A "Più Libri più liberi" il 9 dicembre la presentazione del progetto sui libri italiani accessibili



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A "Più Libri più liberi" il 9 dicembre la presentazione del progetto sui libri italiani accessibili Leggono più (molto di più) della media nazionale. Usano strumenti tecnologici e sistemi software in modo diffuso. Sono i non vedenti e gli ipovedenti come emergono da un'indagine condotta per conto dell'unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e dell'associazione Italiana Editori (Aie), in collaborazione con la Cnudd (Conferenza nazionale universitaria dei delegati per la disabilità), realizzata dall'università Bicocca di Milano all'interno del progetto Lia (Libri Italiani Accessibili), che ha come obiettivo quello di mettere a disposizione di questa parte della popolazione libri resi accessibili attraverso le nuovee tecnologie (pc ma anche tablet ed e-reader). I principali dati della ricerca, condotta su un campione di 1.505 persone (la più estesa mai condotta tra i Paesi Europei), verranno presentati in occasione di una tavola rotonda organizzata da Aie dal titolo "Quando il libro diventa accessibile", in programma a Più libri più liberi per venerdì 9 dicembre alle 10.45-12.00 nella Sala Smeraldo del Palazzo dei Congressi dell'eur a Roma. Interverranno Flavia Cristiano, direttrice del Centro per il libro - ministero per i beni e le attività culturali; Cristina Mussinelli, responsabile e coordinatrice del progetto Lia in Aie; Orlando Paladino segretario generale dell'unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e Marco Polillo, presidente dell'aie). L'incontro permetterà di fare il punto anche sullo sviluppo del progetto Lia, che accanto all'esame della "domanda" di lettura espressa dalla popolazione di non vedenti e ipovedenti italiani ha preso in esame (attraverso una collaborazione con l'istituto F. Cavazza di Bologna) anche l'accessibilità dei software e dei device su cui poi si dovrà accedere alle pagine dei libri (non è infatti sufficiente che i libri siano accessibili, ma devono essere compatibili e accessibili anche gli strumenti e i software che ne permettono la lettura). Obiettivo è rendere disponibili a inizio 2013 tremila titoli di narrativa e saggistica, di cui 2.000 di autori italiani, 500 di autori stranieri e 500 da realizzarsi ad hoc su richiesta dei potenziali utenti. Il progetto, tra i più avanzati a livello internazionale, è finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, all'interno del "Fondo in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti". fonte: superabile.it 1 dicembre 2011

Ciechi e ipovedenti leggono libri tre volte più di chi ci vede bene MILANO - Leggono in media 9 libri in un anno, tre volte in più della media. Sono i non vedenti e gli ipovedenti come emergono da un indagine condotta per conto dell Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e dell Associazione Italiana Editori (AIE), in collaborazione con la CNUDD (Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità). La ricerca, realizzata dall Università Bicocca di Milano e presentata a «Più libri più liberi», la Fiera nazionale della piccola e media editoria in programma fino all'11 dicembre al Palazzo dei Congressi dell'eur, a Roma, è stata condotta su un campione di 1.505 persone (la più estesa mai condotta tra i Paesi Europei). Ed è stata svolta nell'ambito del progetto LIA (Libri Italiani Accessibili), che punta a rendere disponibili a inizio 2013 tremila titoli di narrativa e saggistica, di cui 2mila di autori italiani, 500 di autori stranieri e 500 da realizzarsi ad hoc su richiesta dei potenziali utenti. Il progetto è finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, all interno del «Fondo in favore dell editoria per ipovedenti e non vedenti». I RISULTATI DELLA RICERCA - Il 59,1% di non vedenti e ipovedenti ha letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti (contro il 46,8% della media della popolazione italiana). E sono anche lettori più assidui rispetto alla media (il 31,3% legge libri tutti i giorni!!), soprattutto dei diversi generi di narrativa, non disdegnando la saggistica di cultura e professionale. Leggono ciò che è disponibile., ovviamente, e ciò che è disponibile è ancora poco e si ottiene spesso con tempi lunghi anche un mese, causa la conversione dei titoli in formati accessibili. I