Diritto Penale - Percorso operativo Coratella Claudio



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Diritto Penale - Percorso operativo Coratella Claudio Testimonianza di Coratella Claudio NATURA GIURIDICA La testimonianza è un mezzo di prova disciplinato dagli artt. 194 e ss c.p.p. Il testimone è colui che ha conoscenza dei fatti oggetto di prova, poiché li ha direttamente percepiti, e che non riveste una delle qualifiche alle quali il codice riconduce l'incompatibilità a testimoniare. La persona acquisisce l'ufficio di testimone solo quando è chiamata, da una delle parti, a deporre davanti al giudice. Prima di tale momento processuale il soggetto non può acquisire tale ufficio; tuttavia può essere sentito dagli inquirenti, nel corso delle indagini, in qualità di "persona informata sui fatti". Lo status di testimone non può essere rifiutato dalla persona chiamata a deporre, la quale, un volta acquisita tale qualità, avrà incontro a determinati obblighi. OGGETTO DELLA TESTIMONIANZA Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova (art. 194 c.p.p.). Le domande che gli vengono poste dalle parti devono avere determinate caratteristiche, quali: pertinenza: le domande per essere tali devono riguardare i fatti enunciati nell'imputazione. determinatezza: le domande devono avere ad oggetto fatti determinati. Divieti e limiti della testimonianza Il teste non può deporre su voci correnti né esprimere apprezzamenti personali, salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti (Cass. Civ. Sez. Lav., 8 marzo 2010, n. 5548). Tuttavia, il divieto di esprimere apprezzamenti personali, non vale quando il testimone sia una persona particolarmente qualificata, che riferisca su fatti accaduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e particolare attività, giacché in tal caso l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto (Cass. Pen. Sez. II, 15 febbraio 2010, n. 5954). La testimonianza non può avere ad oggetto questioni concernenti la moralità dell'imputato, a meno che non si tratti di domande necessarie per comprendere la personalità dello stesso in relazione al reato e alla pericolosità sociale. Sono vietate le domande su fatti che servono a definire la personalità della persona offesa, ad eccezione dell'ipotesi in cui il fatto dell'imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona. Tali domande sono consentite, ad esempio, nei processi per delitti di violenza sessuale. Sono vietate le domande aventi ad oggetto la vita privata o la sessualità della persona offesa, le quali però sono consentite soltanto se necessarie alla ricostruzione del fatto. OBBLIGHI DEL TESTIMONE Dal momento in cui il testimone viene citato, incombono su di lui ex art. 198 c.p.p. alcuni obblighi: Obbligo di presentarsi al giudice. Se non si presenta senza un legittimo impedimento, il giudice può ordinare l'accompagnamento coattivo e condannarlo al pagamento di una somma di denaro (da 51 euro a 516 euro) nonché al pagamento delle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. Obbligo di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per le esigenze processuali. Obbligo di rispondere alle domande secondo verità. Infatti, il testimone, prima di rendere la dichiarazione, deve leggere la

