Anno formativo 2006/07 AREA EUROPEA. Percorso A La Regione all interno del sistema Europa



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Regione Lazio Dipartimento Istituzionale Direzione Organizzazione e Personale Anno formativo 2006/07 AREA EUROPEA a cura di Luciano Penna Percorso A La Regione all interno del sistema Europa A12 153/04

Modulo giuridico LE POLITICHE COMUNITARIE Classe 1 Ed. 0 rev. 0 dell 8/10/07 Docente Mariangela Matonte ARACNE

Copyright MMVII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978 88 548 1375 5 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: ottobre 2007

Indice PARTE I Le fonti giuridiche del diritto comunitario di Mariangela Matonte... 9 Istituzioni e altri organi dell unione europea... 11 1. Consiglio dell Unione Europea... 11 2. Consiglio europeo... 12 3. Parlamento europeo... 13 4. Commissione europea... 13 5. Corte di giustizia... 14 6. CORTE DEI CONTI EUROPEA... 14 7. COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO... 15 8. COMITATO DELLE REGIONI... 15 9. BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI (BEI)... 15 10. BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE)... 15 Le fonti giuridiche dell ordinamento comunitario... 17 1. Diritto primario... 18 1.1. Accordi internazionali conclusi dalla CE... 18 2. Diritto derivato:... 20 2.1. Regolamenti... 20 2.2. Direttive... 21 2.3. Decisioni... 23 2.4. Raccomandazioni e pareri... 24 2.5. Accordi fra gli Stati membri... 24 La natura giuridica della CE e la collocazione del Diritto comunitario negli ordinamenti giuridici nazionali... 25 1. L applicabilità diretta del Diritto comunitario... 27 2. Il primato del Diritto comunitario... 28 La procedura legislativa comunitaria... 31 1. La procedura di consultazione o di proposta... 32 1.1. Fase di elaborazione di una proposta... 33 5

6 Indice 1.2. Fase di consultazione... 34 1.3. Fase di decisione... 35 2. La procedura di cooperazione (articolo 252 del trattato CE)... 36 3. La procedura di codecisione (articolo 251 del trattato CE)... 39 4. La procedura del parere conforme... 42 5. La procedura semplificata... 43 6. Le procedure di adozione delle norme di applicazione... 43 Le competenze dell Unione... 45 1. Competenze esclusive... 45 1.1. Settori di competenza esclusiva... 45 2. Competenze concorrenti... 45 2.1. Settori di competenza esclusiva... 46 3. Esercizio delle competenze: principio di attribuzione, principio di proporzionalità, principio di sussidiarietà... 46 Il controllo di legittimità della Corte di giustizia... 49 1. Il controllo sugli inadempimenti degli Stati membri... 50 2. Ricorso in carenza... 51 Che cosa fa l unione... 53 1. La dimensione sociale... 54 2. La politica occupazionale... 57 3. La riforma della politica agricola comune... 57 La politica regionale dell Unione Europea... 61 1. Estensione della politica strutturale ai nuovi Stati membri 2007 2013... 61 2. Gli strumenti finanziari di attuazione delle politiche regionali 2007 2013 63 3. Come sono attuati i programmi dei Fondi strutturali?... 66 4. Strumenti di programmazione ed attuazione... 67 5. La normativa comunitaria in materia di concorrenza... 68 5.1. Liberalizzazioni... 69 5.2. Cartelli... 69 5.3. Concentrazioni... 71 5.4. Alcuni casi... 72 6. Abuso da posizione dominante... 73

Indice 7 Aiuti di Stato... 77 1. La classificazione degli aiuti... 82 La politica estera delle regioni italiane... 85 1. La rappresentanza degli interessi regionali in Europa... 85 1.1. Il Comitato delle Regioni... 87 2. I rapporti delle regioni italiane dell Unione europea... 89 PARTE II La politica di concorrenza dell Unione Europea ed i consumatori Guida a cura della Commissione Europea... 93 PARTE III Il gergo europeo Piccolo glossario di base della terminologia comunitaria A cura della Commissione Europea... 111 PARTE IV Bibliografia essenziale sul Diritto comunitario... 135 ALLEGATO 1 Commissione europea (Slides)... 141 ALLEGATO 2 Istituzioni UE (Slides)... 151