FORMATI DIGITALI SUPERANO IL BRAILLE- i formati digitali (txt, doc e pdf) sono sempre più spesso i preferiti, rispetto a Braille e testo a caratteri ingranditi, in particolare dalla fasce dei più giovani (18-34nni ma anche 35-50nni). Per procurarsi libri accessibili prediligono librerie (nel 41,7% dei casi), anche online (20,5%), prestiti da biblioteche specializzate (30,7%) o se li scaricano (gratuitamente) da internet o se li scambiano tra amici. IL PROGETTO - «LIA costituisce un progetto strategico se si pensa che in Italia vivono circa 362mila non vedenti e circa un milione di ipovedenti, secondo i dati Istat ha spiegato Marco Polillo, presidente dell'associazione Italiana Editori, che coordina il progetto -. Questa iniziativa, che si colloca all'avanguardia anche nel panorama internazionale e che vede la collaborazione dei principali rappresentanti dei soggetti interessati (editori e organizzazioni che rappresentano i disabili visivi), punta ad offrire ai ciechi e agli ipovedenti, nel rispetto del diritto d'autore, la possibilità di accedere negli stessi tempi e con grande ampiezza di scelta all'offerta editoriale». «Il progetto del libro italiano accessibile (LIA) costituisce una tappa essenziale, dopo 190 anni dalla ideazione del metodo Braille, per l'accesso dei Ciechi e degli Ipovedenti alla lettura, poiché estende la cultura del libro accessibile dalla ristrettissima cerchia dell'editoria per disabili visivi alla generalità degli editori ha commentato il segretario generale dell'unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Orlando Paladino. - Il progetto LIA, infatti, diffonde fra gli editori la consapevolezza di un vasto pubblico, fin qui ignorato, assetato di lettura (come l'indagine ha dimostrato) e la conoscenza degli strumenti attraverso cui i disabili visivi accedono alla lettura. Mi piace qui ricordare che il metodo, ideato da Louis Braille, trasformato in informatico, è ancora oggi lo strumento più completo e versatile con cui i disabili visivi possono accedere all'editoria digitale». fonte: corrieredellasera.it 12 dicembre 2011

Malattie neurodegenerative: arriva la cura estratta dai licheni Obiettivo: la cura per Alzheimer, morbo di Parkinson e Corea di Huntington Da sempre i pigmenti naturali sono usati per colorare tessuti o cibi. Da oggi però un particolare colorante, isolato dai licheni che crescono nelle Isole Canarie, potrebbe essere usato anche per curare malattie neurodegenerative come Alzheimer, morbo di Parkinson e Corea di Huntington. Come? Eliminando i più piccoli aggregati proteici che causano i sintomi di queste malattie. Analizzando il cervello dei pazienti affetti da tali patologie, infatti, gli scienziati hanno notato proprio un accumulo di grandi placche extra o intracellulari di proteine. Secondo i ricercatori tedeschi del Max Delbrück Center for Molecular Medicine (MDC) e della Universitätsmedizin di Berlino però, non sarebbero queste grandi placche a causare le malattie, ma le aggregazioni più piccole di proteine, premurosi delle placche stesse. I medici sanno infatti che alcuni aggregati di proteine betamiloidi possono essere la causa delle disfunzioni neuronali e dei problemi di memoria alla base della malattia di Alzheimer, ma non hanno ancora capito perfettamente la biologia della patologia. Si ritiene che sia un errore nel ripiegamento proteico ovvero nel processo con il quale la molecola assume la propria struttura tridimensionale la causa principale di questa malattia, così come del morbo di Parkinson o della corea di Huntington. Per contrastare l evoluzione della patologia i ricercatori hanno individuato una particolare proprietà in un pigmento rosso vivo, chiamato orceina, derivato appunto da una sostanza estratta dai licheni dei generi Roccella, Le canora e Vacuolaria, e alcune molecole chiamata O4 (di colore blu). La funzione di queste sostanze, descritta su Nature Chemical Biology, sarebbe quella di aggregarsi a proteine amiloidi di piccole dimensioni, non per rimodellare le placche proteiche correggendo il loro ripiegamento ma accelerando la formazione di aggregati molecolari più grandi, più sicure per i neuroni. "Questo è un nuovo meccanismo. - Ha detto uno dei ricercatori in un comunicato - Fino ad ora era considerato molto difficile bloccare la formazione di piccoli gruppi di proteine tossiche. Se è corretta la nostra ipotesi che i piccoli aggregati, precursori delle placche, in effetti causano la morte neuronale, con l'o4 avremmo un nuovo meccanismo per attaccare la malattia". fonte: disabili.com 19 dicembre 2011

