RELAZIONE TECNICA VinCa



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REGIONE SICILIANA COMUNE DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO PROVINCIA DI TRAPANI VALUTAZIONE D INCIDENZA AMBIENTALE OGGETTO: Studio d Incidenza Ambientale ai sensi dell art.5 del D.P.R. n 120 del 12/03/2003 e s.m.i. del vigente PRG approvato con D.Dirt. 616/DRU del 09/06/2004. TAV. 1 RELAZIONE TECNICA VinCa NAVARRA Dr. DOMENICO AGRONOMO (Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali n. 468)

1 INDICE: PREMESSA. Pag.3 1. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO Pag.5 2. QUADRO DI RIFERIMENTO METODOLOGICO Pag.6 3. GESTIONE DEI SITI D IMPORTANZA COMUNITARIA Pag.8 4. INQUADRAMENTO PROGRAMMATICO Pag.9 5. PIANIFICAZIONE TERRITORIALE NELLA REGIONE SICILIA Pag.9 6. CARATTERISTICHE GENERALI DEL TERRITORIO DI RIFERIMENTO Pag.18 7. DESCRIZIONE DEL QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE- CARATTERISTICHE DEI SITI DI RETE NATURA 2000 8. INCIDENZA E DESCRIZIONE DEI SINGOLI HABITAT SULLE Z.T.O.- CARATTERISTICHE DEI SITI NATURA 2000 SIC ZPS 9. PIANO REGOLATORE GENERALE, VARIANTE ALLE NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE (Del. di Consiglio Comunale n 47 del 04.12.2008) Pag.42 Pag.46 Pag.60 10. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI DERIVANTI DAL P.R.G. VIGENTE SUGLI OBIETTIVI DI CONSERVAZIONE DEI SITI Pag.84 11. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DELLE MISURE DI MITIGAZIONE Pag.86 12. ATTESTAZIONE DI NON SIGNIFICATIVITA Pag.88 13. NORMATIVA AMBIENTALE DI RIFERIMENTO Pag.89

2 ELENCO ELABORATI: TAV.1 RELAZIONE TECNICA VinCa. TAV.1.1 INFORMAZIONI STATISTICHE. TAV.2 FORMULARI SITI NATURA 2000. TAV.3 RAPPORTO FOTOGRAFICO SITI NATURA 2000. TAV.4.1 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000. TAV.4.2 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000. TAV.4.3 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000. TAV.5.1 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.5.2 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.5.3 SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.6.1 SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.6.2 SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.6.3 SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.7.1 SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.7.2 SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.7.3 SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.8.1 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000. TAV.8.2 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000. TAV.8.3 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000. TAV.9.1 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.9.2 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.9.3 ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.10.1 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.10.2 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.10.3 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO. TAV.11.1 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO TAV.11.2 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO TAV.11.3 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO

3 PREMESSA Il presente documento costituisce la Relazione per lo Studio d Incidenza Ambientale relativamente al particolare scenario territoriale ed ambientale caratterizzante l ambito geografico di riferimento, il territorio del Comune di Castellammare del Golfo, interessato dalla presenza dei Siti Natura 2000: il Sito ZPS ITA 010029 Monte Cofano, Capo San Vito e Monte Sparagio, il Sito SIC ITA 010008 Complesso Monte Bosco e Scorace, il Sito SIC ITA 010015 Complesso dei Monti di Castellammare del Golfo e dal Sito SIC ITA 010017 Capo S.Vito, M.Monaco, Zingaro, Faraglioni di Scopello e M.Sparacio, redatta conformemente ai contenuti di cui alle norme regolamentari e attuative sulle zone SIC e ZPS interne ai confini comunali o immediatamente confinanti con lo stesso. Nel caso in esame dello Studio d Incidenza Ambientale del vigente Piano Regolatore Generale del Comune di Castellammare del Golfo finalizzato ad ottemperare alla prescrizione del decreto di approvazione 616/DRU del 09/06/2004, si vuole approfondire una peculiare analisi territoriale, volta ad un esame dello stato attuale del territorio, attraverso la valutazione delle varie componenti biotiche ed abiotiche, nonché la valutazione della particolare situazione ambientale, connessa ad una ottimizzazione e definizione della presenza antropica sul territorio. Nella presente analisi, condotta dal sottoscritto Dott. Agronomo Navarra Domenico, iscritto all Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Prov. di Trapani al n 468, si metteranno in evidenza e si analizzeranno gli effetti e le probabili conseguenze che le attuazioni del P.R.G. vigente possono avere sui siti Natura 2000 che incidono in modo importante sul territorio comunale, quale in questo caso il Sito SIC ITA 010015 Complesso dei Monti di Castellammare del Golfo per Ha 2.405,47, il Sito ZPS ITA 010029 Monte Cofano, Capo San Vito e Monte Sparacio per Ha 6.079,04, il Sito SIC ITA 010008 Complesso Monte Bosco e Scorace per Ha 99,66 e dal Sito SIC ITA 010017 Capo S. Vito, M. Monaco, Zingaro, Faraglioni di Scopello e M. Sparacio per Ha 677,81. Al fine di garantire un adeguato livello di tutela per le aree ad elevato interesse ambientale, la normativa italiana prevede specifiche disposizioni per la valutazione degli effetti di un piano o progetto sulle aree suddette. Il DPR 357/1997 (modificato dal DPR 120/2003), in attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE Habitat relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche, prescrive infatti all art. 5 che debbano essere soggetti ad

