Contrada della Civetta

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Transcript:

Contrada della Civetta Nel 1981, in occasione dei lavori di restauro presso la sede della Contrada della Civetta, è venuto alla luce un pozzo per lo smaltimento dei rifiuti domestici. La struttura è situata all interno del castellare degli Ugurgieri, complesso edilizio che costituisce la parte orientale dell isolato tra San Vigilio, via Cecco Angiolieri, vicolo al Vento e via Sallustio Bandini. Questo nucleo di edifici è legato a alla storia di una delle più illustri casate senesi originatasi, nel corso del XII secolo, dal trasferimento a Siena dal contado di un ramo della potente famiglia dei Berardenghi. Con il nuovo nome di Ugurgieri questi signori si insediano in un area strategica di Siena dove sorgerà successivamente anche il centro vero e proprio della città costituito dal Campo, con tutte le attività economiche e politiche che ad esso fanno capo. In questa stessa zona del resto sorgono anche le abitazioni di altre potenti consorterie: i Rossi, i Salvani, i Tolomei e, poco più in giù i Malavolti, i Montanini, e i Salimbeni che al pari degli Ugurgieri, costituiscono con le loro dimore isolati simili a fortezze impetrabili, che manifestano una forte esigenza di identità familiare e una precisa volontà di affermazione nell ambito delle lotte cittadine tra gruppi e consorterie. All interno del complesso lo spazio doveva essere organizzato intorno alla corte centrale sulla quale si aprivano le scuderie, i magazzini e gli alloggi dei servi. Ciò che è rimasto visibile del castellare ci dà l idea di una struttura addossata alla cinta muraria cittadina e caratterizzata dagli spazi verticali degli edifici che si raccordano attorno alla piazzetta centrale. Questo aspetto originario naturalmente muta nel corso del tempo in relazione all evolversi delle condizioni politico-sociali della casata, come ad esempio, l allentamento dei vincoli consortili e la conversione delle attività economiche della famiglia verso la mercatura. La struttura è situata presso l angolo Nord- Est del castellare, in prossimità delle pareti perimetrali del complesso, all interno di un vano sotterraneo che doveva far parte degli ambienti di servizio. Nella prima fase dell'indagine, fino alla profondità di m. 6 il deposito ha restituito, misto a terra e 'tufo', materiale di demolizione (pietre, mattoni, frammenti di intonaco ), resti di cibo costituiti da ossa animali, e materiale ceramico, il tutto relativo a varie epoche comprese tra il

XVI e il XIX secolo. Al di sotto dei 6 metri però il riempimento ha rivelato una maggiore uniformità tra gli strati, sia per la qualità del terreno che per i reperti. Scendendo in profondità infatti, è diminuita la presenza di pietre e mattoni, mentre sono aumentati i resti di ossa animali, le tracce di cenere e i resti di materiale escrementizio. I reperti rinvenuti in questa parte del pozzo inoltre offrono un contesto omogeneo ascrivibile ad un arco cronologico, relativamente circoscritto, che va dalla prima metà del XIV agli inizi del XVI secolo. In seguito a ciò l'attenzione si è concentrata sulla parte bassa del pozzo che, tramite lo studio dei materiali e della loro distribuzione nei vari livelli, è stato suddiviso a sua volta in due fasi : la prima comprende i livelli 15-19, la seconda i livelli 9-14. Nella parte più bassa del pozzo (livv. 15-19) i rapporti quantitativi tra le classi vedono una considerevole percentuale di maiolica arcaica seguita dall'acroma depurata e dall' acroma grezza mentre la ceramica invetriata è presente in quantità più modesta. E' da segnalare inoltre la presenza di due esemplari di maiolica ispano-moresca : uno è un fondo appartenente al tipo Pula, ascrivibile alla metà del XIV secolo; l'altro è un piatto decorato a lustro riferibile alla prima metà del XV secolo che si trova però nel livello più alto di questa parte del riempimento (livello 15). E' importante sottolineare che probabilmente questa è la parte più integra del 'butto', quella che non ha subito sconvolgimenti: il quadro complessivo dei materiali recuperati quindi indurrebbe a collocare una prima fase d'uso della struttura a partire dalla prima metà del XIV secolo. La continuità d'uso come 'butto' nel corso del '400 sembra confermata, nei livelli più alti (9-14), oltre che dal tipo di materiali, anche dalla variazione dei rapporti quantitativi tra le classi. In questi livelli infatti, aumenta la percentuale di ceramica invetriata e diminuiscono l'acroma depurata, l'acroma grezza e la maiolica arcaica. A queste classi se ne aggiungono altre quali l'ingobbiata e graffita e la maiolica rinascimentale, esemplificata da diverse produzioni ceramiche, e la maiolica con 'decoro alla porcellana', caratteristica della prima metà del XVI secolo. Riferibile alla stessa epoca infine sembra essere un piatto istoriato con la figura di Cristo benedicente, che non ha conservato il livello di provenienza, ma che il rapporto di scavo pone all'inizio della fase di 'butto' della struttura.