Identificati marcatori specifici per la sclerosi multipla Attraverso una ricerca innovativa per l'utilizzo di un approccio di "medicina di genere", alcune analisi di genomica funzionale hanno permesso di identificare biomarcatori specifici per la sclerosi multipla, mediante un semplice prelievo di sangue. Lo studio - condotto da un gruppo di ricerca italiano finanziato anche dalla FISM, la Fondazione dell'aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) - ha fornito inoltre utili informazioni sugli stessi processi biologici sottesi alla malattia Attraverso una ricerca innovativa per l'utilizzo di un approccio di "medicina di genere", alcune analisi di genomica funzionale hanno permesso di identificare biomarcatori specifici per la sclerosi multipla, mediante un semplice prelievo di sangue: è questo il risultato di uno studio pubblicato dalla rivista «Journal of Autoimmunity», condotto da un gruppo di ricerca dell'istituto San Raffaele di Milano, coordinato da Cinthia Farina e comprendente anche Marco Di Dario, giovane ricercatore che ha ricevuto per questo lavoro una borsa di addestramento della FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla). È noto che la sclerosi multipla - che colpisce il sistema nervoso centrale - è associata ad alterazioni nel sistema immunitario, in parte riconducibili a predisposizione genetica. E tuttavia, marcatori accurati e facilmente misurabili non sono stati sinora identificati. Per questo studio, dunque, sono stati valutati più di ventimila geni nel sangue di pazienti con sclerosi multipla e tali profili sono stati paragonati a quelli di donatori sani, introducendo un nuovo approccio nell'analisi statistica e bioinformatica che tenga conto del genere maschile o femminile del malato. Sono quindi emerse due osservazioni interessanti, la prima delle quali si riferisce ai geni associati al sesso. Si è visto infatti che la sclerosi multipla è caratterizzata da cambiamenti significativi sia nella quantità che nel tipo di geni che sono diversamente espressi nel sangue degli uomini e delle donne. La patologia, pertanto, stravolge il normale mantenimento delle differenze di genere nel sangue. La seconda osservazione è emersa dal confronto tra i geni espressi nella popolazione sana e in quella malata, con l'identificazione delle cosiddette "firme molecolari" associate alla patologia diverse negli uomini e nelle donne con sclerosi multipla. Questi "codici a barre" distinti hanno tuttavia fornito informazioni sugli stessi processi biologici sottesi alla malattia e una serie di analisi bioinformatiche hanno permesso di ipotizzare un nuovo meccanismo patogenetico, legato alla trascrizione genica dipendente dal fattore SP1, cosicché l'esistenza di un inibitore farmacologico specifico per tale fattore ha consentito di svolgere esperimenti in vitro [in laboratorio, N.d.R.] e in vivo [sul modello animale, N.d.R.], con la conclusione che nell'animale l inibizione di SP1 migliora in maniera significativa il decorso della malattia. «Questo - spiega Cinthia Farina, responsabile del Laboratorio di Immunobiologia delle Malattie Neurologiche presso l'istituto di Neurologia Sperimentale (INSpe) del San Raffaele di Milano - è un lavoro di medicina traslazionale* molto innovativo, poiché per la prima volta è stato usato nell'analisi di genomica funzionale un approccio di "medicina di genere", quella specialità che si occupa delle differenze nella fisiopatologia tra donne e uomini. Questo ci ha consentito di ottenere marcatori in grado di distinguere in maniera molto precisa i malati dalla popolazione sana. In altre parole, andando avanti nella ricerca sarà possibile, un domani, capire da un prelievo di sangue se una persona è affetta da sclerosi multipla oppure no. Inoltre, l'utilizzo di vari approcci bioinformatici e di biologia dei sistemi ha permesso di andare oltre la presenza di singoli geni come marcatori della patologia, e di decifrare informazioni biologiche complesse che risultano dall interazione di questi marcatori tra loro. Tali interazioni non erano sinora altrimenti ipotizzabili con le tecniche tradizionali di indagine e queste informazioni potranno essere utili per lo sviluppo di nuovi protocolli terapeutici».