4 una procedura di valutazione dell incidenza potenziale sulle aree naturali di importanza comunitaria i Piani o i Progetti che possano avere, anche solo per vicinanza alle aree suddette, incidenze significative sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat in esse presenti. Tali aree sono i proposti siti di importanza comunitaria (SIC), le zone speciali di conservazione (ZSC) e, sulla base dell art. 6 dello stesso DPR, le zone di protezione speciale (ZPS) designate in applicazione della direttiva 79/409/CEE. Il legislatore da indicazioni anche sui contenuti della valutazione di incidenza (DPR 357/1997, All. G). Caratteristiche dei piani e progetti: Le caratteristiche dei Piani e Progetti debbono essere descritte con particolare riferimento ai seguenti aspetti: - tipologie delle azioni e delle opere; - dimensioni e/o ambito di riferimento; - complementarietà con altri piani e/o progetti; - uso delle risorse naturali; - produzione di rifiuti; - inquinamento e disturbi ambientali; - dati dimensionali degli interventi; - indicazioni derivanti dagli strumenti di pianificazione; - alterazioni sulle componenti ambientali derivanti dai progetti puntuali del P.R.G. (escavazioni, deposito materiali, dragaggi.); - utilizzo delle risorse; - viabilità del piano; - effetti combinati con altri derivati da diversi piani o progetti. Area vasta di influenza dei piani e progetti - interferenze con il sistema ambientale: Le interferenze di Piani e Progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando: - componenti abiotiche; - componenti biotiche; - connessioni ecologiche. Lo studio di tipo ambientale in oggetto riguarda, pertanto, le attuazioni del P.R.G. vigente sulla conservazione di alcuni Habitat naturali individuati dalla Normativa Nazionale e Comunitaria, individuati col Decreto del Ministero dell Ambiente del 03.04.2000. Si cercherà quindi di verificare in modo adeguato ed attento le eventuali perturbazioni che il suddetto P.R.G. vigente potrebbe causare con l eventuale

5 alterazione diretta o indiretta a carico degli ecosistemi naturali e degli Habitat presenti nei siti SIC e ZPS. Si fa presente che lo Studio in Oggetto tiene in considerazione la Delibera G.M. n 65 del 30.03.2010 che norma e prevede una fascia di territorio esterno alla perimetrazione dei SIC e della ZPS per 200 m, da considerarsi a tutti gli effetti fascia di rispetto per i Siti Natura 2000, come si può evincere pure dalle Tavole cartografiche di dettaglio allegate alla presente relazione. Tale fascia ha il compito e l utilità di fare da zona cuscinetto tra il territorio comunale interessato dai Siti Natura 2000 oggetto dello Studio D incidenza Ambientale e la restante parte di Territorio non interessato dai Siti natura 2000 ma non per questo libero da ogni sorta di controllo e laddove necessario di elementi di mitigazione. 1. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO Nel presente paragrafo verrà riportata una breve descrizione delle normative comunitarie, nazionali e regionali di maggiore interesse per la redazione del presente studio. Normative comunitarie: 79/409/CEE del 2 aprile 1979 Concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Prevede una serie di azioni per la conservazione di numerose specie di uccelli, indicate negli allegati della Direttiva stessa, e l'individuazione da parte degli Stati membri dell'unione di aree da destinarsi alla loro conservazione, le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS). 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", comunemente denominata Direttiva "Habitat". Tale direttiva istituisce la Rete Natura 2000, costituita ai sensi dell art.3 dalle zone ZSC e ZPS. Attualmente è composta da ZPS della 79/409 e SIC. Per la salvaguardia di tali zone si fa obbligo di redigere una Valutazione di incidenza (art.6) per le ZSC, ZPS (art.7), SIC e p-sic (art.5 357/97). La Rete Natura 2000 è composta quindi da aree destinate alla conservazione della biodiversità biologica presente nel territorio dell UE ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della direttiva HABITAT, incluse negli allegati A, B, D, E del DPR 357/97, e allegato I della direttiva UCCELLI. L'obiettivo della Direttiva è però più vasto della sola creazione della rete, avendo come scopo dichiarato di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione non solo all'interno delle aree che costituiscono la rete Natura

6 2000 ma anche con misure di tutela diretta delle specie la cui conservazione è considerata un interesse comune di tutta l'unione. Normative nazionali: DPR 357/1997: Regolamento recante attuazione della direttiva n.92/43/cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Il DPR 357/1997 (modificato dal DPR 120/2003), in attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE Habitat relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche, prescrive infatti all art. 5 che debbano essere soggetti ad una procedura di valutazione dell incidenza potenziale sulle aree naturali di importanza comunitaria i piani o i progetti che possano avere, anche solo per vicinanza alle aree suddette, incidenze significative sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat da salvaguardare, elencati negli allegati A,B,D,E del medesimo DPR. Le aree Natura 2000 sottoposta a tutela dalla procedura di Valutazione di Incidenza sono i proposti siti di importanza comunitaria (SIC), le zone speciali di conservazione (ZSC) e, sulla base dell art.6 dello stesso DPR, le zone di protezione speciale (ZPS) designate in applicazione della direttiva 79/409/CEE. Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 Norme in Materia Ambientale. Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4 Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale. Normative regionali: Circolare Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana 23 gennaio 2004: DPR 357/97 e s.m.i. art. 5 Valutazione di incidenza commi 1 e 2. Deliberazione della Giunta di Governo n. 200/2009 in attuazione dell art. 59 della L.R. 6/2009. 2. QUADRO DI RIFERIMENTO METODOLOGICO. La Valutazione viene elaborata secondo quanto prescritto nel D.P.R. 12/03/03 n. 120 e secondo la Guida metodologica alle disposizioni dell articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva Habitat 92/43/CEE per la Valutazione di piani e progetti aventi un incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000. L approccio metodologico e l articolazione indicati da quest ultimo documento rappresenta un capitolato flessibile e adattabile, nelle fasi e nei contenuti, alla tipologia di piano/progetto e alle situazioni locali di riferimento. Pertanto si è cercato di ottemperare in maniera

