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COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: (RM) DE CAROLIS (RM) LEPROUX (RM) ROSSI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (RM) CARATELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (RM) MARINARO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore MARINARO MARCO Nella seduta del 03/10/2014 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica Fatto I ricorrenti il 13/7/2012 hanno stipulato con la banca un mutuo di 96.533,36 finalizzato alla ristrutturazione di parte di un abitazione (immobile interamente di proprietà del padre della ricorrente). A garanzia delle loro obbligazioni, il padre della ricorrente, quale terzo datore di ipoteca, ha consentito che a suo carico ed in favore della banca venisse iscritta ipoteca sull intero immobile di sua proprietà per l importo di 193.066,00. L «operazione» in questione è stata seguita «interamente» dalla direttrice pro tempore della competente filiale della banca resistente, con la quale i ricorrenti dichiarano che avevano preso «accordi» per procedere, dopo i lavori di ristrutturazione e di divisione dell immobile, alla restrizione dell ipoteca. Poiché i suindicati lavori di ristrutturazione e divisione sono terminati il 18/01/2013, nel mese di marzo del 2013, appunto come da accordi precedentemente raggiunti, si sono nuovamente recati presso la filiale con tutti i documenti richiesti, per eseguire la restrizione ipotecaria. Non avendo trovato la direttrice, che aveva seguito la pratica di mutuo, ma che in quel momento si trovava in maternità, per istruire la pratica sono stati seguiti da un altra dipendente della medesima filiale. Nei primi giorni di aprile 2013 è stata eseguita la perizia dell immobile da parte dei consulenti Pag. 2/7

della banca, perizia che ha valutato 130.000,00 la parte d immobile di «loro spettanza», quindi «ben il 27% in più del mutuo concesso». È seguita una lunga attesa, durata ben tre mesi, e solo dopo vari solleciti sono riusciti a parlare con la direttrice ad interim della filiale, la quale li ha informati che la restrizione ipotecaria richiesta non era possibile perché non rientravano «nei parametri» ed erano «fuori standard». Dichiarano che quindi, chiesti ulteriori chiarimenti, la direttrice ad interim gli ha comunicato che se fosse stata presente la direttrice in carica, «l operazione sarebbe stata possibile». I ricorrenti lamentano di avere ricevuto risposte del tutto discordanti e ritengono di essere rimasti vittime di un criterio di valutazione soggettivo anziché basato sul «merito creditizio» e sulla presentazione di tutti i documenti necessari e completi. Ritengono, infine, di essere stati discriminati a causa del cambio di direttrice, senza alcuna spiegazione valida. I ricorrenti chiedono che il Collegio voglia «intervenire sul caso esposto», ossia che accerti il loro diritto alla chiesta restrizione ipotecaria. L intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue. Il 13/7/2012 i ricorrenti hanno stipulato con la banca un contratto di mutuo per un importo di 96.533,36, destinato in parte all estinzione di altre passività e in parte alla ristrutturazione dell immobile oggetto di ipoteca, di proprietà del padre della ricorrente (terzo datore di ipoteca). Una volta terminati i lavori di ristrutturazione, i clienti hanno provveduto a dividere catastalmente l immobile in questione in due appartamenti e a presentare a marzo 2013 richiesta di restrizione ipotecaria al fine di poter mantenere l ipoteca esclusivamente sull abitazione che in futuro sarà di loro proprietà, liberando di conseguenza da ogni gravame l appartamento del padre della ricorrente. Ad aprile 2013, ai fini dell istruttoria della pratica, è stata effettuata una nuova perizia sugli immobili oggetto di ipoteca e, sulla base dei dati emersi, la banca ha ritenuto di dover rigettare la richiesta avanzata dai ricorrenti. Preliminarmente la banca ribadisce che, come già più volte rilevato dall ABF, «[ ] la valutazione del così detto merito creditizio costituisce prerogativa dell istituto erogante ove una conclusione diversa finirebbe per violare la libertà negoziale dell intermediario [ ]» e che «[ ] la concessione di ogni forma di credito postula la presenza di determinati presupposti, la cui valutazione rientra nella facoltà discrezionale ed insindacabile della banca [ ]» (cita Collegio di Roma, dec. n. 2862 del 27/02/2011 e Collegio di Milano, dec. n. 696/2010). Ciò premesso, la banca richiama le disposizioni normative in materia e in particolare l art. 38, comma 2, TUB e la Circolare n. 229/1999 