«Questa borsa di addestramento a supporto dei giovani che si affacciano al mondo della ricerca - sottolinea dal canto suo Marco Di Dario -, messa a disposizione dalla FISM, mi ha permesso di studiare le tematiche relative alle differenze di genere nella sclerosi multipla e mi ha consentito di acquisire e approfondire competenze sia teoriche che metodologiche nel campo della ricerca su questa malattia». Va ricordato a tal proposito che in oltre vent'anni l'aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), tramite la sua Fondazione FISM, ha finanziato ben 367 progetti di ricerca e 119 borse di studio: il suo impegno, infatti, è rivolto non solo a indirizzare, promuovere e finanziare la ricerca sulla sclerosi multipla in Italia e attraverso reti internazionali di eccellenza, ma anche a formare giovani ricercatori. «Per noi - dichiara infatti Paola Zaratin, direttore della ricerca della FISM - è prioritario l'impegno a promuovere l'inserimento di giovani ricercatori sulla sclerosi multipla, mettendo a disposizione borse di studio, tra le quali sono importanti anche le borse di studio di addestramento per giovani scienziati motivati e promettenti. In questo caso i risultati sono stati eccellenti, dimostrando che i nostri giovani laureati sono già in grado di proporre e svolgere autonomamente una parte ben definita di un progetto di ricerca di ampio respiro». fonte: superando.it 21 dicembre 2011

Sclerosi multipla. La svolta del trattamento Giancarlo Comi: «Oggi disponiamo di tante armi, a cominciare da tre nuovi farmaci». Terapia Anche se non esiste una vera e propria cura si può modificare il decorso della patologia Parlando del congresso "Ectrims 2011" di Amsterdam Giancarlo Comi, neo presidente della Società italiana di Neurologia e professore al San Raffaele di Milano, non ha dubbi: «È il più grande congresso di neuroscienze mai tenuto in Europa, ed è sorprendente che questo avvenga per una sola malattia! Ci sono più medici qui per una singola patologia che in altri congressi che parlano di tante malattie. Il motivo è semplice: nessuna patologia ha avuto in questi anni uno sviluppo così poderoso in termini di terapie come la sclerosi multipla. Solo in questo congresso vengono presentati i risultati di tre nuovi farmaci, una dimostrazione evidente che ci troviamo di fronte ad un "turning point", un "momento di svolta». I farmaci nuovi che hanno meccanismi d azione diversi, con l interferone beta, completano uno schema di trattamento "importante". La rivoluzione, il grande messaggio che viene da questo convegno è che oggi abbiamo un sacco di armi da usare rigorosamente con intelligenza e che occorre fare riferimento esclusivamente ai centri di alta competenza e specializzazione. Attualmente non esiste una vera e propria cura per la sclerosi multipla, ma essa può essere trattata con l ausilio di farmaci modificanti il decorso della malattia. L interferone beta-1a è un farmaco modificante il decorso della malattia usato per trattare le forme recidivanti di sclerosi multipla. È simile alla proteina di interferone beta prodotta dall organismo umano. Gli interferoni sono pensati per aiutare a modulare il sistema immunitario e ridurre l infiammazione. «L analisi dello studio Reflex presentato all Ectrims ha confermato chiaramente l importanza della dose piena nel trattamento dei pazienti - sottolinea Comi - Dall altra, inoltre, ha confermato che nella popolazione in cui la malattia è meno aggressiva anche la dose singola - cioè la dose 44 ma una volta sola alla settimana anziché tre - può essere sufficiente a con tenere la situazione. Se la malattia non ha una partenza troppo aggressiva anche la singola dose riesce ad avere un buon controllo. Va da sé che la somministrazione una volta a settimana ha una maggiore compliance da parte del paziente: e siccome siamo per certi versi "all inizio della storia", è importante poter riuscire a portare il malato all interno del trattamento». fonte: Il tempo.it 21 dicembre 2011

Sla, selezionati i progetti di ricerca: assegnato più di un milione di euro L'agenzia di ricerca sulla Sla, l'arisla, ha selezionato fra le 50 proposte presentate i progetti vincitori del bando di concorso 2011 lanciato lo scorso aprile: sono sette e si aggiudicano una somma rilevante. I filoni principali: far luce sulle cause della malattia, individuare possibili nuovi biomarcatori, sperimentare molecole che possano permettere lo sviluppo di nuovi farmaci ROMA - Al via sette nuovi progetti di ricerca sulla Sla finanziati con più di un milione di euro: con il terzo bando di concorso AriSla sostiene la ricerca sulla Sla, malattia che colpisce ogni anno 5.000 italiani. AriSla, l'agenzia di ricerca sulla Sla, ha