Adempimenti e problematiche di Diritto Societario di Maurizio Moncher. La morte del socio nelle società di persone profili giuridici



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Adempimenti e problematiche di Diritto Societario di Maurizio Moncher La morte del socio nelle società di persone profili giuridici Premessa Prima di inoltrarci nella trattazione della disciplina civilistica della morte del socio di società di persone, preme evidenziare come la stessa trovi radici proprio nel concetto di società, ovvero nell intuitus personae sotteso alla loro costituzione. In tal senso, è appena il caso di ricordare come a questo concetto - oltre al contratto finalizzato all esercizio in comune di un attività economica produttiva di utili sottenda, infatti, un reciproco accordo che lega tra loro i singoli partecipanti. A ben vedere, l ingresso da parte di un nuovo socio nell ambito di una società precostituita comporta il suo inserimento in un precedente rapporto tra gli altri soci, i quali dovranno, quindi, esprimere il loro favore. E ciò attraverso più modalità. Le norme che esamineremo riguardano proprio le regole - scaturenti anche dall autonomia che il Legislatore ha concesso alle parti - che disciplinano la condizione dell erede del socio deceduto rispetto al preesistente contratto di società. Si anticipa, quindi, come la normativa dettata per le società di persone sia tendenzialmente volta a tutelare la volontà dei soci superstiti, così come espressa in sede di costituzione. Cosa succede in caso di morte di uno dei soci Nelle società di persone, il contratto sociale è caratterizzato dalla considerazione personale e soggettiva del singolo contraente. La morte del singolo socio non determina quindi l automatica trasmissione della relativa partecipazione agli eredi, bensì la sua trasformazione nel corrispondente importo pecuniario, di cui diventano creditori gli eredi e debitrice la società. Infatti, a tale proposito, l art.2284 c.c. prevede il diritto degli eredi alla liquidazione della quota del loro dante causa, secondo i criteri fissati dal successivo art.2289 c.c.. Gli eredi diventano titolari di un diritto di credito nei confronti della società, con obbligo da parte di quest ultima di liquidarli entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato il decesso e nella misura rappresentata dal valore della quota del socio defunto proprio in quella data. Risulta, però, facoltà dei soci superstiti adottare tre soluzioni alternative: continuare l attività sociale sciogliere anticipatamente la società continuare l attività sociale con gli eredi del socio defunto liquidando la quota spettante agli eredi con la liquidazione della quota spettante agli eredi nell ambito della più generale liquidazione della stessa sempre che questi vi acconsentano e che la decisione sia adottata all unanimità dagli altri soci (costituendo il subingresso degli eredi nella compagine sociale una modifica dell atto costitutivo) La liquidazione della quota agli eredi Nel caso di scioglimento del singolo rapporto sociale, il socio receduto, quello escluso o gli eredi del socio defunto hanno diritto alla liquidazione di una somma di denaro che 26

rappresenti il valore della quota (art.2289 c.c.). Essi diventano, con ciò, titolari di un diritto di credito verso la società. Il valore della quota si determinerà in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento, dovendosi tenere conto sia del valore effettivo dei beni che dell avviamento. Se vi sono operazioni non ancora concluse, il socio uscente parteciperà agli utili ed alle perdite relative alle operazioni medesime; in nessun caso potrà, invece, nascere un diritto alla restituzione dei beni conferiti 11. Si sottolinea come i soci superstiti non detengano alcun potere di esclusione dal diritto alla liquidazione della quota. Essi potranno tuttavia derogare alle modalità dettate dal Legislatore. Secondo la giurisprudenza prevalente: nelle Snc nelle società semplici nelle società di fatto o irregolari i soggetti legittimati dovranno proporre la domanda di liquidazione della quota sociale nei confronti della società, in persona degli amministratori. La società provvederà, così, prelevando il denaro necessario dal patrimonio sociale. I soci saranno, di conseguenza, tenuti a deliberare una riduzione