8 Indice

PARTE I Le fonti giuridiche del diritto comunitario MARIANGELA MATONTE 9

10 Indice

Istituzioni e altri organi dell Unione Europea 1. Consiglio dell Unione europea Il Consiglio dell Unione europea è l istituzione decisionale principale dell Unione e l unica formata da rappresentanti degli Stati membri. In origine Consiglio dei ministri, oggi più comunemente detto il Consiglio, è presieduto a turno da ciascuno Stato membro per un semestre (1 gennaio e 1 luglio) secondo un ordine prestabilito. Esso riunisce i ministri dei paesi membri a seconda dei problemi all ordine del giorno: affari esteri, agricoltura, industria, trasporti, ambiente, ecc. Un organo ausiliario del Consiglio molto importante è il COREPER, Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati membri, composto da Ambasciatori che guidano le rispettive rappresentanze. Il COREPER filtra le proposte della Commissione, dando il proprio assenso su quelle meno importanti, che poi sono sottoposte alla ratifica del Consiglio, e inoltra alla discussione del Consiglio quelle più importanti. Il Consiglio condivide con il Parlamento europeo il potere legislativo e il potere di bilancio. In relazione a quest ultima competenza, il Consiglio stabilisce il progetto di bilancio sulla base di un progetto preliminare presentato dalla Commissione Il Consiglio conclude, a nome della Comunità, gli accordi internazionali preventivamente negoziati dalla Commissione. Secondo i trattati il Consiglio delibera a maggioranza semplice dei membri che lo compongono, a maggioranza qualificata o all unanimità. 11

12 Parte I Mariangela Matonte Nella maggior parte dei casi il Consiglio decide a maggioranza qualificata, la proposta passa cioè solo se raccoglie un determinato numero di voti. Il voto degli Stati membri è ponderato sulla base della loro popolazione e corretto a favore dei paesi meno popolati. Dal 1 novembre 2004, secondo quanto introdotto dal Trattato di Nizza, il numero di voti è suddiviso come segue: Germania, Francia, Italia, Regno Unito: 29 Spagna, Polonia : 27 Romania: 14 Paesi Bassi: 13 Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria: 12 Austria, Bulgaria, Svezia: 10 Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lituania, Slovacchia: 7 Estonia, Cipro, Lettonia, Lussemburgo, Slovenia: 4 Malta: 3 Totale: 345 Saranno necessari 255 voti (pari al 72,3 %) per raggiungere la maggioranza qualificata. Inoltre: la decisione dovrà essere approvata dalla maggioranza degli Stati membri (ovvero, in taluni casi, dai due terzi); ciascuno Stato membro potrà esigere la conferma che i voti a favore rappresentino il 62 % della popolazione totale dell UE. 2. Consiglio europeo Il Consiglio europeo trae origine dalla consuetudine dei leader politici dei paesi dell Ue (i cosiddetti capi di Stato e di Governo ) di riunirsi regolarmente. Iniziata nel 1974 e istituzionalizzata dall Atto unico europeo nel 1987, tale prassi si rinnova in media quattro volte l anno. Il Consiglio europeo si riunisce sotto la presidenza del capo di Stato o di governo che presiede il Consiglio dell Unione e annovera, come membro di diritto, il presidente della Commissione. La funzione del Consiglio Europeo, organo di indirizzo politico e di impulso, con-

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 13 siste nel fissare le direttive di politica generale dell UE e formulare politiche di principio. Esso discute temi di attualità internazionale nell intento primo di mettere a punto una politica estera e di sicurezza comune (PESC) che rifletta l azione unitaria della diplomazia europea. 3. Parlamento europeo Il Parlamento europeo è l assemblea rappresentativa dell Unione e partecipa al processo legislativo. Il Parlamento europeo, eletto dal 1979 a suffragio universale diretto, esercita solo alcune delle tipiche funzioni parlamentari. Anzitutto non elegge alcun governo, essendo il Consiglio e la Commissione gli organi che si ripartiscono le funzioni di tipo governativo. Il Parlamento ha insieme al Consiglio competenza in materia di bilancio, ossia discutere e adottare il bilancio dell Unione presentato dalla Commissione e approvato dal Consiglio. Il Parlamento ha la facoltà di respingere il bilancio e lo ha fatto più volte in passato, ma limitatamente alle spese non obbligatorie, vale a dire le spese che non sono espressamente previste dalle norme comunitarie (spese amministrative, spese operative connesse ai FS, mentre le spese obbligatorie sono sostanzialmente le spese connesse alla PAC). Il Parlamento europeo esercita, infine, il controllo democratico sull intera attività dell Unione. Può esigere le dimissioni in blocco della Commissione con una mozione di censura (approvata a maggioranza di due terzi dei voti espressi) mediante interrogazioni scritte e orali al Consiglio e alla Commissione. 4. Commissione europea La Commissione europea è un istituzione cardine del sistema comunitario. La Commissione gode di un autonomia politica totale; agisce nel solo interesse generale dell Unione e non riceve istruzioni da nessun governo o organismo degli Stati membri. Custode dei trattati, vigila sull esecuzione dei regolamenti e delle direttive adottate dal Consiglio

