RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA DI MERITO INDICE 1. Limiti di ammissibilità del reclamo 2. Inammissibilità della sospensione nel caso di contestazione vertente solo su alcuni titoli esecutivi 3. Contratti di mutuo, anatocismo, tassi usurari, clausole vessatorie 1. Limiti di ammissibilità del reclamo Tribunale di Roma, 12 giugno 2007, Giud. Barreca La reclamabilità prevista dal combinato disposto degli articoli 624 e 669 terdecies c.p.c. riguarda non solo i provvedimenti di sospensione dell esecuzione emessi dal giudice dell esecuzione ai sensi dell art. 624 primo comma ma anche i provvedimenti di sospensione dell efficacia esecutiva del titolo emessi ai sensi dell articolo 615 primo comma c.p.c. ed i provvedimenti di sospensione dell esecuzione emessi ai sensi dell art. 618 c.p.c. Il provvedimento è nel file allegato. 1
E conforme: Tribunale di Roma, 26 gennaio 2007, Pres. Sciascia, est. Vigorito la cui parte motiva si riporta in calce: premesso che, con ricorso ritualmente depositato in cancelleria B. F. e G. A. proponevano opposizione alla aggiudicazione dell immobile costituito da un appartamento sito in Roma alla Via. e chiedevano, in via preliminare, la sospensione dell efficacia dell atto; che l opposizione era proposta per i seguenti motivi: - pendenza del reclamo ex art. 591 ter c.p.c. per illegittimità dell avviso di vendita del 16.5.2006; - carenza di legittimazione attiva della B.N.L. per intervenuta cessione del credito; - viltà del prezzo di aggiudicazione di euro 365.000,00; - illegittimità del prezzo di vendita, determinato dal notaio delegato; che, con provvedimento del 31.10.2006 il G.E. aveva rigettato l istanza di sospensione; che contro il provvedimento i sig.ri B. e G. proponevano reclamo al collegio ai sensi del combinato disposto degli artt. 623, 624 e 669 terdecies c.p.c.; che gli opponenti lamentavano: 1) l erronea valutazione del prezzo dell immobile conseguente all errata valutazione della superficie del bene; 2) la vendita del bene al primo incanto ad un prezzo inferiore al suo reale valore di mercato; 3) il mancato esercizio della facoltà di aumentare il prezzo dell aggiudicazione provvisoria; che gli opponenti chiedevano, quindi: a) la sospensione della procedura esecutiva de qua; b) di dichiarare ingiusto il prezzo di aggiudicazione del bene compiuto all asta del 16.5.2006; c) di disporre perizia estimativa suppletiva per la determinazione del reale valore del bene; rilevato, preliminarmente, che le domande sopra indicate sub b) e sub c) sono inammissibili in sede di reclamo ex art. 624 c.p.c. pochè il reclamo al collegio ha unicamente lo scopo di valutare il provvedimento con il quale il Giudice dell esecuzione ha rigettato ( o accolto) l istanza di sospensione dell esecuzione o dell efficacia dell atto esecutivo; rritenuto che occorre affrontare la questione della reclamabilità ai sensi dell art. 624 c.p.c. dei provvedimenti di accoglimento o di rigetto dell istanza di emissione dei provvedimenti indilazionabili richiesti ai sensi dell art. 618 comma 1 c.p.c.; che il disposto dell art. 624 comma 2 del codice di procedura civile nella nuova formulazione introdotta dalle leggi n. 80 e 263 del 2005 e n. 52 del 2
2006 stabilisce che i provvedimenti inerenti la sospensione dell esecuzione, siano essi di accoglimento o di rigetto, sono reclamabili ai sensi dell art. 669 terdecies codice procedura civile; che il dettato normativo non richiama tra i provvedimenti reclamabili quelli previsti dall art. 618 c.p.c. che secondo una parte della dottrina il legislatore, pur peccando nel coordinamento delle disposizioni, avrebbe inteso costruire l art. 624 codice procedura civile non più come una norma di settore ma come una norma quadro applicabile a tutte le opposizioni all esecuzione preventive e successive che siano; che un ulteriore elemento testuale si potrebbe ricavare dalla generica formulazione del comma 2 dell art. 624 codice procedura civile che, nel prevedere la reclamabilità si riferisce in modo ampio al provvedimento di sospensione senza operare distinzioni; che, infine, una lettura sistematica delle norme non può che far propendere per la tesi della estensibilità del reclamo quantomeno allo scopo di individuare il mezzo di impugnazione utilizzabile tra tutti quelli possibili per colmare un vuoto legislativo in linea con la ratio ispiratrice della riforma ed in piena conformità alla scelta di fondo operata con le nuove norme; che una indiretta conferma della soluzione interpretativa fin qui ricostruita si era infine ricavata dalle norme in materia di distribuzione che consente la reclamabilità di tutti i possibili provvedimenti sospensivi degli effetti del progetto di