formula con la quale si impegna a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a sua conoscenza (art. 497, co. 2, c.p.p.). Se il testimone omette di riferire su ciò che sa, ovvero risponde il falso, commette il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.). In tale ipotesi, il giudice dispone l'immediata trasmissione degli atti al P.M. perché questi proceda a norma di legge (art. 207, co. 1, c.p.p.). Quest'ultimo, ricevuta copia del verbale di udienza, dà inizio alle indagini preliminari, per accertare se sussiste il reato di falsa testimonianza. CAPACITA' A TESTIMONIARE Tutti i soggetti hanno la capacità di testimoniare. L'idoneità a rendere testimonianza, infatti, è un concetto diverso rispetto a quello della capacità di intendere e di volere. Per capacità a testimoniare si intende la facoltà di saper discernere il contenuto delle domande al fine di adeguarvi coerenti risposte; nonché la capacità di valutazione delle domande di natura suggestiva, la sufficiente capacità mnemonica in ordine ai fatti specifici oggetto della deposizione, la piena coscienza dell'impegno di riferire con verità e completezza i fatti a sua conoscenza (Cass. Pen. Sez. I, 3 giugno 2010, n. 20864). Possono rendere testimonianza sia i soggetti minori di età, seppure con particolari garanzie espressamente previste dall'art. 498, co. 4, c.p.p., che gli infermi di mente. In tali ipotesi la capacità a testimoniare è valutata, caso per caso, dal giudice che dovrà anche verificare la credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni. Quando il teste è minorenne o infermo, è sempre e comunque riservato al giudice l'apprezzamento sull'attendibilità e genuinità della dichiarazione testimoniale. Il giudice può sempre ordinare gli accertamenti opportuni per verificare se il soggetto sia idoneo ad acquisire l'ufficio di testimone, sia da un punto di vista fisico che psichico. Ad esempio, in tema di dichiarazioni rese dal teste minore, la perizia psicologica è indubbiamente utile per valutare la capacità di testimoniare della vittima, ma non costituisce elemento assolutamente indispensabile per accreditare la versione della parte offesa, specialmente quando si tratti di minori che hanno superato gli anni dieci (Cass. Pen. Sez. III, 8 aprile 2009, n. 15054, Corte d'appello Pen. L'Aquila, 12 maggio 2010). INCOMPATIBILITA' Non possono essere assunti come testimoni - gli imputati concorrenti nel medesimo reato a norma dell'art. 12, lett. a, c.p.p., salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza di proscioglimento, condanna o applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.; - gli imputati in un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, lett. c, c.p.p., salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza di proscioglimento, condanna o applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.; - gli imputati in procedimenti probatori collegati ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b, c.p.p.; il responsabile civile e la persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria; - coloro che nel medesimo procedimento svolgono, o hanno svolto, la funzione di giudice, pubblico ministero o loro ausiliario, nonché il difensore che ha svolto attività di investigazione difensiva. La disciplina limitativa della capacità testimoniale di cui all'art. 197, comma 1, lettere a) e b), all'art. 197 bis e all'art. 210 c.p.p., non è applicabile alle persone sottoposte a indagini nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di archiviazione (Sez. Un. Pen. 29 marzo 2010, n. 12067). CASI PARTICOLARI DI TESTIMONIANZA TESTIMONE ASSISTITO La testimonianza assistita (art. 197 bis) è un istituto introdotto nel nostro ordinamento con la L. 63 del 2001 (c.d. Legge Pecorella). Il testimone "assistito" è un imputato di un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12 c.p.p. ovvero di un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), c.p.p. L'imputato... può essere sentito come testimone... Il testimone non può essere obbligato a deporre...... in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 o di un reato collegato a norma dell'articolo 371,... quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di... sui fatti per i quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di condanna nei suoi confronti, se nel

comma 2, lettera b), c.p.p.... in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), c.p.p. applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p.... sentito come testimone, oltre che quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. anche, nel caso previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c), c.p.p. procedimento egli aveva negato la propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione.... su fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi confronti. Il testimone è obbligatoriamente assistito dal difensore di fiducia e, in mancanza di difensore di fiducia, è designato un difensore di ufficio. Utilizzabilità delle dichiarazioni in altro procedimento Le dichiarazioni rese da tali soggetti non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese: - nel procedimento penale a suo carico; - nel procedimento di revisione della sentenza di condanna; - in qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto oggetto dei procedimenti e delle sentenze suddette. Le dichiarazioni rese dalle persone che assumano l'ufficio di testimone "assistito" sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità. TESTIMONE INDIRETTO o DE RELATO Il testimone deve avere conoscenza diretta dei fatti oggetto del processo. Si ha conoscenza diretta quando il soggetto percepisce personalmente il fatto da provare con le sue facoltà sensoriali (ha personalmente visto e/o udito ecc. un determinato fatto). Si ha conoscenza indiretta (o de relato) quando la persona non ha direttamente percepito il fatto, ma lo ha appreso da un'altra fonte di prova (c.d. testimone di riferimento). Il testimone "indiretto" è colui che non ha avuto percezione diretta dei fatti e per questo deve, nel corso della testimonianza, indicare la fonte da cui ha appreso i fatti oggetto dell'esame. L'art. 195 c.p.p. impone, a pena di inutilizzabilità, di individuare il testimone di riferimento in quanto, la mancata individuazione della fonte, impedisce di dare credibilità a quanto riferito dal teste indiretto. Quando quest'ultimo non vuole o non può indicare la fonte da cui ha percepito il fatto, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate (Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2008, n. 38076; Cass. Pen., Sez VI, 13 gennaio 2009, n. 1085; Cass. Pen., Sez III, 16 ottobre 2008, n. 35426). Se una parte chiede che venga sentito il teste di riferimento, identificato dal testimone de relato, il giudice è obbligato a disporne la citazione, pena l'inutilizzabilità della testimonianza indiretta (Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2008, n. 38076). Tuttavia, nell'ipotesi di mancata citazione del teste di riferimento, il contenuto della testimonianza indiretta potrà essere utilizzato soltanto quando l'esame del primo risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità (Cass. Pen., Sez. III, 7 aprile 2010, n. 12916). Quando è impossibile citare il testimone diretto, per irreperibilità o morte, la testimonianza de relato dovrà essere valutata con particolare cura, mediante riscontri con altri elementi di prova (Cass. Pen., Sez. III, 7 aprile 2010, n. 12916). TESTIMONE PROSSIMO CONGIUNTO I prossimi congiunti dell'imputato non possono essere obbligati a deporre come testimoni (art. 199 c.p.p.). Ratio: anteporre gli affetti familiari agli interessi della giustizia. Agli effetti delle legge penale, sono "prossimi congiunti": - gli ascendenti - i discendenti - il coniuge