della Banca d Italia ( Istruzioni di vigilanza per le banche ), che nel Titolo V, Capitolo I, Sezione II dedicata al Credito fondiario, e precisamente all art. 1, prevede che «le banche possono concedere finanziamenti di credito fondiario per un ammontare massimo pari all 80% del valore dei beni immobili ipotecati [ ]». Tale disposizione fissa, dunque, un valore massimo di finanziabilità, senza precludere la possibilità che la banca, sulla base delle proprie discrezionali valutazioni sul merito creditizio, possa decidere ovviamente di concedere un finanziamento per importi minori. Oltre detto limite legale, la Circolare 263/2006 della Banca d Italia ( Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche ), individua una serie di parametri per la valutazione del rischio del credito, al fine di determinare la relativa ponderazione del rischio assunto, necessario per la copertura in termini di patrimonio di vigilanza. Al riguardo, nel Titolo II, Capitolo I, Parte I, Sezione IV, l art. 2, rubricato «esposizioni garantite da ipoteca su immobili residenziali» prevede che «alle esposizioni garantite da ipoteca su immobili residenziali si applica una ponderazione del 35 per cento a condizione che: a) ; b) ; c) l importo dell esposizione non ecceda l 80 per cento del valore dell immobile; tale limite può essere elevato fino al 100 per cento in presenza di garanzie integrative (condizione del loan-to-value - LTV)». L art. 39 del TUB, poi, nel disciplinare le ipoteche, al comma 5, prevede espressamente che «i debitori, ogni volta che abbiano estinto la quinta parte del debito originario, hanno diritto ad una riduzione proporzionale della somma iscritta. Essi hanno inoltre il diritto di ottenere la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati quando, dai documenti prodotti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscono una garanzia sufficiente ai Pag. 3/7

sensi dell art. 38». Nell individuare un diritto alla restrizione ipotecaria, osserva quindi la banca che la normativa sembra fissare due condizioni preliminari, ossia il rimborso di un quinto del debito contratto e la permanenza di una garanzia sufficiente in relazione ai limiti massimi di finanziabilità dell operazione, secondo quanto determinato dalla Banca d Italia. Nel caso di specie, il contratto di mutuo è stato concesso ai ricorrenti in virtù di un analisi istruttoria, che evidenziava la presenza di una garanzia immobiliare valutata, secondo apposita perizia di tecnico incaricato, 250.000,00, che, a fronte di una erogazione di euro 96.533,36, determinava un LTV pari al 38%. A seguito della richiesta di restrizione ipotecaria avanzata dai clienti, la banca ha ritenuto opportuno, in via preliminare, procedere con una nuova stima degli immobili offerti in garanzia: tale perizia ha rilevato che l immobile su cui sarebbe rimasta la garanzia ipotecaria presentava un valore di 130.000,00, che, a fronte di un debito residuo all epoca di 93.800,00 ca., determinava un LTV pari al 72%. Da tali dati emerge chiaramente secondo la banca come la garanzia ipotecaria prestata a suo favore a fronte della concessione di un credito subirebbe, a seguito della richiesta restrizione ipotecaria, un peggioramento notevole, pari quasi al doppio del LTV originario. Inoltre, relativamente all ulteriore condizione prefissata dall art. 39 del TUB, secondo cui occorrerebbe che sia stato rimborsato un quinto del debito contratto, nella fattispecie concreta tale condizione non sembra essere stata soddisfatta. Infatti, a fronte di un finanziamento concesso di iniziali 96.533,36, ad aprile 2013 il mutuo in parola presentava un capitale residuo di euro 93.800,00 ca., non soddisfacendo pertanto il requisito suddetto. La banca richiama, altresì, quanto prescritto nello stesso contratto di mutuo e in particolare nel documento di sintesi, allegato allo stesso contratto, dove nella sezione relativa alle informazioni generali sul mutuo, e più in particolare relativamente agli obblighi e limitazioni a carico del mutuatario, è specificamente richiesto il «mantenimento della consistenza e destinazione degli immobili oggetto di ipoteca, salvo il consenso scritto della banca». Ciò induce a escludere, secondo la banca, un diritto dei clienti a ottenere unilateralmente una variazione consistente della garanzia immobiliare, senza una approvazione da parte della banca medesima, a seguito di un adeguata istruttoria in merito. La banca sottopone altresì all attenzione del Collegio una sentenza del Tribunale di Ancona - Jesi del 16 luglio 2011, in cui si afferma che «dal combinato disposto degli artt. 39 e 38 