Fiscalità e controlli degli Enti associativi: focus sulle Bande Musicali



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Fiscalità e controlli degli Enti associativi: focus sulle Bande Musicali Dopo l introduzione dell art. 30 del D.L. 185/2008, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2, l emanazione del Modello EAS e i controlli fiscali che ne sono scaturiti, il dibattito sul regime fiscale agevolato per gli enti di tipo associativo si è intensificato. Ricordiamo che il regime agevolato per gli enti di tipo associativo, stabilito all art. 148 del TUIR, dispone che per gli enti non commerciali: - non è considerata commerciale l attività svolta nei confronti di associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali a fronte del versamento della quota associativa (comma 1); - si considerano tuttavia commerciali le quote supplementari determinate in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali i soci hanno diritto, le c.d. quote differenziate che hanno a tutti gli effetti contenuto commerciale in quanto sono il corrispettivo dovuto in base ad un rapporto sinalagmatico instauratosi tra socio e ente (comma 2); - in deroga alla previsione normativa di cui sopra, nei confronti delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, opera una previsione di non commercialità delle attività svolte nei confronti dei soci in diretta attuazione dei fini istituzionali, anche dietro il pagamento di corrispettivi specifici (comma 3). Si ha pertanto una sorta di istituzionalizzazione delle attività commerciali compiute in favore dei soci; - Il quarto comma elenca una serie di attività che sono sempre e comunque, anche se esercitate dagli enti di cui al comma 3, considerate commerciali e quindi tassabili. Tra di esse alcune interessano in modo del tutto particolare gli enti: la

somministrazione di alimenti e bevande, le prestazioni alberghiere e di alloggio, l organizzazione di viaggi e soggiorni turistici. - I commi successivi prevedono una serie di esenzioni per particolari tipologie di attività svolte da specifiche organizzazioni nei confronti dei propri soci. - L ultimo comma subordina l applicazione delle agevolazioni di cui ai commi precedenti all inserimento nello statuto, redatto nella forma dell atto pubblico, o della scrittura privata registrata o autenticata, di specifiche clausole. La sintesi dell articolo 148 del D.P.R. 917/72 sopra riportata, mette in luce i nodi problematici della disciplina di favore riservata a tali tipi di enti. Il modello EAS ha costituito il primo passo per l acquisizione di una mole di informazioni cospicua, necessaria all amministrazione finanziaria per indagare sul possibile abuso del regime di favore da parte di soggetti non legittimati. Il modello EAS, previsto all art. 30 del D.L. 185/2008, convertito dalla legge 2 del 28 febbraio 2009, è stato lo strumento attraverso il quale l Agenzia ha reperito dati e notizie rilevanti ai fini fiscali per indagare sul possesso dei requisiti qualificanti da parte di quei soggetti che si avvalgono delle disposizioni di favore recate dal citato art. 148 del TUIR. L intento del legislatore era stato chiaramente illustrato nella Circolare 12 del 9 aprile 2009 laddove sanciva, l intento della norma è quello di acquisire una più ampia informazione e conoscenza del mondo associativo e dei soggetti assimilati sotto il profilo fiscale, con l obiettivo primario di tutelare le vere forme associazionistiche incentivate dal legislatore fiscale e, conseguentemente, di isolare e contrastare l uso distorto dello strumento associazionistico suscettibile di intralciare, tra l altro, la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali. Ed ancora, la norma ha finalità esclusivamente fiscali e risponde a reali esigenze di controllo che l AdE potrà effettuare anche attraverso l acquisizione di informazioni necessarie a garantire che i regimi tributari diretti ad incentivare il fenomeno del libero

