Parte seconda CAMPIGLIA MARITTIMA: RECENTI RECUPERI NEL PALAZZO COMUNALE BIBLIOGRAFIA

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1 Parte seconda CAMPIGLIA MARITTIMA: RECENTI RECUPERI NEL PALAZZO COMUNALE BIBLIOGRAFIA D. ANDREWS, 1975, Gli scavi a Tuscania (1973), AM, II, pp V. BARTOLONI 1985, Ceramica invetriata, in Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi. 3.Il giardino del Conservatorio di S. Caterina della Rosa, a cura di D. Manacorda, Firenze, pp G. BERTI, G. PASQUINELLI, 1984, Antiche maioliche di Montelupo. Secoli XIV-XVIII, Pontedera. G. BERTI, E. TONGIORGI, 1982, Aspetti della produzione pisana di ceramica ingobbiata, AM, IX, pp G. CHERUBINI, R FRANCOVICH 1974, Forme e vicende degli insediamenti nella campagna toscana dei secoli XII-XV, in G. CHERUBINI, Signori, contadini, borghesi, Firenze, pp A. CAMEIRANA, 1977, La ceramica albisolese a taches noires. Nota introduttiva, Albisola, X, pp G. CORA, 1973, Storia della maiolica di Firenze e del contado. Secoli XIV-XV, Firenze. G. M. DELLA FINA, L. CENCIAIOLI 1985, (a cura di), La ceramica orvietana nel Medio Evo, Firenze. I. FALCHI, 1974, Trattenimenti popolari sulla storia della Maremma e specialmente di Campiglia Marittima, rist. anast., Bologna, Forni. G. FARRIS, V.A. FERRARESE, 1969, Contributo alla conoscenza della tipologia e della stilistica della maiolica ligure del XVI secolo, Albisola, II, pp G. FARRIS, A. STORME 1981, Ceramica e farmacia di San Salvatore a Gerusalemme, Genova. R. FRANCOVICH, 1982, La ceramica medievale a Siena e nella Toscana meridionale (secoli XIV- XV). Materiali per una tipologia, Firenze. R. FRANCOVICH 1985a, Per la storia della metallurgia e dell'insediamento medievale sulla costa toscana: lo scavo del villaggio minerario di San Silvestro, Rassegna di Archeologia, IV. R. FRANCOVICH 1985b, Rocca San Silvestro: an archaeology projert for the study of a mining village in Tuscany, in Medieval iron in society, Stoccolma. R. FRANCOVICH, 1985c, Rapporto preliminare, in AA. VV., Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Tosrana del Medio Evo: San Silvestro (Campiglia Marittima), AM, XII, pp R. FRANCOVICH, S. GELICHI, D. MELLONI, G. VANNINI, 1978, I saggi archeologici nel Palazzo Pretorio in Prato 1976/77, Firenze. R. FRANOVICH, S. GELICHI, 1980a, La ceramica dalla Fortezza Medicea di Grosseto, Roma. [151] R. FRANCOVICH, S. GELICHI, 1980b, (a cura di), Archeologia e storia di un monumento mediceo. Gli scavi nel cassero senese della Fortezza di Grosseto, Bari. R. FRANCOVICH, S. GELICHI, R. PARENTI, 1980, prospetti e problemi di forme abitative minori attraverso la documentazione materiale nella Toscana medievale, AM, VII, pp T. MANNONI, 1975, La ceramica medierale a Genova e nella Liguria, Genova-Bordighera. F. MARZINOT, 1979, Ceramica e ceramisti in Liguria, Genova. M. MILANESE, 1976, La ceramica postmedievale di S. Maria di Castello in Genova: contributo alla conoscenza della maiolica ligure dei secoli XVI e XVII, Albisola, IX, pp M. MILANESE, 1977, La ceramica dei secoli XVI e XVII di Vico Carità in Genova, Albisola, X, pp

2 M. MILANESE, 1985, L'area dell'ex monastero di S. Margherita ed il versante occidentale del colle di Carignano in Genova, AM, XII, pp G. NOYÈ, 1981, Les problemes poses par l'identifration et l'étude des fosses-silos sur un site d'italie Méridionale, AM, VIII, pp R. PARENTl, 1980, Vitozza: un insediamento rupestre nel territorio di Sorano, Firenze. S. PATITUCCI UGGERI, 1976, Mesagne, convento dei Celestini: pozzi medievali, AM, III, pp S. PATITUCCI UGGERI, 1977, La ceramica medievale pugliese alla luce degli scavi di Mesagne, Testi e Monumenti del Museo Civico Archeologico Ugo Granafei di Mesagne, I, Fasano. G. PESCE, 1968, Mostra retrospettiva della ceramica ligure, Albisola. T.W. POTTER, 1985, Storia del paesaggio dell'etruria meridionale, trad. it., Roma. M. RICCI, 1985, Maiolica di età rinascimentale e moderna, in archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi 3. Il giardino del Conservatorio di S. Caterina della Rosa, a cura di D. Manacorda, Firenze, pp C. SINGER, E.F. HOLMYARD, A.R. HALL, T.I. WILLIAMS, , Storia della tecnologia, Torino. G. UGGERI, 1976, Scavi nella forza di Ispica in Sicilia, AM, III, pp G. VANNINI, 1977, La maiolica di Montelupo. Scavo di uno scarico di fornace, Montelupo. ABBREVIAZIONI AM = Archeologia Medievale. Albisola = Atti Convegno Internazionale della Ceramica - Albisola. [152]

3 1. INTRODUZIONE * Nel corso dei lavori di restauro e ristrutturazione del Palazzo Comunale di Campiglia Marittima (LI) è stato portato alla luce un complesso di strutture di età medievale poi adibito a discarica di rifiuti. Il Palazzo (fig. 1), situato sul versante meridionale del castello di Campiglia, presso la chiesa di San Lorenzo, ha subito nel corso dei secoli una serie di trasformazioni edilizie. Le vicende storiche dell edificio, prima sede dello Spedale di San Jacopo e Filippo, sono ripercorribili fin dagli inizi del XV secolo; la struttura ospedaliera, di origine medievale 1, doveva constare agli inizi del 400 solo di poche stanze al pianterreno, mentre la creazione di un primo piano rialzato si ebbe probabilmente nel 1444, quando il Comune di Campiglia, che ne era il proprietario, ne affidò la ristrutturazione ai fratelli Neri e Firenze 2. Nel corso della seconda metà del XV secolo, se si eccettuano i nuovi interventi alla struttura operati nel , la generale cattiva conduzione degli Spedalinghi che vi si erano succeduti aveva lasciato lo Spedale nell incuria e nell abbandono più completi, tanto che nel 1649 l edificio minacciava di rovinare 4. Il degrado del complesso continuò, finché nel [153] 1790 l istituzione ospedaliera venne trasferita in una nuova sede 5 ; nel XIX secolo l edificio dell ex ospedale di San Jacopo e Filippo venne destinato ad ospitare il Municipio di Campiglia. Il complesso delle strutture ivi rinvenute (orientato NW-SE) (fig. 2) è costituito da due cavità affiancate, scavate nella roccia di base (calcari e scisti policromi) 6 quasi allo stesso livello, comunicanti fra loro tramite uno stretto condotto. Le strutture sono state rinvenute in due momenti diversi a causa dell avanzamento progressivo dei lavori di restauro del Palazzo; secondo il progetto iniziale era previsto infatti lo sbancamento di [154] questa parte della roccia affiorante per ricavarne un ambiente di servizio attiguo alla sala consiliare 7 (fig. 3). La prima struttura emersa è quella a NW, conservata integralmente, che è stata oggetto di un intervento di scavo e di recupero del materiale da cui era riempita; notevoli danni ha invece riportato la seconda cavità, che è stata tagliata e distrutta largamente nella parte frontale, mentre il riempimento è stato smembrato e in parte disperso. Qui di seguito si presentano i risultati dell intervento archeologico effettuato da chi scrive nella prima struttura 8, mentre della seconda è possibile dare solo una descrizione di quanto resta e dei materiali recuperati. [156] * I rilievi delle strutture si devono all arch. Marco Boccacci (Comune di Campiglia M.ma); gli istogrammi e le tavole dei materiali alla scrivente. Foto di A. Lodovichi, Gabinetto Fotografico Facoltà di Lettere (Università di Siena). Allo scavo ha partecipato la dott.ssa Angela Vannini, che si è occupata della siglatura del materiale recuperato e alla quale esprimo i miei più vivi ringraziamenti. Sono grata inoltre all Amministrazione Comunale di Campiglia M.ma e in particolare all'assessore M. Martinello e alla sua famiglia che mi ha ospitato durante lo scavo. Ringrazio infine il sig. Fiorenzo Bucci per la collaborazione che mi ha data con larga disponibilità e continuità. 1 FALCHI, 1974, p. 242; mancano i documenti relativi alla sua fondazione, mentre resti di murature del XIII secolo erano ancora visibili prima della recente ristrutturazione della sede del Comune. 2 FALCHI, 1974, p Ad opera delle Spedalingo Pier Maria Ficarelli; FALCHI, 1974, p I documenti della seconda metà del XVI e degli inizi del XVII secolo sono tutto un susseguirsi di denunce delle cattive condizioni in cui versava l ospedale, che funzionava solo come un semplice albergo dei poveri viandanti ; FALCHI, 1974, pp FALCHI, 1974, pp SERVIZIO GEOLOGICO D ITALIA, Carta geologica d'italia, F 119 Massa Marittima, Roma, 1969 e Note illustrative della carta geologica d'italia, Roma, 1968, pp. 23, Le cavità si trovano nel retro della scala al pianterreno del Palazzo. 8 Lo scavo si è svolto fra il 3 e il 6 settembre 1984.

