ASPETTI FINANZIARI DELLA CRISI E PROSPETTIVE



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Crisis in a Global Economy. Re-planning the Journey Pontifical Academy of Social Sciences, Acta 16, 2011 www.pass.va/content/dam/scienzesociali/pdf/acta16/acta16-gottitedeschi.pdf ASPETTI FINANZIARI DELLA CRISI E PROSPETTIVE A parte una brevissima premessa, proporrò una mia interpretazione dell origine della crisi. È un interpretazione che non è la prima volta che ho occasione di discutere, però desidero anticiparvi un interpretazione che è messa sempre in discussione perché ha motivazioni di carattere morale. Poi parlerò dello sviluppo di questa crisi, riprendendo in malo modo quello che ha già detto Mario Draghi. Poi farò una brevissima conclusione. Quando sentiamo parlare di questa crisi, molto spesso in sintesi abbiamo l impressione che ci sia stato uno scontro tra una finanza globale e regolamenti (invece) domestici. Normalmente qualcuno ci mette anche la magia, legata a prodotti finanziari più o meno sofisticati. Come diceva Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, l uomo ha degli strumenti molto sofisticati in mano, ma non ha più la saggezza, la competenza e la maturità per gestirli, per cui gli sfuggono di mano. In realtà, io ho un interpretazione, perlomeno sull origine, che è lievemente diversa. Io non credo che l origine sia stata lo scontro tra una finanza globalizzata e, diciamo, sistemi invece periferici e domestici di controllo. L origine della crisi per me lo affermo anche con un tono abbastanza provocatorio nasce col crollo della natalità. Il crollo della natalità, tra il 1968 fino agli anni 80, provoca crescita zero della popolazione. La crescita zero della popolazione ha un effetto sul crollo dello sviluppo, perché lo sviluppo del PIL, se la popolazione non cresce, può essere solo nella crescita dei consumi pro capite. Così si cerca di compensare il crollo dello sviluppo utilizzando degli strumenti che normalmente sono strumenti più o meno schumpeterianamente logici o, a volte, illogici. Ricordo la tesi del Professor Ehrlich, della Facoltà di Biologia dell Università di Stanford, che nel 1968 scrisse Il boom demografico prevedendo centinaia di milioni di morti di fame (in Asia soprattutto) prima del 2000 se la popolazione fosse continuata a crescere. Successivamente l MIT, Massachusetts Institute of Technology, con il Club di Roma, ridimensionò un poco le stime che aveva fatto

476 Ehrlich. L MIT e il Club di Roma corressero un poco le previsioni di Ehrlich, portando le centinaia di milioni di persone a qualche decina di milioni di persone che sarebbero morte di fame. Ricordiamo cos è successo: tra il 1975 e gli anni 80 il tasso di crescita popolazione, che era stato negli ultimi 10 anni intorno al 4-4,5%, nel mondo occidentale scende progressivamente a zero. Tra l 80 e l 85 il tasso di crescita e lo sviluppo della triade economica, cioè del mondo occidentale, Europa, Stati Uniti e Giappone, crolla di 4-5 punti percentuali e il mondo comincia a preoccuparsi. Cosa fa il mondo che si preoccupa? Anzi, meglio, di cosa si preoccupa? Voi sapete che, se la popolazione non cresce, ci sono due fenomeni che immediatamente appaiono: prima aumentano i costi fissi, e questo è semplice da capire perché la struttura della popolazione invecchia, ci sono meno persone che entrano nel ciclo produttivo a produrre e più persone che escono e che vanno a costare per pensioni, sanità etc. L aumento dei costi fissi provoca immediatamente un fenomeno conseguente, che è la difficoltà a ridurre le tasse, anzi, le tasse aumentano. Nel 1975, nel nostro paese, il peso fiscale sul prodotto interno lordo era del 25%: nel 1995 va al 35% e oggi è superiore al 45%. Poi c è un altro fenomeno estremamente interessante. Quando crolla il tasso di natalità, crolla il tasso di crescita degli asset finanziari, incomincia a decrescere il tasso di accumulazione del risparmio. Come viene compensato, nel mondo occidentale, questo crollo della crescita, dovuto al crollo della natalità? Attraverso tre interventi di carattere economico estremamente logici, vi dicevo prima, schumpeteriani. Il primo è maggior produttività. È ovvio, no? Se una famiglia deve aumentare il suo potere d acquisto e il suo PIL, cosa fa il papà? Va a fare gli straordinari. Gli straordinari sono stati equivalenti alla net technology, una maggiore produttività, ma la maggiore produttività non è stata sufficiente a compensare l esigenza di budget che doveva crescere per assorbire anche un andamento molto ciclico delle spese belliche. Le spese belliche sul PIL nel mondo nordamericano sono passate dal 14% al 4% alla fine della guerra fredda e sono ritornate a crescere a ritorni consistenti dopo l 11 settembre. Un paese importante come gli Stati Uniti non può permettersi di avere un crollo del tasso di crescita del prodotto interno lordo. Perciò ha dovuto sostenerlo. La delocalizzazione è stata il secondo modello per sostenere la crescita del PIL è un fenomeno estremamente interessante. Incomincia circa 20 anni fa con il trasferimento in Asia di una certa serie di produzioni a cosiddetto basso costo. Il processo di delocalizzazione, che è stato, secondo me, strategicamente mal gestito dal mondo occidentale, ha permesso si all Asia di accrescere rapidissimamente il suo tasso di sviluppo e diventare un area geogra-