I materiali ceramici In questa sezione vengono esaminati classe per classe, i caratteri morfologico-decorativi dei reperti recuperati nel pozzo. presentano varianti dimensionali dei tipi già noti (A.1.4), mentre alcuni elementi di novità anche morfologica sono riscontrabili nei tipi A.12.1, A.13.1 e A.15.1. Maiolica arcaica La quantità di reperti riconducibili a tale classe ceramica è considerevole all'interno del pozzo della Civetta. Tali materiali confermano pienamente il panorama morfologico-decorativo della maiolica arcaica senese che emerge dalla tipologia messa a punto da Francovich. Tra le forme chiuse infatti i boccali I primi due potrebbero costituire una sorta di passaggio dal tipo A.1.1, pertinente alla prima fase della maiolica arcaica, al tipo A.4.1 caratteristico invece della fase matura. Tale ipotesi deriva dal fatto che A.12.1 e A.13.1 presentano il ventre leggermente ribassato e una strozzatura del piede meno accentuata rispetto al tipo A.1.1, e ciò potrebbe essere indizio del processo di

trasformazione che porterà dai boccali a piede svasato (A.1) ai boccali con piede a disco (A.4). L'altro tipo che presenta elementi di novità è il boccale A.15.1, in monocromia bianca; esso forse appartiene alla fase matura della maiolica arcaica, poichè dal punto di vista Le forme aperte presentano anch'esse varianti dimensionali dei tipi noti (B.1.5; B.1.6; B.1.7; B.2.2; B.2.3; B.3.3; B.4.3; B.9.4) mentre si identificano i tipi nuovi del morfologico sembra vicino alle forme delle altre maioliche quattrocentesche. Infine il tipo noto dell' orciolo A.11.1 trova una variante dimensionale, con leggere differenze morfologiche, nel tipo A.11.2, mentre il microvasetto A.14.1 è rapportabile ad esemplari invetriati. catino B.16.1 (con orlo morfologicamente analogo alla ciotola B.7.1 e che trova confronti con esemplari in acroma depurata) e delle ciotole B.13.1 e B.13.2, con bordo estroflesso e leggera carena, anch'esse morfologicamente vicine ad esemplari depurati.

Ad essi si aggiunge la ciotola B.14.1 che sembra unire elementi tipici della produzione senese, quali i listelli, ad un tipo di bordo, inusuale, distinto dalla parete. Elementi di novità presenta anche il tipo B.15.1 che ha lo stesso impianto delle ciotole B.9, cui è aggiunto un versatoio. Infine una variante morfologicodimensionale del tipo noto B.8.1 è la tazza B.8.2 che, rispetto alla prima, forse è da riferire ad una fase più tarda della produzione. Come per le forme, anche per le decorazioni i materiali della Civetta sono riferibili alla tipologia di Francovich; tuttavia la diversa combinazione degli elementi che caratterizzano il repertorio decorativo (foglie lanceolate, trilobate, embricazioni, reticoli, nodi, ecc.) porta ad un notevole ampliamento dei motivi sia nelle forme chiuse, sia nelle forme aperte. Ingobbiata e graffita La presenza di ceramica ingobbiata e graffita all'interno del pozzo è estremamente scarsa. Rispetto alla tipologia realizzata da Francovich, i reperti non registrano novità di rilievo dal punto di vista morfologico, ma solo varianti dimensionali dei tipi noti. Anche le decorazioni appartengono ai tipi conosciuti, ad eccezione del motivo M.C.10.3, che presenta elementi caratteristici del repertorio decorativo senese combinati in maniera nuova, e della sequenza S.7.2. La modestissima presenza all'interno del pozzo, di questo tipo di ceramica, largamente diffusa nel contesto urbano senese dalla seconda metà del XV

