BANCHE. di Pierluigi Ciocca



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BANCHE Ma le banche non danno «incentivi»...* di Pierluigi Ciocca Questo scritto illustra in breve un convincimento. Mentre perma ne la questione economica meridionale, non esiste una questione fi nanziaria meridionale, distinta da quella nazionale. Tenuto conto delle difficoltà derivanti dal contesto, i problemi della finanza al Sud non sono di natura diversa da quelli che l'intera struttura finanziaria del Paese è impegnata a risolvere. Nella finanza, il Sud è ormai integrato nel mercato nazionale. Que sto a propria volta lo è sempre più nel mercato europeo, internazio nale. Le aziende di credito con sede legale nel Mezzogiorno a cui in prevalenza ci si riferisce quando si lamentano più estese carenze sono solo una parte, ancorché importante, della struttura d'offer ta, nazionale e internazionale, a cui le imprese, le famiglie, gli enti pubblici del Sud possono scegliere di rivolgersi. Raggrupperò gli elementi che suffragano il mio convincimento in tre punti: a) i ritardi che sussistono presso gli operatori con sede le gale nel Mezzogiorno; b) la tendenza, che è in atto, a colmare quei ritardi; c) l'integrazione finanziaria dell'economia meridionale. <N (Tv O a) I ritardi. Le aziende di credito con sede legale nel Mezzogiorno sono mediamente tuttora meno efficienti, meno solide. Mentre non v'è una questione finanziaria meridionale qualitativamente distinta da quella nazionale, le debolezze di singoli operatori sono al Sud più pronunciate di quelle che pure si riscontrano presso operatori nel re sto del Paese. Le une e le altre vanno superate. Le aziende di credito con sede legale nel Mezzogiorno presentano costi operativi per lira intermediata maggiori di circa un quinto ri spetto a quelli degli istituti del Centro-Nord. Il divario si concentra nelle spese del personale. * Testo dell'intervento al Convegno organizzato da Fime e Studio Ambrosetti sul tema «Il Mezzogiorno verso il mercato. Il ruolo degli intermediari finanziari». 101

Banche Il rendimento medio degli impieghi al lordo del rischio è di circa due punti superiore a quello riscontrabile nel resto del Paese. Il diva rio è in parte dovuto alla più elevata quota, tra gli affidati, delle pic cole imprese terziarie; in parte riflette la spinta a compensare i mag giori costi operativi e altri connotati strutturali del bilancio. Il costo medio della raccolta tende a eccedere quello delle altre aziende per la più estesa presenza di conti di enti pubblici, ovunque meglio re munerati. E maggiore l'onere della riserva obbligatoria, per effetto della minore patrimonializzazione delle banche. Le diseconomie d'ambiente pesano su tutti gli intermediari ope ranti con clientela meridionale. La rischiosità degli affidamenti è più elevata nel Mezzogiorno: la quota delle regioni meridionali sull'in sieme dei crediti in sofferenza è doppia rispetto a quella sugli impie ghi sani. Ma presso le banche con sede legale nel Mezzogiorno la qualità degli impieghi è peggiore di quella dei prestiti erogati al Sud dalle banche del Nord. Il rapporto tra le sofferenze e il patrimonio assu me valori all'incirca doppi di quelli osservati altrove. I flussi reddi tuali stentano ad alimentare adeguati accantonamenti. Il risultato di gestione si colloca su livelli inferiori a quelli delle altre aziende di cre dito. I tratti negativi che abbiamo elencato, e altri ancora, si configura no come differenze di grado, principalmente dovute al contesto am bientale nel quale gli intermediari operano nel Mezzogiorno. Quegli stessi tratti si rinvengono, pur se attenuati, nell'operatività al Sud di intermediari non del Sud; talora emergono nel confronto fra l'intera struttura finanziaria italiana e quelle di altri paesi. b) La tendenza a colmare i ritardi. Un progresso, una trasformazio ne è in atto, dalla fine degli anni Settanta, nell'intera struttura finan ziaria