ASPETTI FINANZIARI DELLA CRISI E PROSPETTIVE 477 fica che ha accelerato il tasso di sviluppo. Noi attraverso la delocalizzazione abbiamo permesso all Asia di diventare ricca, però noi non abbiamo definito nessuna strategia industriale ed economica del mondo occidentale. Questi due processi, quindi soprattutto maggior produttività e delocalizzazione, hanno sì compensato in parte il crollo dello sviluppo che era legato al crollo della natalità, ma non in maniera sufficiente. Che cosa è stato quindi necessario fare per compensare definitivamente quest esigenza di crescita? Spingere il consumismo a debito. Questo è un punto fondamentale signori, chiunque di noi può aumentare, di fatto, per un periodo di tempo breve, il suo PIL, basta che qualcuno gli dia dei soldi e lui possa indebitarsi e spendere. Inizia quindi un fenomeno che progressivamente arriva, come spiegava prima il nostro Governatore Mario Draghi, agli eccessi dei cosiddetti subprime che hanno portato ad una situazione che vi voglio mostrare con due grafici interessanti che spiegano in maniera molto chiara, secondo me, che cos è successo negli ultimi dieci anni. Guardate questo: questo qui è il debito del sistema. Che cos è il debito di un sistema? Quando noi pensiamo al debito di una nazione, normalmente pensiamo al debito pubblico, però il debito di un sistema non è debito pubblico, è debito pubblico, debito privato, debito delle industrie e debito delle istituzioni finanziarie. Questi quattro debiti fanno il debito di un sistema e, come tali, vanno valutati nel loro tasso di crescita. Guardate (Fig. 1), nel 1998 il debito del sistema Italia (che è curiosamente più o meno uguale a quello degli Stati Uniti) era il 200% del PIL e arriva nel 2008 a diventare il 300% del PIL, cioè aumenta del 50%. È interessante notare che il peso, su questo debito totale del sistema, il peso per l Italia del debito pubblico equivale al peso, negli Stati Uniti, del debito delle famiglie, circa il 33-35%. Fatto uguale a 100 il debito del sistema, le famiglie negli Stati Uniti hanno lo stesso peso del debito che ha in Italia il debito pubblico. Questo è interessante rilevarlo perché spiega il diverso modello di recovery tra USA e Italia. La prima sta nazionalizzando il debito privato (insostenibile) mentre l Italia sta privatizzando il debito pubblico. Adesso vi faccio vedere un altro grafico (Fig. 2) che spiega la situazione negli Stati Uniti. Nel 1998 il peso del debito delle famiglie americane sul prodotto interno lordo era del 68%. Arriva nel 2008, dieci anni dopo, al 96%. Vedete la crescita a debito consumistico tutta posta sulla famiglia. Quanto vale questa crescita sul prodotto interno lordo? Vale 28 punti percentuali, dal 68 al 96%. Se io divido, in maniera molto grezza, 28 per 10 anni, io ho il 2,8% all anno, diciamo circa un 3%, cioè su 3,2-3,5 di tasso di crescita medio americano in dieci anni, il 90% è dovuto all indebitamento delle famiglie americane.