distribuzione e, quindi, di un atto impugnabile con opposizione agli atti esecutivi; che sembra, quindi, ammissibile lo strumento del reclamo contro ogni provvedimento di sospensione ( della procedura esecutiva o della efficacia dei singoli atti) o di rigetto, adottato in pendenza di opposizioni agli atti esecutivi;.. Nota del compilatore: L orientamento manifestato nei due provvedimenti sopra riportati è stato assunto unanimemente dal Tribunale di Roma e sembra prevalente anche negli altri Tribunali italiani (da quanto risulta in un questionario compilato da circa 80 giudici dell esecuzione in occasione del Convegno di Venezia del settembre 2007) 2. Inammissibilità della sospensione nel caso di contestazione vertente solo su alcuni titoli esecutivi Tribunale di Roma, 12 luglio 2007, Pres. Sciascia, est. Soldi 3
Non è ammissibile la sospensione dell esecuzione in caso di contestazione del diritto di procedere esecutivamente limitata ad alcuni dei creditori muniti di titolo; ciò è confermato dalla previsione dell articolo 624 terzo comma che consente di estinguere la procedura esecutiva a seguito della sospensione poiché si potrebbe pervenire ad un effetto estensivo anche in presenza di titoli esecutivi non contestati Il provvedimento è nel file allegato. Nota del compilatore: L orientamento manifestato in questo provvedimento è quello assunto unanimemente dal Tribunale di Roma 3. Contratti di mutuo, anatocismo, tassi usurari, clausole vessatorie Tribunale di Roma, 8 marzo 2007, Giud. Vigorito La legge n. 108/96 non può applicarsi, per il disposto della legge di interpretazione autentica n. 24/2001, ai contratti stipulati prima della sua entrata in vigore. Sono legittime la clausole dei contratti di mutuo, stipulati prima dell entrata in vigore del Testo Unico sulla legge bancaria n. 385/93, che prevedevano la capitalizzazione degli interessi poiché questa era espressamente prevista dalla precedente disciplina sui crediti fondiari che si applica in base al comma 6 dell art. 161 dello stesso D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 ai contratti di credito fondiari gia' conclusi alla data di entrata in vigore della norma abrogatrice nonche' ai procedimenti esecutivi in corso alla detta data. La clausola del contratto per adesione, che prevede la corresponsione di interessi in misura superiore a quella legale, non rientra tra quelle che debbono essere specificamente approvate per iscritto a norma dell'art. 1341 cod. civ. La sentenza così motiva L opposizione deve, invece, essere rigettata con riferimento agli altri motivi. Il motivo di opposizione sub b) è infondato poiché il contratto è precedente alla data di entrata in vigore della legge n. 108/96. L art. 1, 1^ comma, del d.l. 394/2000 (interpretazione autentica della l. 108/1996), convertito, con modificazioni nella l. n. 24/2001 sancisce che ai fini dell applicazione dell art. 644 c.p. e dell art. 1815, 2^ comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel 4
momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento. La norma ha superato il vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 29 del 25.2.2002, premettendo l esistenza in giurisprudenza ed in dottrina di un dubbio (risolto con esiti interpretativi diversi) circa gli effetti, ai fini penali e civili, da riconnettere all'ipotesi in cui, nel corso del rapporto, il tasso soglia discenda al di sotto del tasso di interessi convenzionale originariamente pattuito che trovava giustificazione nelle espressioni usate dal legislatore ( "si fa dare [...] interessi [...] usurari" e "facendo dare [...] un compenso usurario"), ha ritenuto che l'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, nel precisare che le sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 cod. pen. e 1815, secondo comma, cod. civ. trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone - tra le tante astrattamente possibili - un'interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche, come modificate dalla legge n. 108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza. Non sembra che, a fronte del chiaro dettato normativo ( della legge di interpretazione autentica) e della valutazione di legittimità costituzionale operata dalla Consulta vi sia spazio per una interpretazione che estenda ai contratti stipulati prima dell entrata in vigore della legge n. 108/1996 ed, anzi, prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle rilevazioni trimestrali del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche, ( effettata a partire dall 1 gennaio 1997), le sanzioni civili e penali dalla stessa previste. Il terzo motivo è anch esso infondato. L art. 1283 c.c. prevedendo che «in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza» pone