7 puntuale ed esaustiva alle prescrizioni di cui ai decreti nazionale e regionale che prescrivono un indice di contenuti della Valutazione, che naturalmente è stato adattato alle condizioni locali e alla tipologia del progetto e si è articolato il documento sulla scorta della Guida comunitaria, ponendo particolare enfasi ai siti della Rete Natura 2000. Il metodo utilizzato ha seguito il flusso logico delle azioni previsto dalla Guida comunitaria, che è il seguente: FASE DI SCREENING. Rappresenta la prima fase o primo livello della valutazione d incidenza. Mediante tale processo si perviene a determinare le potenziali implicazioni del progetto sul sito di Natura 2000 valutando anche il grado si significatività di tali incidenze, distinguendone la rilevanza o meno. Quanto riportato nei precedenti capitoli e nel presente, rappresenta le varie fasi dello schema di screening. In coda alla presente saranno riportati i risultati conseguenti individuati da una serie di parametri indicatori del grado di perturbazione o di degrado del progetto sul sito di Natura 2000. Una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento alla tipologia delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o progetti, all uso delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti,all inquinamento e al disturbo ambientale, al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate. ALTERAZIONI DIRETTE SULLE RISORSE AMBIENTALI INDOTTE DALL OPERA. Un analisi delle interferenze del piano o del progetto col sistema ambientale di riferimento, che tenga in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche. Le risorse ambientali che vanno considerate in quanto potenzialmente interessate dalla realizzazione degli interventi sopra specificati sono le seguenti: - inquinamento di acque; - inquinamento dell aria; - inquinamento del suolo; - occupazione di suolo. Tale valutazione interessa sia la fase di esercizio dell opera che la fase di realizzazione. Il percorso metodologico di costruzione dello Studio di Incidenza individua i seguenti quattro passaggi essenziali: 1. Previsione del tipo e della significatività degli impatti potenziali sulla flora e sulla fauna del sito della rete Natura 2000;

8 2. Individuazione delle possibili soluzioni alternative; 3. Descrizione delle misure di mitigazione volte a minimizzare o impedire l impatto previsto; 4. Definizione di un programma di monitoraggio contenente: Indicazioni precise in merito alle componenti del sito da monitorare; Frequenza di monitoraggio; Soggetti responsabili dell esecuzione. Scopo dello Studio di Incidenza è la determinazione dei possibili impatti negativi sugli Habitat e le specie animali e vegetali per i quali il sito è stato individuato a seguito di determinate iniziative d intervento e trasformazione del territorio. 3. GESTIONE DEI SITI D IMPORTANZA COMUNITARIA La salvaguardia ed il miglioramento della qualità dell ambiente naturale, attuati anche attraverso la conservazione degli Habitat, della flora e della fauna selvatica, costituiscono un obiettivo di primario interesse perseguito dall Unione Europea. La creazione della rete europea Natura 2000, in attuazione della Direttiva 92/43/CEE Habitat, ha rappresentato uno dei momenti di maggiore impulso per le Politiche nazionali e regionali di conservazione della natura attraverso la salvaguardia ed il miglioramento degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatiche. La creazione di Natura 2000 e stata anche l occasione per sfruttare una rete di referenti scientifici di supporto per Amministrazioni regionali e coordinati dal Ministero dell Ambiente in collaborazione con le Associazioni scientifiche italiane di eccellenza. Dalla realizzazione delle checklist delle specie, alla descrizione della trama vegetazionale del territorio, alla realizzazione di banche dati sulla distribuzione delle specie all avvio di progetti di monitoraggio sul patrimonio naturalistico, alla realizzazione di pubblicazioni e contributi scientifici e divulgativi. La Rete Natura 2000 ha rappresentato, quindi, uno stimolo e costituisce una sfida per rendere concrete forme di sviluppo sostenibile conferendo un ruolo di protagonisti alla Comunità locali. In base a quanto previsto dalla Direttiva Habitat, la conservazione della biodiversità è realizzata tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali nonché delle peculiarità regionali. Scopo dello studio di incidenza è la determinazione dei possibili impatti negativi sugli habitat e le specie animali e vegetali per i quali il sito è stato individuato a seguito di determinate iniziative d intervento e trasformazione del territorio. La rete Natura 2000 ha rappresentato dunque uno stimolo e costituisce una sfida per rendere concrete forme di sviluppo sostenibile conferendo un ruolo di protagonisti alle comunità locali.

9 4. INQUADRAMENTO PROGRAMMATICO Iniziative di conservazione in programma o previste che possono incidere sullo stato del sito. Tra le iniziative di conservazione in programma, o previste, che possono incidere sullo stato del sito sono attualmente presenti in Sicilia diversi strumenti attorno a cui ruota la pianificazione territoriale. La coerenza esterna del Piano Regolatore Generale di che trattasi rispetto alla pianificazione territoriale è attuata attraverso un metodo che considera e integra al proprio interno i vincoli pianificatori. Tale approccio costituisce uno strumento appropriato per la ricerca di ipotesi localizzative coerenti con la pianificazione territoriale e di settore di livello regionale o locale. La coerenza esterna del progetto non significa assenza di interferenze dell area di studio, a livello attuativo, con aree soggette a vincoli e tutele. Si demanda al livello progettuale la funzione di risolvere e minimizzare le interferenze residue attraverso valutazione di incidenza ecologica appropriata. 5. PIANIFICAZIONE TERRITORIALE NELLA REGIONE SICILIA - Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR). L importanza del Piano Territoriale Paesistico Regionale,approvato con D.A. n 6080 de 21 Maggio 1999, discende direttamente dai valori paesistici e ambientali da proteggere, che, soprattutto in Sicilia, mettono in evidenza l intima fusione tra patrimonio naturale e patrimonio culturale e l interazione storica delle azioni antropiche e dei processi naturali nell evoluzione continua del paesaggio. Tale evidenza suggerisce una concezione ampia e comprensiva del paesaggio in nessun modo riducibile al mero dato percettivo o alla valenza ecologico - naturalistica, arbitrariamente staccata dai processi storici di elaborazione e trasformazione antropica. Una concezione che integra la dimensione oggettiva con quella soggettiva del paesaggio, conferendo rilevanza cruciale ai suoi rapporti di distinzione e interazione con l ambiente ed il territorio. Sullo sfondo di tale concezione ed in armonia, quindi, con gli orientamenti scientifici e culturali che maturano nella società contemporanea e che trovano riscontro nelle esperienze europee, il Piano Territoriale Paesistico Regionale persegue fondamentalmente i seguenti obiettivi: a) la stabilizzazione ecologica del contesto ambientale regionale, la difesa del suolo e della bio-diversità, con particolare attenzione per le situazioni di rischio e di criticità; b) la valorizzazione dell identità e della peculiarità del paesaggio regionale, sia nel suo insieme unitario che nelle sue diverse specifiche configurazioni;