secolo, potrebbe essere spiegata con il carattere economico di questa produzione, poco adatta ad un contesto d'uso privilegiato come il castellare degli Ugurgieri. Rinvenimenti archeologici e notizie documentarie infatti attestano la presenza di fornaci che producono manufatti ingobbiati e graffiti sia a Siena che nel contado. Sono stati rinvenuti due piatti di maiolica ispano-moresca in blu e lustro su smalto bianco, riconducibili ad produzioni valenzane. Produzioni in maiolica del XV secolo Le produzioni ceramiche contemporanee all'ultima fase della maiolica arcaica (zaffera a rilievo e diluita, ispano-moresca, gotico floreale e maiolica policroma rinascimentale) sono rappresentate all'interno del pozzo da una modesta quantità di reperti. Ad essi si aggiunge un frammento con piede ad anello e decorazione costituita da una croce a sei bracci, appartenente ad un gruppo definito "Tipo Pula ". Tale frammento costituisce uno dei più antichi esemplari di ceramica ispano-moresca rinvenuti in area urbana, risalente alla metà del XIV secolo e che trova confronti in area pisana. La zaffera a rilievo e diluita sono rappresentate in misura assai ridotta rispetto alla coeva produzione di maiolica arcaica: le poche forme identificabili sono costituite da un tipo di boccale con corpo ovoide panciuto, da uno scodellone con tesa

confluente, e da una ciotola carenata con orlo piatto riferibile a forme tipiche della maiolica arcaica umbro-laziale. Tranne che per l'ultimo, per tutti gli altri tipi, il riferimento più diretto dal punto di vista morfologico, è ai reperti in zaffera rinvenuti nel contesto urbano di Santa Marta, mentre per le decorazioni, la mancanza di confronti puntuali con gli esemplari valdarnesi, unito al colore giallastro o rosato degli impasti, potrebbe far ipotizzare una produzione locale di questo tipo di ceramica. confluente, ornato da monogrammi o stemmi centrali entrambi riconducibili alle produzioni senesi. Infine è attestata la presenza di pochi frammenti di forme chiuse in stile "gotico floreale" che si richiamano ai reperti del contesto urbano di Santa Marta, per i quali si può forse ipotizzare una maggiore affinità con i prodotti nord-laziali piuttosto che con quelli fiorentini. Produzioni in maiolica del XVI secolo I reperti riferibili a produzioni tipicamente cinquecentesche sono presenti nel pozzo in quantità esigua anche se alcuni esemplari sono integri o comunque parzialmente ricostruibili. La maiolica policroma è presente con i tipi noti del boccale a corpo ovoide decorato con medaglione circondato da ghirlanda di alloro, o con il motivo dell' occhio di penna di pavone, e del piatto con larga tesa L'analisi di questi materiali permette di individuare produzioni senesi come i piatti che recano al centro lo stemma degli Ugurgieri e lungo il bordo un raffinato

