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Transcript:

Eugenio Unale poeta dialettale sardo, è stato amico e commilitone del Mereu. La poesia racconta alcuni momenti della vita militare, il ricordo del sottufficiale-tiranno viene preso come spunto per ricordare all amico che ancora indossa la divisa, di comportarsi da uomo giusto, di essere indulgente, onesto e virtuoso: Comanda ma non comandare da tiranno, ma come padre amoroso. Eugeniu caru, non ti cretas chi de te mi nde sia ismentigadu, poeta coment'e tottu sos poetas, Su silenziu to' hap'imitadu. Pustis tant'isettare, finalmente, un'amìgu de te m'hat faeddadu. Mi nd'hat trattad'e m'hat fattu presente ch'in Simala ses galu fort'e sanu e ti la cantas ancor'allegramente. Deo, ca t'hap'ìn coro fittianu, mi nde cuntent' 'e sa novella cara, e ti mand'una fort'istrint e manu. Deo so in sa patria Tonara respírende sas aèras nadias, curende sa person'a s'abba gíara. Cudda zetra ch'in manos mi bidias est iscordad'e non sonat piusu, ca l'hapo postu cordas de tinnías. 1 Tue galu però nde faghes usu: ti favorit sa zetr'in s'armonia, ca ses fiz'a su veru Cab'e Susu. Ses naschid'in sa terra 'e Billia, si cantas podes cantar'a primore; caru ses a Melpomen 'e Talia. Tue ses astru ch'in Puttumajore bi lassas fama coment'in Posada bi nd'hat lassadu Mercioro Dore. Sa poesia mia abbandonada senza mai nde fagher piùs cura, una prosa indezent'est diventada. S'iscrio calchi versu a fur'a fura tando mi nât una 'oghe segreta ch'est una porcheri addirittura. Sas noe sorres mi narant: «Poeta, mi' chi sa poesi'est indigesta, pensa de osservare sa dieta>>. Cust'ironica 'oghe de protesta, amigu meu, non podes pensare cant'a s'orìja mi sonat molesta. Caro Eugenio, non credere che mi sia dimenticato di te, poeta come tutti i poeti, Ho imitato il tuo silenzio. Dopo tanto aspettare, finalmente, un amico mi ha parlato di te. Me ne ha parlato e mi ha detto che sei a Simala e che stai bene e che ancora canti allegramente. Io, che ti ho sempre in cuore, sono contento della bella notizia, e ti mando una forte stretta di mano. Mi trovo nella mia Tonara respirando l'aria natia, curandomi con l'acqua pura. Quella cetra che mi vedevi in mano è scordata e non suona più, poiché le ho messo corde di giunco. Tu però ne fai ancora uso. la cetra ti favorisce nell'armonia, poiché sei figlio del vero Logudoro. Sei nato nella terra di Billia 1, se canti puoi cantare in modo eccellente, poiché sei caro a Melpomene e Talia. Tu sei l'astro che a Pozzomaggiore lasci fama come a Posada ne ha lasciato Melchiorre Dore. La mia poesia, abbandonata a se stessa, non curandomene io più. è diventata una prosa indecente. Se scrivo qualche verso di nascosto una voce segreta mi dice che è proprio una cosa scadente. Le nove muse mi dicono: «Poeta, guarda che la poesia è indigesta, pensa a mettertì a dieta». Questa ironica voce di protesta, amico mio, non puoi immaginare quanto suoni sgradevole al mio orecchio.