10 c) il miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio ambientale regionale, sia per le attuali che per le future generazioni. Tali obiettivi sono interconnessi e richiedono, per essere efficacemente perseguiti, il rafforzamento degli strumenti di governo con i quali la Regione e gli altri soggetti istituzionali possono guidare o influenzare i processi di conservazione e trasformazione del paesaggio in coerenza con le sue regole costitutive e con le capacità di autoregolazione e rigenerazione del contesto ambientale. A tal fine il piano deve perciò associare alla capacità di indirizzo e direttiva, anche la capacità di prescrivere, con vincoli, limitazioni e condizionamenti immediatamente operanti nei confronti dei referenti istituzionali e dei singoli operatori, le indispensabili azioni di salvaguardia. L integrazione di azioni essenzialmente difensive con quelle di promozione e di intervento attivo è definita a due livelli: 1) quello regionale, per il quale le Linee Guida, corredate da cartografie in scala 1:250000, daranno le prime essenziali determinazioni; 2) quello sub-regionale o locale, per il quale gli ulteriori sviluppi (corredati da cartografie in scala 1:50000, 1:25000 e 1:10000) sono destinati a fornire più specifiche determinazioni, che potranno retroagire sulle precedenti. Il perseguimento degli obiettivi assunti (stabilizzazione ecologica, valorizzazione dell identità, miglioramento della fruibilità sociale) comporta il superamento di alcune tradizionali opposizioni: a) quella, in primo luogo, che, staccando i beni culturali ed ambientali dal loro contesto, porterebbe ad accettare una spartizione del territorio tra poche isole di pregio soggette a tutela rigorosa e la più ben vasta parte restante, sostanzialmente sottratta ad ogni salvaguardia ambientale e culturale, una spartizione non soltanto inaccettabile sotto il profilo politico-culturale ma che, nella concreta realtà siciliana (peraltro in armonia con quanto ormai ampiamente riconosciuto a livello internazionale) condannerebbe all insuccesso le stesse azioni di tutela; b) quella, in secondo luogo, che, staccando le strategie di tutela da quelle di sviluppo (o limitandosi a verificare la compatibilità delle seconde rispetto alle prime), ridurrebbe la salvaguardia ambientale e culturale ad un mero e- lenco di vincoli, svuotandola di ogni contenuto programmatico e propositivo: uno svuotamento che impedirebbe di contrastare efficacemente molte delle cause strutturali del degrado e dell impoverimento del patrimonio ambientale regionale; c) quella, in terzo luogo, che, separando la salvaguardia del patrimonio culturale da quella del patrimonio naturale, porterebbe ad ignorare o sotto-

11 valutare le interazioni storiche ed attuali tra processi sociali e processi naturali ed impedirebbe di cogliere molti aspetti essenziali e le stesse regole costitutive della identità paesistica ed ambientale regionale. Di conseguenza, una più efficace strategia di tutela paesistica - ambientale, orientata sugli obiettivi assunti, non può disgiungersi da una nuova strategia di sviluppo regionale, estesa all intero territorio e fondata sulla valorizzazione conservativa ed integrata dell eccezionale patrimonio di risorse naturali e culturali. Tale valorizzazione è infatti la condizione non soltanto per il consolidamento dell immagine e della capacità competitiva della regione nel contesto europeo e mediterraneo, ma anche per l innesco di processi di sviluppo endogeno dei sistemi locali, che consentano di uscire dalle logiche assistenzialistiche del passato. - Piano Straordinario per l Assetto Idrogeologico. Il PAI (Piano per l Assetto Idrogeologico), approvato con D.G.R.n 329 del 6 Dicembre 1999 e adottato con D.A.n 298/41 del 4 Luglio 2000, individua le aree caratterizzate da pericolosità idrogeologica significativa sia a carattere geomorfologico che idraulico. Nelle aree di pericolosità idraulica e di pericolosità da frana il PAI ha le finalità di: a) garantire nel territorio della Regione Sicilia adeguati livelli di sicurezza di fronte al verificarsi di eventi idrogeologici e tutelare quindi le attività umane, i beni economici ed il patrimonio ambientale e culturale esposti a potenziali danni; b) inibire attività ed interventi capaci di ostacolare il processo verso un adeguato assetto idrogeologico di tutti i bacini oggetto del piano; c) costituire condizioni di base per avviare azioni di riqualificazione degli ambienti fluviali e di riqualificazione naturalistica o strutturale dei versanti in dissesto; d) stabilire disposizioni generali per il controllo della pericolosità idrogeologica diffusa in aree non perimetrate direttamente dal piano; e) impedire l aumento delle situazioni di pericolo e delle condizioni di rischio idrogeologico esistenti alla data di approvazione del piano; f) evitare la creazione di nuove situazioni di rischio attraverso prescrizioni finalizzate a prevenire effetti negativi di attività antropiche sull equilibrio idrogeologico dato, rendendo compatibili gli usi attuali o programmati del territorio e delle risorse con le situazioni di pericolosità idraulica e da frana individuate dal piano;