del capitale sociale in misura corrispondente alla quota del socio uscente (ovviamente, eccezion fatta per il caso in cui non siano state utilizzate riserve proprie della società). Al riguardo va poi evidenziato che, nel caso in cui non vi si provveda nelle precedenti modalità, i soci saranno tenuti a corrispondere la somma in via sussidiaria, al pari di ogni altra obbligazione sociale. Così, come nell ipotesi di recesso del socio, andrà dunque redatta una situazione contabile che evidenzi l effettivo valore economico del complesso aziendale comprensivo dell avviamento, nonché degli utili in corso di formazione. Cosa succede se non si procede alla liquidazione degli eredi? Scioglimento anticipato della società Questa ipotesi si realizza principalmente nel caso in cui i soci superstiti ravvisino nella partecipazione del defunto una condizione essenziale ed imprescindibile per il raggiungimento dell oggetto sociale, decidendo così di non proseguire l attività. La scelta di sciogliere la società, al di fuori dell obbligo di liquidazione della quota agli eredi entro il termine di 6 mesi 12, non risulta vincolata a specifiche tempistiche. Si decade, tuttavia, da questa opzione, nel momento in cui sia stato compiuto un atto incompatibile con tale soluzione 13. 11 12 13 Per quanto riguarda il socio d opera, la regola stabilita dall art.2263, co.2, c.c., vale anche ai fini della determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi (Cass., sent. n.3980/01). Si ricorda come decorsi infruttuosamente i 6 mesi previsti dal c.c., vi sia l automatica costituzione in mora della società stessa ai sensi dell art.1219, co.2, n.3 c.c.. A titolo esemplificativo si può citare la conclusione di un contratto di acquisto. 27

Le cause di scioglimento delle società di persone L art.2272 c.c. prevede le seguenti cause: 1. il decorso del termine stabilito nell atto costitutivo, salvo il caso di proroga espressa o tacita. La società si intende tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano le operazioni sociali (art.2273 c.c.); 2. il conseguimento dell oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo 14 ; 3. la volontà di tutti i soci, salvo che l atto costitutivo non preveda che lo scioglimento anticipato della società possa essere deliberato dalla maggioranza; 4. la sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non viene ricostituita; 5. le altre cause previste dal contratto sociale. Sono poi cause peculiari di scioglimento delle Snc, il proprio fallimento ed il provvedimento dell autorità governativa con cui se ne dispone la liquidazione coatta amministrativa (art.2308 c.c.). In tali casi però la liquidazione avviene secondo le regole previste per tali procedure concorsuali e non secondo la disciplina esposta in questa sede. Dunque, come precedentemente ricordato, l art.2284 c.c. prevede anche la possibilità in capo ai soci di sciogliere la società in caso di morte di uno di essi. Tale previsione va intesa come una norma speciale, in parziale deroga alla sopra esposta disciplina generale, il cui co.3 prevede che la società possa essere sciolta per volontà di tutti i soci. Verificatasi la causa di scioglimento, la società entrerà automaticamente in stato di liquidazione e, solo nelle Snc, tale situazione dovrà essere espressamente indicata negli atti e nella corrispondenza (art.2250, co.3, c.c.). La società non si estingue, però, immediatamente, dovendosi prima provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione tra i soci dell eventuale residuo attivo attraverso il procedimento di liquidazione. L ulteriore attività della società sarà mirata, pertanto, solo alla definizione dei rapporti in corso e i poteri degli amministratori saranno, per legge, limitati al compimento degli affari urgenti (art.2274 c.c.). Si precisa, inoltre, come non essendo soci, gli eredi non potranno partecipare allo scioglimento della società, ma avranno comunque facoltà di nominare un esperto che controlli e verifichi le operazioni 15. Continuazione dell attività sociale da parte degli eredi Come anticipato, al sussistere di talune condizioni, gli eredi possono proseguire l attività sociale svolta dal defunto. Tale eventualità rappresenta, sicuramente, l aspetto più problematico del fenomeno qui esaminato, risultando le possibili soluzioni oggetto di ampi dibattiti sia in dottrina che giurisprudenza. Ma iniziamo dall ipotesi di base, fortunatamente priva di alcuno spigolo. Nel caso in cui gli eredi vi acconsentano e gli altri soci votino unanimemente a favore del loro subingresso (con contestuale modifica dell atto costitutivo), tali soggetti potranno, infatti, sostituirsi alla figura del de cuius, esercitando così ogni suo diritto ed assumendone le relative responsabilità. 