associazionismo non costituiscano di fatto uno strumento per eludere il pagamento delle imposte dovute. Chiarita in modo inequivocabile la genesi del provvedimento è necessario esplicitare quali sono i requisiti qualificanti richiesti dalla normativa e quali nodi problematici è necessario sciogliere in materia. La presente trattazione esaminerà due distinti aspetti che sono valutati in sede di controllo: - qualifica fiscale dell ente quale ente non commerciale; - rispetto dei requisiti qualificanti dettati dal comma 8 dell art. 148 del TUIR. La disamina dei due aspetti sopra evidenziati sarà condotta analizzando parte della prassi e della giurisprudenza in materia. Reale natura fiscale dell ente Il requisito cardine per godere delle agevolazioni riservate agli enti di tipo associativo è che l ente si qualifichi come ente non commerciale, vale a dire che non abbia per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali ai sensi dell art. 73 del TUIR. In altri termini, non è affatto scontato che un ente costituito ai sensi del Libro I del Codice Civile (ente senza fine di lucro) sia un ente non commerciale. Per assolvere a questo requisito è condizione necessaria e sufficiente che l attività essenziale per realizzare direttamente i fini istituzionali sia attività non commerciale, vale a dire che la stessa non possa ricondursi fra quelle previste all art. 2195 del Codice Civile o, qualora essa consista nella prestazione di servizi non riconducibili nel menzionato articolo, non venga svolta con i connotati dell organizzazione, della professionalità e abitualità. Ora la verifica della reale natura, commerciale o non commerciale dell ente, va condotta su due fronti: - Requisito formale: statuto dotato di data certa. L esame approfondito delle previsioni contenute in detto documento, ove risulti adottato con scrittura privata

autenticata o registrata o con atto pubblico, costituisce riferimento oggettivo per ancorare l inizio del controllo sulla reale natura dell ente. Se lo statuto non risulta registrato le clausole ivi inserite sarebbero considerate quali mere previsioni indicative. - Requisito sostanziale: attività effettivamente esercitata. L Amministrazione finanziaria ha precisato in più occasioni (Risoluzione 27 febbraio 1980, n. 11/003, Circolare 12 maggio 1998 n. 124/E) che, ai fini della qualificazione di un soggetto come ente non commerciale non rileva tanto la finalità formale dichiarata dal sodalizio, quanto l organizzazione delle persone e dei beni. La stessa Corte Costituzionale ha chiarito, da tempo, che l autoqualificazione dell ente non ha efficacia vincolante, anzi, subisce l obbligo di comprovare la natura e la caratteristica dell organizzazione secondo i criteri generali dell ordinamento dello Stato sicché il riconoscimento di agevolazioni fiscali va fatto in base alla reale natura dello stesso ed all attività in concreto esercitata, non essendo possibile ammettere che un soggetto sia arbitro della propria intassabilità. In materia si era già espressa la prassi con la Risoluzione n. 141/E del 4 giugno 2009, laddove l Agenzia della Entrate, in risposta ad un istanza di interpello posta da un associazione che offriva una pluralità di servizi ai propri soci (possibilità di usufruire di appartamenti e di tutti i servizi a questi collegati, nonché fruizione di servizi specifici quali degustazione di vini, personal trainer, yoga, pilates, ecc.), aveva sancito che, perché siano applicabili le agevolazioni fiscali previste dalla legge per gli enti non commerciali, non è sufficiente definirsi ente senza scopo di lucro e rispettare alcuni requisiti formali, ma la verifica da effettuare deve basarsi su prerogative di sostanza che riguardano principalmente la natura dell attività posta in essere. Infatti, l analisi svolta dall Agenzia non si ferma ad alcuni elementi formali, poiché sulla qualificazione tributaria della natura commerciale o meno dell ente non incide la circostanza che l ente