14 Parte I Mariangela Matonte e può adire la Corte di giustizia per esigere il rispetto del diritto comunitario. La Commissione ha il monopolio dell iniziativa, è organo esecutivo dell UE nel campo della concorrenza in cui esercita le funzioni di autorità amministrativa, dei Fondi Strutturali e della gestione della PAC. La Commissione risponde del suo operato dinanzi il Parlamento europeo che può censurarla e esigerne le dimissioni in blocco. 5. Corte di giustizia La Corte di giustizia delle Comunità europee, con sede a Lussemburgo, è composta da ventisette giudici (uno per Stato membro) e otto avvocati generali. Compito della Corte è assicurare l osservanza del diritto europeo e la corretta interpretazione e applicazione dei trattati. La Corte di giustizia è inoltre l unico organo competente a pronunciarsi, su istanza del giudice nazionale, sull interpretazione dei trattati e sulla validità e interpretazione di una norma comunitaria. In caso di dubbi, il giudice nazionale può, e talvolta deve, rivolgersi alla Corte per un parere. Questo sistema garantisce al diritto comunitario un interpretazione uniforme e un applicazione omogenea in tutta l Unione. La Corte esercita inoltre la funzione di controllo sull attività delle istituzioni (controllo di legittimità) e sul rispetto degli obblighi comunitari da parte degli Stati membri (controllo di infrazione). 6. Corte dei Conti europea La Corte dei Conti europea esamina la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese dell Unione e accerta la sana gestione finanziaria del bilancio dell UE. Può controllare ogni organismo o individuo che gestisca o riceva fondi comunitari ed eventualmente adire la Corte di giustizia. Non dispone di competenze giurisdizionali proprie per quanto riguarda l applicazione di sanzioni giuridiche in caso di violazioni accertate.

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 15 7. Comitato economico e sociale europeo Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è un assemblea consultiva, composta da rappresentanti delle varie componenti socioeconomiche, nominati per quattro anni dal Consiglio dell Unione. Suo compito fondamentale è formulare pareri destinati alle tre grandi istituzioni. Il CESE è consultato obbligatoriamente prima dell adozione di decisioni in svariati campi (occupazione, Fondo sociale europeo, formazione professionale, ecc.) ma può esprimersi anche di sua iniziativa. 8. Comitato delle Regioni Il Comitato delle Regioni è la più giovane delle istituzioni comunitarie, creata dal Trattato sull Unione europea, è composto da rappresentanti delle collettività regionali e locali nominati dal Consiglio per un mandato quadriennale. È consultato obbligatoriamente dalla Commissione e dal Consiglio nei casi previsti dal trattato (formazione, cultura, sanità pubblica, politica occupazionale, etc.) ma può formulare pareri anche di sua iniziativa. La Commissione e il Consiglio possono non tener conto dei pareri del Comitato delle Regioni ove il termine previsto per la loro presentazione sia decorso inutilmente. 9. Banca europea per gli investimenti (BEI) La Banca europea per gli investimenti (BEI) concede prestiti e garanzie a progetti di investimento nelle regioni più svantaggiate e per il rafforzamento della competitività delle piccole imprese, la BEI concorre all integrazione, allo sviluppo equilibrato e alla coesione economica e sociale degli Stati membri. 10. Banca centrale europea (BCE) La Banca centrale europea (BCE) ha il compito di gestire l euro e la politica monetaria dell Unione.

16 Parte I Mariangela Matonte

Le fonti giuridiche dell ordinamento comunitario Le fonti giuridiche dell ordinamento comunitario si distinguono in: Diritto primario o fonti primarie: Trattato di Parigi istitutivo della Comunità europea del carbone e dell acciaio (CECA) del 1951; Trattati di Roma istitutivi della Comunità economica europea (CE- E) e della Comunità europea dell energia atomica (CEEA o Euratom) del 1957; Atto unico europeo del 1986; Trattato di Maastricht sull Unione europea del 1992; Trattato di Amsterdam del 1997; Trattato di Nizza del 2001; principi generali di diritto; accordi internazionali conclusi dalla Comunità con Stati terzi ed organizzazioni internazionali. Diritto derivato o fonti di secondo grado: Regolamenti, direttive, decisioni (atti giuridici vincolanti); Pareri e raccomandazioni (atti giuridici non vincolanti); Accordi tra gli Stati membri. 17

18 Parte I Mariangela Matonte 1. Diritto primario Le norme giuridiche contenute nei trattati istitutivi delle Comunità europee e nei trattati successivi in quanto diritto creato direttamente dagli Stati membri vengono definite diritto comunitario primario, collocandosi cosi al vertice della gerarchia delle fonti di diritto comunitario. In linea di principio le sue norme dei trattati istitutivi e dei trattati successivi sono fra di loro norme di pari rango. Lo stesso vale anche per il diritto comunitario non scritto, ossia i principi generali dell ordinamento comunitario. Questi si identificano con i principi generali di diritto comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri applicati tramite la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee. Gli accordi di diritto internazionale conclusi dalla Comunità si situano invece in una posizione subordinata rispetto al diritto comunitario primario e al diritto comunitario non scritto. 1.1. Accordi internazionali conclusi dalla CE Gli accordi internazionali conclusi dalla CE sono fonti di primo grado e pertanto preminenti rispetto al diritto derivato, cioè agli atti emanati dalle istituzioni. Di conseguenza un atto comunitario (regolamento, direttiva, decisione) contrario ad un accordo internazionale concluso dalla Comunità può essere annullato dalla Corte di Giustizia. Gli accordi internazionali conclusi dalla CE sono vincolanti per le i- stituzioni e per gli Stati membri. La competenza della Comunità a concludere accordi nelle materie di sua competenza nasce dalla teoria dei poteri impliciti. La Corte di Giustizia ha infatti sostenuto che è un potere implicito della CE quello di e- sercitare verso l esterno (cioè verso Stati terzi) attraverso accordi internazionali le proprie competenze interne. Si è affermato con il tempo il principio del parallelismo tra competenze interne e competenze esterne, in base al quale la Comunità, concludendo accordi con Stati terzi nelle materie di sua competenza esclude la possibilità che gli Stati membri possano concludere autonomamente accordi sulle stesse materie. Sulla base del principio del parallelismo delle competenze la Comunità ha potuto stipulare accordi internazionali in campi diversi da

