Corte Suprema di Cassazione



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Corte Suprema di Cassazione Ufficio dei Referenti per la Formazione decentrata LA FILIAZIONE DOPO LA RIFORMA 14 novembre 2013 REPORT a cura del dr. Giuseppe Dongiacomo magistrato addetto all Ufficio del Ruolo e delmassimario L Ufficio dei Referenti per la formazione decentrata, il 14 novembre 2013, ha organizzato, presso l Aula Magna della Corte di Cassazione, un convegno dedicato all esame e alla discussione delle norme, sostanziali e processuali, introdotte dalla legge n. 219 del 2012 in materia di filiazione. Il convegno, che ha visto la presenza di numerosi ascoltatori, si è svolto alla presenza del dr. Giorgio Santacroce, Primo Presidente della Corte di Cassazione, che ha diretto i lavori, e del dr. Giuseppe Salmè, Presidente di Sezione della stessa Corte, che ha coordinato le relazioni svolte dal Prof. Giuseppe Berretta, Sottosegretario di Stato presso il Ministero della Giustizia, dal Prof. C. Massimo Bianca, Libero Docente di Diritto Civile, dalla Prof.ssa Gilda Ferrando, Ordinario dell Università di Genova, dal Prof. Michele Sesta, Ordinario dell Università di Bologna, dal Prof. Ferruccio Tommaseo, già Ordinario dell Università di Verona, dalla dr.ssa Maria Rosaria San Giorgio, Consigliere della Corte di Cassazione, dalla dr.ssa Gloria Servetti, Presidente di Sezione del Tribunale di Milano, e dalla dr.ssa Maria Carla Gatto, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia. Il Presidente Santacroce, nel suo discorso introduttivo, ha, in particolare, 1

sottolineato la nuova realtà familiare dei nostri giorni, caratterizzata sempre di più dalla presenza di una molteplicità di modelli familiari, alla base dei quali non sempre c è in matrimonio, e dalla ormai raggiunta normalità sociale della convivenza senza matrimonio, e, quindi, l importanza della nuova disciplina che, a partire dal 2 gennaio 2013, allo scopo di adeguare il diritto di famiglia all evoluzione della società, ha equiparato i figli di genitori non sposati ai figli nati nell ambito del matrimonio, in tal modo superando, in attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza e tutela della prole, contenuti negli artt. 3 e 30 della Costituzione, una discriminazione oramai anacronistica e completando, dopo oltre 35 anni, la riforma del 1975. Il nucleo essenziale della Riforma è, quindi, costituito ha continuato il Presidente Santacroce dal principio generale, contenuto nel nuovo art. 315 cod. civ., per cui i figli hanno lo stesso stato giuridico: sono, cioè, tutti uguali ed hanno gli stessi diritti, senza specificazione, qualificazione o attributo di sorta. La nuova legge supera la distinzione tra figli di serie A, nati in costanza di matrimonio, e figli di serie B, nati fuori del matrimonio: ed infatti, un figlio potrà essere riconosciuto dal padre e dalla madre anche se uniti in matrimonio con un altra persona al momento del concepimento ed il riconoscimento può avvenite tanto congiuntamente quanto separatamente, con effetto, rispetto alla riforma del 1975, non solo nei confronti dei genitori ma, in base alla nuova nozione di parentela che la nuova legge ha affermato, anche sui parenti e gli affini di ognuno di essi. Il Presidente Santacroce, infine, nel sottolineare come le nuove norme non mancano di porre nuove e delicate questioni, come l attribuzione al tribunale ordinario della competenza anche in materia di controversie sull affidamento dei figli nati fuori del matrimonio e la previsione dell ascolto del minore in tutte le controversie che lo riguardano da parte del Presidente del Tribunale o di un suo delegato, ha evidenziato che, a seguito 2