effettui solo le prestazioni individuate nello statuto, né assume rilievo che l associazione svolga la propria attività esclusivamente a favore dei propri associati e non anche di soggetti terzi. La risoluzione ricorda che la commercialità di un attività è determinata da parametri oggettivi che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere. E in tale senso si muovono diverse sentenze di Commissioni Tributarie Provinciali e della stessa Corte di Cassazione. - Sentenza CTP Treviso del 4 agosto 2010, n. 70: si tratta di una sentenza su un accertamento operato dall ufficio in merito alla decadenza dalle agevolazioni fiscali recate dalla legge 398/91; sentenza con la quale la commissione, accertata la mancanza di prova documentale, anche di tipo contabile, ritiene che l attività effettivamente svolta, a prescindere da quanto dichiarato nello statuto (attività istituzionali: cultura, arte, spettacoli, sport, informazione, salvaguardia dell ambiente, ricerca e studio delle tradizioni locali con particolare riferimento alle tradizioni eno-gastronomiche, musica, ricreazione, tutto ciò senza scopo di lucro) sia di tipo commerciale, nello specifico attività di intrattenimento. La sentenza presenta due spunti di riflessione: da un lato la prevalenza della sostanza sulla forma poiché l attività commerciale, intrattenimento, risulta prevalente rispetto all attività istituzionale dichiarata nello statuto per la quale manca qualsiasi riscontro documentale. Dall altro la sottolineatura che l associazione deve essere un ente non profit (lucro soggettivo) e, in ordine a tale principio l associazione non ha allegato i bilanci, né ha dato conto delle spese sostenute per verificare che non vi sia stata distribuzione indiretta di utili. - Sentenza CTP Pisa n. 8/1/0211: secondo la commissione tributaria, interpellata a seguito di avviso di accertamento IVA ed Irap a carico dell associazione e Irpef a carico dei soci fondatori, per beneficiare delle agevolazioni tributarie riservate alle ASD non è sufficiente la mera appartenenza alla categoria né la conformità

dello statuto alle norme stabilite per il riconoscimento della relativa qualifica. Anche in questo caso, due gli spunti di riflessione: prevalenza della sostanza sulla forma, anche supportata, nel caso di specie, dalla mancanza di una vita associativa documentata e da riscontri contabili caotici. Dall altro trasferimento in capo ai soci fondatori, che di fatto gestivano l attività (potere discrezionale nell ammissione dei soci), del reddito di impresa a loro attribuito per trasparenza. - Ordinanza Corte di Cassazione n. 21875 del 26 ottobre 2010: la controversia ha per oggetto l impugnazione da parte di un associazione dell avviso di accertamento dell Agenzia delle Entrate di Sondrio che, ai fini Irpeg (oggi Ires), Irap e Iva aveva evidenziato la produzione di reddito d impresa non dichiarato per l anno 2003. L accertamento era scaturito da un pvc della Guardia di Finanza con il quale veniva rilevato l esercizio di attività imprenditoriale non dichiarata da parte dell associazione ricorrente con conseguente evasione di imposta. A fronte di un primo rigetto del ricorso della commissione tributaria provinciale di Sondrio, la commissione Regionale accoglieva l appello dell associazione ritenendo (che) i modesti compensi percepiti da lezioni di equitazione e ricovero cavalli non inficiasse la finalità non di lucro dello Statuto. L Agenzia ricorre in Cassazione con quattro motivi di impugnazione: violazione e falsa applicazione dei commi 3 e 8, lett. c) ed e) dell art. 148 del TUIR; violazione e falsa applicazione dei commi 2, 3 e 8, dell art. 148 del TUIR; insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso in ordine alla mancata prova che le prestazioni nei confronti dei terzi fossero sporadiche; violazione e falsa applicazione dei principi generali che regolano il processo tributario di merito del D. Lgs. N. 546 del 1992, artt. 1 e 2 in relazione all art. 360 c.p.c., n. 4.

Rispetto dei requisiti qualificanti Anche in questo caso l ordinanza è utile per introdurre un ulteriore elemento di analisi. La lunga disamina effettuata sino ad ora è funzionale alla qualificazione di ente di tipo associativo, che come dettagliatamente argomentato deve essere, in primis, ente non commerciale. Qualora l associazione si qualifichi, formalmente e sostanzialmente, come ente non commerciale può godere delle agevolazioni recate dal comma 1 e, laddove sia annoverabile tra gli enti citati al comma 3, anche delle agevolazioni recate da detto comma. Schematizzando possiamo così rappresentare l art. 148 Enti non commerciali Art. 148, c. 1 del TUIR Enti di tipo associativo privilegiati Art. 148, c.3 del TUIR comprese le s.s.d. Enti di tipo associativo super privilegiati Art. 148, c. 5 e seguenti del TUIR