TUB, dunque, si può procedere a riduzione dell ipoteca iscritta a garanzia delle obbligazioni derivanti da mutuo fondiario, quando rimane immutato o risulta più favorevole per la banca il rapporto somma finanziata residua da restituire/valore dei beni che rimangono ipotecati, in forza del quale è stato concesso l originario finanziamento [ ]». La banca ribadisce quindi che, nel caso qui interessato, il rapporto LTV, come emerge dalle perizie effettuate, subirebbe un notevole peggioramento, che giustifica il rifiuto espresso dalla banca, la quale ha ritenuto, a suo tempo, di contrarre il mutuo in questione e di concedere tale finanziamento a seguito di una complessa istruttoria di tutti gli elementi considerati nel loro insieme, necessari per una sua corretta valutazione, fra cui la presenza di una siffatta garanzia immobiliare. La banca fa infine presente di avere correttamente operato anche in termini di correttezza nei rapporti con la sua clientela. La stessa Banca d Italia è intervenuta in materia di trasparenza delle operazioni e servizi bancari con delle disposizioni (che costituiscono specificazione dei principi enunciati in via generale dal codice civile), in cui viene puntualizzato come l intermediario deve improntare le proprie relazioni con la clientela secondo criteri di buona fede e correttezza. Più recentemente, con la Comunicazione n. 993215 del 26/11/2012, la stessa Banca d Italia ha precisato che «ferma restando l autonomia delle banche nell assunzione delle scelte di erogazione del credito e nella definizione di livelli di rischio e rendimento coerenti con l obiettivo di garantire la sana e prudente gestione, è stato auspicato che le banche italiane affinino la loro capacità di selezionare il merito creditizio [ ]. Come specificato in altre occasioni, nel caso in cui l intermediario decida di non accettare una richiesta di finanziamento, andrà reso al cliente un sollecito riscontro; nell occasione, anche al fine di salvaguardare la relazione con il cliente, andrà Pag. 4/7

verificata la possibilità di fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito». Da tali disposizioni, per quanto emesse in relazione alle problematiche attinenti l erogazione dei finanziamenti alla clientela, può trarsi un principio più generale che impone di improntare le relazioni con la propria clientela a criteri di trasparenza e correttezza. In termini generali, come già ampiamente specificato, la restrizione ipotecaria postula la presenza di determinati requisiti e presupposti, oggetto di valutazione insindacabile della banca, la quale è tenuta ad operare nell ambito di corrette politiche gestionali miranti al contenimento del rischio della stessa e del più generale sistema creditizio. I clienti erano stati debitamente informati della necessità di effettuare ricerche e verifiche prodromiche e che tali attività non avrebbero garantito un riconoscimento automatico alla richiesta restrizione ipotecaria: solo a seguito di una valutazione attenta di tutti gli elementi diventa possibile addivenire ad una delibera consapevole. Tale esito negativo è stato comunicato ai ricorrenti non appena noto, come d altronde affermato dai clienti nello stesso ricorso in esame, indicando le motivazioni poste alla base della relativa delibera. Per quanto esposto, la banca chiede il rigetto del ricorso. Diritto 1. - La questione giuridica oggetto del ricorso verte sulla sussistenza o meno di un diritto dei mutuatari ricorrenti ad ottenere la restrizione dell ipoteca originariamente gravante su un immobile poi diviso e frazionato in due unità diverse attraverso lo svincolo di uno di essi. La richiesta dei ricorrenti si fonda sull art. 39, comma 5, T.U.B. che, secondo la loro prospettazione, attribuisce al debitore il diritto alla liberazione parziale di uno o più degli immobili ipotecati quando è documentato che la garanzia ipotecaria residua è sufficiente rispetto al mutuo ancora in essere secondo quanto previsto dall art. 38, comma 2, T.U.B. Nel caso di specie, la banca contesta sia la sussistenza di una garanzia residua sufficiente, a fronte di un eventuale accoglimento della richiesta in questione, sia la mancanza del requisito (a suo avviso, ulteriore e necessario) della previa estinzione della quinta parte del debito originario (art. 39, comma 5, T.U.B.). 2. - I presupposti di fatto non appaiono contestati e possono essere così schematizzati: - rapporto LTV alla stipula = 38% (somma mutuata 96.533,36, valore dell immobile 250.000,00); - rapporto LTV risultante dalla restrizione alla data della perizia = 72% (debito residuo 93.800,00 ca., valore del bene secondo perizia da lasciare in garanzia dopo la divisione dell unico originario immobile 130.000,00); - debito residuo in base al piano di ammortamento allegato alle controdeduzioni, aggiornato all aprile 2014 = 93.875,16 (percentuale di capitale rimborsato inferiore ad un quinto). 