dell approvazione della nuova legge, risulti profondamente modificata la nozione stessa di famiglia legale, che non risulta più necessariamente fondata sul matrimonio, visto che tra i suoi componenti si costituiscono legali giuridici che dichiaratamente prescindono da esso, affermando, quindi, la necessità di un nuovo diritto di famiglia, di livello europeo, che prenda atto dello sviluppo della famiglia nucleare che ruota più intorno ai figli che alla coppia. Il Presidente Salmè, dal suo canto, dopo aver evidenziato la tempestività dell iniziativa promossa dall Ufficio dei referenti per la formazione decentrata, ha osservato, in sintesi, come la tesi per cui la riforma della filiazione costituisca l attuazione delle norme della Costituzione è solo parzialmente vera: l art. 30, infatti, ha previsto la tutela giuridica dei figli naturali ma solo compatibilmente con i diritti dei componenti della famiglia legittima. Da questo punto di vista la riforma ha voluto coordinare le norme costituzionali in materia di famiglia con i principi dettati dagli artt. 2 e 3 e dalle convenzioni internazionali, riconoscendo l esistenza di numerosi modelli di famiglia. Anche il Presidente Salmè non ha mancato di osservare che la riforma presenta profili critici, sia sul piano sostanziale, come in materia di adozione in casi particolari e di cognome dei figli, sia sul piano processuale, come il rito in caso di cumulo dei procedimenti. Il Sottosegretario di Stato, Prof. Giuseppe Berretta, ha evidenziato che la riforma della filiazione è il frutto del lavoro svolto dalla commissione di studio per le questioni afferenti la famiglia, presieduta dal Prof. Bianca, e dal supporto fornito da associazioni rappresentative di magistrati e dagli ordini professionali, come quelli degli avvocati, dei notai, dei psicologi e degli assistenti sociali, oltre che dell associazione nazionale ufficiali dello stato civile e d anagrafe. 3

La nuova disciplina, il cui testo è stato sottoposto ad una consultazione pubblica organizzata dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, non ha ricevuto il giusto risalto mediatico: eppure - ha continuato il Prof. Berretta - costituisce una scelta di civiltà, una vera e propria rivoluzione che imporrà modifiche persino nel linguaggio, con il superamento di termini odiosi come figliastro o fratellastro, finalmente adeguando, con la fine della contrapposizione di origine napoleonica tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio, la legislazione italiana a quelle degli altri paesi europei e alle norme sovranazionali, come l art. 21 della Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell Unione Europea e la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo (CEDU), che all art. 14 vieta qualsiasi discriminazione. Il processo di parificazione dei figli naturali e legittimi, iniziato con la riforma del 1975 e proseguito, in tema di affidamento condiviso, nel 2006, viene, così, portato a compimento: la riforma stabilisce che tutti i figli hanno lo stesso status giuridico, con eguali diritti ed uguali doveri, così prendendo atto che quello della famiglia legittima, fondata sul matrimonio, non costituisce più l unico modello di convivenza familiare riconosciuto dal legislatore. Altrettanto importante - - ha continuato il Prof. Berretta è la parte in cui la riforma ha sostituito la nozione di potestà genitoriale con quella di responsabilità genitoriale: a voler in tal modo evidenziare che il rapporto genitori figli viene disciplinato avendo riguardo ai diritti dei figli nei confronti dei genitori, come ben chiarito, sul piano sostanziale, dall art. 315 bis cod. civ. e, sul piano processuale, dal principio dell ascolto del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano e dalla fissazione del termine di cinque anni dalla nascita per l esercizio dell azione di disconoscimento della paternità. Anche il Prof. Berretta, infine, non ha mancato di evidenziare la necessità di completamento del disegno riformatore, specie in materia di ripartizione delle competenze tra tribunale ordinario, giudice tutelare e tribunale dei 4