4 L INTERVENTO ARCHEOLOGICO Le strutture La prima struttura, convenzionalmente denominata pozzo A, è costituita da una cavità grosso modo a forma di fiasco 1 che è stata scavata nella roccia con un utensile a punta, probabilmente il piccone, di cui si vedono ancora i segni sulle pareti 2. L imboccatura, in alto, è costituita da un pozzetto circolare di mattoni legati da calce che si imposta al di sopra del restringimento o strozzatura della roccia; la chiusura esterna era realizzata in mattoni disposti per coltello su cui si erano collocati vari livelli pavimentali della stanza sovrastante del palazzo che sigillavano il contesto. All interno, nel punto di maggiore circonferenza, si apre una piccola buca di forma rozzamente quadrata, collegata ad un canale. L apertura (cm 28x28 circa) è parzialmente costruita e rimpellata da mattoni legati da argilla di colore rossiccio, che rivestono anche, come un intonaco, tutte le pareti rocciose circostanti. Si tratta di argilla sgrassata, di spessore variabile (2-3 cm) che sembra mostrare segni di esposizione al fuoco; tracce di intonaco di questo tipo sono riscontrabili un po ovunque sulle pareti deteriorate dai continui crolli e distacchi di scaglie di roccia. Il canale, anche esso scavato nella roccia, era riempito da carbone e cenere (vd. infra). Il pozzo, sul fondo, si restringe progressivamente e termina con una strozzatura cilindriforme (Ø m 1,08). La seconda struttura - pozzo B -, che, come si è accennato sopra, è conservata solo in parte, mostra comunque di essere analoga alla [157] precedente, sia dal punto di vista tecnico che morfologico. Anche in questo caso si è in presenza di una cavità scavata nella roccia, di forma ovoidale, a fondo piatto, situata a circa 65 cm più in basso dell altra. L imboccatura, gravemente danneggiata, sembra tuttavia di forma rozzamente cilindrica, un po asimmetrica rispetto all asse mediano della struttura. Nel corso dello scavo della prima cavità e dei ripetuti sopralluoghi non è stata individuata l eventuale presenza di aperture nel lato distrutto del pozzo B; questa osservazione è stata confermata anche dagli operai impegnati nel cantiere del Palazzo Comunale che ne hanno effettuato lo svuotamento. Lo scavo Al momento dello scavo, il pozzo A risultava riempito fino a circa 2 metri dall imboccatura superiore da una discarica di rifiuti avvenuta in momenti differenziati che si sono succeduti dagli inizi del 500. Nel complesso, l accumulo aveva una potenza di m 2,40. Vista la dinamica del riempimento, che risultava evidente fin da un primo esame 3, l intervento archeologico è stato compiuto adottando il metodo della stratigrafia artificiale o a misura, effettuata mediante l asportazione di tagli successivi di spessore medio intorno ai 40 cm, anche se con diversificazioni dovute a particolari concentrazioni o giaciture di materiali. Molta attenzione è stata posta nell osservazione, ovviamente empirica, dei rapporti percentuali fra le componenti della discarica - ossa, ceramica, metalli, scorie - nei diversi livelli. In generale si è notato che i materiali si erano variamente disposti lungo il mucchio e che erano assai frequenti i casi di frammenti dello stesso recipiente rinvenuti in strati differenti. Questo fatto potrebbe indicare che non si trattò di un accumulo lento e graduale, ma che il 1 H totale m. 4,60; Ø max. m. 3,02. 2 Per quanto riguarda l uso del piccone per lo scavo di ambienti ipogei, si veda il tipo speciale di utensile a due punte impiegato nell area dei tufi di Sorano (GR): PARENTI, 1980; FRANCOVICH-GELICHI-PARENTI, 1980, pp , fig Il butto non poteva essere avvenuto che dall alto, dall imboccatura superiore della struttura.

5 riempimento avvenne in tempi ravvicinati e relativamente brevi, di cui è stato possibile cogliere con una certa precisione le diverse fasi a seconda delle percentuali dominanti dei tipi ceramici. [158] Cronologia degli accumuli I sette tagli artificiali praticati nello scavo del riempimento del pozzo A sono stati unificati in base ai rapporti statistico-cronologici dei materiali; sono state quindi individuate quattro fasi di discarica e accumulo, due delle quali - le più recenti - avvenute in momenti ravvicinati, ma separate fisicamente in modo piuttosto netto da uno strato intermedio. FASE I Si tratta di un accumulo recente e tardo, relativo all ultima fase di utilizzo del pozzo. Il riempimento, della potenza di oltre 1 m, era costituito da terreno rossiccio friabile molto eterogeneo, in cui si distinguevano concentrazioni di diversa natura; accanto a lenti di cenere e carbone, contenenti scorie e legno in disfacimento, si individuavano accumuli di terra marrone giallastra con macerie, calcinacci, mattoni e pietre. Lenti ricche di materiale - ceramica, vetro, metalli - si alternavano ad altre quasi sterili. Nella parte più superficiale si notava una concentrazione di ossa animali, nella quasi totalità corna di bovini in cattivo stato di conservazione, con ogni probabilità scarti di macellazione. Fra i materiali ceramici risultano largamente predominanti il pentolame invetriato e la ingobbiata monocroma, seguiti da maculata e maiolica bianca. Scarsamente attestate le graffite; in questo livello è stata recuperata la maggiore quantità di ingobbiata dipinta e di ceramica acroma. Le smaltate policrome e le marmorizzate erano presenti in quantità apprezzabili. Il complesso del materiale risulta databile tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, come dimostra la presenza di maiolica di Montelupo del tipo a foglia di cavolo. FASE II In questa fase si è compreso convenzionalmente un livello distinto dal resto della discarica per le sue caratteristiche peculiari che lo definiscono come una unità stratigrafica a sé stante e che costituisce una cesura fisica piuttosto marcata fra i livelli I e III. Si tratta di un consistente accumulo di carbone, cenere e scorie, di consistenza friabile, con pochi frammenti ceramici, localizzato di fronte all imboccatura del condotto che collega le due strutture e in parte al suo interno. Cronologicamente gli scarsi materiali risultano ascrivibili alla fine del XVI secolo o agli inizi del successivo. Predominano le ceramiche prive di decorazione, sia smaltate che ingobbiate. [159] FASE III La fase III è relativa a un riempimento, individuato al di sotto dell imboccatura del condotto, della potenza di 1 m, che ha restituito il quantitativo più ingente di materiale ceramico del pozzo A. Il livello era costituito da terreno non omogeneo formato da lenti di colore e consistenza diverse; risultavano predominanti quelle di cenere, carbone e scorie mentre minore era la percentuale di macerie e di terreno scuro ricco di sostanze organiche. Si notava una notevole diminuizione delle ossa e del legno rispetto alla fase I. Il nucleo dei materiali recuperati risulta collocabile fra la metà del XVI e i primi decenni del XVII secolo; se evidenti sono le analogie con i tipi ceramici presenti nella fase I, significative risultano le variazioni apprezzabili nei rapporti quantitativi. Accanto al pentolame invetriato, in cui non sono individuabili differenziazioni nelle forme e nei decori rispetto alla fase più tarda, si nota una massiccia attestazione della maiolica monocroma, preminente sulle produzioni ingobbiate. Al calo della maculata e dell acroma corrisponde una presenza più consistente di marmorizzata, delle graffite a punta e a stecca; la fase ha restituito la maggiore quantità di maiolica policroma, in cui sono presenti prodotti delle botteghe di Montelupo (decoro a