italiana (per una estesa descrizione, sia consentito il rinvio a P. Ciocca, Banca, Finanza, Mercato, Torino 1991). L'alimenta la con correnza: fatto nuovo, da noi, da più di un trentennio. A questo obiet tivo la Banca d'italia ha orientato gli strumenti, amministrativi e di mercato, di cui dispone. Piuttosto che un indirizzo di meccanica de regulation, ispirato alla falsa identità tra laisser faire e concorrenza, è stata seguita una linea di intervento attivo con la finalità primaria di rimuovere gli ostacoli e sollecitare le spinte alla concorrenza. I riflessi positivi della concorrenza si registrano nelle risultanze com plessive, di conto economico e di bilancio, delle aziende di credito italiane. Come era ragionevole attendersi alla luce delle meno favo 102

Ciocca, Ma le banche non danno «incentivi» revoll condizioni iniziali, tali riflessi positivi sono in alcuni aspetti ancor più evidenti presso le aziende con sede legale al Sud. Lo scarto nei costi operativi è in via di riduzione: se oggi si rag guaglia a un quinto, alla fine degli anni Settanta era di circa un terzo. Fattori specifici ancora comprimono al Sud la produttività delle ban che: la raccolta media degli sportelli, minore in ragione del più basso reddito pro capite; l'importo unitario delle operazioni bancarie, mi nore in ragione delle più basse dimensioni economiche della clien tela; la richiesta di servizi bancari aggiuntivi rispetto a quelli tradi zionali, più limitata. Il divario va restringendosi anche fra i tassi d'interesse sui prestiti, a mano a mano che si accentuano i connotati di concorrenzialità. Nel l'intero Paese è in atto un processo, a cui il Sud partecipa, di riduzio ne della dispersione dei tassi sui finanziamenti: tra gli intermediari, per comparti di clientela, per provincia. Nell'ultimo quinquennio la quota della componente agevolata sul totale del credito speciale è scesa di sette punti, al 24 per cento. La legge 64 del 1986 ha solo arrestato la tendenza decrescente, manife statasi nella prima metà del decennio passato, della quota del credito agevolato relativa al Mezzogiorno: essa è attestata sul 30 per cento, mentre era del 35 all'inizio degli anni Ottanta. c) L'integrazione finanziaria dell'economia meridionale. Il fatto nuo vo fondamentale, di cui occorre avere piena consapevolezza, tutta via, è che il sistema finanziario del Mezzogiorno è integrato in quel lo nazionale. Lo è sia dal lato della domanda, sia dal lato dell'offerta di fondi e di servizi. Al tempo stesso, il sistema finanziario e l'econo mia dell'intero Paese sono strettamente integrati nella finanza inter nazionale. Con la liberalizzazione valutaria e l'inscrizione della lira nella banda stretta dello Sme i movimenti lordi di capitali dell'italia, in entrata e in uscita, sono quasi triplicati in poco più di un biennio: supereranno ampiamente i due milioni di miliardi nel 1992. I tassi d'interesse italiani, al netto dell'inflazione, sono correlati strettamente, nei livelli e nelle variazioni, a quelli internazionali. I movimenti di capitale da e verso il Meridione sono intensi. Contribuiscono, insie me con i trasferimenti pubblici e altre partite correnti, a coprire un disavanzo commerciale compreso nell'ultimo quarantennio tra il 15 e il 25 per cento del prodotto meridionale. Ai risparmiatori e agli investitori meridionali, come a quelli delle altre aree del Paese, è aperta la possibilità di acquisire ogni tipo di attività e di accendere ogni tipo di passività, con residenti e con non residenti. 103