minorenni. Il Prof. Bianca, presidente della Commissione che ha elaborato la riforma, ne ha evidenziato l importanza sia sul piano del linguaggio, con il superamento di qualifiche che, un tempo, marchiavano i figli nati fuori del matrimonio relegandoli in uno stato di inferiorità, sia sul piano del diritto, dove, in sostanza, la nuova disciplina ha affermato il dovere dei genitori di amare i figli ed il diritto dei figli ad essere amati. Il Prof. Bianca ha, poi, rilevato come il testo della nuova disciplina non merita le critiche che sono state rivolte: la riforma, infatti, deve essere completata con l emanazione del decreto legislativo di esercizio della delega contenuta nella legge n. 219. La Prof.ssa Ferrando ha sottolineato la principale novità, sul piano del diritto sostanziale, contenuta nella legge di riforma, e cioè il principio di eguaglianza, per cui, in attuazione dei principi costituzionali e delle norme europee, tutti i figli hanno eguale status giuridico, senza distinzioni, mentre la parentela è, di conseguenza, identificata in relazione al vincolo derivante dalla discendenza dal medesimo stipite. La nuova legge in tema di filiazione ha inteso, in tal modo, assicurare tutela giuridica al figlio in ogni ordine di rapporti indipendentemente dal vincolo esistente tra i genitori, così realizzando, a distanza di circa 40 anni dalla riforma del 1975, una netta separazione tra filiazione e matrimonio, peraltro non senza limiti, come in tema di revocazione delle donazioni per sopravvenienza dei figli, che ancora distingue tra figli nati fuori o nel matrimonio. Quanto al piano processuale, la Prof.ssa Ferrando ha rilevato che la riforma ha innovato, in funzione della tutela dell interesse del minore, in tema di riconoscimento e dichiarazione giudiziale in luogo del consenso nonché di 5

dichiarazione giudiziale di paternità e maternità e di azione di disconoscimento di paternità, in ordine alla quale, in particolare, la nuova disciplina ha previsto l imprescrittibilità solo per l azione del figlio, fissando un termine di decadenza per l esercizio dell azione da parte degli altri legittimati. La Prof.ssa Ferrando, infine, ha osservato che la riforma non ha disciplinato l accertamento della maternità, evidenziando l opportunità che anche il nostro ordinamento si adegui al principio, diffuso in tutta Europa, del metodo automatico sia pur con la riserva per la donna di partorire in anonimato. Anche il Prof. Sesta ha rilevato come le novità più importanti della riforma son costituite dal principio dell unicità dello status di figlio e dalla definizione della parentela come il legame tra persone che discendono dallo stesso stipite, tant è che il riconoscimento ha effetto sia nei confronti del genitore da cui è stato fatto che dei suoi parenti: il figlio naturale viene in tal modo inserito, a differenza del passato, nella famiglia estesa, indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel o fuori del matrimonio, al punto da potersi perfino dubitare della compatibilità del nuovo assetto con le norme della Costituzione che, all art. 29, pone il matrimonio quale elemento costitutivo della famiglia, ed, all art. 30, tutela i figli naturali nei limiti in cui ciò è compatibile con i diritti dei componenti della famiglia legittima. Quanto agli effetti che la nuova legge ha comportato in tema di successioni, il Prof. Sesta ha evidenziato come, in conseguenza delle modifiche apportate agli artt. 74 e 258 cod. civ., il figlio anche di genitori non coniugati, divenuto parente dei relativi consanguinei, è divenuto erede legittimo degli stessi a norma degli artt. 565 ss cod. civ.. E non solo: la riforma ha, in sostanza, modificato anche le norme in materia di successione per rappresentazione, posto che l art. 468 cod. civ. deve 6