6 reticolo puntinato e a occhio di penna di pavone ) che possono essere considerati una infiltrazione o un residuo. FASE IV Si tratta dell ultimo livello di riempimento del pozzo A, poggiante direttamente sul fondo della struttura, all interno del restringimento di forma cilindrica. Questo accumulo, relativo alla fase più antica di uso del pozzo come immondezzaio, era costituito da terra friabile incoerente di colore marrone (potenza circa 45 cm); si notava una rarefazione di scorie, carbone e ossa mentre gran parte del livello era formato da un nucleo di ceramica databile alla prima metà del 500. Completamente assenti risultavano la ceramica acroma, l ingobbiata dipinta, la marmorizzata, la maiolica seicentesca, la graffita tarda. Notevolmente ridotta è la presenza del pentolame invetriato, della maculata, dell ingobbiata monocroma e della maiolica bianca. La maiolica policroma, in quantità minore rispetto alle fasi superiori, è costituita da tipi cinquecenteschi; dalla fase IV proviene anche il piatto con putto alato che trova confronti in contesti di XVI sec. (vd. p. 183). Il gruppo ceramico nettamente preponderante è invece quello dell ingobbiata e graffita, fra cui è massicciamente presente la produzione a punta, [160] seguita da quella a stecca; in questa fase si registra anche l unica attestazione nel pozzo A di graffita a fondo ribassato. All interno di queste ceramiche graffite è individuabile un nucleo omogeneo certamente riferibile ad uno stesso centro di produzione intermedio, localizzabile forse nell area settentrionale costiera della Toscana (vd. p. 174). L'interpretazione Per quanto concerne la funzione originaria di queste due cavità scavate nella roccia, è evidente che per darne una quanto più possibile corretta interpretazione è necessario tener conto di numerosi fattori di tipo diverso, come: a) le caratteristiche morfologiche e tecniche; b) la loro localizzazione rispetto all abitato medievale di Campiglia; c) la finalità economica a cui dovevano rispondere. La presenza di abbondanti scorie della lavorazione del metallo 4 insieme a cenere e carbone aveva fatto pensare, nel corso dello scavo, ad una possibile funzione primaria come impianto fusorio, anche nel quadro della vocazione naturale e storica dell area del Campigliese dove la metallurgia si è protratta dall età del rame al XIX secolo 5. In particolare, la forma e le dimensioni potevano ricordare lo stückofen, il primo tipo di altoforno ancora rudimentale originario della Stiria e considerato fino al XV-XVI secolo come il migliore forno per la fusione del ferro 6. Si oppone a questa ipotesi la presenza di una sola apertura, che per di più rende comunicanti le due cavità e l assenza di tiraggi e fori per i mantici idraulici e per la rimozione della scoria e del metallo fuso. Inoltre le stesse scorie, per quanto presenti fin dentro il canale, risultavano riferibili alla seconda fase di riempimento della prima struttura. Infine, la localizzazione all interno del circuito murario del castello medievale di Campiglia e forse già dello Spedale di San Jacopo e Filippo, comunque in un quartiere certamente urbanizzato come dimostrano le duecentesche murature dell edificio, rende assai improbabile che si tratti di impianti siderurgici, [161] strutture di un arte del fuoco che avrebbe costituito un pericolo d incendio notevole per le abitazioni vicine 7. 4 In corso di analisi da parte del prof. Tiziano Mannoni. 5 Sulla lavorazione medievale nel comprensorio si veda FRANCOVICH, 1985a; 1985b; 1985c e in questo stesso volume, pp SINGER et alii, 1967, vol. II, p Si pone comunque il problema della provenienza delle scorie scaricate nel pozzo A e a quale tipo di lavorazione metallurgica esse vadano riferite. E probabile che l impianto che le ha prodotte, qualunque esso sia, non si trovasse molto lontano dall edificio.

7 La forma, le dimensioni e il rivestimento delle pareti di queste cavità scavate nella roccia rimandano invece in modo puntuale ad una tipologia ben nota di fosse-silos per la conservazione di grani, attestate ampiamente nell area mediterranea e nell Europa occidentale fin dalla Preistoria 8. Si tratta in questo caso di fosse ovoidi a orientamento verticale capaci di contenere circa metri cubi di granaglie ciascuna. L argilla aveva la funzione di impermeabilizzante, mentre non è chiara quella del condotto che collegava le due strutture. Cavità ovoidi, a forma di bottiglia o di fiasco, si trovano un po ovunque in Italia: in Sicilia a Ispica 9, in Puglia a Mesagne 10 ; nell Italia centrale a Tuscania 11, a Orvieto 12, a Vitozza e a Castel Porciano 13. E chiara la finalità economica che presiedeva allo scavo di silos di questo tipo; la vallata del fiume Cornia, per quanto in parte occupata da acquitrini costieri 14 era, nel Medio Evo come oggi, estremamente fertile e favorevole alla coltivazione dei cereali e del frumento. Anche se è difficile stabilire la cronologia dei silos, la destinazione di tali riserve è da mettere verosimilmente in relazione all ospedale al cui interno erano ubicate; la capacità piuttosto notevole autorizza infatti a presupporre uno stoccaggio di uso pubblico. [163] 8 Si veda in generale AA. VV., Les tecniques de conservation des grains à long terre a curadim. Gast, F. Sigaut, Paris 1979; NOYÈ 1981, pp UGGERI, 1976,p PATITUCCI UGGERI, 1976, pp e PATITUCCI UGGERI, 1977, pp ANDREWS, 1975,p DELLA FINA, CENCIAIOLI, PARENTI, 1980, p. 36; POTTER, 1985, p. 171; FRANCOVICH-GELICHI-PARENTI, 1980, pp CHERUBINI-FRANCOVICH, 1974, p. 162.

8 Pozzo A: I MATERIALI Acroma depurata Nel riempimento del pozzo A sono stati trovati solo pochissimi frammenti di cerarniche prive di rivestimento, tutti riconducibili ad un unico esemplare di acroma depurata. Si tratta di un contenitore da cucina o da mensa di notevoli dimensioni, come conferma il peso piuttosto elevato. E documentata solo la parte inferiore del recipiente, di forma chiusa con corpo globulare, alto piede rilevato e marcato, fondo piatto, probabilmente identificabile con un anfora o una brocca. L argilla è dura, ben depurata, beige rosato con schiarimento superficiale; sul corpo del vaso sono visibili ditate e impronte del vasaio. Invetriata L invetriata è una delle classi ceramiche rappresentate in misura minore nel pozzo A (2,2% del totale). All interno di essa si distingue un frammento isolato pertinente a un tegame con tracce di esposizione al fuoco; l impasto è grossolano con inclusi di medie dimensioni, annerito, la vetrina verde giallastro, spessa, ricopre l interno e parte della parete esterna. Si tratta di un prodotto inquadrabile in un ambito più antico rispetto al complesso del riempimento del pozzo A, forse trecentesco 1, evidentemente confluito in modo fortuito nella fase II. Dalla fase III proviene un microvasetto (tav. V, 4) con bordo piegato, piede a disco e fondo incavato, ridotto spessore delle pareti, con vetrina giallastra interna ed esterna; l argilla è dura, rosata. Si tratta di un tipo di recipiente molto diffuso in Toscana, databile a partire dal XV secolo, presente anche in contesti più tardi 2. I restanti frustuli, che mostrano tutti l argilla dura e [164] ben depurata, risultano ascrivibili a recipienti di forme e produzioni diverse. Sono attestati catini di grandi dimensioni con invetriatura solo interna, giallastra, frammenti di un boccale invetriato verde e di una brocca con corta cannula. Si segnalano infine due frammenti pertinenti a recipienti diversi di grandi dimensioni con ansa decorata da un mascherone applicato con protome animalistica; la vetrina è marrone e rossiccia 3. Pentolame invetriato Il pentolame invetriato è la classe ceramica assolutamente predominante nel pozzo A (23% del totale), attestata in modo massiccio nelle fasi I e III. Gli istogrammi evidenziano una sostanziale corrispondenza fra i due parametri quantitativi, numero di frgg. e peso. Si tratta di prodotti nel complesso molto omogenei e ben definiti che venivano usati in cucina; le forme presenti sono la pentola, in numerose varianti di misura e capacità, il tegame, il coperchio. Sostanziale uniformità si nota nel tipo di argille usate, nel trattamento delle superfici e delle decorazioni. La vetrina, applicata sempre all interno dei recipienti e talvolta anche all esterno, in parte o totalmente, varia dal marrone rossiccio o arancio al verde marcio, al bruno; l argilla è sempre dura, poco depurata, marrone rosso o arancio vivo. Le decorazioni, sempre eseguite a pennellate di ingobbio giallino, mostrano un repertorio ripetitivo, comune per questa classe nei contesti toscani. Molto frequenti sono il motivo filettato sulla spalla delle pentole e sul fondo dei tegami (tav. I, 3, 4) 4 i motivi ondulati e a girali eseguiti a larghe pennellate (tav. I, 6), quelli (tav. I, 9) stilizzati a macchie, le foglie lanceolate radiali sui coperchi. I tegami hanno una certa articolazione nella forma del bordo; sono attestati esemplari con orlo 1 Cfr. FRANCOVICH-GELICHI, I 980b, p FRANCOVICH, 1982, p A Roma, in contesti di XVI-XVIII secolo; BARTOLONI, 1985, p Confronto più vicino in BARTOLONI, 1985, pp. 489, 492, fig. 123, 4; i mascheroni sono applicati su uno scaldino. 4 Cfr. FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 148 nn