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 19 quelli per i quali tale potere era espressamente previsto dai Trattati (ad esempio pesca, trasporti, politica energetica, ambiente). Gli accordi internazionali della CE sono negoziati dalla Commissione su autorizzazione del Consiglio; la firma e la conclusione spettano al Consiglio su proposta della Commissione. Il Parlamento interviene attraverso la procedura del parere conforme limitatamente agli accordi di associazione. La Comunità nell ambito della sua politica estera conclude con gli Stati non membri (paesi terzi) e con altre organizzazioni internazionali accordi internazionali di cooperazione nei settori commerciale, industriale, tecnico e sociale, nonché accordi commerciali su singoli prodotti. La Comunità stipula i seguenti accordi internazionali: a) accordi di associazione: la Comunità può concludere accordi che istituiscono un associazione caratterizzata da diritti e obblighi reciproci, da azioni comuni e procedure particolari. Gli accordi di associazione implicano una forma di collaborazione più intensa di quelli commerciali, anche se nella pratica a volte il confine tra i due tipi di accordi è piuttosto labile. Ad esempio, accordi molto articolati e fortemente istituzionalizzati come quelli con gli Stati africani possono essere classificati come accordi di associazione, se non fosse per la mancanza di prospettiva di diventare membri UE. Inizialmente gli accordi di associazione erano intesi come preparatori di una membership comunitaria, come è avvenuto per la Grecia. Recentemente va registrata la tendenza opposta, cioè quella di ritardare, attraverso la concessione dello status di associato, una domanda di ammissione all UE. Negli accordi di associazione rientrano le seguenti tipologie di accordi: accordi per il mantenimento delle relazioni particolari (di tipo commerciale) di alcuni Stati membri della CE con paesi terzi (ad esempio con ex colonie); accordi per la preparazione all adesione alla UE; accordi sullo Spazio Economico Europeo (SEE) tra la CE e i paesi EFTA (Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera). Si tratta della creazione di un area di libero scambio tra le parti contraenti sulla base delle 4 libertà di circolazione. Buona parte del diritto comunitario è esteso ai paesi EFTA, senza che questi diventino membri UE.

20 Parte I Mariangela Matonte b) accordi di cooperazione: cooperazione economica tra la dalla CE e i paesi terzi (ad esempio gli accordi conclusi dalla CE con i paesi del Magreb, del Mashrak, e Israele nell ambito del Partenariato Euromediterraneo); c) accordi commerciali: conclusi con organizzazioni commerciali internazionali o con paesi terzi in materia di politica doganale e commerciale, per l istituzione di aree di libero scambio ecc. 2. Diritto derivato: Regolamenti, direttive, decisioni (atti giuridici vincolanti); Pareri e raccomandazioni (atti giuridici non vincolanti); Accordi tra gli Stati membri. Per quanto riguarda il diritto derivato (regolamenti, direttive e decisioni) vale il principio della gerarchia delle fonti, secondo il quale le norme di fonti di secondo grado devono essere compatibili con le norme di fonti di primo grado. È appena il caso di sottolineare che non esiste rapporto gerarchico tra i singoli atti del diritto secondario che sia sancita dal diritto o in funzione dell organo che li emana. Il diritto comunitario derivato consta innanzitutto di atti giuridici vincolanti contenenti sia disposizioni giuridiche generali ed astratte (regolamenti) che misure concrete ed individuali. Accanto a questa categoria di atti comunitari vi sono gli atti giuridici di applicazione interna, cioè destinati a regolare il funzionamento interno delle istituzioni comunitarie, quali gli accordi o le intese raggiunte dalle istituzioni. Gli atti giuridici di diritto comunitario derivato presentano notevoli differenze per quanto riguarda la procedura di adozione, la loro forza giuridica e la loro destinazione. 2.1. Regolamenti Il regolamento ha portata generale, è obbligatorio in tutti i loro e- lementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri (articolo 249 Trattato CE).