essere inteso nel senso che la rappresentazione ha luogo anche a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle naturali, e di successione necessaria, dovendosi includere tra i legittimari anche gli ascendenti naturali. Deve, inoltre, ritenersi abrogato - ha continuato il Prof. Sesta - l istituto della commutazione previsto dall art. 537, comma 3, cod. civ.. Il Prof. Sesta, infine, ha rilevato che le nuove norme presentano, quanto ai profili successori, alcuni dubbi interpretativi in tema di figli adottati e di figli non riconosciuti nonché di diritto intertemporale. Il Prof. Tommaseo si è occupato principalmente dei profili processuali della riforma evidenziandone i limiti e le lacune. In particolare, l art. 3 della legge n. 219, modificando l art. 38 disp. att. cod. civ., ha attribuito le competenze sulle controversie de potestate, finora attribuite al tribunale per i minorenni, al tribunale ordinario quando innanzi a quest ultimo sia in corso tra le stesse parti un giudizio di separazione, di divorzio o una controversia sull esercizio della potestà nell ambito della famiglia legittima prevista dall art. 316 cod. civ., mentre non sembra che analoga possibilità di sottrazione sussista quando tra le stesse parti siano pendenti controversie riguardanti la filiazione naturale a norma dell art. 317 bis cod. civ., anch esse attratte alla generale competenza del tribunale ordinario, in tal modo perpetuando, in ordine a tale profilo processuale, una disparità di trattamento tra filiazione legittima e filiazione naturale eliminata sul piano sostanziale. La nuova legge, poi, ha previsto che il giudice può imporre al genitore, obbligato al mantenimento della prole, di prestare garanzie reali o personali, quando esista il pericolo che si sottragga a tale obbligo, così riproducendo quanto già previsto dall art. 156 cod. civ. e dell art. 8 l. div. ma senza scioglierne i dubbi interpretativi in ordine alla necessità di una specifica domanda ed alla natura del provvedimento e alla sua attuazione. 7

La riforma, inoltre, prevede che il giudice ordini ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all obbligato, di versarle direttamente agli aventi diritto, rinviando all art. 8 l. div. che, però, a differenza dell art. 156, comma 6, cod. civ., non prevede ordini giudiziali nei confronti dei terzi ma solo che il creditore possa formulare un invito ad adempiere. La riforma ha osservato ancora il Prof. Tommaseo ha, in sostanza, dato preminente attenzione ai profili sostanziali della disciplina mentre minor cura ha riservato ai profili riguardanti l amministrazione della giustizia minorile, ancora oggi affidata, nonostante il restringimento della competenza del giudice specializzato, alla diarchia tra tribunale ordinario e tribunale minorile, nonostante la diffusa e dichiarata volontà di introduzione di una un tribunale per la persona e le relazioni familiari, con competenza per tutti i procedimenti in materia di persone, famiglia e minori. D altra parte, ha aggiunto il Prof. Tommaseo, il rafforzamento dei diritti dei figli, che la riforma ha inteso assicurare sul piano sostanziale, non può prescindere - anche allo scopo di dare effettiva attuazione alle norme convenzionali, universali ed europee, come le Convenzioni di New York e di Strasburgo, ed alle Linee Guida sulla giustizia a misura di minore, adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d Europa nel novembre del 2010 - dalla predisposizione degli strumenti processuali che ne garantiscano la tutela: una necessità che si esprime non solo con il diritto del minore di essere ascoltato, che il Governo è chiamato a garantire in tutte le procedure che lo riguardano, ma anche con il diritto di essere rappresentato e difeso: la nuova disciplina, invece, nulla dice in ordine alla rappresentanza processuale e alla difesa tecnica del minore. La Riforma, del resto, sembra limitare, anziché ampliare, il diritto del minore di accedere alla giustizia, come nel caso delle incertezze che possono derivare dal nuovo testo dell art. 250, comma 4, cod. civ., che, in caso di 8

opposizione al riconoscimento successivo non venga riproposta in sede giudiziale nei termini di trenta giorni dalla notifica del ricorso, si limita a stabilire che il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante senza far parola dell audizione del minore capace di discernimento, senz altro necessaria, e neppure delle regole del procedimento da seguire. Coerente, invece, con il principio dettato dalle Linee Guida, per il quale in tutti i procedimenti che coinvolgono i minori il principio dell urgenza deve essere applicato per favorire risposte rapide e per proteggere al meglio l interesse superiore del minore, è la norma del nuovo testo dell art. 38 disp att. cod. civ., secondo il quale il rito camerale deve informare tutti i procedimenti civili in materia di giustizia minorile, con l aggiunta che nei procedimenti in materia di affidamento di mantenimento dei figli minori si applicano gli artt. 737 ss. cod. proc. civ.. Il rito camerale, peraltro, ha rilevato il Prof. Tommaseo, non trova applicazione quando sia prevista una diversa e specifica disciplina processuale, come nei casi dei processi di separazione e divorzio, che restano governati dalle regole per essi previste anche quando, nel loro ambito, si controverte dell affidamento o del mantenimento dei figli minori, ovvero nel caso del procedimento dell art. 316 cod. civ., che trova applicazione anche nel caso di famiglia naturale e non più soltanto quando i genitori naturali siano conviventi. Il Prof. Tommaseo ha, infine, evidenziato la necessità di alcune modifiche, come, in particolare, quella sul diritto all ascolto, che, inopportunamente, può essere pretermesso quando sia manifestamente superfluo in quanto relativo a fatti accertati o non contestati, laddove l ascolto non rileva come dichiarazione di scienza con finalità istruttorie ma serve a raccogliere una manifestazione di volontà del minore, che questi ha sempre il diritto di effettuare ed il giudice il dovere di conoscere. 9