9 arrotondato, bordo svasato, parete concava e fondo piano (tav. I, 3); è presente il tipo con bordo ingrossato esternamente a nastro o ripiegato quasi ad arpione. Fra le pentole figurano esemplari di piccole dimensioni (tav. I, 4), con bordo estroflesso, basso corpo ovoidale, fondo piano; comune il tipo di dimensioni maggiori (tav. I, 6, 9), con corpo quasi [165] globulare assottigliato verso il basso e fondo piano o appena incavato, nelle varianti con una sola ansa o biansate. I coperchi, tutti con presa apicale cilindriforme o sagomata, mostrano articolazioni nei diametri e nella forma del bordo (tav. I, 5, 7, 8). Ingobbiata monocroma Sotto questa definizione sono compresi recipienti di forma e fabbricazione diverse, ma tutti caratterizzati da biscotti duri, generalmente rosso vivo, ricoperti da uno strato di ingobbio bianco e vetrina trasparente lucida. Le superfici bianche degli esemplari sono prive di decorazioni. Si tratta di un tipo ceramico di uso comune diffuso in Toscana e in Liguria (MANNONI 1975, tipo 52) solitamente in associazione a materiali del XVI e degli inizi del XVII secolo; tuttavia la presenza di differenziazioni qualitative nelle coperte e in genere l esecuzione poco curata, insieme alla grande eterogeneità dei prodotti non esclude l estensione di parte di essi a tutto il XVII sec. e forse anche oltre. Nel pozzo A la presenza più massiccia di ingobbiata monocroma, classe fra le maggiormente attestate (15,9% del totale), si registra nelle fasi I e III in associazione a marmorizzata, maculata, maiolica seicentesca. Nella maggior parte dei prodotti l ingobbio ricopre anche la parete esterna, giungendo fin sotto il piede. La vetrina trasparente o giallastra, non sempre omogenea, mostra diversificazioni nelle sfumature, spessore e modo di applicazione. L argilla è analoga a quella della graffita tarda. Le forme attestate sono prevalentemente quelle aperte, fra cui è assolutamente dominante il piatto; meno numerosi gli esemplari di catini in genere non molto grandi e infine i microvasetti. Per quanto concerne i piatti, sono attestati nella fase II esemplari (tav. II, 1) con ampia tesa, orlo arrotondato, cavetto poco profondo, piede a disco e fondo a ventosa; la parete sottile contrasta con il fondo tozzo e pesante. Riconducibile allo stesso tipo, ma di dimensioni maggiori è il piatto (tav. II, 2) con orlo arrotondato e piegato, cavetto segnato esternamente, piede a disco e fondo sottile, a ventosa. Sono attestati piatti fondi (tav. II, 4) con tesa, orlo arrotondato e ingrossato, cavetto esternamente evidente, piede a disco con fondo a ventosa. A questi va accostato l esemplare (tav. II, 6) dai livelli superficiali con piede a disco tozzo, appena incavato, caratterizzato da spessori maggiori rispetto al tipo precedente. I catini, con corpo troncoconico e piede ad anello o a ventosa, sono [166] analoghi a quelli prodotti in smaltata monocroma; il bordo è generalmente ripiegato. Si distinguono tipi diversi di microvasetti, recipienti usati nel servizio come contenitori di sale o di spezie. Dal fondo del pozzo proviene l esemplare (tav. II, 3) con corpo troncoconico, orlo svasato e arrotondato, alto piede a disco piuttosto spesso. Si tratta di una forma diffusa in Toscana e in Emilia in ambiti del XV e XVI secolo 5. Dai livelli superficiali proviene il vasetto (tav. II, 5) a doppio tronco di cono con strozzatura centrale, articolata dai segni di tornitura. Dalla fase I proviene un boccaletto ricomposto quasi integralmente, con bordo espanso, orlo appiattito, breve collo, corpo ovoidale, corta cannula sulla spalla per la fuoriuscita dei liquidi; ansa a nastro impostata subito sotto l orlo, piede a disco rilevato. Ingobbio bianco e vetrina verde esterna, trasparente all interno. Si tratta di un prodotto che trova confronti a Grosseto e a Prato 6 in un contesto della seconda metà del XVII-XVIII secolo (fig. 9, 1). Ingobbiata dipinta Si tratta di una classe documentata scarsamente e solo nei livelli più superficiali del pozzo 5 FRANCOVICH et alii, l978, p. 82, FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 166, n. 167; FRANCOVICH et alii, 1978, p. 166 n. 754.

10 (1% del totale). Sono attestati catini e ciotole con breve bordo estroflesso, piegato, corpo troncoconico, piede a disco; la decorazione su ingobbio sotto vetrina è costituita da semplici motivi a spirale, a barrette accoppiate o a C, in verde e rosso marrone alternati sul ricasco; l esterno è ingobbiato 7. Alla stessa produzione appartiene la scodellina (tav. II, 7) con ampia tesa confluente, cavetto troncoconico, apoda a fondo piano. Il motivo sulla tesa è ulteriormente semplificato in pennellate oblique alternate in rosso e verde. L argilla è sempre dura, arancio smorto, depurata; l ingobbio è bianco, la vetrina trasparente o giallastra. Si tratta di prodotti poco accurati in cui la decorazione eseguita frettolosamente usa colori carichi e decisi. Marmorizzata La ceramica marmorizzata è presente nel pozzo A in percentuale non trascurabile (5,5% del totale). Nella fase III la notevole discrepanza quantitativa [168] 7 Cfr. FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 123n. 114.

11 [169] tra il numero dei frammenti e il peso (fig. 5, 6) è dovuta alla ridotta frammentarietà degli esemplari, in alcuni casi quasi integri. In totale i frammenti recuperati sono riferibili a circa recipienti. Le forme ricomposte interamente sono il catino a calotta emisferica schiacciata (tav. I, 2) con breve tesa leggermente defluente con scanalatura superiore, alto piede ad anello, e la ciotola quasi emisferica con orlo assottigliato, piede a disco, fondo a ventosa (tav. I, 1) 8. Sono attestati numerosi esemplari di piatti (almeno 10), con ampia tesa e cavetto emisferico che trovano confronti a Grosseto 9 e a Prato 10, e catini di dimensioni più piccole dei precedenti, non interamente ricostruibili. Data l estrema frammentarietà non è possibile identificare con esattezza alcuni esemplari pertinenti 8 FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, n.134, p FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, nn.126, , pp FRANCOVICH el alii, 1978, nn , p.172.

12 a forme chiuse, forse bottiglie 11. La quasi totalità degli esemplari mostra una marmorizzazione in bianco e rosso, pertinente al tipo più tardo e più semplice di ceramica marmorizzata (MANNONI 1975, tipo 57), ampiamente diffuso in Toscana e in Liguria nel XVII secolo 12. Sono attestati anche pochi recipienti decorati in bianco, verde e nero su fondo rosso, appartenenti alla produzione migliore della marmorizzata pisano-ligure (MANNONI 1975, tipo 56), databile fra la fine del XVI e il XVII secolo. In rari casi la decorazione interessa anche la superficie esterna dei recipienti, solitamente ricoperta da vetrina marrone rossiccia lucida, coprente, che spesso giunge fin sotto il piede. Gli impasti sono rosso vivo, molto duri, depurati. Rari i difetti di cottura, le zampe di gallo sul fondo interno dei recipienti e ritiri della vetrina e degli ingobbi. Maculata La ceramica ingobbiata decorata a maculazione è presente in tutti i livelli del pozzo A, anche se in quantità fortemente decrescenti dalla fase più recente alla più antica (7,5% del totale). Le forme attestate sono in netta prevalenza aperte, generalmente recipienti di dimensioni notevoli. E attestato il catino (tav. II, 8) con corpo troncoconico, orlo appena [170] 11 BERTI-TONGIORGI, 1982, p MILANESE,1985, pp.63,93. Anche MILANESE, 1976, p.280.

13 [171] ingrossato e piede a disco; il catino (tav. III, 1) di grandi dimensioni con corpo emisferico schiacciato, bordo estroflesso appiattito, piede a disco e fondo a ventosa, caratterizzato da spessori ridotti rispetto all esemplare precedente. E documentato il piatto fondo con breve tesa ricurva solcata da una scanalatura, cavetto emisferico schiacciato segnato esternamente, basso piede ad anello 13 (tav. II, 9). Non sono identificabili i pochi frammenti pertinenti a forme chiuse (fasi I e III). I prodotti risultano realizzati in un argilla molto dura, depurata, rosso vivo. L interno delle forme aperte è ingobbiato e invetriato, l esterno è nodo; la decorazione a maculazione è ottenuta generalmente in verde brillante o cupo, in alcuni prodotti in giallo vivo su marrone. Sull esterno delle forme chiuse, maculazione in verde e bruno. 13 Confronti a Grosseto, FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, n. 168, p. 167.