espressamente il divieto di anatocismo. La giurisprudenza di legittimità, modificando il precedente orientamento, ha affermato ( dapprima in relazione ai contratti di conto corrente bancario e, più di recente, anche in relazione ai contratti di mutuo) la nullità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca giacche' essa si basa su di un mero uso negoziale e non su di una vera e propria norma consuetudinaria ed interviene anteriormente alla scadenza degli interessi ( Cass. n. 2374 del 16/03/1999; n. 3096 del 30/03/1999, n. 1257 del 11/11/1999, 4490 del 28/3/2002, 8442 del 13/6/2002, 12222 del 20/8/2003, 13739 del 18/9/2003, Cass. Sez. Un. 4/11/2004 n. 21095). In particolare la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di mutuo bancario, e con riferimento al calcolo degli interessi, devono ritenersi 5
senz'altro applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 cod. civ., non rilevando, in senso opposto, l'esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma predetta. Gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento il citato art. 1283 cod. civ., sono, difatti, soltanto quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile (ne' usi contrari avrebbero potuto formarsi in epoca successiva, atteso il carattere imperativo della norma "de qua" - impeditivo, per l'effetto, del riconoscimento di pattuizioni e comportamenti non conformi alla disciplina positiva esistente -, norma che si poneva come del tutto ostativa alla realizzazione delle condizioni di fatto idonee a produrre la nascita di un uso avente le caratteristiche dell'uso normativo), e, nello specifico campo del mutuo bancario ordinario, non e' dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l'anatocismo oltre i limiti poi previsti dall'art. 1283 cod. civ.. Ne consegue la illegittimita' tanto delle pattuizioni, tanto dei comportamenti - ancorche' non tradotti in patti - che si risolvano in una accettazione reciproca, ovvero in una unilaterale imposizione, di una disciplina diversa da quella legale ( Cass. 20/02/2003 n. 2593) Tuttavia la legittimità dell anatocismo, quantomeno riferito agli interessi moratori, nei contratti di mutuo che, come quello in esame, devono qualificarsi quali contratti di mutuo fondiario e sono stati stipulati prima dell entrata in vigore del nuovo testo unico della legge bancaria non deriva da un uso né normativo né negoziale ma da una espressa previsione normativa. Ai contratti, come quello in esame, stipulati prima dell entrata in vigore del Testo Unico sulla legge bancaria n. 385/93, che disciplina in modo diverso la materia, deve applicarsi, infatti, in base al comma 6 dell art. 161 dello stesso D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 ( che prevede l applicazione della disciplina abrogata ai contratti di credito fondiari gia' conclusi alla data di entrata in vigore della norma abrogatrice nonche' ai procedimenti esecutivi in corso alla detta data, cfr. Cass. 10 marzo 1998 n. 2638), il disposto dell art. 16 della legge 6 giugno 1991 n. 175 secondo il quale. Il pagamento di interessi, rate di ammortamento, compensi e rimborsi di capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione e le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. L art. 1283 c.c. ha regolato la disciplina generale delle obbligazioni da applicare nelle ipotesi in cui non vi sia una espressa previsione normativa diversa; il divieto di anatocismo non si applica, quindi, agli interessi moratori conseguenti al mancato pagamento delle rate di ammortamento dei contratti di mutuo fondiario stipulati prima dell entrata in vigore del T.U. sulla legge bancaria. Pertanto la clausola del contratto di mutuo impugnata è pienamente legittima essendo conforme ad una specifica previsione normativa. Quanto alla mancata approvazione per iscritto della clausola contrattuale 6
determinativa degli interessi deve osservarsi che, secondo l orientamento della Corte di Cassazione, condiviso da questo giudice la clausola del contratto per adesione, che prevede la corresponsione di interessi in misura superiore a quella legale, non rientra tra quelle che debbono essere specificamente approvate per iscritto a norma dell'art. 1341 cod. civ., stante la tassatività dell'elencazione di tali clausole contenuta nel secondo comma della medesima disposizione normativa e l'impossibilità di ricondurla nel novero delle clausole vessatorie in via di interpretazione estensiva, non sussistendo in questa ipotesi l'esigenza di tutelare il contraente per adesione in una situazione per lui particolarmente sfavorevole ( cfr. da ultimo Cass. 27 aprile 2006 n. 9646).. 7
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