478 Fig. 1. Fonte/Source: McKinsey. Fig. 2. Fonte/Source: BCG.

ASPETTI FINANZIARI DELLA CRISI E PROSPETTIVE 479 Riguardo le banche, non voglio ripetere quello che ha detto il nostro Governatore, evidenzio solo un fenomeno. Il rapporto impieghi sui capitali propri passano dalle 12 volte del 1998 fino a 30 volte nel 2008, in dieci anni (Fig. 3), il che è anche comprensibile, evidentemente. Qualcuno i soldi doveva tirarli fuori Che cos è la conseguenza di tutto questo? La conseguenza di questo gonfiamento enorme del debito è un esposizione molto forte, un esposizione che sta in piedi soltanto perché teniamo i tassi zero, perché se no gli stati dovrebbero pagare degli interessi alti, le famiglie dovrebbero pagare interessi più alti, l industria e così via e tutti dichiarerebbero default. I tassi si tengono bassi, ma i tassi bassi sono un ingiustizia e non sono supportabili per molto tempo, perché un tasso zero significa trasferimento di ricchezza da chi è stato virtuoso, cioè da chi ha generato risparmio (che ovviamente viene penalizzato) a chi è indebitato e non solo, i tassi zero provocano evidentemente anche stimoli alla speculazione. Che cosa bisogna fare quindi in questo momento? Il modello, con un termine anglosassone di quello che stiamo facendo e che dobbiamo fare si chiama deleveraging, cioè sgonfiamento, dobbiamo sgonfiare il debito. Ma lo sgonfiamento non sarà uguale negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, sarà completamente diverso, ognuno adotterà un suo modello, in funzione di cosa? Fig. 3.

480 Innanzitutto in funzione di dov è il debito. Negli Stati Uniti il debito è soprattutto nelle famiglie, quindi è comprensibile che sulle famiglie non si possa fare più di tanto. Infatti negli Stati Uniti chi sta guidando il tentativo di ricrescita non è di sicuro il privato, è il governo americano. Che cosa succederà non lo so. In Asia, per esempio, il fenomeno è completamente inverso. In Asia, in questo momento, addirittura, se fosse possibile, si cercherebbe di ridurre il tasso di sviluppo portandolo dal 12-13% ad un 7%, perché il terrore è che nasca un fenomeno di inflazione che poi non sia più controllabile. Ma se l Asia smettesse di comprare, di produrre, il mondo occidentale crollerebbe in questo momento, quindi è anche difficile immaginare che si possa rallentare la crescita asiatica. In Europa il fenomeno è completamente diverso e anche diverso al proprio interno. Quali sono i quattro modi con cui normalmente si fa un deleveraging? (Fig. 4) Sono: il modello Argentina, un default (speriamo di no); il modello americano, una bolla (in Italia non so che bolle si possano fare, l unica bolla che conosco in Italia è la bolla immobiliare); l inflazione, ecco, questo è un fenomeno che invece Fig. 4.

ASPETTI FINANZIARI DELLA CRISI E PROSPETTIVE 481 noi conosciamo abbastanza bene e l abbiamo già adottato. Voi vi domandate ma, se è vero che la liquidità è aumentata del 50% in dieci anni, perché non è scoppiata l inflazione? Signori, l inflazione non è fatta dalla massa monetaria sui beni, ma è massa monetaria per velocità della moneta sui beni e la velocità è zero. Il denaro, non circola, per questo l inflazione è bassa. Paradossalmente, se il sistema bancario ricominciasse a intermediare, come intermediava prima, l inflazione probabilmente scoppierebbe. C è anche una quarta strada, che si chiama austerità, che probabilmente è quella che dovremo adottare noi in Italia, in Europa, però in un paese maturo come l Italia, l austerità potrebbe essere un fenomeno che dura molto tempo. Non dimentichiamo che noi siamo paesi maturi. Cosa vuol dire un paese maturo? Voi sapete che cosa fa la capacità competitiva di un paese? Competitiva dal punto di vista economico-industriale? Sono tre fattori a farla: o si hanno bassi costi, o si ha tecnologia più o meno alta o adeguata, o si hanno dei prodotti unici. Noi abbiamo alti costi, non abbiamo mai fatto grandi investimenti tecnologici, e i prodotti unici non sono più tanto difendibili come erano una volta. Conseguentemente, per noi, riadattare un modello strategico non sarà facilissimo. La situazione delle banche. Dopo che ha parlato il Governatore sarò estremamente cauto e molto prudente in quello che dirò. Le banche, secondo me (da molti punti di vista) hanno perso un po di credibilità, cioè hanno dimostrato di non saper fare molto bene il loro mestiere e quindi, conseguentemente, la fiducia nella loro capacità di riprendersi è sicuramente crollata, soprattutto ci si domanda se abbiano saputo gestire il rischio. Ora potrebbero dover pagarne gli errori e gli errori come si pagano? O si fanno super utili, o ci si ricapitalizza, o ci si fonde, o ci si ristruttura ristrutturazione tra l altro sia nel management che nelle attività di business ma soprattutto nell azionariato. Non sarà facile però farlo, non sarà facile perché i volumi diminuiscono, proprio per l effetto di deleveraging. Le banche da qualche parte devono guadagnare, dove guadagneranno? Non lo so, forse continueranno nelle commissioni Comunque, minor crescita dei volumi, i capitali non facilmente disponibili, e in più i più alti rischi. Avete sentito poco fa quello che ha detto Mario Draghi, i rischi stanno aumentando, cioè, per risolvere i problemi provocati da rischi passati sottostimati si va a prendere più rischio e, conseguentemente, si aggrava potenzialmente ancora di più la situazione. In più c è il problema della delocalizzazione dei servizi. Abbiamo delocalizzato le produzioni, potrebbe essere in atto un processo di delocalizzazione addirittura dei servizi. In più ci saranno nuovi organismi di controllo, che impatteranno le scelte delle banche. Non abbia-