14 Ingobbiata e graffita - Graffita a punta L ingobbiata e graffita è una delle classi più massicciamente presenti all interno del pozzo A (l3,8% del totale). Il tipo preponderante all interno di questa classe è costituito dalla graffita a punta, definizione questa comprendente prodotti diversi morfologicamente e articolati in senso cronologico. Il tipo più antico è rappresentato da uno scodellone frammentario (tav. III, 2). Il pezzo ha la tesa inclinata, leggermente concava, orlo arrotondato e appena ingrossato, cavetto emisferico schiacciato segnato esternamente. Decorazione graffita a punta su ingobbio sotto vetrina: sulla tesa tratti obliqui aggruppati alternati a spazi metopali con linee trasversali dritte e ondulate; colori giallo ferraccia, verde ramina, bruno manganese. Tracce di un motivo centrale non identificabile sul fondo interno. Argilla dura, rosso vivo; all esterno vetrina marrone giallastra. Il decoro sembra imitare i primi prodotti pisani di ingobbiata e graffita 14. L esemplare, databile probabilmente fra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, non è comunque riferibile a fabbriche pisane. Dalla fase IV del pozzo A provengono due esemplari di piatti uno dei quali quasi integro, che presentano analogie stringenti di esecuzione formale e decorativa. [172] Il primo (tav. IV, 1) è un piatto con ampia tesa confluente, orlo assottigliato, cavetto poco profondo segnato all esterno, piede a disco e fondo a ventosa. La decorazione è graffita a punta su ingobbio bianco sotto vetrina: sulla tesa, stretta fascia di foglie stilizzate sottolineate in blu e giallo alternati, compresa entro due linee concentriche; al centro, stemma eseguito accuratamente con una punta piuttosto larga che in qualche tratto avvicina quasi il decoro al tipo del fondo ribassato. Lo stemma è ovale solcato da linee verticali con banda centrale orizzontale, compreso entro una fascia campita in verde con motivi a foglie alternate; colori blu, giallo, verde, in parte colati in cottura. La vetrina trasparente e l ingobbio sono applicati all interno e fin sotto l orlo; esterno nudo. Argilla molto dura, beige rosato; sul fondo interno tracce del distanziatore. Il secondo piatto (tav. IV, 2) ha un orlo indistinto, basso corpo troncoconico, ampio piede a disco e fondo a ventosa. Si tratta di una forma peculiare che non ha rispondenza nell ingobbiata e graffita 15. Sulla tesa lo stesso motivo; analogo stemma centrale ovale, bipartito da linee orizzontali; nel settore superiore stella in giallo. Vetrina, trattamento delle superfici, argilla e colori impiegati sono uguali all esemplare precedente. Per quanto concerne i tipi di stemma, sembra piuttosto inverosimile che il ceramista abbia riprodotto modelli forniti da committenti 16. La presenza di uno stemma analogo, probabilmente eseguito dalla stessa mano, anche sul piatto di tav. IV, 3 in graffita a fondo ribassato fa pensare a motivi araldici generici. Un confronto puntuale per questo tipo di stemmi si trova in un piatto di ingobbiata e graffita a punta compreso fra il materiale ceramico rinvenuto a Pomarance (Volterra- PI) 17. Nel complesso, i due piatti mostrano un esecuzione elegante e accurata; la decorazione è realizzata con precisione e con buon gusto cromatico. Si tratta di prodotti di qualità, che si differenziano nettamente da altre graffite più dozzinali, riferibili alla stessa bottega che produceva graffita a fondo ribassato e dalla quale è sicuramente uscito anche l esemplare di Pomarance. La cronologia indicativa proponibile è il XVI secolo. Un altro tipo di graffita a punta è documentato da due piatti analoghi, ricomposti quasi interamente e da altri frammenti pertinenti a esemplari [173] diversi. Il piatto di tav. V, 1 ha bordo ripiegato, orlo arrotondato, basso piede a ventosa. Al centro, graffita a punta su ingobbio sotto vetrina, foglia schematizzata con rapide pennellate in verde e giallo diluiti; sul bordo, linee concentriche graffite. Ingobbio solo interno, vetrina trasparente esterna fin sotto il piede; argilla dura, rosso vivo. La forma, associata al motivo della foglia stilizzata, trova confronti a Grosseto 18. Il 14 BERTI-TONGIORGI 1982, fig. 2 n Si veda soltanto, per l ingobbiata e graffita senese, un altro unicum, FRANCOVICH, 1982, C BERTI-TONGIORGI, 1982,p. 119e n Desidero ringraziare la dott.ssa Guliana Guidoni Guidi (Soprintendenza Archeologica per la Toscana) che si occupa dello studio dei materiali e che me ne ha permesso la visione. 18 FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 124, nn

15 piatto di tav. V, 2 ha forma analoga, con maggior spessore del piede; motivo centrale graffito a punta; stemma generico stilizzato con due bande trasversali; pennellate in giallo e verde. Confronto per lo stemma a Pisa 19. Questo tipo di ceramica a fondo bianco, con decorazione esclusiva delle zona centrale del recipiente, risulta forse attribuibile a fabbriche pisane, ma di difficile datazione 20. L associazione con i materiali del pozzo A non contribuisce a precisarne la cronologia, data la dispersione dei frammenti a diversi livelli del pozzo. Molto poco numerose risultano anche nel pozzo A le forme chiuse di ingobbiata e graffita, caratteristica questa comune nei contesti toscani e liguri. Si tratta esclusivamente di boccali (in totale 3 esemplari) di cui uno quasi integro, recuperato sul piano di roccia che costituisce il fondo del pozzo. Si tratta di un tipico prodotto pisano, che trova confronti anche in scarti di fornace di Pisa 21. Anche il decoro è di tipo standard (tav. V, 3). Graffita a stecca La ceramica ingobbiata e graffita a stecca rappresenta il 14,5% del totale delle produzioni graffite, corrispondente al 2,7% dell insieme della ceramica del pozzo A. Essa è costituita da frammenti riconducibili a pochi esemplari (circa 5) dispersi nei vari livelli del pozzo, mentre la restituzione più ingente e omogenea proviene dalla fase più antica. Negli strati superficiali sono attestate le consuete scodelle e ciotole decorate a barrette e a raggi eseguiti a stecca; l invetriatura è verde brillante o incolore, l argilla è dura, rosso vivo, ben depurata. Si tratta di prodotti riferibili all ambito pisano 22. [174] 19 BERTI-TONGIORGI, 1982, tav. VII, BERTI-TONGIORGI, 1982,p. 169,n BERTI-TONGIORGI, 1982,p. 170,fig BERTI-TONGIORGI, 1982, p. 153, fig. 7, tav. III.

16 [175] Sul fondo del pozzo è stata recuperata una scodella quasi integra (tav. IV, 4) con tesa inclinata lievemente concava, orlo arrotondato, cavetto emisferico segnato esternamente; apoda, ha fondo con ombelico rialzato. Decorazione graffita a stecca e a punta sotto vetrina: sulla tesa, tre linee concentriche a punta e fascia a piccoli trattini obliqui a stecca; al centro, motivo a stecca: graticcio contornato da elementi a C raggruppati a formare una sorta di raggiera, compresa entro tre linee concentriche e una fascia di trattini obliqui. L interno è ingobbiato e ricoperto da vetrina giallina che giunge fin sotto l orlo; esterno nudo. L argilla è molto dura, beige chiaro rosato; sul fondo interno evidenti zampe di gallo. In associazione a questo esemplare sono stati recuperati frammenti di altri recipienti analoghi per forma e caratteristiche tecnico-decorative; si tratta sempre di scodelle con lo stesso motivo sulla tesa; in un caso i trattini obliqui sono sostituiti da piccoli rettangoli accuratamente eseguiti a stecca. Tutti gli esemplari hanno la parete esterna non coperta, analoghe

17 argilla e vetrina. Per quanto concerne la forma, l esemplare di tav. IV, 4 presenta alcune caratteristiche peculiari, come il fondo con ombelico rialzato e il cavetto piuttosto aperto che non trovano riscontro nei noti esemplari prodotti a Pisa 23 ; anche la decorazione, eseguita con una stecca sottile, è più fine ed elegante; infine, l impasto chiaro e l assenza di rivestimento sono ulteriori elementi che impediscono di attribuire questo tipo ceramico a fabbriche pisane. Si deve pensare piuttosto a un centro intermedio di produzione di ceramica graffita (vd. le considerazioni a proposito della graffita a punta e a fondo ribassato ). Graffita a fondo ribassato La ceramica ingobbiata e graffita a fondo ribassato è presente nel pozzo A esclusivamente nel livello più antico - fase I -, con pochi frammenti riconducibili a due esemplari diversi (0,7% del totale). E attestato un piatto (tav. IV, 3) con orlo arrotondato, bordo increspato sagomato a lobi, parete curva, corpo emisferico schiacciato, alto e tozzo piede ad anello; si nota un forte spessore del fondo in contrasto alla parete sottile. Sul ricasco, decorazione a fondo ribassato, motivo a fogliame e delfini (?); al centro, stemma ovale [176] 23 BERTI-TONGIORGI, 1982, pp. l53-154, fig. 6.