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 21 I regolamenti sono gli atti normativi comunitari per eccellenza, con i quali le istituzioni comunitarie possono intervenire in ampia misura negli ordinamenti giuridici nazionali. I regolamenti comunitari si distinguono per due aspetti assolutamente inediti per il diritto internazionale: l applicabilità diretta: l applicabilità diretta dei Regolamenti CE implica che le disposizioni in essi contenute sono applicabili senza uno speciale ordine di esecuzione nazionale (il cosiddetto recepimento) e conferiscono diritti o impongono doveri diretti ai cittadini della Comunità. Gli Stati membri, le loro istituzioni e le loro autorità sono direttamente vincolati dal diritto comunitario che devono osservare alla stessa stregua del diritto nazionale. Nonostante le somiglianze con le leggi nazionali, tali atti non possono però essere definiti leggi europee per il fatto che essi non vengono promulgati nel quadro della procedura di codecisione con il Parlamento europeo; il carattere comunitario: Il carattere comunitario dei Regolamenti CE implica la loro applicabilità uniforme su tutto il territorio comunitario. È vietato, pertanto, agli Stati membri una applicazione non integrale o discrezionale delle disposizioni di un regolamento. I regolamenti hanno come destinatari tutti gli Stati membri che a- dottano tutte le misure di diritto interno necessarie per dare attuazione sul piano nazionale alle disposizioni contenute dei regolamenti. 2.2. Direttive La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali per quanto riguarda la forma e i mezzi (articolo 249 Trattato CE). Insieme ai regolamenti le direttive costituiscono lo strumento normativo di intervento più incisivo della Comunità per le seguenti caratteristiche: Le disposizioni di una direttiva non sostituiscono automaticamente le normative nazionali, ma gli Stati membri sono obbligati ad ade-

22 Parte I Mariangela Matonte guare la propria legislazione a quanto stabilito dalla direttiva, fatta salva la libertà in merito alla scelta della forma e dei mezzi per la realizzazione degli obiettivi da essa fissati. L omissione da parte degli Stati membri di misure di attuazione li espone al ricorso alla Corte di Giustizia della CE. Obiettivo della direttiva non è, contrariamente al regolamento, la creazione di diritto comunitario uniforme, bensì il ravvicinamento delle legislazioni nazionali, ed è pertanto lo strumento principale per la realizzazione del mercato interno. Diretta applicabilità Le direttive non hanno portata generale, in quanto sono indirizzate agli Stati membri e non necessariamente a tutti. La Corte di Giustizia attraverso una costante giurisprudenza evolutiva ha riconosciuto in presenza di determinati requisiti l applicabilità diretta delle direttive, consentendo cosi ai cittadini comunitari di appellarsi direttamente alle disposizioni di una direttiva dinanzi alle autorità amministrative, rivendicando i diritti che essa conferisce loro e, eventualmente, ricorrendo al giudice nazionale. La diretta applicabilità delle direttive si ha: nel caso in cui la direttiva imponga agli Stati obblighi chiari e precisi (ad esempio le direttive dettagliate) che quindi non necessitano della adozione di norme di esecuzione nazionali. nel il caso in cui la direttiva imponga obblighi di non facere, quindi si tratta di direttive già dotate di applicabilità diretta, per adempiere alle quali non è necessaria l emanazione di strumenti normativi interni (ad esempio la direttiva relativa alla libera circolazione delle persone). nel il caso in cui la direttiva si limita a chiarire la portata di un obbligo già tassativamente previsto dal Trattato Al fine di rafforzare il principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno, cosi come affermato a partire dalla sentenza Costa/Enel, la Corte di Giustizia ha portato fino alle estreme conseguenze l applicazione del principio della diretta applicabilità delle direttive.

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 23 Le conseguenze della efficacia diretta delle direttive comportano che uno Stato membro non può opporre ad un suo cittadino, che si sia conformato ad una direttiva, la disposizione interna eventualmente in contrasto con la direttiva stessa ed ancora in vigore a causa del ritardo dello Stato nel recepirla. La Corte di Giustizia ha riconosciuto (sentenze Francovich e Bonifaci del 1991), l obbligo degli Stati membri di risarcire i danni provocati dalla mancata o scorretta attuazione delle direttive. Tuttavia, l efficacia diretta delle direttive e le sue conseguenze restano limitate alla efficacia verticale, ossia poiché le direttive sono vincolanti solo per gli Stati membri, che ne sono i destinatari, la loro efficacia diretta è stata ammessa in via generale solo in senso verticale, vale a dire nei confronti delle autorità nazionali e non in senso o- rizzontale, nei rapporti tra cittadini. I singoli non possono essere ritenuti responsabili della mancata attuazione delle direttive stesse da parte del proprio Stato. 2.3. Decisioni La decisioni è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati (articolo 249 Trattato CE). Le decisioni costituiscono l atto giuridico tipico con il quale le istituzioni comunitarie regolano in maniera vincolante i singoli casi. Esse possono essere paragonate ai provvedimenti amministrativi vincolanti degli ordinamenti giuridici nazionali con cui le amministrazioni nazionali fissano l applicazione di una legge al caso specifico. La decisione presenta le seguenti caratteristiche: ha destinatari individuali distinguendosi in ciò dal regolamento. I destinatari di una decisione devono essere designati individualmente e sono vincolati solo individualmente è vincolante in tutti i suoi elementi a differenza della direttiva vincola direttamente i destinatari. Una decisione destinata ad uno Stato membro può, nelle stesse condizioni di una direttiva, avere effetto diretto sui cittadini comunitari.