Banche La diffusione di titoli di Stato, sebbene resti più contenuta che nelle altre regioni, cresce anche nel Sud, offrendo un'alternativa al deposi to bancario. Da una indagine relativa al 1987, è risultato che su 100 famiglie meridionali 16 possedevano titoli di Stato, rispetto alle 25 del Centro, alle 40 del Nord. Si possono valutare nel 10 per cento del totale nazionale i titoli di Stato depositati in custodia e in ammi nistrazione presso gli sportelli bancari del Mezzogiorno, a fronte di quote del 20 e del 47 per cento relative rispettivamente alla raccolta bancaria e a quella postale. Dal marzo del 1990 si è attuata una sostanziale liberalizzazione degli sportelli. Nel maggio successivo sono stati rimossi i limiti di compe tenza territoriale all'offerta dei prestiti bancari. Le aziende di credito possono indirizzare la loro attività verso le aree dove il mercato con sente le migliori combinazioni di rischio e di rendimento. Per gli stessi istituti di credito speciale i limiti della competenza territoriale sono in via di attenuazione, di completo superamento per gli istituti che hanno forma di S.p.A.; gli istituti stanno inoltre ampliando, anche al Sud, i punti di contatto con la clientela al di fuori della rete degli sportelli bancari. Attraverso l'acquisizione di aziende locali, oltre che con l'apertu ra di sportelli, le grandi banche nazionali estendono la loro presenza nel Mezzogiorno. Il processo favorisce la concorrenza e il confronto di tecniche e criteri gestionali. Nelle regioni meridionali la quota de gli sportelli di banche con sede legale altrove stabilita è salita dal 18 al 26 per cento nell'ultimo quinquennio; le banche del Centro-Nord erogano un terzo dei prestiti bancari ottenuti dal Mezzogiorno. La formazione di un mercato finanziario integrato è confermata dall'accentuarsi della tendenza dei tassi d'interesse a convergere, a parità di clientela e di contesto. Non si apprezzano inoltre sostanziali diffe renze nelle modalità con cui i tassi bancari si uniformano sul territo rio alle variazioni dei saggi di mercato monetario e dei tassi guida della politica monetaria. La questione economica meridionale, distinta da quella finanzia ria, permane irrisolta. I dati sono noti. Il divario Sud-Nord nel reddi to per abitante, dopo essersi ridotto dal 53 al 60 per cento tra l'inizio degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo, è tornato a sali re negli anni Ottanta: si colloca ora al 57 per cento. La disoccupazio ne nel Mezzogiorno è tre volte quella del Centro-Nord: 19 contro 6 per cento della forza-lavoro. La bilancia commerciale è in forte di savanzo, a testimonianza di una perdurante debolezza produttiva e della dipendenza da risorse esterne. La spesa pubblica si ripartisce per 104

Ciocca, Ma le banche non danno «incentivi» il 35 per cento al Sud (dove vive il 37 per cento della popolazione) e per il 65 per cento al Centro-Nord, dove però è assai più ampio il pagamento di interessi sul debito. La spesa in conto capitale per abitante è lievemente superiore nel Mezzogiorno, in conseguenza dei sussidi agli investimenti. Le entrate fiscali, in rapporto agli abitanti, sono la metà di quelle del Centro-Nord. Il disavanzo pubblico è attri buibile per 4/5 al Mezzogiorno; il saldo primario risulta positivo nel resto del Paese. La mancata chiusura dei divari economici territoriali non è attri buibile a una insufficienza quantitativa degli investimenti. I proble mi d'efficienza si riflettono in una produttività del lavoro sensibil mente inferiore a quella del Centro-Nord, del 20 per cento nel setto re manifatturiero. Ma la dotazione di capitale per addetto nelle im prese manifatturiere del Mezzogiorno risulta (dai dati della Centrale dei bilanci) tra il 20 e il 30 per cento superiore a quanto rilevabile nelle altre regioni. Tra i fattori che limitano la produttività molto probabilmente rien trano le stesse agevolazioni agli interessi e i contributi in conto capi tale: riducendo il costo del capitale fino al 50 per cento rispetto al resto del Paese, attivano progetti di qualità inferiore e spostano il con fronto concorrenziale dal mercato dei beni a quello del rapporto con le banche e con le amministrazioni. Si aggiungono le cosiddette dise conomie esterne: servizi, ordine pubblico, ma anche infrastrutture, forse soprattutto quelle