Pro cuss'est chi no m'isco rassegnare a su dijunu de s'arte poetica; sa fert'est grave e non podet curare. S'anima mia, de natur'iscettíca, bramosa de intrare in su Parnasu, credula si dimustrat e ascetica. Però in Elicona pagu casu faghent de me, mi faghene sas ficcas sas noe Sorres si ped'unu basu. De Ippocrene sas abbas sunt siccas; cand'hapo protestadu: «So sididu», m'hana ríspostu: «B'andas e t'ímpiccas». S'azzettadu l'haere su cumbidu a' custas oras tranquillu. fia, e forsis no mi nde fia pentidu. Bae in bonora, bae, poesia! S'est presentada che tentazione, a brullare sa mia fantasia. Bae chi hap'a dar'attenzione, si a casu mi tentas da-e nou no hap'a esser gai tontorrone. Sa testa mi'est fragile che ou, però si benis tue, musa vana, pro sort'est chi bi craves unu zou. Pro cantu ses gasie risulana a mie non mi ponzas a sa prova; de brullare nde tenzo pagu gana. Non zocches a sa mia mente bova a mi pedir'unu semplice muttu, mi' ca ti leo a colpos de iscova. Su laru tenedilu, ca est fruttu de sos veros poetes, sa corona a mie faghemila de armuttu. Tue, Unale caru, in Elicona giura fide a sa Pieria dea, ca de tottu sas musas est padrona. Si ti capitat poneli trobea, profitta como chi t'istimat tantu, si no est fazil'a mudar'idea. Tue abberi sas laras a su cantu armoniosu, e sias de consolu a sos coros chi vívent de piantu. Deo t'invoco cale russignolu: ben'a cantar'a sa patria mia, isparghelas sas alas a su 'olu. Milli cosas contare ti cheria, È per questo che non mi so rassegnare al digiuno dell'arte poetica; la ferita è grave e non si può curare. L'anima mia, scettica per natura, bramosa di entrare nel Parnaso, si dimostra fiduciosa e ascetica. Però in Elicona poca importanza danno a me e mi scherniscono le nove muse se chiedo un bacio. Le fonti di Ippocrene sono secche; quando ho protestato: «Sono assetato», mi hanno risposto: «Vai e impiccati». Se avessi accettato l'invito a quest'ora sarei stato tranquillo, e forse non mi sareì pentito. Vai in buon'ora, va', poesia. Si è presentata come una tentazione, a prendere in giro la mia fantasia. Vai. starò attento, se per caso mi tenterai di nuovo. non sarò più così sciocco. La mia testa è fragile come un uovo, però se verrai tu, musa vana, per caso potrai conficcarci un chiodo. Per quanto tu sia così beffarda non mettermi alla prova; ho poca voglia di scherzare. Non bussare alla mia mente sciocca per chiedermi un semplice verso, perché ti manderò via a colpi di scopa. L'alloro tienitelo, perché è destinato ai veri poeti, una corona a me concedi di asfodelo. Tu, caro Unale, in Elicona resta fedele alla dea Pieria, perché è la regina delle muse. Se la incontri legala a te, approfittane ora che ti vuole così bene, altrimenti può facilmente cambiar idea. Tu, apri le labbra al canto armonioso e sii di consolazione ai cuori che vivono tristi. Io t'invoco come un usignolo: vieni a cantare nel mio paese, stendi le ali al volo. Di mille cose ti vorrei parlare,

e cheria godire ness'un'ora su consolu 'e sa tua cumpagnia. Ismentigadu non t haia ancora, ti nde fatto solenne giuramentu, sa limba mia non est impostora. Galu ses in su meu pensamentu: chi de te non m'ammente, caru amigu, no che passat ne ora ne momentu. Deo ancora so s'amig'antigu, si ti paret chi faccia hapo mudadu severamente ponem'in castigu. Si a t iscrier goi hapo tardadu, no mi nerzas inurbanu e negligente, ca mai negligente so istadu. De su restu, faeddo francamente, si eo istadu so silenziosu, tu' has fattu su surdu ugualmente. Menzus ch'istadu sias disizosu in isettare bonas novas mias, che mi narrer seccant'e infadosu. Prît a las narrer, custas litanias chi t'imbio, ti devent resessire seccantes veramente e istantias. Mentres ti prego de mi cumpatire si troppu noiosu so istadu, varias cosas ti do a ischire. In primu iscas chi hap'incontradu cuddu superiore tirriosu chi tenimis fattende su soldadu. Accanta m'est passadu, birgonzosu, ma non l'hapo negadu su saludu, prite ca so de coro piedosu. No m'hat rispust' e restadu s est mudu, prite fit istrazzadu in modu tale chi si timiat de li narrer nudu. Puru si ti nd'ammentas cantu male hat fattu cussu, a mi e a tie, cando l'haimis suttuffiziale. A lu diat a crêr chi oe in die Diat a benner in bisonz e pane? Su mundu, caru meu, est fatt'asie. Deo, invece de li narrer: «Cane!», hapo tentadu de l'avvicinare, isse però de me s'est fatt'addane. Ma inter isse hat devid'esclamare: «Si unu tempus bonu istadu fia, como tenia a chie m'ajudare». e vorrei godere almeno per un'ora la consolazione della tua compagnia. Non ti avevo ancora dimenticato, te lo giuro solennemente: la mia lingua non è falsa. Sei ancora presente nella mia mente: senza che mi ricordì di te, caro amico, non passa né ora né momento. lo sono ancora il vecchio amico, se ti sembra che sia cambìato mettimi severamente in castigo. Se ho tardato così tanto a scriverti, non definirmi scortese e negligente, poiché negligente non lo sono mai stato. Del resto, parlo sinceramente; se io non mi sono fatto sentire, tu hai fatto ugualmente il sordo. Meglio che tu sia stato desideroso di aspettare mie buone notizie, piuttosto che chiamarmi seccante e fastidioso. Per dirlo chiaro, queste litanie che t'invio, ti sembreranno senz'altro seccanti e stantie. Mentre ti prego di sopportarmi, se sono stato troppo noioso, ti faccio sapere varie notizie. Per prima cosa sappi che ho incontrato quel perfido superiore di quando eravamo soldati. Mi è passato accanto vergognoso, ma non gli ho negato il saluto, perché sono di cuore tenero. Non mi ha risposto ed è rimasto zitto, perché era talmente cencioso che aveva paura di essere definito nudo. Eppure, ricordi, quanto male ha fatto a me e a te quando era nostro sottufficiale. L'avrebbe mai creduto che oggi avrebbe avuto bisogno di pane? il mondo, caro mio, è fatto così. lo, invece di dirgli: «Cane!», ho tentato di avvicinarlo, egli invece si è tenuto lontano da me. Ma dentro di sé avrà esclamato: «Se un tempo fossi stato giusto,