La dr.ssa Maria Rosaria San Giorgio, consigliere della Corte di cassazione, si è soffermata sul tema della responsabilità genitoriale, evidenziando, in particolare, che l art. 2, comma 1, lettera h), della legge n. 219 del 2012 aveva delegato il Governo a procedere alla unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e di quelli nati fuori del matrimonio, delineando la nozione di responsabilità genitoriale quale aspetto dell esercizio della potestà genitoriale: formula, quella riferita, non del tutto felice, se si considera come in dottrina non si è trascurato di considerare - che, se mai, è la potestà a rappresentare un aspetto della responsabilità. L attuazione della delega è stata realizzata dagli artt. da 39 a 55 dello schema di decreto legislativo, che novellano il Titolo IX del libro I del codice civile (artt. 315-337-octies) rubricandolo Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio : in particolare, l art. 39 dello schema novella l art. 316 cod. civ., sostituendo alla potestà dei genitori la responsabilità genitoriale. Contrariamente alle indicazioni della delega ha continuato la dr.ssa San Giorgio - l art. 316 cod. civ. non delinea però la relativa nozione. Nella Relazione di accompagnamento la scelta viene spiegata con la esigenza che detta nozione sia riempita di contenuti in ragione della evoluzione socioculturale dei rapporti genitori-figli. Il concetto si trova, invece, chiarito nelle fonti internazionali: in particolare, l art. 2, n. 7, del Regolamento CE n. 2201/2003 definisce la responsabilità genitoriale come il complesso dei diritti e dei doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita. La prospettazione che valorizza il profilo dei diritti dei figli verso i genitori, sostanzialmente estranea alla tradizionale nozione di potestà, si era, infatti, già fatta strada nelle convenzioni internazionali. Per effetto della nuova concezione del rapporto genitori-figli, questo cessa di essere incentrato sul 10

potere dell adulto nei confronti del minore e sulla corrispondente situazione di soggezione del figlio, e rinviene il proprio nucleo fondamentale nell impegno che i genitori devono assumere nei confronti del figlio, sicchè la potestà diviene strumento per la realizzazione del dovere genitoriale di educazione, formazione e realizzazione degli interessi della prole. Del resto, la Corte costituzionale, già nel 1992, con la sent. n. 132, aveva chiarito che la potestà dei genitori è riconosciuta dall art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione, non come loro libertà, ma come diritto-dovere che trova nell interesse del figlio la sua funzione ed il suo limite. Tuttavia, la totale obliterazione della figura della potestà genitoriale, operata nel decreto legislativo, a fronte del criterio direttivo di cui alla delega, potrebbe indurre il dubbio di una esorbitanza dai limiti posti al Governo dal legislatore delegante, che lo aveva investito solo del compito di armonizzare l ambito della responsabilità genitoriale quale profilo della potestà. La dr.ssa San Giorgio, infine, ha evidenziato che particolari problemi ermeneutici pone la tecnica, adottata dal legislatore delegato, di sostituire tout court la espressione potestà genitoriale con l altra responsabilità genitoriale, con riguardo all art. 330 cod. civ., che disciplina la decadenza dal relativo esercizio, là dove non risulta chiaramente individuabile la nozione di decadenza dalla responsabilità, mentre molto più evidente appare il concetto di decadenza dalla potestà, e cioè dall esercizio di un diritto del genitore. La dr.ssa Gloria Servetti, Presidente di Sezione del Tribunale di Milano, ha, dal suo canto, esposto le soluzioni applicative ed interpretative fornite dalla sua sezione evidenziandone l obiettivo di fondo, e cioè, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati dalle nuove norme, garantire ai cittadini un procedimento per quanto possibile celere e semplificato, caratterizzato dal rispetto del principio del contraddittorio e dalla valorizzazione dell attività conciliativa del giudice. 11