24 Parte I Mariangela Matonte 2.4. Raccomandazioni e pareri Le raccomandazioni e i pareri sono atti giuridici non vincolanti che consentono alla CE di esprimersi in maniera non vincolante, vale a dire senza imporre obblighi giuridici ai destinatari. Raccomandazioni: suggeriscono ai destinatari un determinato comportamento, senza tuttavia imporre loro l obbligo giuridico. Possono essere emesse sia dal Consiglio che dalla Commissione sia nei confronti di Stati che di privati. Pareri: emessi dalle istituzioni comunitarie su una determinata materia. Anche le raccomandazioni e i pareri possono avere effetti giuridici indiretti quando creano le condizioni per futuri atti giuridici vincolanti o quando costituiscono una premessa per un ricorso presso la Corte di Giustizia. 2.5. Accordi fra gli Stati membri Gli accordi tra Stati membri sono conclusi in settori che non rientrano nelle competenze legislative della CE ma che hanno stretta attinenza con il funzionamento del mercato interno. Si tratta di veri e propri accordi internazionali volti a creare un diritto uniforme su scala comunitaria. (ad esempio le convenzioni sull esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale; sul riconoscimento reciproco delle società e delle persone giuridiche; sulla legge applicabile agli obblighi contrattuali; sui brevetti comunitari).

La natura giuridica della CE e la collocazione del diritto comunitario negli ordinamenti giuridici nazionali La natura giuridica della CE presenta le seguenti specificità e particolarità: la struttura istituzionale che garantisce il perseguimento degli interessi generali della Comunità fissati nei trattati; il trasferimento delle competenze alle istituzioni comunitarie ad un livello più elevato rispetto ad altre organizzazioni internazionali in ambiti nei quali gli Stati conservano normalmente la loro sovranità; la costituzione di un ordinamento giuridico indipendente dagli ordinamenti giuridici nazionali; l applicabilità diretta del diritto comunitario che garantisce l applicazione completa e uniforme delle disposizioni comunitarie in tutti gli Stati membri e stabilisce diritti e obblighi per gli Stati membri e i loro cittadini; la preminenza del diritto comunitario che esclude ogni revoca o modifica della legislazione comunitaria da parte del diritto nazionale e assicura, in caso di conflitto con il diritto nazionale, il primato del diritto comunitario. L Unione europea si rivela pertanto un entità autonoma, dotata di poteri sovrani e di un ordinamento giuridico indipendente dagli Stati membri. La sua definizione giuridica appare più complicata perché il fenomeno comunitario non può essere certo ricondotto alla collaborazione 25

26 Parte I Mariangela Matonte intergovernativa e quindi alla volontà degli Stati che restano pienamente sovrani, stante la capacità delle Comunità Europee di produrre atti normativi prevalenti sulle norme interne nazionali eventualmente contrastanti e direttamente applicabili ai singoli. Né le Comunità europea può essere definita come un entità federale, in quanto priva di un ordinamento autonomo e originario, bensì derivato, e priva del potere di attribuirsi nuove competenze. Vale cioè il principio delle competenze di attribuzione, in base al quale la Comunità agisce solo nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati. A fortiori non si può parlare di confederazione, data che quest ultima non è portatrice di un interesse diverso da quello degli Stati confederati. La tesi prevalente è quella secondo la quale gli Stati membri attraverso accordi internazionali istitutivi delle Comunità avrebbero assunto l obbligo reciproco di consentire, nelle materie affidate alla competenza della Comunità, a farsi sostituire dalle istituzioni comunitarie nell esercizio delle competenze medesime. La particolarità della Comunità europea, che verrebbe cosi configurata come tradizionale organizzazione internazionale, risiede nella dimensione della delega attribuita dagli Stati alla Comunità e dal crescente numero di materie rispetto alle quali la Comunità può legiferare con effetti vincolanti per gli Stati membri sostituendosi al legislatore nazionale. La relazione tra diritto della Comunità e diritto nazionale è caratterizzata anche dal fatto che gli ordinamenti giuridici della CE e degli Stati membri talvolta si scontrano. Si parla in tal caso di conflitto tra l uno e gli altri. Tale situazione si verifica ogni qualvolta una disposizione del diritto comunitario stabilisce per i cittadini diritti o obblighi diretti in contraddizione con una norma di diritto nazionale. I principi su cui si base l ordinamento comunitario sono: l applicabilità diretta del diritto comunitario; la preminenza del diritto della Comunità sul diritto nazionale che gli si contrappone.