immateriali. Particolarmente gravi appaiono le carenze nel campo dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle risorse idriche. Dati i divari di produttività, il costo del lavoro viene riallineato tra Nord e Sud tramite la fiscalizzazione degli oneri sociali. Ma le regole della concorrenza e lo stato della finanza pubblica tendo no a frenare questi interventi. E necessario ritrovare flessibilità nel costo del lavoro, così da meglio graduarlo alla produttività, agli stes si dislivelli del costo della vita, anche tra le regioni. Sono, questi, limiti allo sviluppo certamente importanti: limiti che devono essere rimossi. Non credo, tuttavia, che la loro rimozione assicuri il raggiungimento del risultato. Non esistono ricette per lo sviluppo. Per quanto riguarda la finanza, può, lo ripeto, escludersi che il pro blema del Mezzogiorno sia oggi di natura quantitativa. Non è vero che la disponibilità di fondi per le imprese sia inferiore nel Mezzo giorno rispetto al Centro-Nord; non è vero che gli intermediari ope ranti nel Meridione manifestino un'eccessiva avversione al rischio. 105

Banche Alla migliore allocazione delle risorse contribuirà, anche nel Sud, for se soprattutto nel Sud, una struttura bancaria e finanziaria nazionale nel suo complesso ammodernata e rafforzata attraverso la concorrenza. Ciò dovrà avvenire per normali vie di mercato, lungo le linee che la Banca d'italia ha impostato da tempo. Validi per l'intero sistema bancario e finanziario del Paese, questi indirizzi sono ancor più utili per quello meridionale. Il Parlamento li ha tradotti in modifiche d'or dinamento importanti, innestate sul corpo valido della legge bancaria del 1936. Mi riferisco in particolare alle tre leggi sulla concorrenza, sui mercati mobiliari, sulla trasformazione in S.p.A. e sulla privatizza zione delle banche pubbliche. L'assetto istituzionale con cui la finan za italiana affronta il mercato unico d'europa è definito. Possiamo per fezionarlo. Non v'è tempo per porlo nuovamente in discussione. Presso gli intermediari finanziari operanti nel Mezzogiorno cre sceranno d'intensità gli effetti delle modifiche del mercato. La con correnza non mancherà di stimolare l'efficienza, favorendo la ridu zione dei divari di tasso con il resto del Paese. Sarà necessario che gli intermediari ricerchino dimensioni idonee a sfruttare le econo mie di scala e di diversificazione. Dovrà ampliarsi la base patrimo niale, con crescente partecipazione dei privati al capitale degli istituti pubblici. Un processo delicato e vasto, che occorrerà gestire con at tenta cura, affinché i progressi d'efficienza non minino la stabilità. I progressi che l'intera struttura finanziaria italiana sta realizzan do sono rilevanti. L'economia meridionale ne trae, può trarne, parti colare beneficio. Ciò avviene, deve avvenire, attraverso i normali lin kages che, in un'economia di mercato, si stabiliscono fra struttura fi nanziaria e sviluppo economico: più risparmio, più investimento, mi gliore allocazione, statica e dinamica, delle risorse. In questo senso, non si configura un ruolo speciale, quasi pubblicistico o di politica economica, della banca nel Mezzogiorno, per il Mezzogiorno. Non ve n'è traccia nell'analisi economica. Lo sconsigliano le esperienze del passato, prima fra tutte quella del credito agevolato. Resterebbe irrimediabilmente deluso chi pensasse che la banca co stituisca il requisito mancante, la leva sicura, dello sviluppo economico. Non lo è mai stata, non può esserlo. La banca, non importa se mista o specializzata, non promuove, vaglia, le iniziative di investimento. E screening device, non agenzia di sollecitazione e progettazione indu striale. Anche per questo, lo stesso Schumpeter la voleva separata dal l'imprenditore, al quale si spetta di innovare e di intraprendere, pur ché l'ambiente, che solo lo Stato può assicurare, non glielo impedisca. Evitiamo di ricadere nella confusione dei ruoli. 106