12 g) rendere armonico il proprio inserimento nel quadro della legislazione, della programmazione e della pianificazione della Regione Sicilia attraverso opportune previsioni di coordinamento; h) offrire alla pianificazione regionale di protezione civile le informazioni necessarie sulle condizioni di rischio esistenti; i) individuare e sviluppare il sistema degli interventi per ridurre o eliminare le situazioni di pericolo e le condizioni di rischio, anche allo scopo di costituire il riferimento per i programmi triennali di attuazione del PAI; j) creare la base informativa indispensabile per le politiche e le iniziative regionali in materia di delocalizzazioni e di verifiche tecniche da condurre sul rischio specifico esistente a carico di infrastrutture, impianti o insediamenti. Sono, quindi, contenuti nel PAI: a) l individuazione e la delimitazione delle aree con pericolosità idraulica e con pericolosità da frana molto elevata, elevata, media e moderata; b) la rilevazione degli insediamenti, dei beni, degli interessi e delle attività vulnerabili nelle aree pericolose allo scopo di valutarne le specifiche condizioni di rischio; c) l individuazione e la delimitazione delle aree a rischio idraulico e a rischio da frana molto elevato, elevato, medio e moderato; d) le norme di attuazione orientate sia verso la disciplina di politiche di prevenzione nelle aree di pericolosità idrogeologica allo scopo di bloccare la nascita di nuove situazioni di rischio sia verso la disciplina del controllo delle situazioni di rischio esistenti nelle stesse aree pericolose allo scopo di non consentire l incremento del rischio specifico fino all eliminazione o alla riduzione delle condizioni di rischio attuali; e) lo sviluppo tipologico, la programmazione e la specificazione degli interventi di mitigazione dei rischi accertati o di motivata inevitabile rilocalizzazione di elementi a rischio più alto; f) nuove opere e misure non strutturali per la regolazione dei corsi d acqua del reticolo principale e secondario, per il controllo delle piene, per la migliore gestione degli invasi, puntando contestualmente alla valorizzazione della naturalità delle regioni fluviali; g) nuove opere e misure non strutturali per la sistemazione dei versanti dissestati e instabili privilegiando modalità di intervento finalizzate alla conservazione e al recupero delle caratteristiche naturali dei terreni; h) il tracciamento di programmi di manutenzione dei sistemi di difesa esistenti e di monitoraggio per controllare l evoluzione dei dissesti.

13 Il PAI contiene le disposizioni generali di indirizzo per il controllo degli usi del territorio nelle aree di pericolosità idrogeologica potenziale evidenziate nella cartografia di piano. Il PAI ha valore di piano territoriale di settore e, in quanto dispone con finalità di salvaguardia di persone, beni ed attività dai pericoli e dai rischi idrogeologici, prevale sui piani e programmi di settore di livello regionale ed infra-regionale. In particolare i vincoli di tutela e le prescrizioni d uso del PAI sono normalmente compatibili con la disciplina stabilita dalle direttive europee 79/409/CEE (direttiva uccelli) 92/43/CEE (Habitat) e dal DPR n. 357/97 (come modificato ed integrato dal DPR, n. 120/2003) per le zone di protezione speciale, per i siti di importanza comunitaria e per le zone speciali di conservazione. Nei casi in cui, tali zone, siano comprese in tutto o in parte in aree di pericolosità idrogeologica le opere previste dal PAI o dai programmi triennali di intervento sono assoggettate a valutazione di incidenza ove possiedano i caratteri indicati nell articolo 5, comma 3, del DPR n 357/1997, come sostituito dall articolo 6, comma 3, del D.P.R. 12-03-2003, n 120. Le opere previste dal PAI o dai programmi triennali di intervento, dirette alla tutela dell incolumità pubblica o di attività e beni di importanza strategica, in assenza di alternative tecniche, sono realizzate ai sensi dell articolo 5, commi 8 e 9, del DPR n 357/1997 (come sostituiti dall articolo 6, commi 9 e 10, del D.P.R. 12.3.2003, n 120) anche in caso di conclusione negativa della valutazione di incidenza. - Piano di Tutela delle Acque (PTA). Approvato con ordinanza n 333 del 24 dicembre 2008, contiene gli interventi volti a garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui agli artt. 76 e 77 del D.Lgs 152/2006. Il Piano contiene, inoltre, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico. - Piano di Gestione Acque del Distretto Idrografico della Sicilia (PDG). Il PDG, adottato con D.G.G.n 70 del 18 marzo 2010, è vigente in misura di salvaguardia. Il Piano di Gestione, previsto dalla Direttiva quadro sulle Acque, rappresenta lo strumento operativo attraverso il quale si devono pianificare, attuare e monitorare le misure per la protezione, il risanamento e il miglioramento dei corpi idrici superficiali e sotterranei e agevolare un utilizzo sostenibile delle risorse idriche.

14 - Piano Regionale di Coordinamento per la Tutela della Qualità dell aria (PRTQA). Approvato con Decreto Assessoriale n 176/GAB del 9 luglio 2007, il Piano Regionale di Coordinamento per la Tutela della Qualità dell Aria - Ambiente costituisce pertanto uno strumento organico di programmazione, coordinamento e controllo in materia di inquinamento atmosferico, finalizzato al miglioramento progressivo delle condizioni ambientali e alla salvaguardia della salute dell uomo e dell ambiente. - Piano Regionale dei Trasporti e della Mobilità (PRTM). Adottato con D.A.n 237/GAB del 16 dicembre 2002, il Piano Regionale dei Trasporti e della Mobilità costituisce lo strumento programmatorio regionale finalizzato ad orientare e coordinare le politiche di intervento nel settore dei trasporti, in coerenza con gli indirizzi di pianificazione socio-economica e territoriale della Regione ed a perseguire obiettivi di efficacia, efficienza, compatibilità ambientale e sicurezza del sistema dei trasporti. - Piano Energetico Ambientale Regione Siciliana (PEARS). Redatto con il fine di esporre i dati relativi alla produzione e all approvvigionamento delle fonti energetiche primarie, nonché quelli relativi all evoluzione e alle dinamiche del sistema energetico regionale, offrendo uno scenario temporale valido sino al 2012. Approvato con D.G.R.n 1 del 3 febbraio 2009, il Piano sviluppa il percorso metodologico indicato dalla politica regionale, individuando preliminarmente i punti strategici da perseguire, secondo principi di priorità, sulla base dei vincoli che il territorio e le sue strutture di governo, di produzione e l utenza pongono. -Piani di gestione della Rete Ecologica. La Rete Ecologica, quale infrastruttura naturale e ambientale che persegue il fine di interrelazionare ambiti territoriali dotati di un elevato valore naturalistico, è il luogo in cui meglio può esplicitarsi la strategia di coniugare la tutela e la conservazione delle risorse ambientali con uno sviluppo economico e sociale che utilizzi come esplicito vantaggio competitivo la qualità delle risorse stesse e rafforzi nel medio e lungo periodo l interesse delle comunità locali alla cura del territorio. Il concetto di rete ecologica ha introdotto una nuova concezione delle politiche di conservazione, affermando un passaggio qualitativo dalla conservazione di singole

