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07 i dossier www.freefoundation.com SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI Editoriale de Il Giornale, 16 luglio 2012 16 luglio 2012 a cura di Renato Brunetta

2 Maledetto Moody s, maledetto spread. Ma come, noi, quelli del sangue, sudore e lacrime, noi virtuosi, noi sobri, noi obbedienti; noi a fare i compiti a casa, noi a cancellare il Parlamento a suon di decreti e di fiducie, noi a zittire chiunque osi aprir bocca, noi che siamo pronti anche a fare a meno delle elezioni E loro, i maledetti, ad andar giù duri, come se fossimo Berlusconi, anzi peggio. È proprio vero, non c è più religione. Questi probabilmente i cattivi pensieri del professor Monti tra una chiacchiera e l altra durante il noiosissimo meeting di ricconi, sapientoni e superficialoni in Idaho. E c è da capirlo, il professore, visto come vanno le cose.

Come stiamo vedendo da mesi, non è con governi tecnocratici, con politiche economiche recessive o aspettando l Europa che se ne viene fuori. Meglio fare da soli, non uscendo dall euro, ma diventando finalmente virtuosi in politica e in economia. Credibilità e, dunque, sovranità, necessarie per cambiare gli attuali equilibri nell Unione. SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI 3 Anche se il professor Monti, il senatore Monti, il presidente Monti ha torto perché, a ben vedere, il ricatto degli spread e le cattiverie delle agenzie di rating possono paradossalmente diventare per l Italia una grande occasione. La crisi della nostra economia, ma anche della nostra democrazia, ci dà almeno questa opportunità: guardare i nostri mali con spietata lucidità e assumerci le nostre responsabilità. A fronte di un Unione europea sorda, miope, egoista a cui, in questa fase, non si può chiedere di più.

4 A questo punto c è un solo modo per scongiurare l incertezza e l ingovernabilità e per avere un Italia credibile in Europa e sui mercati internazionali: dare un doppio fortissimo segnale: verticalizzare la governance, eleggendo direttamente il Presidente della Repubblica, assicurando una guida stabile e democraticamente legittimata alla politica italiana. E attaccare il debito: la vera grande anomalia e debolezza dell Italia. Due facce della stessa medaglia.

5 Il fine settimana del 6 maggio scorso ci ha posti davanti a un grande bivio: se somigliare di più alla Grecia, dove non si è riusciti a costituire una maggioranza parlamentare che sostenesse il governo e si son dovute indire nuove elezioni, oppure alla Francia, dove il presidente François Hollande si è insediato il giorno dopo le elezioni ed è subito volato in Germania in visita ufficiale dalla cancelliera Angela Merkel e si è subito messo alla guida non solo del suo Paese, ma anche degli Stati europei che vogliono un mutamento di governance a livello di Unione per mettere al sicuro la moneta unica.

6 Nella primavera del 2013 si determinerà nel nostro Paese una straordinaria coincidenza: la scadenza della legislatura e la scadenza del mandato del presidente della Repubblica. È un occasione storica per mettere i cittadini nelle condizioni di poter scegliere direttamente chi li governa: i parlamentari, il governo e il presidente della Repubblica. La domanda che responsabilmente ci dobbiamo porre tutti è questa: vogliamo che siano i partiti, con accordi oscuri e incontrollati, a scegliere il prossimo Capo dello Stato, o vogliamo che siano gli elettori alla luce del sole, con un voto libero e democratico? E sulla base di una proposta programmatica, un agenda, chiara e inequivocabile?

Perché il problema non è avere un governo la sera delle elezioni: il problema è evitare che una minoranza lo faccia cadere a proprio piacimento qualche mese dopo. SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI 7 In Italia, dal 1948 ad oggi non c è mai stato, e non c è tuttora, alcun sistema per punire chi fa cadere i governi. Nella prima Repubblica questa situazione è stata tollerata perché i governi erano fatti dai partiti, ma dal 1994 non è più così e sono i cittadini a decidere da chi vogliono essere governati. Ribaltoni e ribaltini sono perciò un tradimento politico della volontà popolare, senza sanzione per i traditori. Nessuna riforma costituzionale ha senso se non scongiura questo rischio. Anche la legge elettorale da sola non serve a nulla.

8 Un presidente eletto dai cittadini ha il potere e la legittimazione di sanzionare chi, nel parlamento, lavora per creare instabilità e trarne vantaggi politici. Un presidente eletto ha la legittimazione politica di sciogliere le camere e costringere chi ordisce imboscate a darne conto agli elettori. Un presidente eletto ha la legittimazione politica per progettare il futuro. Nei momenti di crisi, il presidente della Repubblica non è più solo un notaio, ma il garante della continuità istituzionale e della stabilità dell indirizzo politico-democratico. Perché i partiti dovrebbero essere più bravi dei cittadini a scegliere il capo dello Stato? È questa la domanda cui deve rispondere chi è contrario al presidenzialismo.

