo ai più recenti), e ciò che può variare è solo la cinetica. Influenza sinergica: temperatura-fluido Per il fluido di processo l effetto sinergico della temperatura si manifesta sotto due aspetti: --attraverso fenomeni di diffusione (fortemente dipendenti dalla temperatura) di elementi chimici nel materiale strutturale, --effetto sulla cinetica della corrosione anche se l influenza può essere poco marcata. Influenza sinergica: temperaturasollecitazioni meccaniche Se la temperatura influenza fortemente i fenomeni di diffusione questo vale anche per l inter-diffusione tra gli atomi del materiale stesso; questo, in presenza di tensioni interne, facilita il movimento delle dislocazioni, delle vacanze, degli interstiziali con conseguente deformazione del materiale fino a rottura. Influenza sinergica: fluido-sollecitazioni meccaniche È presente quando lo stato di tensione nel materiale favorisce fenomeni di corrosione. II. Estensione delle zone dell attrezzatura interessate dal degrado: --degrado generalizzato e che interessa le proprietà del materiale che gli consentono di avere la resistenza necessaria perché l attrezzatura possa contenere il fluido, --degrado localizzato in zone ristrette che produce indebolimenti locali del materiale ma che possono essere altrettanto funesti per la resistenza dell attrezzatura. In Tabella 2 sono riassunti i meccanismi di degrado più comuni unitamente alla loro localizzazione tipica ed ai fattori che li attivano. Come detto in precedenza la temperatura ha sempre un qualche effetto e pertanto in Tabella è citata solo ove la sua influenza è sensibile. Si noti come, coerentemente con le esclusioni dichia-

22 Novembre-Dicembre 2017 Meccanismo Effetto A B Scorrimento viscoso Deformazione del materiale e formazione di cricche in X fase finale X X Fatica Formazione e propagazione di cricche X X Tenso-corrosione Formazione e propagazione di cricche X X Sensibilizzazione Perdita della resistenza alla corrosione intergranulare X X Corrosione generalizzata Riduzione di spessore o innesco cricche X X X Corrosione localizzata Riduzione di spessore o innesco cricche X X X Erosione Riduzione di spessore X X Segregazione Dovuta ad eccessiva quantità di impurezze. Proprietà X meccaniche inferiori al materiale base. Addolcimento Diminuzione proprietà tensili X X Infragilimento caustico È una corrosione basica da contatto col fluido che X X origina cricche X Attacco da idrogeno L idrogeno diffonde nel materiale infragilendolo a X X partire dalla superficie X Infragilimento da È dovuto al processo di fabbricazione e porta ad un invecchiamento infragilimento X Carburazione Aumento durezza ed infragilimento superficiale X X X X Decarburazione Riduce la percentuale di C nel materiale. Diminuisce X X durezza e proprietà tensili X X Grafitizzazione Infragilimento X X X Delaminazione Bande di segregazione dovute al processo di laminazione. Anisotropia del materiale X Tipico in materiali inossidabili ferritici (Cr > 17%). Si Infragilimento in fase sigma X crea fase fragile X Temper embritttlement In alcuni acciai al Cr-Mo abbassa la temperatura di la X transizione duttile-fragile X Legenda A Fattore attivante B Posizione Temperatura Fluido Sollecitazione meccanica Generalizzato Parte da superficie Localizzato TABELLA 2 - Meccanismi di degrado più comuni rate, i meccanismi contemplati dalla nuova Specifica Tecnica, coincidano con i meccanismi di norma agenti sugli impianti. Il concetto di danno Appurata la presenza di un meccanismo di degrado, per valutare la situazione di salute dell attrezzatura ai fini di sicurezza ed affidabilità è quindi necessario trasformare un concetto qualitativo in un parametro quantitativo associando al concetto di degrado il concetto di danno: A causa dell esercizio e in presenza di un meccanismo di degrado, un componente accumula progressivamente nel tempo un danno che lo porterà alla rottura o che, comunque, lo renderà inservibile. Per quantificare questo danno è necessario associargli un numero ed individuare la relazione funzionale che lo lega al tempo.