15 specie o aree, alla conservazione della struttura degli ecosistemi presenti nel territorio. Tale passaggio si è reso necessario a fronte del progressivo degrado del territorio e del crescente impoverimento della diversità biologica e paesistica, causati dall accrescimento discontinuo e incontrollato delle attività antropiche e insediative. Questo approccio integrato che coniuga la conservazione della natura con la pianificazione territoriale e delle attività produttive trova esemplificazione nella strategia Paneuropea sulla diversità biologica e paesistica (Ecnc 1996) che assegna alla costruzione della rete Ecologica Paneuropea il valore di strumento per la conservazione della ricca diversità di paesaggi, ecosistemi, habitat e specie di rilevanza europea. La cornice di riferimento è quella della direttiva comunitaria Habitat 92/43, finalizzata all'individuazione di Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale (SIC e ZPS) a cui è affidato il compito di garantire la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie peculiari del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione. Tali aree concorrono alla costruzione di una rete di aree di grande valore biologico e naturalistico denominata Natura 2000. Obiettivo principale della direttiva Habitat e di Natura 2000, sottoinsieme rilevante della costituenda rete ecologica, è quello della conservazione della biodiversità come parte integrante dello sviluppo economico e sociale degli Stati membri. La nuova concezione delle politiche conservative, che mira alla conservazione della intera struttura ecosistemica del territorio, nasce dalla considerazione della insufficienza delle politiche conservative tradizionali a contrastare i processi di degrado del territorio e di crescente impoverimento della diversità biologica e paesistica. Infatti la tradizionale contrapposizione tra conservazione e sviluppo è oggi ricompresa in una concezione più articolata e complessa, riassunta nel concetto di sviluppo sostenibile. Ciò comporta la ricerca di strategie conservative fortemente territorializzate, in rapporto alle prospettive di sviluppo che concretamente si presentano nelle diverse aree territoriali. La ricerca di percorsi coevolutivi dei sistemi economici ed ecologici implica infatti la ricerca di forme innovative di interazione tra ambiente e società. In tal modo la questione ambientale si salda fortemente con i problemi della pianificazione territoriale. Al mantenimento della biodiversità è strettamente collegata la diminuzione del processo della frammentazione, che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali ed un aumento del loro isolamento in una matrice territoriale di origine antropica. Tra le principali cause di alterazione della struttura ecologica e paesistica sono da considerare i processi insediativi, moltiplicatisi negli ultimi decenni secondo un modello discontinuo. Da questo punto di vista la rete ecologica assume il valore di piano territoriale, che rimanda ad un sistema territoriale aperto, di relazione tra i diversi elementi biologici

16 e paesistici che lo costituiscono. Esigenza principale di tale sistema è quella della integrazione tra diverse scelte ed azioni di programmazione territoriale e della cooperazione tra vari enti e amministrazioni responsabili della gestione settoriale, ad una scala per cui responsabilità collettiva e individuale possano confrontarsi sugli obiettivi di tutela del capitale naturale ed ambientale e sulle istanze di sviluppo. L ampliamento di senso e di ruolo della rete ecologica verso reti ambientali capaci di integrare la conservazione delle risorse naturali e culturali e la loro fruizione con una attenta politica di valorizzazione, fornisce valore aggiunto alla rete stessa. In tal modo alle finalità classiche della conservazione e del pubblico godimento si viene ad associare quella della promozione dello sviluppo socioeconomico delle comunità locali, soprattutto in quelle aree in cui è stretto il rapporto tra problemi di tutela e problemi di sviluppo. Nonostante le differenze e la eterogeneità dei territori sottoposti a tutela e concorrenti alla formazione della rete, è possibile individuare nel processo della pianificazione dello sviluppo del territorio alcuni tratti comuni: una fase preliminare di raccolta di indicazioni, priorità, direttive e richieste alle quali con la costruzione della rete si deve rispondere attraverso l elaborazione di un documento programmatico, che costituisca la base di partenza per la concertazione tra i diversi soggetti istituzionali e per il coinvolgimento degli attori locali; una fase di elaborazione nella quale sviluppare le ricerche e definire le strategie di costruzione della rete; una fase applicativa nella quale maturano le intese e le iniziative congiunte. Per l attuazione della Rete Ecologica Siciliana, la Regione Siciliana, oltre all attenzione posta per tali ambiti d intervento nelle diverse politiche settoriali, ha messo a punto una strategia di programmazione mirata, dotandosi di strumenti specifici di intervento che hanno interessato in particolare la programmazione dei Fondi Strutturali nei quali si sono elaborate specifiche misure e strumenti di progettazione integrata territoriale e strategica. Sono state, inoltre, sviluppate, forti sinergie con i Progetti di sistema nazionali che concorrono alla realizzazione della Rete Ecologica Nazionale: APE (Appennino Parco d Europa), Itaca (Isole Minori),CIP (Coste Italiane Protette) e Infea (Programma Nazionale di Educazione Ambientale) e con le altre iniziative comunitarie e regionali che interessano tali ambiti di intervento. Le presenti linee guida vogliono essere un contributo tecnico-scientifico alla definizione di un quadro strategico di riferimento per l attuazione delle politiche regionali della Regione Siciliana per il soddisfacimento degli obiettivi di tutela, valorizzazione e sviluppo dei territori e delle comunità socioeconomiche nei contesti territoriali ad alta naturalità. Le linee guida costituiscono pertanto un documento di