Ora, l ordinanza citata prende proprio in considerazioni le agevolazioni riservate agli enti di tipo associativo privilegiati, di cui al comma 3 del citato articolo del TUIR, stabilendo che le prestazioni effettuate nei confronti di terzi, ancorché esigue nel loro ammontare, non possono godere delle agevolazioni recate dal citato comma poiché l agevolazione compete solo ed esclusivamente ai soci. La norma in materia è estremamente chiara, le agevolazioni legate alla decommercializzazione delle attività esercitate in diretta attuazione dei fini istituzionali sono solo quelle riservate agli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali. Ci preme sottolineare, ancora una volta, che la verifica del pacifico godimento dei benefici fiscali si articola su più fronti e in momenti successivi: - a monte l ente deve qualificarsi come ente non commerciale, ai sensi dell art. 73 del TUIR e deve svolgere attività, essenziale per il raggiungimento dei fini istituzionali, non commerciale; - se l ente è ente non commerciale ed è anche annoverabile in una delle 8 fattispecie recate dal comma 3 del 148, le quote differenziate pagate dai soci per prestazioni di servizi erogate in diretta attuazione dei fini istituzionali, non sono considerate attività commerciali; - in ogni caso, le prestazioni rese nei confronti di soggetti terzi, non soci, in diretta attuazione o meno dei fini istituzionali costituiscono esercizio di attività commerciale. Attenzione, il vigente quadro giuridico di riferimento anziché decommercializzare le attività ha provveduto alla loro detassazione, con l ovvia conseguenza che i proventi che non concorrono alla formazione del reddito non perdono il loro carattere intrinseco di

proventi di natura commerciale. E una linea molto sottile quella che divide le attività commerciali dalle attività commerciali decommercializzate!! Inoltre la decommercializzazione delle attività effettuate, in diretta attuazione dei fini istituzionali, nei confronti dei soci soggiace all ulteriore condizione, recata sempre dall art. 148, c. 8, del TUIR, del rispetto dei requisiti statutari. Anche in questo caso il rispetto non può limitarsi a una mera previsione statutaria (requisito formale) ma deve trovare esatta corrispondenza nell operato dell associazione (requisito sostanziale). Le clausole che il comma 8 richiede negli statuti (lo ricordiamo, redatti nella forma della scrittura privata registrata o autenticata o dell atto pubblico) sono le seguenti: - divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; - obbligo di devolvere il patrimonio dell ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoga o a fini di pubblica utilità, sentito l organismo di controllo di cui all art. 3, c. 190, legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge; - disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori di età il diritto di voto per l approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell associazione; - obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; - eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all articolo 2432, c. 2, C.C., sovranità dell assemblea dei soci, associati o partecipanti e criteri di loro ammissione o esclusione, criteri e idonee forme di

pubblicità per le convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; - intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa. La prevalenza della sostanza sulla forma trova ancora una volta puntuale riscontro in una recentissime sentenza (agosto 2011). La sentenza della CTP di Macerata n. 247/2/11 è relativa al ricorso presentato da una ASD di motocross avverso avviso di accertamento ai fini IVA per l anno 2005. Anche in questo caso sono interessanti le considerazioni che si possono avanzare dalla lettura della sentenza. La commissione rileva che l associazione non ha provveduto, per l anno di imposta oggetto di accertamento così come per le annualità successive, alle redazione ed approvazione del rendiconto economico finanziario entro 4 mesi dalla chiusura, così come non ha posto in essere tutte quelle attività proprie di una associazione, quali la convocazione e lo svolgimento delle assemblee così come non risulta avere soci se non i soci fondatori che hanno sottoscritto l atto costitutivo e lo statuto e risultano da libro soci. Ancora una volta prevale il dato sostanziale su quello formale: se è vero, come è, che tra le clausole statutarie deve essere previsto l obbligo di redazione ed approvazione di un rendiconto economico finanziario, così come le modalità di convocazione dell assemblea e delle deliberazioni da questa assunte, la previsione non può limitarsi ad una semplice enunciazione sulla carta, ma deve tradursi in comportamenti effettivamente adottati dall associazione, pena il legittimo dubbio che più che un associazione si tratti di una società. E questo è tanto vero quanto, a fronte della mancanza di prove documentali dell effettiva presenza di una vita associativa, la commissione si spinge ad affermare ha svolto una attività che non può definirsi senza scopo di lucro avendo conseguito negli anni 2003-2006 avanzi di gestione per complessivi euro 326.595,15 e le sue entrate derivano prevalentemente da fatture attive per pubblicità e sponsorizzazioni,