selezionato i progetti vincitori del bando di concorso 2011 lanciato lo scorso aprile. Con 1.197.125 euro alla ricerca sono stati finanziati sette nuovi studi valutati come i più promettenti tra le oltre 50 proposte presentate. Con questo nuovo bando, negli ultimi due anni AriSLA ha investito nella ricerca italiana d'eccellenza quasi 3,7 milioni di euro, finanziando sia progetti fortemente innovativi che nascono da brillanti intuizioni pur non avendo importanti dati preliminari (progetti "pilot grant") sia lavori che affrontano filoni di studio promettenti con un solido background scientifico (progetti "full grant"). I progetti selezionati a seguito del terzo bando AriSla si propongono di sviluppare due filoni di ricerca: far luce sulle cause della malattia e individuare possibili nuovi biomarcatori e sperimentare molecole che possano permettere lo sviluppo di nuovi farmaci. La Sclerosi laterale amiotrofica è, infatti, una patologia per cui, nonostante i progressi della scienza degli ultimi decenni, non si conoscono le cause e non esistono nè test per una tempestiva diagnosi nè terapie di cura. Ad oggi le informazioni che si posseggono sulla patogenesi della Sla riguardano la scoperta di alcuni geni, come ad esempio il "Sod 1" o il "Tdp-43" oppure il gene recentemente scoperto chiamato "C9Orf", le cui funzionalità vanno ancora chiarite. Sul fronte della diagnosi non si conoscono biomarcatori certi e nella maggior parte dei casi si arriva a individuare la Sla per esclusione. Per quanto riguarda la cura, infine, esiste un solo farmaco, il riluzolo, che sembra avere l'effetto di rallentarne la progressione. Per questo la ricerca rappresenta una grande sfida e la sola speranza per gli oltre 5.000 pazienti presenti solo in Italia. I progetti vincitori, che si svilupperanno da un minimo di un anno a un massimo di tre, spaziano da approfondimenti sull'origine genetica della malattia (come quello sull'incidenza della Sla familiare in Sardegna) o sulle funzioni di marcatori già noti (come lo studio sulla "ciclofillina A", una proteina che potrebbe essere tossica per i motoneuroni) fino a quelli che mirano a individuare nuove possibili terapie (come quello sulla proteina "Hspb8" che pare abbia straordinarie capacità di difesa dei motoneuroni o quello che si propone di scoprire se il recettore sigma 1 potrà diventare un nuovo bersaglio farmacologico). I sette progetti vincitori del bando 2011 sono stati selezionati da un comitato scientifico composto da 40 esperti internazionali che si sono avvalsi del processo di valutazione di peer review: una metodologia che garantisce trasparenza e oggettività, grazie alla quale le proposte in forma anonima sono giudicate da altri ricercatori, esperti nella materia. I progetti che stanno per partire vanno ad aggiungersi ai 13 studi AriSla tuttora in corso fonte: superabile.it 22 dicembre 2011

«Entro tre mesi il via alla sperimentazione Zamboni» Il Natale (e forse anche i servizi recentemente dedicati all argomento dalla trasmissione Report) ha portato una buona notizia per gli ammalati di sclerosi multipla interessati ai risultati delle ricerche compiute dal professore ferrarese Paolo Zamboni e dal suo team. A breve, infatti, grazie all intervento della Regione Emilia Romagna, potrà partire la sperimentazione che interesserà 700 pazienti in tutta Italia. Il tema è stato oggetto, pochi giorni fa, di un iniziativa politica del consigliere regionale Mauro Malaguti (Pdl). Ora l associazione Ccsvi nella Sm, espressione dei pazienti e sostenitrice degli studi compiuti da Zamboni, esprime «la propria soddisfazione e speranza dopo che al Consiglio Regionale dell Emilia Romagna si è votato, all unanimità, un ordine del giorno che impegna la giunta a confermare la copertura economica per Brave Dreams (BD), la sperimentazione guidata da Zamboni, e a farla partire e ntro tre mesi. Tale sperimentazione, è ricordato nell odg approvato, è un progetto che sta riscuotendo un crescente interesse da parte delle strutture sanitarie e scientifiche nazionali, europee e mondiali». «Il finanziamento di Brave Dreams 2,5 milioni di euro - era il grande scoglio su cui tale sperimentazione si era arenata. L unico intoppo possibile ma che forse si sarebbe potuto risolvere più rapidamente - dal momento che Brave Dreams è stato approvato dal Comitato etico da oltre un anno, e che tutto è da tempo rigorosamente pronto per partire - scrive l associazione - Adesso, la Regione si è impegnata definitivamente, e non potrà più esserci passaggio burocratico od ostacolo di altra natura che tenga. L associazione, inoltre, esprime enorme interesse e, anche qui, grandissima speranza, per il fatto che l ospedale di Cona, nel quale si trasferirà tra qualche mese il S. Anna di Ferrara, possa diventare il centro di riferimento sic uro e affidabile per tutta Italia per le due patologie: da subito, centro pubblico diagnostico e sede di sperimentazioni terapeutiche, e in un futuro cosa su cui contiamo luogo di eccellenza nel quale sia praticata liberamente per Ccsvi, la patologia individuata dal prof. Zamboni, e sclerosi multipla la terapia individuata dal ricercatore ferrarese e dal neurologo Fabrizio Salvi, del Bellaria di Bologna, ossia l angioplastica dilatativa (PTA). Il Servizio Sanitario Nazionale prenderà finalmente in carico i malati di Ccsvi e di sclerosi multipla». fonte: lanuovaferrara.it 27 dicembre 2011