482 mo soltanto lo stability board, abbiamo altre 23 nuove strutture (poi non so se sono proprio 23), comunque ci sono molte strutture e questo che cosa potrebbe provocare? Provocare una nuova regolamentazione dei mercati, innanzitutto nuovi ratio di capitali. Secondo, nuove regole di trasparenza, terzo punto, nuove governance, che probabilmente potrebbero essere considerate rigide, o perlomeno meno motivanti il management. Le conseguenze che si prevedono sono, innanzitutto, è ovvio, cambierà la gestione del rischio, cambierà l impatto del ROE, return on equity, e quindi del valore di borsa, cambieranno sicuramente il modo di consolidare la competizione domestica, aumenterà moltissimo la ristrutturazione dei costi. Voi pensate, in Italia oggi abbiamo una capacità produttiva inutilizzata di circa il 25%, infatti abbiamo un tasso di disoccupazione intorno al 10-10,5% che, corretto dalla cassa integrazione, va all 8,6 ufficiale. Che cosa facciamo? Noi non possiamo cercare nuovi mercati di sbocco, perché le imprese italiane per più del 50% esportano in Europa, soprattutto in Germania e in Inghilterra, e altri paesi di sbocco non è facile trovarli. Che cosa succede? Che le imprese hanno soltanto una strategia: riduzione costi, ricerca di efficienza. Ricerca di efficienza e riduzione dei costi vuol dire disoccupazione, o perlomeno sicuramente non vuol dire nuova occupazione. Ecco quindi che si ritiene corretto e auspicabile che sia lo stato ad intervenire in qualche modo, che siano opere infrastrutturali, che siano incentivi, ma temo non si possa prescindere in questo momento, da un intervento a supporto dell economia da parte degli stati. Conclusione: io credo, come dicevo prima, che ci aspetti un periodo di austerità. Il credito bancario sarà una risorsa più scarsa e più costosa, perché le banche, nell ottica di delevereggiare, di sgonfiare il loro indebitamento, saranno molto più selettive. Da un punto di vista competitivo la strategia della banca è quella di cercare tutti gli spazi possibili di mercato da occupare, profittare delle debolezze supposte o vere dei propri competitori e andare a competere in tutti i mercati, anche in quelli emergenti, ovviamente tornando anche a quello che si può chiamare, nel nostro mondo, back to basics, a cercare soprattutto di ridurre i costi. Il problema delle imprese italiane è che non solo hanno meno risorse finanziarie ma anche loro dovrebbero ricapitalizzarsi, e come fanno a ricapitalizzarsi? Per riuscire a ricapitalizzarsi dovrebbero essere più trasparenti nella definizione delle loro strategie. Dovrebbero garantire una determinata gestione del rischio e una nuova governance. Quindi è possibile e prevedibile che sia lo Stato ad aumentare la sua presenza nel sistema economico. Grazie.