che comunque sono da considerarsi di natura commerciale. Ora, tralasciando per un momento l affermazione ha svolto una attività che non può definirsi senza scopo di lucro avendo conseguito negli anni 2003-2006 avanzi di gestione per complessivi euro 326.595,15, sulla quale torneremo poi, esaminiamo la constatazione che le attività svolte pubblicità e sponsorizzazioni sono attività commerciali. Sul punto non possono esserci dubbi, la pubblicità e le sponsorizzazioni sono attività commerciali, ma ciò che la commissione afferma, anche sull evidenza che l ente manca di una qualsiasi connotazione associativa, è che l attività essenziale è un attività commerciale e pertanto l ente è ente commerciale. Ritorniamo a ripetere quanto visto nelle sentenze citate precedentemente, vale a dire se l unica attività è un attività commerciale allora l ente è ente commerciale e decade da ogni agevolazione. Quanto poi all affermazione che il conseguimento di un avanzo di gestione, anche rilevante nel caso di specie, possa privare l ente del requisito della mancanza del fine di lucro può sembrare una contraddizione se non inquadrata nel contesto della sentenza. Ricordiamo che agli enti di cui al Libro I del Codice Civile è vietato lo scopo di lucro, nel senso che non possono distribuire l eventuale utile tra i soci (lucro soggettivo), mentre non è vietato il conseguimento di un utile (lucro oggettivo). Volendo interpretare quanto succintamente riportato nella sentenza, pare di intuire che i giudici di prime cure abbiamo inteso dire che l attività esercitata, per la quale non è stato documentato il totale reimpiego dell avanzo di gestione nell attività istituzionale, mancando un bilancio, disattende la previsione del divieto di distribuire utili e quindi si configura come ente con fine di lucro volto a remunerare i soci. Se viceversa l intento dei giudici fosse riconducibile al tenore letterale di quanto affermato, si tratterebbe di un evidente misunderstanding. Una precisazione che si rende assolutamente necessaria è relativa alla possibilità che un ente non commerciale possa svolgere anche attività commerciali. Attività commerciale e attività istituzionale, è binomio possibile!! E chiaro che l attività commerciale

eventualmente esercitata non deve essere prevalente rispetto all attività istituzionale e che quest ultima trovi idonea rappresentazione nei documenti contabili. Conclusioni La sentenze riportate, seppur esigue nella casistica, mettono comunque in luce l attività di controllo svolta nei confronti di enti non commerciali. L osservazione trova conferma nelle indicazioni degli organi centrali che, a seguito dell introduzione dell art. 30 del D.L. 185/2008, hanno pianificato un numero di controlli idoneo a supportare l effetto deterrenza indotto dal citato articolo. In tale ottica, alla luce dell emanazione delle Circolari 13/2009, 20/2010, 21/2011, non deve, né può, meravigliare lo spazio dedicato al controllo degli enti non profit. Senza voler sminuire il ruolo svolto da tali soggetti nella società, di cui costituiscono sicuramente una componente di assoluta rilevanza, è altrettanto indubbio che non sempre si sia riscontrata perfetta coincidenza tra finalità tutelate dal legislatore, e meritevoli del regime fiscale agevolato loro riservato, ed attività effettivamente esercitate. In tale ottica sono da considerare pregevoli le finalità perseguite in via generale poiché le circolari citate considerano taluni aspetti e forniscono indicazioni che, proprio per la particolarità del settore, risultano di estrema utilità anche nell intento di assicurare alle unità operative i presupposti necessari per garantire costantemente l assoluta coerenza tra il dato operativo e i vincoli giuridici. Trento, 14 ottobre 2011 Borghisani Chiara