3. - Il punto controverso concerne la corretta interpretazione di quanto disposto dagli artt. 38, co. 2, e 39, co. 5, T.U.B. Ai fini dell individuazione dei presupposti necessari affinché sorga il diritto ad ottenere la restrizione ipotecaria, le questioni interpretative che tali norme pongono sono essenzialmente due. 3.1 - La prima questione interpretativa riguarda la riferibilità del requisito della estinzione del quinto del debito originario, previsto dal primo periodo dell art. 39, co. 5, T.U.B., anche alla fattispecie della restrizione dell ipoteca di cui al secondo periodo della medesima disposizione. Sul punto l interpretazione delle parti è divergente. Parte resistente sostiene, in particolare, la necessità che, ai fini della riconoscibilità di un diritto alla restrizione, sia verificata anche la sussistenza di tale requisito, condizione questa che non si riscontra nel caso di specie. Questo Collegio ha già avuto modo di affermare che detto presupposto non è riferibile alla restrizione ipotecaria, ritenendo la sostanziale alterità degli istituti della riduzione e della restrizione, previsti rispettivamente dal primo e dal secondo periodo del co. 5 dell art. 39 T.U.B. (in tal senso, Coll. Roma, dec. n. 213/2013 e dec. n. 6110/2014). Più recentemente sulla questione è intervenuto anche il Collegio di Coordinamento che ha Pag. 5/7

precisato come «le ipotesi individuate dall art. 39, quinto comma, T.U.B., siano alternative e che dunque il debitore abbia diritto alla riduzione della garanzia al ricorrere anche di una sola delle due ipotesi»; in definitiva il Collegio di Coordinamento ritiene che il disposto normativo richiamato «debba essere inteso nel senso che il debitore gravato da ipoteca abbia diritto a ottenere la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati quando dai documenti prodotti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscano una garanzia sufficiente, indipendentemente dall intervenuta estinzione della quinta parte del debito originario» (Coll. Coord., dec. n. 6137 del 19 settembre 2014). 3.2 - La seconda questione attiene così alla ricostruzione dei parametri alla luce di quali si deve valutare il carattere sufficiente della garanzia residua. Tale tema si interseca con la problematica concernente la delineazione della ratio di tutela del limite di finanziabilità di cui all art. 38, comma 2, T.U.B. (fissato dalla normativa secondaria nel rapporto massimo dell 80% tra capitale mutuato e valore del bene in garanzia). La posizione delle parti anche qui è divergente: i ricorrenti sostengono che, affinché sussista il requisito imposto dall art. 39, comma 5, T.U.B. è necessario e sufficiente che, per effetto della restrizione, il valore del debito residuo non superi l 80% del valore dell immobile che residua in garanzia; la resistente ritiene invece che il concetto di garanzia sufficiente vada parametrato sull indice LtV presente al momento della stipula del mutuo ipotecario - sulla base del quale è stato concesso il finanziamento - e che, dunque, la restrizione non possa essere concessa se il rapporto tra debito residuo e valore della garanzia rimanente dopo lo svincolo non sia superiore al rapporto sussistente tra capitale mutuato e valore della garanzia al momento della stipula. Resta fermo per la banca il principio in base al quale la restrizione ipotecaria postula la presenza di determinati requisiti e presupposti, oggetto di valutazione insindacabile della stessa, la quale è tenuta ad operare nell ambito di corrette politiche gestionali miranti al contenimento del rischio della stessa e del più generale sistema creditizio. Sul tema l orientamento già espresso dal Collegio in controversie analoghe è nel senso di ritenere che, assodata l insuperabilità dell indice LtV dell 80% imposto dalla normativa secondaria, l accertamento del carattere sufficiente della garanzia residua, al fine di riconoscere il diritto allo svincolo di una parte degli immobili gravati da ipoteca, vada effettuato in concreto, senza vincolarlo alla necessità che sia mantenuto costante per tutta la vigenza del rapporto di credito l indice LtV inziale. D altra parte, per negare l esistenza del diritto del cliente alla restrizione non appare corretto invocare l esistenza di un preteso diritto a conservare inalterato quello che viene definito come