1. EX IPAB impresa sociale - D. Lgs. 112/2017, art. 4

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EMENDAMENTI RIFORMA III SETTORE 1. EX IPAB impresa sociale - D. Lgs. 112/2017, art. 4 Art. 4. - Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi 1. All attività di direzione e coordinamento di un impresa sociale si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo IX del titolo V del libro V e l articolo 2545 septies del codice civile. Si considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e coordinamento il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell organo di amministrazione dell impresa sociale. 2. I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l accordo di partecipazione presso il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma consolidata, predisposto in conformità alle linee guida di cui all articolo 9. 3. Le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un impresa sociale ai sensi dell articolo 2359 del codice civile. 4. Le decisioni assunte in violazione del divieto di cui al comma 3 sono annullabili e possono essere impugnate in conformità delle norme del codice civile entro il termine di centottanta giorni. La legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Aggiungere all art. 4, comma 3, al termine, il seguente comma 3 bis: Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai soggetti associativi o fondativi derivanti dai processi di trasformazione delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di cui al

decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 1990 e al decreto legislativo 4 maggio 2001, n.207. 2. DEVOLUZIONE PATRIMONIO ENTI RELIGIOSI D. Lgs. 117/2017, ART. 9 Art. 9 - Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento 1. In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo dell Ufficio di cui all articolo 45, comma 1, e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Il parere è reso entro trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta che l ente interessato è tenuto a inoltrare al predetto Ufficio con raccomandata a/r o secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente. Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere sono nulli. Aggiungere all art. 9 il seguente comma: In caso di cessazione, da parte dell Ente religioso civilmente riconosciuto, delle attività di cui all articolo 5 del presente decreto, nelle forme di cui all articolo 4, comma 3, i beni residui del patrimonio destinato allo svolgimento di dette attività rimangono allo stesso Ente religioso, ovvero sono devoluti ad altri Enti che abbiano analoga natura e finalità, secondo le disposizioni dello statuto, del regolamento o della Autorità religiosa competente e salvo diversa destinazione imposta dalla legge. Sono nulli gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in difformità del presente articolo.

3. IMPOSTE SUI REDDITI D. Lgs. 117/2017, art. 79 (così come modificato dal D. Lgs. 105/2018 art. 23) Art. 79 - Disposizioni in materia di imposte sui redditi 1. Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili. 2. Le attività di interesse generale di cui all articolo 5, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall ordinamento. 3. Sono altresì considerate non commerciali: a) le attività di cui all articolo 5, comma 1, lettera h), se svolte direttamente dagli enti di cui al comma 1 la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell ente medesimo nonché ai risultati prodotti; b) le attività di cui all articolo 5, comma 1, lettera h), affidate dagli enti di cui al comma 1 ad università e altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2003, n. 135. 4. Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore di cui al comma 5:

a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per lo svolgimento, anche convenzionato o in regime di accreditamento di cui all articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 delle attività di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo. 5. Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all articolo 5, svolte in forma d impresa non in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente artico sponsorizzazione svolte nel rispetto dei criteri di cui al decreto previsto all articolo 6, superano, nel medesimo periodo d imposta, le entrate derivanti da attività non commerciali. 5 -bis. Si considerano entrate derivanti da attività non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4 tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali. 5 -ter. Il mutamento della qualifica, da ente di terzo settore non commerciale a ente di terzo settore commerciale, opera a partire dal periodo d imposta in cui l ente assume natura commerciale. 6. Si considera non commerciale l attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei confronti dei propri associati e dei familiari e conviventi degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell ente. Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del Terzo settore le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi. Si considerano, tuttavia, attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati e dei familiari e conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici,

compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. Sostituire il comma 2, con il seguente periodo: Le attività di interesse generale di cui all articolo 5, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, senza tenere conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall ordinamento. Il costo effettivo è calcolato computando i costi diretti ed indiretti. Qualora l ente eserciti attività di interesse generale rientranti in diverse categorie di cui all articolo 5, le condizioni per la non commercialità delle attività di cui al comma 2 possono riferirsi alla totalità delle attività stesse. Sostituire il comma 5bis, con il seguente periodo: Si considerano entrate derivanti da attività non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell'ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4 tenuto conto altresì: a. del valore normale dei beni e servizi acquisiti a titolo gratuito, ivi incluso il valore normale delle prestazioni di volontariato di cui all articolo 17; b. della differenza tra il valore normale dei beni e servizi acquistati ed il costo effettivo sostenuto per il loro acquisto.