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 27 1. L applicabilità diretta del diritto comunitario L applicabilità diretta del diritto comunitario significa innanzi tutto che esso conferisce direttamente diritti e impone direttamente obblighi non soltanto alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri ma anche ai cittadini della Comunità. Uno dei grandi meriti della Corte di Giustizia delle Comunità europee è aver riconosciuto l applicazione diretta delle disposizioni del diritto comunitario, a dispetto della resistenza iniziale di taluni Stati membri, garantendo cosi l esistenza dell ordinamento giuridico della Comunità. Punto di partenza della sua giurisprudenza è stato il ricorso, già menzionato in precedenza, presentato dall impresa di trasporti o- landese Van Gend & Loos, davanti a un tribunale dei Paesi Bassi, contro l amministrazione doganale olandese, che aveva riscosso un dazio maggiorato sull importazione di un prodotto chimico proveniente dalla Repubblica federale di Germania. L esito della controversia dipendeva in ultima analisi dalla possibilità o meno per il singolo di fare appello all articolo 12 del trattato CEE (attuale articolo 25 del trattato CE) che vieta espressamente agli Stati membri di introdurre nuovi dazi doganali o di aumentare i dazi già esistenti nel mercato comune. La Corte sancì, contro il parere di numerosi governi e del suo avvocato generale, l applicabilità immediata delle disposizioni comunitarie tenuto conto della natura e degli obiettivi della Comunità. Nelle motivazioni, la Corte di Giustizia affermò: che la Comunità costituisce un nuovo ordinamento giuridico (...), un ordinamento giuridico che riconosce come soggetti non solo gli Stati membri ma anche i loro cittadini. Pertanto il diritto comunitario, indipendente dalle norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo con cui impone al singolo degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal trattato ai singoli, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie. Con una simile affermazione non si avanza granché in quanto resta ancora da stabilire quali siano le disposizioni del diritto comunitario che sono immediatamente applicabili. In un primo momento, la Corte

28 Parte I Mariangela Matonte di Giustizia ha esaminato tale questione nell ottica della legislazione primaria ed ha stabilito che tutte le norme dei trattati istitutivi della Comunità possono essere direttamente applicabili ai cittadini degli Stati membri se sono: complete in se stesse e giuridicamente perfette; se esse non necessitano per la loro esecuzione o la loro efficacia di altri atti degli Stati membri o delle istituzioni comunitarie. Questo è quanto è stato approvato per l ex articolo 12 del trattato CE, così che anche l impresa Van Gend & Loos ha potuto, sulla base di tale articolo, fare valere i suoi diritti che la giurisdizione olandese doveva salvaguardare. Di conseguenza, tale giurisdizione ha dichiarato non lecito il dazio imposto contrariamente alle disposizioni del trattato. La Corte di Giustizia ha ulteriormente sviluppato tale giurisprudenza applicandola anche ad altre norme che per i cittadini della Comunità rivestono una importanza assai maggiore dell articolo 12 del Trattato CE. A tale proposito vanno ricordate tre sentenze relative all applicabilità diretta dell articolo 39 del Trattato CE (libera circolazione), dell articolo 43 (libertà di stabilimento) e dell articolo 49 (libera prestazione di servizi). 2. Il primato del diritto comunitario Il conflitto fra diritto comunitario e diritto nazionale può essere risolto solo se uno dei due ordinamenti giuridici prevale sull altro. Il diritto comunitario scritto non contiene, però, alcuna norma esplicita al riguardo. Nessuno dei trattati comunitari sancisce, ad esempio, che il diritto della CE abroga quello nazionale o che assume una posizione subordinata rispetto a quest ultimo (tale lacuna è stata colmata dal Trattato sulla Costituzione europea). Tuttavia, il conflitto fra diritto comunitario e diritto nazionale può essere risolto unicamente riconoscendo la prevalenza del primo sul secondo. Il diritto comunitario viene così a sostituirsi negli ordinamenti giuridici degli Stati membri alle disposizioni nazionali con esso in contrasto. Se cosi non fosse, le disposizioni della CE potrebbero essere abrogate da qualsiasi legge nazionale. Sarebbe esclusa l applicazione uni-