"decoro alla porcellana", e lo scodellone ornato con elementi tipici del "decoro a delfini" che al posto del caratteristico delfino attorcigliato all'ancora, presenta come motivo centrale una pianta fiorita. Va inoltre sottolineato come i due piatti sopra citati costituiscano un interessante caso di committenza, peraltro non isolato, nel panorama delle maioliche senesi del XVI secolo (si vedano ad esempio i piatti con gli stemmi dei Bichi, dei Piccolomini ecc.). Una caratteristica di tali produzioni è la presenza di un sottile velo di ingobbio sotto lo smalto, espediente tecnico che caratterizza la maiolica senese cinquecentesca, e che è riscontrabile anche nelle coeve produzioni di centri vicini (si veda ad esempio San Gimignano). Insieme a questi tipi di ceramica, nel pozzo è stata rinvenuta anche la cosiddetta maiolica "istoriata" rappresentata da un piatto con la raffigurazione di Cristo benedicente, molto probabilmente da ascrivere a produzioni di area marchigiana. Infine oltre a pochi frammenti di maioliche con decorazione a "grottesche" sono state rinvenute ceramiche smaltate bianche (la cui produzione inizia a metà del '500 e arriva almeno fino al XVIII secolo). Tra queste ultime compare nel pozzo un tipo di boccale con ventre ovoide che morfologicamente richiama le forme caratteristiche delle produzioni policrome coeve. Maiolica post-rinascimentale Sotto questa definizione vengono raggruppate diverse produzioni ceramiche ascrivibili al XVII -XVIII secolo presenti nel pozzo. Anche in questo caso il numero delle forme riconoscibili è estremamente esiguo se si eccettua una considerevole quantità di piatti individuali in maiolica bianca di difficile collocazione cronologica e un catino, sempre smaltato bianco riferibile probabilmente al XVIII secolo. Oltre ad essi sono stati recuperati una brocca decorata in "stile compendiario" con parete baccellata e un porta calamaio con sigla entrambi riferibili al XVIII secolo e due frammenti di mattonelle che mostrano la sopravvivenza, estremamente semplificata, di elementi decorativi caratteristici dei

pavimenti senesi cinquecenteschi. Infine tra i reperti recuperati è presente un tipo di boccale con corpo ovoide decorato con stemma inquartato Medici-Balzana di Siena, presente anche a Grosseto e a Pienza, per il quale è stata ipotizzata una produzione senese. Invetriata In questa sezione viene considerata la ceramica invetriata rinvenuta nel pozzo della Civetta, riferibile per la maggior parte ai periodi bassomedievale e rinascimentale, e in minima parte al periodo postrinascimentale. Ad essa è stata aggiunta anche la ceramica invetriata caratterizzata da una decorazione a ingobbio sotto vetrina, presente tra le forme da fuoco dal XVI secolo. Per la ceramica semplicemente invetriata, i reperti ascrivibili al periodo bassomedievale sono presenti con i tipi noti della pentola a corpo globulare più o meno espanso e del tegame troncoconico con bordo indistinto o ingrossato e ansa a orecchietta. Tali manufatti presentano un impasto rosso, selezionato con pochi inclusi bianchi e neri, e sono ricoperti da una vetrina abbastanza sottile che spesso si ferma alla parte interna del bordo, oppure copre parzialmente le pareti esterne dei manufatti. Nel caso delle pentole, la parte esterna del corpo dove non arriva la vetrina, lascia vedere una lisciatura delle pareti e la presenza di una specie di