17 riferimento tecnico-programmatico per avviare la realizzazione della Rete Ecologica nella Regione Siciliana, individuando gli indirizzi strategici, gli obiettivi operativi e gli strumenti per la attuazione di una strategia per la conservazione della biodiversità e per la promozione dello sviluppo sostenibile. Contengono inoltre i criteri per la attuazione degli interventi e la attivazione delle risorse finanziarie previste dal PSR Sicilia 2007-2013 e del relativo Complemento di Programma in materia di rete ecologica. PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE. - Piano Territoriale Paesaggistico dell Ambito 1 Area dei rilievi del trapanese. Il Piano, approvato con Decreto Assessoriale n 2286 del 20/10/2010, ha come obiettivo: la stabilizzazione ecologica del contesto ambientale, la difesa del suolo e della biodiversità con particolare attenzione per le situazioni di rischio e criticità, la valorizzazione dell identità e della peculiarità del paesaggio dell Ambito, sia nel suo insieme unitario che nelle sue diverse specifiche configurazioni, il miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio ambientale, sia per le attuali che per le future generazioni. - Il Piano territoriale provinciale. La pianificazione territoriale provinciale, normata dalla legge n 142/1990, ha assunto un ruolo assai importante, oltre che in campo urbanistico, anche per le funzioni di difesa del suolo, di tutela e valorizzazione dell'ambiente e del territorio, di prevenzione delle calamità, di valorizzazione dei beni culturali, di viabilità e di trasporti. Il servizio si occupa della predisposizione e della redazione del Piano Territoriale Provinciale di cui all'art.12 della L.R. n.9/86, i cui compiti sono per certi aspetti complementari a molti compiti di alcuni servizi di altri Settori relativamente alla rete delle principali vie di comunicazione stradale e ferroviarie ed alla localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovra-comunale. Il Servizio Pianificazione Territoriale si sta occupando della redazione del piano Territoriale Provinciale (PTP) e quindi, della programmazione e della pianificazione in campo territoriale e paesistico su area vasta, competenze attribuite dalla legislazione nazionale e regionale (D.Lgs. 267/2000). In particolare, attraverso lo strumento del Piano Territoriale di Coordinamento (PTP), attualmente ricompreso nel D.Lg.vo 267/2000, "Testo unico in materia di Enti locali", la Provincia così come espresso all art. 20, determina gli

18 indirizzi generali di assetto del territorio, in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, che riguardano: le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; le linee di intervento per la sistemazione idraulica, idrogeologica ed idraulico forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. 6. CARATTERISTICHE GENERALI DEL TERRITORIO DI RIFERIMENTO Il Comune di Castellammare del Golfo fa parte della Provincia di Trapani e occupa un territorio di circa 127,32 Kmq e secondo il censimento del 2011 conta 14.603 abitanti con una densità abitativa di 114,69 Ab/Kmq. Confina con i Comuni di Alcamo, Calatafimi-Segesta, Custonaci, San Vito lo Capo e Buseto Palizzolo. Nel dettaglio il territorio di Castellammare si inserisce in un contesto più ampio, quale quello provinciale dei Monti di Trapani. Caratteri morfologici: Assetto geomorfologico Nel territorio del comune di Castellammare del Golfo è possibile riconoscere paesaggi differenti ognuno contrassegnato da un ben specifico assetto geomorfologico. Aree costiere sub-pianeggianti, dove sono presenti più ordini di terrazzi marini, si affiancano ad aree montuose e collinari, caratterizzate da un assetto più articolato dovuto all azione di differenti processi morfogenitici. La fascia costiera comprende sia coste alte che litorali sabbiosi e si raccorda verso mare con un articolata piattaforma continentale. Orografia L orografia dell area è dominata dal massiccio di M. Inici; al centro si erge M. Inici stesso (1062 m) con le cime secondarie di Pizzo delle Niviere (1040 m), Cozzo Monaco (773 m), Pizzo Stagnone (803 m), Pizzo della Sella (672 m), poste nel settore nord-occidentale del complesso montuoso. Il massiccio di M. Inici è delimitato a nord-est dalla Piana di Fraginesi (che lo separa dalla propaggine sudorientale di M. Sparagio) e ad est dalla Piana di Castellammare.

19 Verso nord-ovest il territorio comunale di Castellammare del Golfo lambisce le falde orientali e meridionali della dorsale montuosa che si sviluppa lungo l intera penisola di Capo S. Vito ed, in particolare, il gruppo di M. Sparagio (1100 m) con le cime secondarie di M. Scardina (680 m), Portella di Baida (480 m) e Pizzo Giacolamaro (786 m). A sud, il versante meridionale di M. Sparagio si raccorda dolcemente con un complesso collinare contrassegnato dalla presenza di modesti rilievi isolati e arrotondati, le cui vette più significative sono date da Monte Le Curce (351 m), M. Susicchio (255 m), M. Ramalloro (404 m), M. Mantello (401 m), M. Comune (432 m), Pizzo Merio (404 m) e M. Erbe Bianche (530 m) e verso l interno da M. Bosco (624 m), dalla dorsale collinare M. Scorace (642 m) Rocche di Molarella (581 m) e dal rilievo basso collinare isolato di M. Abatello (462 m). Forme del rilievo Le aree montuose, collinari e di pianura costiera presentano assetti geomorfologici differenti in relazione alle condizioni geologico-strutturali. Nei tratti generali, infatti, la morfologia delle zone dove affiorano terreni lapidei è rappresentata da apprezzabili rilievi dai versanti molto acclivi, associati ad ampie fasce detritiche e valli strette e profonde; i principali processi geomorfologici che interessano questi terreni sono la disgregazione fisica e l erosione delle masse litoidi, con conseguenti frane di crollo e/o ribaltamento. I rilievi d M. Inici e Monte Sparagio, in particolare, dove affiorano rocce calcaree di piattaforma carbonatica, mostrano più ordini di superfici di spianamento che si sviluppano da 190 metri a 900 metri s.l.m.. Queste superfici sono limitate da scarpate originate dagli stessi processi di spianamento, oppure da scarpate e versanti di faglia/linea di faglia. L esistenza di rocce solubili ha altresì consentito lo sviluppo di un carsismo sia epigeo che ipogeo. Molto importante da un punto di vista naturalistico il sistema carsico dell Abisso dei Cocci che si sviluppa nel settore orientale del massiccio di M. Inici. La cavità presenta diversi ingressi posti a varie quote ed è nota per la presenza di profondi ed articolati pozzi. Nelle zone collinari e pedemontane, dove prevalgono i litotipi plastici, i versanti sono meno acclivi e mostrano morfosculture generate principalmente da processi franosi e di erosione accelerata. In tale contesto, uno dei principali processi morfodinamici è quello legato allo scorrimento delle acque libere ed all erosione e al trasporto solido delle acque incanalate. Nel dettaglio, il settore di Monte Le Curcie, Monte Bosco e M. Abatello, dove affiorano rocce marno-argillose e argillo-sabbiose, è contrassegnato da più cicli di glacis di