Cuddos chi de sa sua tirannia salvos sunt, si lu 'ident in s'istrada, lu giamant cun su lumen de ispia. 46. S'ipocrita canaglia est mal'andada; a unu l'hat punidu su pugnale, s'ater'est mortu cun s'anca truncada. Bona parte bi nd'hat in s'ispidale, ca giughent frazigadu su pulmone, isettende s'insoro funerale. Cuddu marranu frade de Nerone istad'est cundennadu pro rapina a bindigh'annos de reclusione. Bi nd'hat in cumpagnia e disciplina: samben'hat fattu s'istrale fonnesa, basada siat sa man'assassina. Non t'indignet sa mia cuntentesa Chi dimustr'in basare cudda manu chi sever'hat punidu sa vilesa. Peus pro chie de coro villanu da ch'est soldadu ponet in olvidu chi su soldadu dêt essere umanu. Tue pur'a soldadu ses bestidu, a dogn'istante dês haer presente su chi suffrinde ses e has suffridu. Tratta bene su tou dipendente cando nde tenes, ca ti narant bonu: menzus semper chi sias indulgente. Cumanda; no cumandes che padronu, ma che babb'amorosu; su rigore, semper chi podes, pon'in abbandonu. Cun sos bonos faeddos, cun s'amore s'ottenet tottu, duncas amorosu vive cun totus e faghed'onore. Prosigh'a ti mustrare virtuosu: senza virtude s'omine s'agatat che barchitt'in su mare burrascosu. Però s'omine chi onestu trattat pro finas cun sos malos tenet paghe, prite sas differenzias appattat. De su restu ses mannu, tue faghe su dovere: ti cherzo in s'onestade ischire un'incrollabile nuraghe. Ti naro tottu custu, o caru frade prite t istimo e senz'ipocrisìa amigu so de sa sinceridade. Deo prego sa tua cortesia ora qualcuno mi avrebbe aiutato». Coloro che alla sua tirannia, sono scampati, se lo incontrano per strada, lo chiamano col nome di spia. 46. L'ipocrita combriccola è finita male; uno è stato pugnalato, un altro è morto con una gamba amputata. Buona parte è finita all'ospedale, poiché ha i polmoni marci e aspetta il proprio funerale. Quel fratello marrano di Nerone è stato condannato per rapina a quindici anni di reclusione. Alcuni sono nella compagnia di disciplina: la scure di Fonni ha fatto scorrere sangue, sia baciata la mano assassina. Non ti sconvolga la contentezza che dimostro nel baciare quella mano che ha punito severamente la viltà. Peggio per chi, di cuore villano, quando è soldato dimentica che il soldato deve essere umano. Anche tu che porti la divisa, in ogni momento devi aver presente quello che soffri e hai sofferto. Tratta bene il tuo dipendente quando ne hai, perché ti giudicheranno giusto: meglio essere sempre indulgente. Comanda, ma non comandare da tiranno, ma come padre amoroso; il rigore mettilo sempre da parte, se puoi. Con le buone parole. con l'amore si ottiene tutto, perciò amorosamente vivi con tutti e fatti onore. Continua a mostrarti giusto: senza virtù l'uomo si ritrova come una barchetta nel mare burrascoso. L'uomo che si comporta onestamente vive in pace persino con i cattivi, perché appiana le differenze. Del resto sei maturo, fai il tuo dovere: ti vorrei sapere nell onestà incrollabile come un nuraghe. Ti dico tutto questo, caro amico, perché ti voglio bene e senza ipocrisia sono amico della sincerità.

a perdonare cust'iscrittu meu bestid'a pannos de malinconia. Si ti preguntant de Peppe Mereu, nara chi est trazende isconsoladu sa rughe de su dolu e de s'anneu. Si calch'amigu giustu b'hat restadu, soldadu de sa propria bandera, siat a lumene meu saludadu. Tue, si podes, faghe sa manera, procura de m'iscrier prontamente brullante e consolant'una littèra. Deo t'hap'a iscrier frequente fin'a mi narrer maccu e infadosu, ciarlatanu, seccante e imprudente. Luego iscrie. Pro com'adiosu, da' cust'amenu e floridu giardinu ti mandat unu basu affettuosu s'amigu tou Mereu Peppinu Tonara, 5 luglio 1896 Io prego la tua cortesia di perdonare questo mio scritto velato di malinconia. Se ti chiedono di Peppe Mereu, dì' che sta trascinando sconsolato la croce del dolore e della desolazione. Se è rimasto qualche amico sincero. soldato della stessa bandiera, salutalo a mio nome. Tu, se puoi, fai in modo di scrivermi subito una lettera scherzosa e consolante. Io ti scriverò frequentemente finché mi dirai matto e fastidioso, ciarlatano, seccante e imprudente. Scrivi presto. Per ora arrivederci, da questo ameno e fiorito giardino ti manda un bacio affettuoso il tuo amico Mereu Peppino.