barbottina rossa che rende le superfici levigate e omogenee. Dal punto di vista morfologico mentre le pentole mostrano caratteristiche proprie che le distinguono dalle olle ad impasto grezzo (cui si affiancano nel corso del XV secolo, per poi sostituirle completamente nel XVI), alcuni tipi di tegami invetriati presentano forme comuni a quelli in acroma grezza. Sempre al corredo da cucina appartiene un certo numero di piccoli contenitori riferibili al tipo del microvasetto con impasto depurato e forma globulare o piriforme di cui si conoscono esemplari a Siena e nell'italia centro-settentrionale. Anche tra le forme da mensa i reperti del pozzo presentano tipi noti del repertorio morfologico senese con forme che sono comuni a diverse produzioni ceramiche; si vedano ad esempio i catini a nastro convesso analoghi a quelli in maiolica arcaica, oppure i catini con piccola tesa e corpo carenato o troncoconico, che presentano analogie morfologiche con esemplari in acroma depurata. Infine sono stati rinvenuti due frammenti di crogiolo di grandi dimensioni, con vetrina spessa e impasto grigio refrattario, uno dei quali presenta sfumature violacee che potrebbero essere indizio di un utilizzo di tali recipienti nella lavorazione del vetro; il colore viola infatti potrebbe derivare dall'impiego di troppo ossido durante i processi di lavorazione. Oltre ad essi sono presenti nel pozzo tre piccoli recipienti a corpo troncoconico e beccuccio leggermente accennato, di cui si conoscono esemplari analoghi a Siena, Prato, ma anche in area umbro-laziale. Forse anche in questo caso si tratta di crogioli; non è escluso tuttavia che tali recipienti costituiscano dei semplici misurini che possono avere avuto un uso secondario come lucerne (come è stato ipotizzato per gli

esemplari pratesi), anche se i reperti del pozzo non mostrano tracce interne di fuoco. Per quanto riguarda le invetriate postrinascimentali l'unica forma identificabile è costituita da una brocchetta a impasto depurato e ricoperta da una spessa vetrina verde scuro; essa presenta alto piede svasato e corpo globulare sul quale probabilmente era un beccuccio circolare come farebbe supporre un altro frammento appartenente allo stesso tipo e una forma analoga rinvenuta negli scavi del cassero senese di Grosseto. Ad essa si aggiungono alcuni frammenti di ceramica maculata pertinente a forme chiuse, nonchè uno scaldino e una forma inconsueta di difficile interpretazione (fioriera? brucia-profumi?) ricoperta da una vetrina verde brillante, forse su ingobbio, entrambi riferibili ad epoca moderna. Per quanto riguarda la ceramica invetriata e decorata con ingobbio giallo, le forme caratteristiche sono quelle della pentola e del tegame: la prima mostra analogie morfologiche con le pentole semplicemente invetriate, rispetto alle quali però, in alcuni casi presenta una maggiore strozzatura della parte inferiore del corpo; i tegami invece sono caratterizzati dai tipici orli ingrossati, cui si aggiunge un tipo con orlo indistinto che non sembra trovare riscontro tra le invetriate semplici. Anche questo tipo di ceramica, diffusa tra XVI e XVIII secolo, presenta impasti selezionati e vetrina sottile, al di sotto della quale le decorazioni in giallo, a volte in bruno, sono abbastanza sommarie e ripetitive. Ingobbiata dipinta Questo tipo di ceramica, non particolarmente pregiata, presenta una serie di caratteristiche tipiche delle produzioni più antiche; dal punto di vista morfologico infatti figurano catini emisferici con bordo ingrossato all'esterno, quasi a nastro convesso, oppure sagomato a listelli, accompagnati dal piede ad anello, elementi tutti caratteristici della maiolica arcaica e dell'ingobbiata e graffita senesi. Accanto a questi tipi tuttavia sono presenti anche ciotoloni con corpo emisferico schiacciato e piede ad anello, e scodelloni con tesa confluente, forme consuete nelle produzioni senesi del XVII- XVIII secolo. Come per le forme anche per le decorazioni, condotte in maniera spesso sommaria, si nota la continuità e la semplificazione di