20 erosione in rocce tenere e da frequenti forme del rilievo riconducibili a processi fluviali, al dilavamento e a movimenti franosi superficiali. Le aree costiere orientali e il margine sud-orientale della dorsale montuosa della penisola di Capo S. Vito, dove si realizza la sovrapposizione tettonica delle rocce carbonatiche dell Unità Panormidi sui depositi argillo-marnosi delle Unità Trapanesi, sono, infine, caratterizzate da numerose forme del rilievo dovute a fenomeni di deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV) o a frane superficiali. Tali frane presentano, sovente, una prosecuzione sottomarina. Gli stessi Faraglioni di Scopello, pur se rimaneggiati dal moto ondoso, rappresentano dei grossi blocchi calcarei franati e accumulatisi al piede e la loro genesi non è quindi legata a processi morfologici ad opera delle correnti marine. In particolare, la costa NO dell abitato di Castellammare del Golfo si presenta molto frastagliata con piccole insenature e promontori. Nei tratti generali, si può concludere che in questo settore del territorio del Comune di Castellammare del Golfo i processi gravitativi rappresentano i principali agenti morfogenetici che hanno contribuito, e che contribuiscono tuttora, al modellamento del rilievo. Le aree costiere delle pianure di Castellammare del Golfo, Fraginesi e Piano Vignazzi sono intagliate da più ordini di terrazzi marini, distribuiti tra 0 e circa 200 metri s.l.m. e riferibili a diverse fasi di stazionamento del mare del Pleistocene. In queste zone costiere, i processi geomorfologici si esplicano prevalentemente attraverso l azione battente delle onde del mare che dà luogo a fenomeni di disgregazione fisica delle pareti rocciose a picco sul mare, con conseguenti fenomeni di crollo, e all erosione dei depositi di spiaggia in corrispondenza delle coste basse. Con particolare riferimento alla fascia costiera si registra una costa alta e rocciosa lungo il versante orientale di Capo San Vito e ad est della Tonnara di Scopello. In questi luoghi, le pareti sono a strapiombo sul mare, interrotte da piccole insenature con spiagge ciottolose, di cui la più significativa è rappresentata dal Seno di Guidaloca. Le alte falesie calcaree, in alcuni tratti, proseguono sotto il livello del mare fino alla profondità di decine di metri. Di particolare interesse naturalistico sono inoltre le piccole piattaforme costiere a vermitidi che si sviluppano lungo la costa per decine di metri e di cui un esempio significativo è rappresentato dal trottoir di Cala Bianca. La stessa costa alta e rocciosa è ricca di grotte di escavazione marina dove sono presenti segni evidenti di carsismo. Ad est dell abitato di Castellammare, invece, la costa cambia bruscamente direzione, assumendo un andamento circa ENE e si presenta bassa e sabbiosa, con una

21 lunga spiaggia larga fino ad alcune decine di metri, interrotta dalla foce del Fiume San Bartolomeo. Tra le forme del rilievo vanno menzionate anche le morfologie di origine antropica. Si tratta di aree in cui gli interventi antropici hanno determinato significative deformazioni dell assetto geomorfologico originario, dando luogo a delle vere e proprie forme del rilievo o a strutture che possono trarre in inganno sulla reale origine dell elemento morfologico. Alcuni interventi dell uomo possono inoltre inibire estensivamente o esaltare l azione degli agenti morfodinamici. Le principali forme antropiche individuate sono riferibili alle aree urbanizzate, ai rilevati, agli scavi, alle discariche/terrapieno, alle cave e alle cavità di origine antropica. Una certa rilevanza assumono i fronti di cava ormai quasi del tutto in disuso che si ritrovano disseminate in tutto il territorio esaminato. Alcuni tratti della paleofalesia, visibile lungo il tratto della S.S. 187, in prossimità della spiaggia Plaja ad est dell abitato di Castellammare del Golfo sono stati interessati dalla coltivazione di conci di tufo, pratica assai diffusa in tutto il trapanese. L attività estrattiva ha avuto grande diffusione tanto nel settore meridionale di Monte Sparagio quanto nel massiccio M. Inici. L attività è documentata sin dal XVII secolo quando dai Monti di Castellammare del Golfo vennero estratti calcari monocromi e policromi, tra cui il Rosso di Castellammare, utilizzati come materiale di pregio e di notevole valenza estetica. Lo sfruttamento dei materiali lapidei, piuttosto intenso nel passato e tuttora ancora attivo, ha profondamente modificato la morfologia del complesso di Monte Sparagio. Sono piuttosto estese, infatti, le porzioni di versante coltivate o ricoperte dai detriti di cava derivanti dallo scarto di lavorazione. Identificazione dei dissesti potenziali ed in atto. Il territorio comunale di Castellammare del Golfo, come già ampiamente descritto precedentemente, è caratterizzato da un paesaggio montuoso-collinare che prevale nettamente su quello di pianura individuabile solo nei fondovalle e nelle spianate di abrasione marina pleistoceniche. In generale, la maggior parte delle fenomenologie franose che interessano le aree in oggetto ricade su terreni con frazione argillosa prevalente mentre nei complessi calcarei e calcareo-dolomitici la tipologia di dissesto prevalente è rappresentata da crolli e/o ribaltamenti. La perimetrazione dei dissesti in atto sul territorio è stata eseguita mediante la sovrapposizione delle carte del PAI (Piano stralcio di bacino per l Assetto Idrogeologico) e dal rilevamento di dettaglio in campagna.