9 Con il sistema attuale, oggi nemmeno Monti potrebbe ottenere un giudizio degli elettori sul suo governo, perché non c è un elezione diretta cui potrebbe presentarsi. Nell attuale assetto istituzionale i cittadini possono scegliere il proprio sindaco, il proprio presidente di Provincia e il proprio presidente della Regione. Non c è motivo per cui non abbiano diritto di scegliere il proprio presidente della Repubblica. L unico (inconfessabile) motivo è che i partiti vogliono conservare il potere di nominare il capo dello Stato per fare i propri accordi sottobanco e dividersi le poltrone.

10 Non c è da stupirsi allora dell aumento dell astensione e del voto di protesta. È quando le istituzioni sono deboli e instabili che vince l antipolitica, mentre ciò non accade quando le istituzioni sono democraticamente legittimate e hanno un effettivo potere di realizzare le promesse elettorali. Da quale parte vogliamo stare? L Italia ha bisogno di una riforma elettorale che rafforzi il bipartitismo e la stabilità dei governi. Una legge elettorale che ottimizzi crescita e benessere, riduca l intollerabile frammentazione politica, renda la politica comprensibile e trasparente.

11 Ormai è fin troppo chiaro: la capacità delle istituzioni di governo di agire efficacemente, e nel contempo di garantire stabilità per produrre, appunto, più benessere e più crescita, è inesorabilmente limitata dai quotidiani distinguo che nascono dai conflitti intra-governativi di esecutivi di coalizione, al loro interno variamente frammentati. Era così nella consociazione "parlamentare" della prima Repubblica, così è rimasto, purtroppo, nella consociazione "di coalizione" della seconda. La composizione dei governi, la durata e la stabilità degli stessi, le larghe ed eterogenee coalizioni, i gruppi di interesse che le sostengono e, appunto, i conflitti che nascono al loro interno, sono le variabili che determinano, nei fatti, sempre e comunque più spesa pubblica e, quindi, più deficit, più debito.

12 Determinano, cioè, una distorsione nella distribuzione delle risorse rispetto a quella che sarebbe generata da un sistema politico bipartitico, il quale garantisce maggiore efficienza, intesa come capacità di ridurre al minimo gli attriti e le frizioni, che rallentano il perseguimento di uno specifico obiettivo. In altri termini, nei sistemi multipartitici, il bilancio pubblico viene utilizzato, sotto forma di alta pressione fiscale e/o alto indebitamento, più al fine di assorbire i conflitti all interno delle coalizioni di governo, che per produrre beni e servizi per lo sviluppo. La teoria economica, a tal proposito, è incontrovertibile.

13 Partendo dalla considerazione che i sistemi elettorali influenzano la politica economica, e in modo particolare quella fiscale, si arriva a sostenere, in maniera, appunto, inconfutabile, che i sistemi elettorali proporzionali (nelle loro infinite varianti) rendono più facile l'aumento del numero dei partiti, e l alta frammentazione politica, e per questo finiscono inevitabilmente per potenziare conflitti intragovernativi, che inducono ad una maggiore (e inefficiente) spesa pubblica e, quindi, deficit, debito e alta pressione fiscale, con la variante italica di conseguente alta evasione ed economia sommersa e illegale.

Insomma, in ogni sistema bipartitico, l arena politica mostra opzioni chiare, e altrettanto chiare funzioni obiettivo. E i risultati sono facilmente misurabili: chi sbaglia paga e va a casa. SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI 14 Di contro, i sistemi maggioritari, meglio ancora se bipartitici, sono sostenuti da elettori che non possono facilmente discriminare tra differenti opzioni politiche all interno dei governi, o tra le specificità, anche ideologiche, dei partiti all interno di vaste coalizioni; quindi, l unico conflitto che può nascere è quello con l opposizione, con il risultato, di un più forte controllo sulla spesa pubblica (e, quindi, sul deficit, sul debito, sulla pressione fiscale). Il partito al governo che aumenta deficit, debito e pressione fiscale, rallentando così la crescita e il benessere, inevitabilmente alle elezioni viene sanzionato dagli elettori.

15 Da questo deriva che i governi eletti in democrazie con sistemi maggioritari/bipartitici tendono a tagliare le tasse, ma anche la spesa pubblica, in modo particolare durante gli anni elettorali. Mentre nelle democrazie con rappresentanza proporzionale l evidenza empirica registra tagli alle tasse meno pronunciati e non registra tagli alla spesa pubblica. Questo perché il nesso tra il potere di controllo degli elettori e la rappresentanza politica è molto più diretto nei sistemi bipartitici rispetto a quelli proporzionali.

16 Un sistema semipresidenziale può rafforzare questa tendenza nei sistemi maggioritari, soprattutto là dove, come in Italia, la tradizione è quella della patologica frammentazione. Il Presidente eletto, infatti, è garante della maggiore stabilità e continuità politica, garantisce che il mandato elettorale non sia tradito, e che il Parlamento sia sciolto nel caso in cui si determinino pratiche trasformistiche e tentativi di costruire nuove e diverse maggioranze rispetto al responso delle urne. Cosa suggerisce, dunque, la letteratura economica a proposito delle conseguenze sulla spesa pubblica e sulla politica fiscale in presenza di forme di governo e sistemi elettorali diversi?