Rapporto Censis 2011: sanitá inadeguata e differenze di genere I Comuni italiani sono sempre più sull orlo del default finanziario Anche quest anno la sanità occupa l abituale spazio di attenzione nel Rapporto annuale del Censis. La valutazione del 2011 pone l attenzione in particolare su due aspetti: la finanziarizzazione del sistema e la salute delle donne. DALLA PARTE DEI CITTADINI - I dati dimostrano che la cura a cui è sottoposto il Servizio sanitario agli occhi dei cittadini italiani non sta generando effetti positivi, visto che nell ultimo biennio i dati dell indagine Forum per la Ricerca Biomedica-Censis indicano che è solo l 11% a ritenere migliorato il Servizio sanitario della propria regione, quasi il 29% ha registrato un peggioramento e circa il 60% una sua sostanziale stabilità. Ad oggi, la sanità è cristallizzata nel divario di performance regionali, tanto che nelle regioni del Mezzogiorno è più alta la percentuale di cittadini che parla di un suo peggioramento negli ultimi due anni. Il futuro della sanità per i cittadini è molto segnato da due paure: un accentuazione delle differenze di qualità tra le sanità regionali (35,2%) e che l interferenza della politica danneggi in modo irreparabile la qualità della sanità (35%); seguono i timori che i problemi di disavanzo rendano indispensabili robusti tagli all offerta (21,8%), che non si sviluppino le tipologie di strutture e servizi necessarie, come l assistenza domiciliare territoriale (18%), che l invecchiamento e la diffusione delle patologie croniche producano un intasamento delle strutture e dei servizi (16,3%). Per rispondere alle attese dei cittadini, le dinamiche future del Servizio sanitario regionalizzato, emancipato dall eccesso di vincoli della politica, devono rispondere adeguatamente alla duplice esigenza di garantire la sostenibilità finanziaria e al contempo dare a tutti i cittadini, ovunque risiedano, la qualità attesa. LE DIFFERENZE DI GENERE - Le donne dichiarano condizioni di salute buone in quote sistematicamente inferiori ai maschi, mentre più spesso affermano di soffrire di due o più malattie croniche, ma la maggiore consuetudine tra donne e malattia ha a che vedere anche con l impegno nel lavoro di cura, visto che i caregiver sono soprattutto donne. In generale, la condizione femminile è ancora caratterizzata da situazioni strutturali di disuguaglianza sociale, evidenziate dai tassi di occupazione e dai livelli di reddito, che continuano a impattare in modo decisivo sui livelli di salute: le casalinghe sono, subito dopo i ritirati dal lavoro (evidentemente più anziani), la componente della popolazione che denuncia condizioni di salute peggiori. Infine, va segnalato l aumento tra la popolazione femminile più giovane dell incidenza di stili di vita più rischiosi, quali fumo e alcool, o la minore propensione allo svolgimento di attività fisica (il 42,8% delle donne contro il 33,5% dei maschi). FONDI SOCIALI COMUNALI - Le risorse che i Comuni destinano al sociale nell ultimo triennio hanno subito gli impatti del combinato disposto dei tagli ai trasferimenti nazionali relativi alle politiche sociali e dei tagli ai bilanci di Regioni e Comuni; in tre anni i Fondi sociali nazionali sono stati tagliati in misura consistente, con il Fondo nazionale per le politiche sociali che è passato dal 2008 al 2011 da 929,3 milioni di euro a meno di 220 milioni, il Fondo per la non autosufficienza che nel 2011 non è stato finanziato con un

taglio netto di 400 milioni di euro rispetto al 2010, e sforbiciate profonde anche agli altri fondi sociali nazionali. Chi subirà gli impatti dei tagli? In primo luogo l utenza, e a tal proposito si consideri che oltre il 40% delle risorse per il sociale dei Comuni è impiegato per famiglie e minori, il 21,2% per gli anziani, una quota simile per i disabili e il 7% circa per la lotta alla povertà. Le risorse alimentano una rete di strutture, servizi e interventi diversificata di estrema importanza nel determinare la vita di tanti soggetti vulnerabili e, in generale, delle comunità in cui vivono. fonte: disabili.com 27 dicembre 2011