14 15 L insanabile discordia tra i soci determina lo scioglimento della società, qualora comporti la paralisi assoluta e definitiva dell attività sociale e sempre che quest ultima non sia imputabile a gravi inadempienze di uno dei soci, tali da legittimarne l esclusione (Trib. Rossano Calabro, ordinanza del 2.06.04, Giur. it., 2004, 1890). La scelta di nominare un esperto deriva dall art.2280 c.c. ai sensi del quale non è ammessa la ripartizione, neppure parziale, tra i soci di beni sociali, fino al soddisfacimento integrale dei creditori o all eventuale accantonamento delle somme necessarie allo scopo. 28

In deroga alla previsione normativa, la predetta delibera non risulterà invece necessaria nel caso in cui tale volontà sia già stata prevista nell ambito di una clausola statutaria. Essa non opererebbe, tuttavia, in modo automatico, richiedendo comunque l accettazione dell eredità devoluta (comprensiva delle quote sociali quali beni patrimoniali del socio defunto). L erede potrà accettare l eredità con beneficio d inventario, senza che ciò contrasti con la sua responsabilità illimitata, riguardando essa le obbligazioni dallo stesso assunte come socio e di cui dovrà rispondere con il suo intero patrimonio. Il beneficio d inventario comporterà, invece, che il chiamato all eredità dovrà rispondere delle obbligazioni del defunto solamente entro i limiti della stessa 16. Ma ora l aspetto più spinoso. Relativamente a tali clausole, risulta piuttosto complesso stabilire sin dove possa spingersi il loro contenuto, e ciò sia in riferimento alle loro caratteristiche che in relazione al tipo sociale a cui vengono apposte. Si propone di seguito una clausola di atto costitutivo di Snc aderente, nella sostanza, al testo dell art.2284 c.c.: In caso di morte di un socio, i superstiti potranno deliberare la continuazione della società con gli eredi che lo vorranno. Nel caso che la quota divenga di proprietà di più persone, queste dovranno nominare un rappresentante comune per le operazioni sociali e comunicarlo alla società entro un mese dall apertura della successione. Se avverrà che gli eredi non entrino nella società, verrà loro liquidata la quota di partecipazione sulla base dello stato patrimoniale aggiornato alla data di morte, entro un anno dal decesso senza interessi. Tale diffusa previsione non introduce alcuna innovazione, limitandosi a riprodurre il contenuto della norma codicistica. Nessun dubbio, quindi, sulla sua validità. Nella prassi, la disciplina legale trova però ampie deroghe, attraverso pattuizioni dal più vario contenuto previste nel contratto sociale. Risulta, pertanto, opportuno analizzare le tipologie che più frequentemente compaiono nella prassi, ovvero: la previsione della trasmissibilità della partecipazione di società semplici e società in nome collettivo; l intrasferibilità mortis causa di quella dell accomandante. Le clausole che incidono sulla trasmissibilità della partecipazione di società semplice e Snc Esse si distinguono tra clausole di consolidazione e clausole di continuazione. Le clausole di consolidazione Tale tipologia ricomprende tutti quei patti fra soci che prevedono l'accrescimento della quota del socio deceduto a favore di quelli superstiti, con la nascita in capo agli eredi del de cuius del solo diritto alla liquidazione. Esse stabiliscono che la quota del socio defunto resterà senz altro acquisita dagli altri soci, mentre agli eredi non potrà che essere liquidato il relativo valore. Con riferimento alle stesse, si evidenzia che una clausola statutaria con tali caratteristiche è stata recentemente ritenuta nulla dalla giurisprudenza di merito, per contrasto con il divieto dei patti successori. La Corte di Cassazione è, però, intervenuta dichiarandone la legittimità 17. 16 17 Cass., sent. n.2815/76. Tribunale di Roma, sent. n.1040/92 e Cass., sent. n.3609/94. 29