17 Le forme di governo, e ancor di più le leggi elettorali, rafforzano o indeboliscono il potere di controllo (accountability) che gli elettori hanno sui rappresentati politici eletti. Il grado di controllo, a sua volta, condiziona le performance economiche con risultati opposti in termini di finanza pubblica. In particolare, i sistemi bipartitici rafforzano questo nesso tra elettore e obiettivi di corretta gestione della finanza pubblica. Un governo sostenuto da un solo partito produce meno dispersione di risorse nello scambio politico con la propria base elettorale. Tutto ciò si traduce in minore spesa pubblica, minore pressione fiscale, minore deficit pubblico, minore debito pubblico. L evidenza dei dati a proposito è significativa e quantitativamente importante.

18 Se ciò non bastasse, i sistemi bipartitici introducono l idea che le elezioni siano una competizione nella quale la lista delle cose da fare è già scritta prima del voto e che i partiti non siano dei semplici delegati, ma soggetti chiamati ad operare sintesi prima delle elezioni. Sintesi definite nei programmi di governo e incarnate dalle personalità dei leader che si assumono la responsabilità della loro realizzazione; sintesi sulle quali gli elettori si pronunciano dentro le urne, assegnando una maggioranza solida al progetto che li convince di più.

Nel nostro caso, in questa particolare congiuntura, con il ricatto continuo dei mercati attraverso gli spread, un agenda che riguardi in particolare l attuazione del presidenzialismo e le leggi di politica economica previste nell ambito del semestre europeo, quale il Documento di Economia e Finanza (DEF), che comprende il Programma di Stabilità (PdS) e il Programma Nazionale di Riforma (PNR): i nostri impegni nei confronti dell Europa. L esatto contrario dell incertezza e dell ingovernabilità temute da Monti. SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI 19 I programmi elettorali dovranno diventare così le agende competitive, quanto alle riforme costituzionali e quanto agli impegni dell esecutivo e del parlamento. Agende che contengano le diverse visioni di architettura dello Stato e disegni di legge già pronti per essere incardinati, con relative scadenze di approvazione e, quindi, di realizzazione dei contenuti.

20 In questa agenda, centrale dovrà essere una rivoluzionaria strategia di lungo periodo di riduzione strutturale dello stock del debito pubblico, anticipando e spiazzando in termini di credibilità il Fiscal Compact, cioè il patto europeo (che stiamo approvando in questi giorni) che prevede la riduzione di un ventesimo ogni anno della quota di debito pubblico che eccede il limite massimo del 60% del rapporto debito/pil. Con l attacco al debito si dovrebbe arrivare, già alla fine del prossimo quinquennio, sotto il 100% del PIL, grazie al combinato disposto di alienazione del patrimonio pubblico per 25-30 miliardi l anno (tra l 1,5% e il 2% del PIL), avanzi primari significativi ma sopportabili e finalmente tassi di crescita reali tra l 1 e il 2%.

21 Obiettivo: aumentare l efficienza, la produttività, la competitività dell economia italiana; ridurre il peso dello Stato; liberare risorse oggi patologicamente impiegate per il servizio del debito. Vendita del patrimonio pubblico immobiliare, al centro come in periferia, liberalizzazioni e privatizzazioni delle public utilities, riduzione del peso delle industrie pubbliche, sdemanializzazione nel territorio, emersione del sommerso, per trasformare il capitale morto, come direbbe l economista peruviano Hernando De Soto, in capitale vivo. Il tutto per avere lo spazio necessario e sufficiente per ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese di almeno 5 punti, per riportarla sotto il 40%, dall insopportabile 45% attuale, innescando così il circuito virtuoso meno debito-meno tasse-più crescita.

L operazione nel suo complesso (presidenzialismo, e riduzione strutturale del debito pubblico) ha in sé tutta la forza, tutta l etica, di una vera rivoluzione: si avvia finalmente un meccanismo positivo di modernizzazione del Paese che ci consente di essere europei a 360 gradi e che i mercati non potrebbero non apprezzare, sia da un punto di vista finanziario sia da un punto di vista di credibilità politicoistituzionale. SOLO COL SEMIPRESIDENZIALISMO SI SFUGGE AI RICATTI 22 Il presidenzialismo, dunque, come verticalizzazione democratica e non tecnocratica della governance; e l attacco al debito, come valorizzazione di mercato della dimensione orizzontale diffusa degli interessi dei territori e delle imprese: una vera e propria guerra di liberazione dalla cattiva politica, dalle cattive rendite di posizione clientelari, sindacali, corporative, dai monopoli, dai poteri forti.

23 Un grande, decisivo investimento collettivo nel senso di dare certezze, agli italiani innanzitutto, ai nostri severi (ed egoisti) partners europei, ai mercati, per tirare fuori il Paese dalla crisi, dal pessimismo, dall autolesionismo, dai suoi errori e dalle sue strutturali inefficienze: debito e cattiva politica. Appunto. In questo senso il ricatto degli spread può paradossalmente diventare una grande occasione non solo per l Italia, ma anche per tutte quelle forze politiche e sociali che se ne faranno interpreti.