18 [177] graffito a punta con linee verticali e banda orizzontale, compreso entro fascia campita in verde. Colori blu, giallo, verde. Vetrina trasparente e ingobbio fin sotto l orlo; a circa 2 cm dal bordo esterno, tre linee parallele graffite a punta. Esterno nudo; argilla molto dura, beige rosato. Lo scudo centrale è analogo a quello del piatto di ingobbiata e graffita a punta di tav. IV, 1. La decorazione a fondo ribassato sembra ispirata a motivi della maiolica policroma cinquecentesca (Deruta). Si tratta di un esemplare che non trova al momento confronti in [178]

19 [178] produzioni note di ceramica a fondo ribassato. I caratteri tecnici e formali, sia il tipo di bordo che il piede particolarmente pesante, l esterno nudo, l argilla e soprattutto le analogie dello stemma con quelli di tav. IV, 1, 2 fanno pensare a prodotti usciti dallo stesso atelier. L altro esemplare di questo tipo ceramico è documentato da un frammento isolato pertinente a un piatto con tesa analogo per motivo decorativo, argilla ecc. Colori blu e marrone giallastro. Graffita tarda Ad eccezione della fase I, tutti i tagli del pozzo A hanno restituito quantità variabili, ma pur sempre modeste, di graffita tarda. E questo un tipo ceramico molto diffuso in area toscana e ligure fra la seconda metà del XVI e la prima metà del XVII sec. 24 ; anche in questo caso esso risulta sempre associato a ceramica marmorizzata e spesso alla maiolica secentesca. Le forme attestate sono il piatto e la ciotola di grandi dimensioni; dalla fase II proviene un piatto frammentario (tav. V, 5) con tesa molto inclinata, orlo arrotondato, cavetto segnato esternamente. La decorazione sulla tesa è costituita da una sequenza di foglie stilizzate graffite a punta sull ingobbio biancastro, con pennellate ondulate in verde e giallo alternati 25. Sul bordo del cavetto, fascia a trattini obliqui eseguiti poco accuratamente. All esterno, vetrina marrone chiara giallastra. Argilla dura, rossa, depurata. Gli altri prodotti, più frammentari, presentano identici impasti e 24 MILANESE, 1985, p. 54; MANNONI, 1975, tipo 65; BERTI-TONGIORGI, 1982, pp Cfr. a Pisa BERTI-TONGIORGI, 1982, tav. VI, 1, 3, 7; a Genova, MILANESE, 1985, fig. 47, 94.

20 coperte; alcuni esemplari mostrano sul cavetto un fiore stilizzato con foglie o un uccello stilizzato, con pennellate marroni e verdi, entrambi motivi comuni in questa classe 26. Maiolica monocroma La maiolica monocroma bianca, priva di decorazioni, è una delle classi ceramiche maggiormente rappresentate nel pozzo A, soprattutto a partire dalla fase II (18% del totale). [179] I recipienti a smalto monocromo bianco non sono omogenei per quanto concerne le caratteristiche dell argilla e delle coperte stannifere, ma si individuano produzioni diverse. Gli impasti, generalmente duri, variano dal beige al rosso vivo; solo in casi isolati l argilla è molto chiara, tenera, o quasi bianca. Nella maggior parte degli esemplari lo smalto, applicato sia all interno che all esterno, è sottile, povero di stagno, tendente a scrostarsi, craquelé; questa caratteristica è riscontrabile soprattutto nei pezzi che mostrano un leggero strato di ingobbio chiaro al di sotto della coperta stannifera 27. In alcuni tipi di prodotti, invece (come nei pezzi di tav. VI, 1, 4) lo smalto è molto spesso, coprente, lucido, di ottima qualità. Risultano largamente dominanti le forme aperte, il 95% circa delle quali è rappresentato da piatti nelle varianti piana e fonda, seguiti dalle ciotole. Fra le forme chiuse predominano i boccali; scarsamente presenti il catino, il microvasetto, il pitale. E attestato il piatto (tav. VI, 1) piano con piede a disco e fondo a ventosa accentuata, caratterizzato dall ampia tesa; il piatto (tav. VI, 2) con bordo arrotondato, larga tesa, cavetto poco profondo, piede a disco marcato esternamente, fondo molto spesso a ventosa; il piatto (tav. VI, 3) caratterizzato da spessori sottili, con breve tesa, cavetto poco profondo segnato esternamente, piede a disco; il piatto fondo (tav. VI, 4) con tesa, orlo arrotondato, cavetto profondo emisferico segnato all esterno, piede a disco e fondo a ventosa. Sempre fra i piatti fondi l esemplare di tav. VI, 5, di grandi dimensioni, ha tesa dritta, orlo assottigliato, cavetto profondo evidente all esterno, piede a disco; fondo sottile. Fra le ciotole si segnala quella troncoconica (tav. VI, 7) con orlo assottigliato e piede a disco. L unico esemplare di catino attestato (tav. VI, 6) ha bordo piegato, orlo arrotondato, corpo leggermente troncoconico, basso piede ad anello. Per la forma, le dimensioni e lo smalto applicato su uno strato di ingobbio l esemplare è vicino al catino di Grosseto 28. Le altre forme presenti sono troppo frammentarie per essere descritte. Nel complesso, si individua un servizio da tavola abbastanza articolato. La presenza delle maggiori quantità di maiolica bianca a partire dalla fase II sembra indicare per gran parte del materiale una cronologia a partire dalla metà del XVI secolo; questo dato concorda con le attestazioni anche [180] in altri contesti di questa classe, il cui uso generalizzato sulla mensa, al posto delle produzioni smaltate policrome, si data appunto da questa epoca e continua nei secoli seguenti 29. Maiolica policroma La maiolica policroma rinascimentale e post-rinascimentale costituisce una percentuale non trascurabile nell ambito delle ceramiche smaltate del pozzo A, anche se inferiore alle produzioni monocrome (10,79% del totale). All interno di questa classe sono rappresentate produzioni diverse, soprattutto toscane e liguri, anche se va segnalata la presenza di esemplari isolati riferibili ad ambiti e a centri diversi di produzione. Per quanto concerne i prodotti toscani, totalmente dominanti risultano quelli di Montelupo e dei centri vicini del medio valdarno; va notato comunque che nella larga maggioranza i recipienti 26 Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1982, fig. 12, 1; MANNONI, 1975, fig. 72, 7; MILANESE, 1985, fig. 47, Cfr. i prodotti smaltati del primo Cinquecento senese, FRANCOVICH, 1982, p FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p.118 n Per Roma si veda RICCI, 1985, p. 355.

21 sono attestati da frammenti isolati, frustuli confluiti nel riempimento in modo fortuito. Fra le produzioni più antiche dell area valdarnese-montelupina si segnala la presenza di un frammento di piatto di italomoresca con decorazione del tipo Santa Fina (CORA, 1973, gruppo VII, D); la seconda metà del Quattrocento è rappresentata da un frammento di boccale decorato a occhio di penna di pavone (CORA, 1973, gruppo IX). Riferibili al XVI secolo sono i pochi frammenti di boccali con decoro reticolo puntinato (CORA, 1973, gruppo XIV, B), a intrecci (CORA, 1973, gruppo XVI, C) e una serie di fondi di boccali estremamente frammentari con piede a disco molto marcato, uno dei quali con motivo a medaglione centrale sul corpo, definito da bande e righe concentriche in giallo, blu, arancio e verde. Mentre nel complesso scarse risultano le maioliche dei secoli XV-XVI, più massicciamente attestata dalla fase II è una produzione tipica di Montelupo della prima metà del XVIII secolo; sono presenti infatti frammenti pertinenti ad almeno 6 piatti decorati con il noto motivo della foglia di cavolo 30. Le produzioni liguri di maioliche sono presenti in quantità [181] relativamente ridotte. Oltre a circa 3 esemplari di piatti in smalto berrettino 31 databili al XVI secolo, è da segnalare la presenza di un boccaletto globulare di ridotte dimensioni, con piccola ansa a sezione circolare, grande sviluppo del collo e della bocca trilobata. La decorazione a motivi floreali è in giallo, nero, verde, celeste. L argilla è tenera, terrosa, giallo chiaro, lo smalto è spesso, lucido, coprente, scrostabile 32. [182] 30 FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, n. 92 p. 104; FRANCOVICH et alii, 1978, p. 120 C39; n. 774, p MANNONI, 1975 tipo 95; FARRIS-FERRARESE, 1969, pp FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 108, n. 96; PESCE, 1968, n. 3, p. 25; MARZINOT, 1979, n. 344, p. 289.