motivi presenti in produzioni ceramiche precedenti: si veda ad esempio la sopravvivenza del motivo 'a monticelli' e del motivo 'a spiga' caratteristico del cinquecentesco 'decoro a delfini'. grezzo e inclusi anche di discrete dimensioni, che presentano caratteristiche note quali l'ispessimento del bordo, il fondo sabbiato e il piede sagomato che indica l'uso del tornio. Acroma grezza I tipi identificati rientrano tutti all'interno del panorama morfologico della ceramica senese bassomedievale; sono presenti infatti le caratteristiche olle con bordo ad arpione e corpo ovoidale o con bordo estroflesso e corpo ovoide o troncoconico. Esistono inoltre numerosi reperti frammentari che documentano diversi tipi di bordi. Un'altra forma identificata, anch'essa conosciuta in ambito urbano, è qualla della brocca che trova confronti anche fuori Siena (San Giovanni Valdarno), mentre le forme aperte sono costituite da testi con impasto Insieme ai testi sono presenti i tegami con lo stesso tipo d'impasto e con bordo indistinto o ingrossato. Ad essi si aggiunge un tipo particolare di recipiente, noto con un altro esemplare in ambito urbano, che presenta pareti quasi verticali e un beccuccio per la fuoriuscita di liquidi. Infine sono stati rinvenuti frammenti di coperchi riconducibili anch'essi alle tipologie note, che presentano corpo troncoconico e bordi più o meno indistinti, cui si aggiunge un tipo, non documentato in area urbana, caratterizzato da corpo cilindrico e bordo indistinto o estroflesso.

Entrambi questi tipi potrebbero avere una presa apicale oppure orizzontale contornata da fori di sfiato.

Acroma depurata Quasi tutti i materiali rinvenuti sono riferibili ai periodi bassomedievale e rinascimentale mentre sono poche le forme ascrivibili ad epoche successive. I primi presentano tipi morfologici caratteristici della produzione senese quali le brocche con corpo ovoide e ansa a nastro e i catini troncoconici che presentano tese più o meno pronunciate. Questi ultimi appartengono a un tipo ampiamente diffuso in ambito senese, ma anche in area maremmana, a partire dalla metà del XIV secolo fino al XVI e presentano marcate analogie morfologiche con i catini invetriati. Oltre a questi è stato rinvenuto un tipo di catino con bordo a nastro convesso e gola marcata che ricorda vagamente gli esemplari in maiolica arcaica e quelli in ceramica invetriata di cui forse costituisce una sopravvivenza. I coperchi sono presenti con forme analoghe a quelli in acroma grezza, fatta eccezione per alcuni tipi con corpo troncoconico e bordo ingrossato e di una sorta di tappo con corpo cilindrico e probabile presa apicale. Dei reperti riferibili all'età postrinascimentale fanno parte due tipi di catino: uno con bordo estroflesso corpo emisferico e piede ad anello, l'altro con bordo sagomato e corpo troncoconico cui si aggiungono due forme con bordo ingrossato e sagomato, pertinenti a vasi da fiori. Accanto ai tipi descritti sono presenti alcune forme rappresentate da esemplari unici per le quali è difficile individuare un ambito cronologico ben definito: si tratta di un salvadanaio a corpo globulare e piede svasato, presente a partire dall'età rinascimentale fino al XVIII secolo e, con alcune varianti, fino ai nostri giorni; di una coppetta con alto piede svasato, decorata con motivi a pettine e infine di un recipiente di difficile interpretazione, forse pertinente a un contenitore per alimenti. Nel pozzo sono stati rinvenuti anche alcuni frammenti pertinenti alla "ceramica a matrice" di tipo figlinese. Le forme, esclusivamente aperte, mostrano bordi con il caratteristico profilo ingrossato e sagomato, comune alle produzioni di questo genere, cui si aggiunge un unico frammento di fondo che presenta una decorazione a foglie lanceolate realizzata a stampo. Alcuni studi basati sulle analisi archeometriche degli impasti di manufatti rinvenuti in area urbana hanno proposto una produzione senese di questo tipo di ceramica anche se, al momento, non ci sono attestazioni archeologiche che possano confermare questa ipotesi. Tali manufatti presentano un impasto depurato a grana molto fine, in cui sono visibili alcune chamotte e piccoli inclusi bianchi angolosi. Il colore è rosato uniforme. Di seguito viene riportata una descrizione dell'impasto realizzata al microscopio ottico a luce polarizzata:

Impasto a grana molto fine, composta da biotite molto fine, feldspati alterati, ossidi di ferro, quarzo e feltri. Sheletro composto da quarzo con estinzione ondulata di origine metamorfica, quarzo policristallino, plagioclasio, feltri e ossidi di ferro. Grandi granuli di chamotte. Origine metamorfica.