Il tribunale di Milano - ha evidenziato il Presidente Servetti ha, in particolare, ritenuto che: 1) nelle controversie genitoriali di cui all art. 317 bis cod. civ., la natura camerale del procedimento previsto dagli artt. 737 ss cod. proc. civ. e 38 disp. att. cod. civ., non esclude la possibilità di pronunciare provvedimenti provvisori, poiché il procedimento non la nega espressamente e poiché è prevalente l interesse del minore ad una immediata regolamentazione dei suoi rapporti con i genitori al fine di evitare che la situazione di incertezza di diritti e doveri dei genitori non coniugati determini una gestione confusa ed irrazionale degli interessi della prole, tanto più che le parti possono sempre chiederne al giudice la revoca o la modifica o comunque la revisione; 2) la gestione del contenzioso inerente le controversie tra genitori non uniti da matrimonio deve offrire al nucleo familiare in crisi l opportunità, analogamente a quanto previsto nel rito della separazione o del divorzio, di una fase preliminare di tipo conciliativo, nella quale il giudice delegato, al quale il tribunale rimette il procedimento quando ritiene opportuno il tentativo di conciliazione, suggerisce ai genitori un possibile assetto delle nuove dinamiche relazionali: in tale fase, ai genitori viene concesso un lasso di tempo ragionevole per valutare la proposta del giudice che, se accettata, si conclude con un accordo recepito dal collegio; se il tentativo di conciliazione non ha esito positivo ed in tutti i casi in cui il relativo tentativo non appare opportuno, il collegio provvede alla definizione giudiziale del procedimento, previa udienza di comparizione dei genitori. La dr.ssa Maria Carla Gatto, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia, infine, ha evidenziato come, a fronte delle incertezze interpretative conseguenti alla nuova legge, l esigenza di garantire la tutela del minore ha indotto il tribunale ordinario ed il tribunale per i minorenni di Brescia a stipulare, nel rispetto delle linee guida sulla giustizia minorile, un protocollo di 12

intesa affermando i seguenti principi: 1) se il giudizio de potestate ex art. 333 cod. civ. è proposto ex novo da uno dei genitori innanzi al tribunale per i minorenni, quando sia già pendente un giudizio di separazione, divorzio o ex art. 317 bis cod. civ., il tribunale per i minorenni deve dichiarare le propria incompetenza, essendo competente il tribunale innanzi al quale è in corso tra le stesse parti un giudizio separativo; 2) se, invece, il giudizio de potestate ex art. 333 cod. civ. è proposto da uno dei genitori innanzi al tribunale per i minorenni in assenza di giudizio separativo e questo sia instaurato solo successivamente, le domande de potestate devono essere riunite con quelle di separazione, divorzio o ex art. 317 bis cod. civ. a norma degli artt. 40 e 274 cod. proc. civ. per l evidente connessione tra gli stessi; 3) se, infine, il giudizio de potestate ex art. 333 cod. civ. è proposto innanzi al tribunale per i minorenni dai parenti legittimati ex art. 336 cod. civ. mentre è in corso tra i genitori un giudizio separativo, il tribunale per i minorenni rimane competente poiché la norma afferma la vis attractiva del tribunale ordinario solo se il giudizio di separazione penda tra le stesse parti e sempre che sia effettivamente in corso ; 4) l art. 38 disp. att. cod. civ. non attribuisce al giudice ordinario, pur in pendenza di un giudizio separativo tra le stesse parti, la competenza a pronunciare la decadenza dalla potestà di un genitore a norma dell art. 330 cod. civ. 13

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