22 Fig. 5-6 Istogramma quantitativo delle ceramiche presenti nelle diverse fasi del pozzo A: numero di frammenti (a) e peso in grammi (b). [182] Probabilmente di produzione faentina è un piatto con piede a disco e fondo a ventosa decorato al centro da un putto alato in blu e giallo ferraccia, che trova confronti a Prato 33 ; lo smalto è spesso, lucido, coprente, l argilla è dura, rosata. Certamente non toscana è una crespina decorata a vivace policromia con motivi distribuiti su fasce orizzontali: sotto l orlo teoria di teste di cavallo stilizzate; seguono una serie di motivi a intreccio geometrici e araldici; all esterno bande e pennellate policrome; colori: giallo, arancio, verde brillante, blu, bianco; l argilla è piuttosto tenera, beige giallastro molto chiaro. Sono attestati infine pochi frammenti di boccali di produzione rinascimentale italiana per i quali l estrema frammentarietà impedisce la sicura definizione dell area di provenienza. Analoghi problemi sono posti da un boccale di grandi dimensioni quasi interamente ricostruibile, con bocca trilobata, orlo appena ingrossato, [183] costituito da un perno centrale formato da due cerchi concentrici su cui si impostano quattro foglie lanceolate su stelo; nei settori di 33 FRANCOVICH et alii,1978, p.185, n. 980; p.165, nt.17.

23 risulta, motivi a tratti curvi paralleli; l insieme è racchiuso da due cerchi concentrici a formare un medaglione. L argilla è beige rosata, dura; lo smalto bianco è sottile, tendente a scrostarsi, lucido, granuloso al tatto. Il tipo è forse riconducibile alle produzioni nord-laziali, viterbesi (fig. 9, 2-3). Metalli Nel pozzo A è stata recuperata una quantità rilevante di materiali metallici; la maggior parte, tuttavia, circa il 90%, è rappresentata da scorie (vd. supra). I rimanenti reperti sono costituiti da oggetti prevalentemente di bronzo, ma anche di ferro, in pessime condizioni di conservazione, spesso ossidati in modo irreparabile. Si distinguono chiodi di varie fogge e misure, spesso a testa rotonda e sezione quadrata. Fra gli oggetti identificabili una fibbia in bronzo (tav. I, 10), alcune medagliette devozionali, aghi per cucire. Non sono identificabili le poche monete recuperate. [184]

24 Pozzo B: I MATERIALI Per quanto concerne il nucleo di materiale ceramico recuperato nel corso dello svuotamento del pozzo B da parte degli operai del cantiere campigliese, esso manca delle associazioni stratigrafiche registrate nell altra struttura. Si tratta di un consistente complesso di reperti piuttosto articolato ed eterogeneo che mostra analogie ma anche differenze cronologiche con il vicino contesto precedentemente esaminato. E evidente che le percentuali e le presenze dei vari tipi ceramici possono, date le modalità del recupero, non rispondere completamente alla reale, originaria attestazione all interno del pozzo B. Si è ritenuto comunque opportuno visualizzare, anche in questo caso, le quantità recuperate con un istogramma che ha valore indicativo in modo da permettere un confronto immediato fra i due riempimenti. Da esso si nota una sostanziale rispondenza quantitativa totale fra la ceramica dei due pozzi, mentre diverse appaiono le percentuali di ciascuna classe. [185] [185] Ceramica acroma La ridotta frammentarietà degli esemplari spiega l evidente discrepanza fra n/frg e peso nell istogramma di fig. 8. Diversamente dal pozzo A, la ceramica priva di rivestimento recuperata nel secondo pozzo mostra una certa articolazione di forme e tipi. I recipienti, sempre di grandi dimensioni, facevano parte dell arredo domestico o della cucina e della mensa. Nella maggior parte dei casi, si tratta di vasi da fiori troncoconici con foro sul fondo per lo scolo dell acqua. Sono attestati anche grandi recipienti di forma non identificabile, apodi, con fondo esternamente concavo, caratterizzati da un argilla grossolana, rossiccia con inclusioni. Ceramiche invetriate Nessuna differenziazione è riscontrabile, per quanto attiene il pentolame invetriato, fra i materiali dei pozzi A e B; in entrambi i contesti questa è la classe maggiormente attestata. Assente nel pozzo A, nella seconda struttura sono stati recuperati invece frammenti di forme aperte di ceramiche a taches noires. Si tratta di ampi piatti apodi (tav. VII, 2) con tesa inclinata, orlo arrotondato, vasca troncoconica. Decorazione a bande a taches noires in manganese denso su fondo marrone scuro. E presente la ciotolina (tav. VII, 5) con orlo appena ingrossato, corpo troncoconico, piede a disco. Decorazione a taches noires a bande marrone scuro su fondo marrone chiaro. La

25 forma della ciotola è attestata anche a Genova 1. La presenza di questa classe ceramica nel contesto del pozzo B indica un suo uso come immondezzaio ancora nella seconda metà del XVIII secolo. Ceramiche ingobbiate Quantitativamente molto inferiore è la presenza dell ingobbiata monocroma nel pozzo B rispetto alla prima struttura. Tuttavia si tratta di prodotti del tutto analoghi per forma e caratteristiche morfologiche ai quali si rimanda per gli elementi descrittivi (vd. supra). Più consistente è invece l ingobbiata dipinta, presente con forme e [186] decori piuttosto articolati. E attestato un piatto grande con corpo emisferico schiacciato, orlo arrotondato con scanalatura superiore, piede a disco decorato a pennellate su ingobbio sotto vetrina. Sul ricasco, motivo a serpentina in arancio entro bande in verde denso e diluito; al centro, fiore in verde, sul fondo punti in giallo e verde. Il confronto più vicino è in un esemplare smaltato da Grosseto 2. Sono attestati inoltre frammenti riconducibili ad almeno tre esemplari di forme aperte, decorati da semplici pennellate in verde. Si tratta di ciotole e scodelle che presentano al centro e sul ricasco serpentine e bande in ramina sull ingobbio bianco, sotto vetrina. Anche in questo caso la decorazione ricorda quella presente in redazioni smaltate 3. é stata recuperata una ciotola emisferica (tav. VII, 7) con orlo indistinto arrotondato, piede a disco e fondo a ventosa; la decorazione, dipinta in ferraccia, manganese e ramina sotto vetrina, è costituita da quattro foglie stilizzate disposte in croce attorno a un motivo di raccordo e pennellate nei settori di risulta. Ceramiche graffite Attestata in quantità decisamente inferiore rispetto al pozzo A, la ceramica graffita a punta recuperata nella seconda struttura del Palazzo Comunale di Campiglia risulta riconducibile in larga parte ad ateliers senesi. E presente la ciotola (tav. VII, 8) con bordo plurisagomato a listelli rientrante, orlo assottigliato, corpo tronco-conico, piede ad anello con due fori per la sospensione eseguiti a crudo. Decorazione interna graffita con una punta sottile: quattro foglie o elementi vegetali inquartati, disposti in 4 settori. Sul bordo interno sequenza di tratti sinusoidali 4. Si segnala poi una scodellina (tav. VII, 9) con breve tesa appena inclinata, orlo arrotondato, cavetto poco profondo, alto piede a disco sagomato. All interno motivo vegetale composto da tre foglie polilobate: sulla tesa sequenza di barrette sinusoidali 5 ; la forma si distingue per il pesante piede molto marcato. Il decoro trova confronti in un esemplare di [187] 1 MILANESE, 1985, p. 36, fig.19, nn. 22, 27, 24. CAMEIRANA, FRANCOVICH-GELICHI, 1980a,p. 116,n FRANCOVICH-GELICHI, 1980a,p. 118,n FRANCOVICH, 1982, forma C.2.1, dec. S Sequenza S.5.4 vicino alla C.6.1 della catalogazione di FRANCOVICH, 1982.

26 Tav. VII- Pozzo B. Graffita tarda: 1, taches noires: 2, 5; maiolica bianca: 3, 4, 6; ingubbiata dipinta: 7; ingubbiata e graffita: 8, 9. [188] Grosseto 6. E attestata una ciotola con orlo arrotondato, corpo emisferico, piede a disco 7. Il decoro interno, tipico della produzione senese, è costituito da un fiore quadripetalo con motivi ondulati e fiori trilobati nei settori di risulta 8. Infine è presente un frammento di forma aperta con corpo emisferico e piede a disco decorato da fiori stilizzati uniti al centro 9. Tutti gli esemplari sono decorati in giallo, verde e bruno; l argilla è dura, rosata; la vetrina, interna ed esterna, è trasparente e giallastra, lucida e coprente. Estremamente scarsi sono i frammenti di ceramica graffita a stecca, riconducibili ad un unica ciotola emisferica, con piede a disco, inquadrabile nella produzione già segnalata per il pozzo A (vd. supra). Riconducibile ad ateliers pisani è invece la graffita a fondo ribassato 10. La graffita tarda, analoga per forme e motivi, è attestata in quantità superiori rispetto al pozzo A. Si segnala un esemplare di scodellone (tav. VII, 1) con ampia tesa confluente, cavetto emisferico schiacciato, piede a disco e fondo a ventosa. Mentre il graffito è ridotto a due sole linee sul bordo interno, il motivo decorativo centrale, dipinto su ingobbio sotto vetrina, è costituito da tre fiori stilizzati e foglie schematiche; colori giallo ferraccia e verde. Si tratta di un prodotto estremamente 6 FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p. 96, n Forma FRANCOVICH, 1982, C FRANCOVICH, 1982, M.C4.1; confronti dal Nicchio, Fi 18, fig. 225, e da Santa Marta, fig. 269, n FRANCOVICH, 1982, fig. 93, p. 81; Fonte di Follonica, fig. 180 n. 8; da San Gimignano, fig. 138, p BERTI-TONGIORGI, 1982, fig. 8, nn. 1-2.