Oncologia, i successi del 2011 Ecco quali sono i piccoli ma significativi progressi dell anno che sta per concludersi. Per il prossimo futuro si punta tutto su genetica e prevenzione. La pubblicazione Usa che riporta i maggiori successi del 2011 in oncologia Poco più di 2,2 milioni di persone: tanti sono gli italiani che hanno avuto o convivono con una diagnosi di tumore. Fanno controlli o seguono terapie, cercano di tornare il più veloce possibile alla «vita normale», cercano informazioni sulla loro malattia. E, per scoprirlo basta dare un veloce sguardo nei forum e sui social network frequentati da pazienti e familiari, condividono una domanda ricorrente: ci sono novità sulla malattia? Si fanno progressi? Una risposta arriva dal Report annuale della Società americana di oncologia medica (Asco) che evidenzia i passi avanti fatti nelle cure anticancro nel 2011 e che mette in evidenza le innovazioni più promettenti attese nell immediato futuro. PICCOLI PASSI AVANTI OGNI ANNO - «La ricerca in oncologia procede e il numero di guarigioni in costante aumento è la prova dei successi ottenuti con la diagnosi precoce, i nuovi trattamenti e la prevenzione - dice Roberto Labianca, direttore dell Unità Operativa di Oncologia Medica degli Ospedali Riuniti di Bergamo e presidente del Cipomo (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) -. Purtroppo il cancro resta una delle malattie più difficili da sconfiggere e per molti tipi di tumore la mortalità è ancora elevata, ma facciamo piccoli significativi miglioramenti ogni anno». Secondo gli autori del rapporto (18 fra i più importanti oncologi statunitensi) molti progressi si devono all approccio terapeutico personalizzato e allo sviluppo di sempre più efficaci strumenti di diagnosi precoce; al perfezionamento degli screening e alla maggiore diffusione della prevenzione; alle nuove cure che riducono le recidive e ai trattamenti che si sono rivelati efficaci contro forme di cancro finora difficili da curare. METE RAGGIUNTE NEL 2011 - Fra le 54 innovazioni segnalate, quattro hanno giocato per gli studiosi americani un ruolo di particolare rilievo. Primo, lo studio di fase III che ha mostrato come vemurafenib (una molecola che colpisce la mutazione del gene Braf, diffusa nei pazienti con melanoma) migliori la sopravvivenza dei malati con un melanoma cutaneo avanzato rispetto alla chemioterapia standard. Secondo, i progressi ottenuti con crizotinib contro il carcinoma polmonare non a piccole cellule (capace di ridurre parzialmente o completamente la malattia in media per più di 10 mesi) e ipilimumab, farmaco in grado di stimolare la risposta del sistema immunitario dei malati contro il melanoma metastatico. Terzo, la dimostrazione definitiva che l inibitore dell aromatase exemestane è efficace in chiave preventiva per le donne in postmenopausa a elevato rischio di sviluppare un carcinoma mammario. Quarto, la sperimentazione condotta su 50mila ex-fumatori che proverebbe la maggiore utilità di tre Tac annuali rispetto a tre radiografie per ridurre la mortalità di tumore al polmone. IL FUTURO, FRA PREVENZIONE E GENETICA Per quanto riguarda i prossimi passi nella lotta al cancro, gli autori del rapporto puntano tutto su prevenzione e genetica. Grazie alla mappatura del Dna e alle conoscenze che ne sono derivate nell ultimo decennio, merito anche dell impiego di tecnologie sempre più sofisticate, la ricerca oncologica si sta muovendo rapidamente verso un «era della genomica» che punta a capire il tipo di tumore del singolo paziente e a trattarlo in base alle sue peculiari caratteristiche molecolari. «E poi indubbio conclude Labianca che il fine ultimo debba essere evitare la malattia in tutti i casi possibili: dobbiamo quindi puntare sullo stop al tabacco e sui cambi nello stile di vita (alimentazione corretta e ginnastica per evitare soprappeso e obesità), oltre che su una maggiore adesione alle campagne di screening per la diagnosi precoce». fonte: corriere.it 28 dicembre 2011