- fratelli - sorelle affini nello stesso grado (non si comprendono gli affini solo allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole) - zii - nipoti Rientrano in tale categoria anche coloro che sono legati all'imputato da vincolo di adozione. Sono considerati tali, inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza coniugale: - il soggetto che, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso - il coniuge separato dell'imputato - la persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l'imputato. Il testimone "prossimo congiunto" deve essere avvisato dal giudice della facoltà di astenersi dal rendere l'esame. Se tale avviso è omesso, le dichiarazioni rese sono affette da nullità relativa e l'eventuale reato di falsa testimonianza non è punibile. La causa di non punibilità prevista dall'art. 384 c.p. non può operare qualora il testimone, prossimo congiunto dell'imputato, debitamente avvisato come stabilito dall'art. 199, comma 2, c.p.p., abbia deliberatamente scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere ed abbia deposto il falso (Cass. Pen., Sez. VI, 7 settembre 2005, n. 33015; Sez. Un. Pen., 14 febbraio 2008, n. 7208; Cass. Pen., Sez VI, 21 gennaio 2009, n. 2752, Cass. Pen., Sez. VI, 19 ottobre 2010, n. 37467). I prossimi congiunti sono obbligati a deporre quando hanno presentato denuncia o querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato. ASPETTI PROCESSUALI CITAZIONE TESTI L'art. 468 c.p.p. stabilisce che le parti, che intendono chiedere l'esame dei testimoni, devono depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con l'indicazione dei testimoni e delle circostanza su cui deve vertere il loro esame. Una volta dichiarato aperto il dibattimento, dopo la lettura del capo di imputazione, le parti procedono con le richieste di prova. Queste sono presentate prima dal P.M., poi dai difensori delle parti eventuali (parti civili, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria) ed infine dal difensore dell'imputato. La richiesta dell'esame testimoniale rientra tra le richieste delle prove suddette. Il giudice ammette tali richieste sulla base dei requisiti indicati dall'art. 190 c.p.p.: pertinenza, rilevanza, non superfluità, non violazione di legge. L'art. 507 c.p.p. stabilisce che, una volta terminata l'acquisizione probatoria, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre, anche d'ufficio, l'assunzione di una nuova prova.. Questo implica che il giudice ha il potere di disporre l'acquisizione anche di ulteriori prove testimoniali. REGOLE ESAME TESTIMONIALE La deposizione è resa in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, secondo le regole dell'esame incrociato (artt. 498 e 499 c.p.p.). L'esame incrociato consta di esame, controesame e riesame. L'esame è posto in essere dal P.M. o dal difensore che ha chiesto di interrogare il testimone. Il controesame è eventuale, poiché è condotto dalla parte che non aveva chiesto l'esame e che pertanto può decidere di non porre domande. Il riesame si svolge soltanto se c'è stato il controesame. Nell'ipotesi in cui sia il P.M. a chiedere l'esame, le domande verranno poste prima dal P.M. (esame) e poi dai difensori delle parti eventuali (parti civili, responsabile civile, ecc.). Il controesame sarà effettuato del difensore dell'imputato. Il riesame è fatto da chi ha iniziato l'esame. Terminato l'esame incrociato condotto dalle parti, il Presidente può rivolgere domande ai testimoni ai sensi dell'art. 506, co. 2, c.p.p.

Regole per l'esame incrociato Sono ammesse le domande su fatti specifici (la domanda deve avere ad oggetto fatti determinati). Sono vietate le domande "nocive" che sono idonee a minare la sincerità delle risposte, nonché le domande intimidatorie. Nel corso dell'esame sono vietate le domande suggestive, ossia quelle domande che tendono a suggerire le risposte. Tali domande sono, invece, ammesse, in sede di controesame (cfr., il divieto di domande suggestive viene posto dalla legge esclusivamente con riferimento all'esame condotto dalla parte processuale che ha introdotto il testimone, ma non opera in sede di controesame: Cass. Pen., Sez III, 4 maggio 2010, n. 16854). Nel corso dell'esame incrociato, il testimone... a)... può non deporre: - su fatti dai quali emerge la sua responsabilità penale (art. 188 c.p.p.) - su fatti coperti da segreto professionale (art. 200 c.p.p.) - su fatti coperti da segreto d'ufficio o di Stato (artt. 201 e 202 c.p.p.) b)... può essere autorizzato dal Presidente a consultare, in aiuto alla memoria, dei documenti da lui redatti. In tal caso: - è fondamentale che i documenti siano redatti dal dichiarante e che questi non ricordi i fatti registrati a suo tempo - che tali documenti siano resi conoscibili alle parti le quali hanno il diritto di utilizzarlo per il controesame.