27 semplificato che trova confronti a Grosseto 11. Maiolica Il dato più emergente per quanto riguarda la produzione bianca di maiolica è la ridotta quantità sia numerica che di peso rispetto al pozzo A. Dal punto di vista qualitativo, invece, si nota una rispondenza spesso puntuale nelle forme e produzioni. Oltre ai catini, sono presenti piatti (tav. VII, 1) con orlo ingrossato, arrotondato e scanalatura interna, cavetto [189] profondo, piede a disco e fondo a ventosa; piatti piani (tav. VII, 6) con ampia tesa, cavetto poco profondo, piede ad anello. é attestato anche il microvasetto (tav. VII, 3) con corpo cilindrico sagomato e piede a disco. Ben più vasta e articolata anche dal punto di vista cronologico è l attestazione di maioliche policrome. Residuo di età medievale, confluito fortuitamente nel riempimento del pozzo B, è un frammento isolato di boccale in maiolica arcaica pisana 12. Mentre molto scarse appaiono le produzioni smaltate certamente riferibili alle fabbriche di Montelupo e dell area fiorentina (ceramica italomoresca), il nucleo più consistente di maiolica policroma rinascimentale è rappresentato da una serie di boccali piuttosto omogenei dal punto di vista della realizzazione tecnica e delle caratteristiche dei repertori decorativi. Ricomposto quasi integralmente è il boccale (fig. 10, 1) con bocca trilobata, corpo ovoidale, ansa a nastro e piede a disco; il decoro su tutto il corpo, a occhio di penna di pavone, è estremamente semplificato e ingrandito; colori blu, arancio, verde, bruno, giallo. Sotto l attacco inferiore dell ansa, marca P in bruno con segno ondulato di abbreviazione. Il motivo decorativo è presente sui boccali di Montelupo della seconda metà del XV secolo 13. Di forma analoga è il boccale (fig. 10, 4) decorato sul corpo da un motivo a reticolo puntinato eseguito rozzamente con un tratto di forte spessore; nel medaglione centrale stemma con quercia su tre monticelli. Nella zona sotto l attacco inferiore dell ansa marca B in manganese 14. Frammentario è il boccale (fig. 9, 7) decorato da uno stemma inserito in medaglione centrale: mezzaluna blu sormontata da una T in bruno. Lo stemma ricorda quello della famiglia Canigiani, presente su boccali dell area valdarnese-montelupina 15. Da questa area provengono boccali decorati con un volatile 16, a cui sembra ispirato l esemplare di fig. 10, 2, di forma analoga ai precedenti. Nel medaglione centrale, uccello stilizzato in blu, verde, giallo, arancio; ai lati, spazi decorati alla porcellana. Sotto l attacco dell ansa marca in [190] 11 FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p.130, n BERTI-TONGIORGI, 1977, 2 gruppo. 13 CORA, 1973, gruppo IX B; 1977, tav. XXXVIII; BERTI-PASQUINELLI, 1984, p CORA, 1973, gruppo XIV, B. 15 CORA, 1973, tav. 263, pp ; FRANCOVICH et alii, 1978, p. 202, n VANNINI, 1977, av. XVI; FRANCOVICH et alii, 1978, p.205, n

28 [191] bruno V sormontata da un puntino17. La stessa forma presenta un boccale più frammentario (fig. 10, 3). Nel medaglione centrale iscritto in stemma blu, motivo YHS in ferraccia sormontato da una croce. Ai lati motivo a monticelli entro rombi in blu; confronti diretti in area valdarnese e a Montelupo18. Simile è l esemplare di fig. 9, 9 decorato con motivo dell YHS contornato da spazi alla porcellana 19. Sono attestati infine un boccale con stemma a bande trasversali inserito in medaglione centrale e decoro alla porcellana ai lati20; un boccaletto (fig. 9, 8) di ridotte dimensioni con corpo panciuto, bocca trilobata, ansa a nastro, decorazione in blu intenso e diluito alla porcellana. Sotto l ansa marca C in blu. Nel complesso, questo gruppo di boccali risulta realizzato in argilla dura, rossa o rosata; le 17 CORA, 1973, gruppo XI. FRANCOVICH et alii, 1978, p. 189, n. 1005; p. 203, n. 1074; CORA, 1973, gruppo XIV, a. 19 CORA, 1973, gruppo XI. 20 CORA, 1973, gruppo XI. 18

29 coperte stannifere, spesse e coprenti, brillanti, talvolta con sbollature e craquelures, sono applicate in modo poco regolare. Una caratteristica morfologica che colpisce in questi prodotti, e che li differenzia in modo macroscopico da quelli dell area valdarnese-montelupina, è il notevole spessore che li rende piuttosto pesanti e tozzi. Inoltre l impostazione delle decorazioni, direttamente ispirate e riprese da quelle di Montelupo e del medio-valdarno, è tuttavia meno equilibrata e precisa, più affrettata; la sintassi decorativa appare meno rigorosa, sebbene sia inquadrabile negli stessi gruppi della classificazione del Cora 21 : alla porcellana, a reticolo puntinato, occhio di penna di pavone, ecc. Anche l accentuata policromia dei colori non risponde in questi esemplari al gusto cromatico che regola e presiede ai prodotti valdarnesi, ma determina accostamenti troppo caricati, talvolta grossolani. In base a queste osservazioni, ritengo quindi che il gruppo di boccali in esame vada attribuito ad un centro di produzione ceramica, la cui localizzazione resta al momento indeterminabile, che copia i prodotti di Montelupo e dell area valdarnese, ma dei quali non riesce a riprodurre l eleganza e la raffinatezza. E probabile che questa fabbrica sia stata attiva nei decenni centrali del XVI secolo. Di fabbricazione diversa sono invece un boccale e alcuni piatti frammentari decorati dallo stesso motivo in blu intenso e diluito su fondo bianco. [192] 21 CORA, 1973.

30 [193] Il boccale (fig. 11) ha corpo ovoide allungato, orlo arrotondato e bocca trilobata, ansa a nastro impostata sul collo e sulla massima circonferenza, piede a disco rilevato. Cornice centrale di tratti divergenti racchiudente un delfino attorcigliato ad ancora, circondato da cespugli stilizzati. Lo smalto lucido, sottile con fini craquelures, applicato su un leggero strato di ingobbio, giunge fino al piede; un difetto di attaccatura ha rovinato il delfino. Argilla rosata, dura. I piatti con larga tesa confluente, oppure con orlo arrotondato con profonda scanalatura interna e cavetto profondo, presentano la stessa decorazione a delfini sul fondo interno, argilla e smalto analoghi. Si tratta di prodotti sicuramente ascrivibili a fabbriche senesi. La decorazione a [194]

31 [194] delfini, caratteristica del primo Cinquecento senese 22, era fino a questo momento inedita su forme chiuse 23. Anche nel pozzo B sono attestati esemplari di piatti (in totale 4) decorati a foglia di cavolo (fig. 10, 6, 7) prodotti a Montelupo nella prima metà del XVII sec. (vd. supra) 24. Fra le maioliche di quest epoca si segnalano le produzioni liguri. Si tratta di un boccaletto con larga bocca trilobata e stretto beccuccio, collo cilindrico, corpo globulare, decorato da motivi geometrici e fitomorfi in giallo, arancio, nero, blu. L argilla è terrosa, gialla. Il prodotto è analogo all esemplare recuperato nel pozzo A (vd. supra p. 182) (fig. 9, 6). Sempre di fabbricazione ligure è un boccale molto frammentario con largo collo cilindriforme e corpo panciuto, ansa a bastoncello. Lo smalto, di ottima qualità, è corposo, brillante, di tonalità azzurrognola; il decoro, eseguito in blu intenso, è del tipo a scenografia barocca 25. [195] 22 FRANCOVICH, 1982, p. 83, fg. 243, ft Analogie per la forma in un boccale da Santa Marta; FRANCOVICH, 1982, fig. 282, 283, n FRANCOVICH-GELICHI, 1980a, p FARRIS-STORME, 1981, p. 25.

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