"Impediremo al cancro di nutrirsi per crescere" Il farmaco, già approvato negli Usa contro il melanoma, potrebbe essere presto autorizzato anche in Italia dall'aifa. Nuovo farmaco blocca la proliferazione cellulare Nuove speranze nella lotta al cancro arrivano in Italia e in Europa da un farmaco sperimentale grazie agli studi compiuti da due équipe di ricercatori dell Istituto di Candiolo. La ricerca, guidata dai professori Alberto Bardelli, direttore del laboratorio di Genetica molecolare, e Federico Bussolino, direttore Scientifico dell Ircc, ha dimostrato che un farmaco già utilizzato negli Stati Uniti contro il melanoma, ma non ancora disponibile né in Italia né nel resto d Europa, è in grado non solo di fare da «bersaglio molecolare» contro la cellula colpita dal cancro, ma agisce sull ambiente che circonda la cellula stessa, impedendone la proliferazione. «Questa scoperta annunciano i professori Bardelli e Bussolino è in grado di rivoluzionare le prospettive delle attuali terapie antiangiogenetiche utilizzate ampiamente nel trattamento di molti tumori solidi, dimostrando che è possibile intervenire sullo sviluppo dei vasi sanguigni nel tumore non solo inibendoli, ma anche cambiando e migliorando le caratteristiche funzionali del sistema vascolare del cancro». Lo studio è stato condotto su modelli pre-clinici. Bersaglio dei due pool di ricerca è stato il gene «Braf», la cui mutazione incontrollata è un processo fondamentale non solo nei melanomi, ma anche nei tumori del colon, dell ovaio e della tiroide. «Abbiamo scoperto - spiegano i ricercatori di Candiolo - che il farmaco Plx472O migliora sia la perfusione del sangue del tumore sia l ossigenazione». Con due conseguenze: «Può potenziare l efficacia di altri farmaci, consentendo di ridurre le dosi di chemioterapici utilizzati nel trattamento, inoltre migliora l ossigenazione del tessuto riducendo la carenza di ossigeno all interno dell organismo, che solitamente è causa della maggior aggressività e della comparsa di metastasi». Si tratta evidentemente di una nuova importantissima tappa nella lotta al cancro. Una strategia più completa che mira a colpire non solo la cellula cancerogena, ma soprattutto le vie di comunicazione tra la cellula malata e l ambiente che la circonda e la «nutre». «Infatti - sottolinea il professor Bardelli - il destino di un tumore verso una progressione veloce, piuttosto che nel permanere in uno stato di quiescenza, dipende sia dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia dalle molecole e dei vasi sanguigni che avvolgono il tumore». Il farmaco, già approvato negli Usa contro il melanoma, potrebbe essere presto autorizzato anche in Italia dall Aifa. Il Plx472O estende enormemente le prospettive terapeutiche attraverso il nuovo approccio al tumore, che è quello dello studio dell habitat della cellula neoplastica: «E evidente - sottolinea il professor Bardelli - che, trattandosi di uno studio pre-clinico, il farmaco non sarà utilizzabile da domani come una qualunque altra terapia già in uso, ma possiamo anticipare fin da subito che i primi studi che stiamo compiendo sull utilizzo di questo medicinale anche contro il cancro del colon sta già dando risultati molto interessanti». fonte: la stampa.it 29 dicembre 2011

Istat: 4 italiani su 10 dedicano tempo ad assistenza e accadimento Nel II trimestre 2010, le persone con figli coabitanti minori di 15 anni e quelle che riferiscono di prendersi regolarmente cura di altri ragazzi di questa stessa eta', di adulti malati, disabili o di anziani, sono oltre 15 milioni, il 38,4% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. E' quanto emerge dall'indagine 'La conciliazione tra lavoro e famiglia' dell'istat. Nella popolazione tra i 15 e i 64 anni di eta', si contano ben 10 milioni e 944 mila genitori con almeno un figlio convivente minore di 15 anni. Nella fascia di eta' 35-44 anni si registra la quota maggiore di individui in questa situazione, sia per gli uomini sia per le donne (rispettivamente il 56% e il 62,9%) e senza importanti differenze territoriali. Le persone che affermano di prendersi regolarmente cura di bambini con meno di 15 anni, che non siano figli conviventi, sono l'8,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni (1 milione 688 mila) e il 5% (978 mila) degli uomini di questa stessa eta'. L'incidenza maggiore si rileva tra i 55-64 anni (l'8,6% tra gli uomini e il 17,5% tra le donne), fascia di eta' in cui e' piu' frequente si tratti di nonni che si prendono cura dei nipoti. Oltre 3 milioni e 300 mila persone riferiscono, invece, di aver assistito regolarmente adulti bisognosi di cure, ovvero malati, disabili o anziani: il 10,7% delle donne e il 6,2% degli uomini. Anche in questo caso la maggiore concentrazione e' nelle fasce di eta' piu' elevata: tra i 55 e i 64 anni si arriva all'11% per gli uomini e al 16,4% per le donne, e tra i 45 e i 54 anni rispettivamente il 9,3% e il 18,3% (per lo piu' figli che accudiscono i genitori anziani). Infine, le persone che si occupano contemporaneamente di piu' individui bisognosi di cura sono 1 milione 649 mila, il 10,9% del totale; la combinazione piu' frequente, che riguarda 689 mila persone, e' rappresentata dal supporto fornito a figli coabitanti e adulti non autosufficienti, quali anziani disabili o malati. fonte: asca.it 29 dicembre 2011