Il Tribunale ravvisava nella norma statutaria (non senza rigore logico) gli estremi del patto successorio, così come in precedenza individuato dalla giurisprudenza di legittimità 18. Ciò contrastava, però, con un risalente orientamento della S.C. 19, volto ad invalidare soltanto quelle clausole statutarie che prevedevano il consolidamento della società nei soci superstiti, senza contemplare il diritto degli eredi del socio premorto alla liquidazione della quota (ciò che ovviamente non si verifica nel caso in cui lo statuto riservi ai soci un opzione all acquisto della partecipazione societaria, per la previsione di un corrispettivo a vantaggio degli eredi). Quest ultimo dato è poi ripreso dalla predetta Cassazione 20, la quale ha escluso qualsivoglia limitazione della libertà di testare del socio premorto, che fosse imputabile alla presenza di una clausola di consolidazione. La clausole di continuazione Queste stabiliscono invece, in via preventiva, il consenso al trasferimento della quota per causa di morte, precludendo così la possibilità di giungere alla sua liquidazione oppure allo scioglimento della società. La loro validità è oggetto di un vivace dibattito dottrinale, con esiti talvolta contrastanti rispetto alla posizione assunta dai giudici di legittimità. Tali clausole possono essere ricondotte sostanzialmente in tre tipologie: 1. facoltative, che riconoscono agli eredi la facoltà di entrare in società, vincolando i soci superstiti alla loro decisione; 2. obbligatorie, che prevedono l obbligo per gli eredi di entrare in società, con la conseguenza che essi saranno tenuti al risarcimento dei danni nei confronti dei soci superstiti ove non prestino il proprio consenso; 3. automatiche o di successione, in base alle quali l accettazione dell eredità comporta automaticamente l assunzione della qualità di socio. Orbene, non tutte queste previsioni possono essere considerate valide, e ciò alla luce di un presunto contrasto con taluni divieti di legge, tra cui quello dei patti successori. Assistiamo, anche questa volta, ad un contrasto di vedute tra dottrina e giurisprudenza, soprattutto in merito alla validità delle ultime due tipologie di clausole di continuazione. La prima si è infatti espressa dichiarandole affette da nullità insanabile, sulla base del contrasto con il divieto di patti successori e con i principi vigenti in materia di diritto societario (secondo cui un soggetto non può divenire socio di una società a responsabilità illimitata senza una propria dichiarazione di volontà, dichiarazione che non dovrebbe potersi riscontrare nell accettazione di eredità poiché diretta ad altri fini). La giurisprudenza ci offre, invece, due diversi orientamenti. In contrasto con la suesposta posizione dottrinale, merita soprattutto attenzione una pronuncia, in cui è stata sancita la legittimità di tali tipi di clausole, proprio rispetto ai patti successori. La Suprema Corte non ha ritenuto applicabile detto divieto, sostenendo che la clausola di continuazione non si porrebbe in contrasto con il dettato dell art.458 c.c. in quanto efficace - in generale, con riferimento alla società - per il periodo successivo alla morte di uno dei soci e non finalizzata a disporre pro futuro del patrimonio dei propri soci individualmente considerati. La ratio ad essa sottesa sarebbe, quindi, ben diversa. Secondo la Cassazione, in materia societaria, l autonomia privata mal sopporterebbe le strettoie del diritto successorio, tendendo piuttosto a dispiegare tutta la propria portata propulsiva (pur nel rispetto dei suoi principi). 18 19 20 Si veda Cass., sent. n.2404/71. Cass., sent. n.1434/75. Cass., sent. n.3609/94. 30

Insomma, i due istituti evidenzierebbero origini storiche e motivi ispiratori talmente distanti tra loro da renderli difficilmente armonizzabili nella pratica (e ciò troverebbe riscontro nell elevato grado di inattualità evidenziato dal divieto dei patti successori in questo settore, ovvero nella previsione di una sua costante disapplicazione da parte dei tribunali). Gli scopi perseguiti dall autonomia privata e la ragione dei limiti ad essa posti dal Legislatore con l art.458 c.c. tenderebbero, inoltre, a coincidere solo in caso di preservazione della compagine societaria, attraverso la garanzia della trasmissione della ricchezza nell ambito della