loan to value, cioè il rapporto tra valore del credito e valore della garanzia esistente all atto della concessione del finanziamento Infatti, la disciplina del credito fondiario non prevede un diritto del creditore al mantenimento di una specifica proporzione tra valore dell ipoteca e valore del credito diritto al mantenimento della proporzione che è quanto caratterizza, viceversa, tipicamente altre forme tecniche di finanziamento (basti pensare, per tutte, all anticipazione bancaria) ma unicamente il già ricordato diritto a che sia conservata una garanzia sufficiente per soddisfare il debito residuo; il che allora implica che, in presenza del presupposto di fatto indicato nella norma (che, come si è posto in evidenza risulta soddisfatto nel caso in esame), non si può rifiutare tale restrizione per la sola ragione che il rapporto originario viene ad essere percentualmente alterato (in tal senso, Coll. Roma, dec. n. 213/2013 e dec. n. 6110/2014; Coll. Napoli, dec. n.14/2012 e più recentemente dec. n. 5427/2014). Tantomeno per negare il diritto alla restrizione ipotecaria appare possibile invocare l insindacabilità della valutazione della banca in quanto una simile interpretazione priverebbe di alcun significato la seconda parte del comma 5 dell art. 39 T.U.B. e svuoterebbe di ogni contenuto il diritto che ivi invece viene affermato e del quale è titolare il debitore. Pertanto, seguendo quanto affermato dal Collegio di Coordinamento, nel caso in esame si deve constatare che sin dalla prima richiesta, parte ricorrente ha esplicitamente chiesto la liberazione dall ipoteca di una specifica porzione immobiliare, Trattandosi dunque di proposta volta a concludere un accordo modificativo del rapporto in essere, soggetta alla regola generale di cui all art. 1337 c.c., si deve ritenere che da un lato il debitore proponente non possa esercitare il proprio diritto alla restrizione in contrasto con la buona fede, e dall altro lato che il creditore oblato Pag. 6/7

non possa rifiutare irragionevolmente l individuazione dei beni da liberare proposta dal debitore, fatta salva la possibilità di controproporre una individuazione alternativa che sia idonea a salvaguardare il valore della garanzia senza annichilire il diritto del debitore ipotecato alla restrizione quando ne ricorrono i presupposti. (Coll. Coord., dec. n. 6137/2014).Peraltro, nel caso di specie non appare irrilevante rilevare come da quanto asserito dalla ricorrente e non specificamente contestato da controparte gli accordi fra le parti al momento della stipula del mutuo erano diretti a concentrare l ipoteca sull immobile che sarebbe restato in proprietà dei mutuatari, per cui, sussistendo margini di garanzia apparentemente sufficienti, risulterebbe ora non conforme a buona fede negare il diritto alla parziale liberazione dell immobile ipotecato, 3.3 - Né può scardinare l accoglimento della domanda formulata nel ricorso l eccezione dell intermediario che richiama quanto prescritto nello stesso contratto di mutuo o meglio dal documento di sintesi, allegato allo stesso contratto, dove nella sezione relativa alle informazioni generali sul mutuo, e più in particolare relativamente agli obblighi e limitazioni a carico del mutuatario, è indicato il «mantenimento della consistenza e destinazione degli immobili oggetto di ipoteca, salvo il consenso scritto della banca». Secondo la banca tale clausola conterrebbe uno specifico accordo tra le parti, finalizzato a preservare la valutazione di rischio dell operazione posta dalla banca alla base del proprio processo decisionale al momento della delibera del finanziamento. Ad avviso del Collegio tale clausola generale contenuta nel foglio di sintesi pur allegato al contratto non è invece da interpretare secondo quanto proposto dall intermediario e deve ritenersi non applicabile al caso di specie in quanto, proprio sulla base di quanto in essa disposto, la sua vigenza esula dalla chiesta restrizione ipotecaria, la quale trova puntuale disciplina nella citata disposizione di legge che deve intendersi come non derogabile, limitandosi a regolamentare le ipotesi in cui l immobile posto in garanzia venga unilateralmente sottratto alla garanzia da parte del debitore che ne alteri la consistenza e la destinazione. 4. - Appare dunque fondata la domanda proposta nel ricorso circa il diritto dei ricorrenti ad ottenere la restrizione ipotecaria richiesta secondo le modalità proposte e non contestate dall intermediario. P.Q.M. Il Collegio accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone inoltre che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7