cerchia familiare. Per concludere, in base all orientamento maggioritario della giurisprudenza, la previsione statutaria di trasmissione della quota del socio deceduto ai propri eredi non dovrebbe essere quindi ricondotta nell ambito dei patti vietati dalla predetta norma, dovendosi considerare la stessa come una disposizione di carattere eccezionale e non suscettibile di applicazione analogica 21. Sas: l intrasferibilità mortis causa della quota del socio accomandante Premesso quanto sopra, con riferimento alla società in accomandita semplice, la questione si arricchisce della figura del socio accomandante, ovvero il soggetto privo di poteri gestori. Ma procediamo con ordine. La morte dell accomandatario trova disciplina nella norma di cui all art.2284 c.c.. La giurisprudenza della Cassazione ha avuto modo di esprimersi in ordine a talune tipologie di previsioni in deroga alla legge, statuendo di volta in volta quali dovessero essere i loro caratteri necessari. Proprio con riferimento al subingresso degli eredi del socio accomandatario, è stato deciso che l eventuale clausola di successione non dovrà lasciare incerta ed indeterminabile la figura dell erede. In tal caso, la funzione amministrativa verrebbe, infatti, demandata ad un soggetto che al momento in cui viene realizzato il negozio societario risulta indeterminabile, ovvero individuato con criteri di indifferenza rispetto alle sorti della società e allo scopo che i soci si sono prefissati di raggiungere 22. La disciplina della successione in caso di morte del socio accomandante trova, invece, luogo nell art.2322 c.c., stabilendo la libera trasmissibilità della sua quota. L atto costitutivo potrà, quindi, prevedere espressamente il subentro automatico dell erede del socio accomandante. A supporto di tale assunto interviene, altresì, il costante orientamento della Suprema Corte, secondo la quale non contrasterebbe con i contenuti dell art.2322 c.c., prevedendo esso la trasmissibilità per causa di morte della quota di partecipazione 23. L ulteriore profilo problematico proprio delle clausole di continuazione, ovvero l automaticità dell acquisto della qualità di socio in capo agli eredi dell accomandante, viene invece liquidato dai tribunali (sia di merito che di legittimità) con la constatazione che la sua partecipazione capitalistica, non rispondendo illimitatamente delle obbligazioni sociali, giustificherebbe la trasmissione dello status soci a prescindere dalla manifestazione di uno specifico consenso dell erede. 21 22 23 Cass., sent. n.12906 del 18.12.95. Cass., sent. n.2632 del 4.03.93. Cass., sent. n.2815 del 16.07.76. 31

La continuazione della società da parte del soggetto incapace o minore d età Nel caso in cui l erede sia un minore, la normativa civilistica prevede che il consenso alla continuazione della società sia subordinato all autorizzazione del giudice tutelare, come previsto dall'art. 2294 c.c.. Il fondamento di tale disposizione è facilmente individuabile nella necessità di tutelare l incapace contro i possibili rischi derivanti dall assunzione della responsabilità illimitata conseguente all acquisto della qualità di socio. In difetto di tale autorizzazione, il rapporto sociale tra l incapace e gli altri soci dovrà quindi considerarsi affetto da annullabilità, senza però determinare l inesistenza della qualità di socio verso i terzi 24. In ogni caso, i soggetti legittimati a richiedere l annullamento degli atti compiuti in nome dei minori senza la prescritta autorizzazione risultano soltanto gli stessi minori, i loro genitori, ovvero il tutore 25. In dottrina si è poi discusso se l accettazione dell eredità con beneficio di inventario comporti per il minore la responsabilità per le obbligazioni sociali preesistenti al momento in cui è entrato a far parte della società. In base all orientamento maggioritario, prevalendo le regole societarie su quelle successorie, dovrebbe trovare pertanto applicazione la norma di cui all art.2269 c.c., cosicché il minore risponderebbe con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all acquisto della qualità di socio. 24 25 Si veda sul punto F.Facchini e L.Scappini, Trasferimenti mortis causa di partecipazioni in Società di persone: il caso dell erede minore di età, in n.31/08, pag.21 e ss.. Cass., sent. n.3220 del 2.10.54. 32