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 29 forme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri e sarebbe di conseguenza impossibile per la Comunità assolvere ai propri compiti. Anche in questo caso la Corte di giustizia è riuscita ad imporre, nonostante il parere contrario di taluni Stati membri, il principio della preminenza del diritto comunitario, senza il quale non esisterebbe l ordinamento giuridico della Comunità. In tal modo essa ha posto il secondo pilastro dell ordinamento giuridico della Comunità che, insieme all applicabilità diretta, ha consentito di rafforzare le basi di tale ordinamento. Nella sentenza Costa/ENEL la Corte di Giustizia ha pronunciato due importanti constatazioni in merito ai rapporti tra il diritto comunitario e gli ordinamenti nazionali: 1. gli Stati membri hanno definitivamente rinunciato ai propri diritti di sovranità, trasferendoli ad una Comunità da essi stessi creata. Tali diritti non possono essere revocati con misure unilaterali incompatibili con il concetto di Comunità ; 2. il trattato sancisce il principio che nessuno Stato membro può opporsi alla piena e uniforme applicazione del diritto comunitario su tutto il territorio della Comunità. In quella occasione (1964) l Italia aveva nazionalizzato la produzione e la distribuzione di energia elettrica alla società ENEL. Il Sig Costa, azionista della società Edison Volta, interessata alla statalizzazione, si era rifiutato di pagare una fattura di elettricità e aveva fatto ricorso al giudice conciliatore, sostenendo che la nazionalizzazione dell energia elettrica violava tutta una serie di disposizioni del Trattato CE in materia di monopoli nazionali. Il giudice conciliatore rimise la questione alla Corte di Giustizia. Il governo italiano, convenuto dinanzi alla Corte di Giustizia difese la conformità della istituzione dell ENEL al Trattato CE, sostenendo la tesi che la legge italiana di ratifica al Trattato di Roma fosse anteriore alla legge istitutiva dell ENEL, invocando in pratica il principio lex posterior derogat priori. In definitiva, la Corte, pur astenendosi dall esprimere un giudizio di merito sulla nazionalizzazione dell energia elettrica in Italia, ha decisamente affermato la preminenza del diritto comunitario sul diritto nazionale. Le norme comunitarie emanate nell esercizio dei poteri

30 Parte I Mariangela Matonte previsti dai trattati, prevalgono su ogni disposizione nazionale contraria. La normativa comunitaria non solo prevale sulle disposizioni vigenti ma vieta altresì l emanazione successiva di disposizioni nazionali con essa incompatibili. Tale principio è stato costantemente ribadito e in parte sviluppato dalla Corte nella sua giurisprudenza successiva. Mentre nella sentenza citata essa era stata chiamata a pronunciarsi unicamente sulla questione della preminenza del diritto comunitario nei confronti delle leggi nazionali, essa ha confermato altresì il principio della preminenza della norma comunitaria anche nei rapporti con il diritto costituzionale degli Stati membri. Dopo qualche esitazione iniziale, i tribunali nazionali hanno aderito, in linea di massima, al punto di vista della Corte di Giustizia, riconoscendo il principio della preminenza del diritto comunitario sulle leggi nazionali ordinarie. Tale preminenza nel nostro ordinamento avviene attraverso la disapplicazione delle norme nazionali in contrasto con la norma comunitaria. Le disposizioni del nostro ordinamento non sono ritenute invalide (questa ipotesi azionerebbe il controllo di legittimità costituzionale ex art. 134 della Costituzione), ma disapplicate in quanto inoperanti in virtù della cessione di sovranità legislativa ex art 11 della Costituzione italiana. Per quanto riguarda la preminenza del diritto comunitario sul diritto costituzionale degli Stati membri, le Corti costituzionali della Repubblica federale di Germania e della Repubblica italiana non hanno accettato all inizio la preminenza del diritto comunitario sul diritto costituzionale nazionale e soprattutto sulle garanzie nazionali in materia di diritti fondamentali. Essi hanno ammesso tale preminenza solo dopo che la tutela dei diritti fondamentali ha raggiunto, nell ordinamento giuridico comunitario, un livello corrispondente essenzialmente a quello riservatole nelle costituzioni nazionali.

La procedura legislativa comunitaria A differenza di quanto avviene nei sistemi nazionali, dove il processo di formazione della volontà legislativa si esplica nel Parlamento, nella Comunità tale processo è opera dei rappresentanti dei governi riuniti in seno al Consiglio dell Unione Europea. Nel corso dell evoluzione dell ordinamento giuridico comunitario, questa ripartizione delle competenze nel processo decisionale della CE, in una prima fase incentrata unilateralmente sugli interessi degli Stati membri, ha ceduto il passo a un sistema decisionale più equilibrato, grazie al costante miglioramento della posizione del Parlamento europeo. Si è passati dalla consultazione del Parlamento europeo ad una collaborazione tra Parlamento e Consiglio e successivamente alla codecisione del Parlamento nel processo legislativo della CE. Il Trattato di Amsterdam ha ulteriormente rafforzato l elemento democratico di tale processo, elevando la codecisione del Parlamento europeo a «norma generale» per quasi tutte le materie in cui il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, eccetto PAC e politica commerciale. Tuttavia, il principio classico della divisione dei poteri adottato dagli Stati membri non è sempre applicato nel sistema legislativo della CE che si basa piuttosto sul «principio dell equilibrio istituzionale». Tale principio fa sì che tutte le istituzioni comunitarie, chiamate ad esprimere la volontà della CE, partecipino equamente al processo legislativo. La procedura legislativa della CE si esplica essenzialmente a tre livelli, ai quali si applicano diverse procedure: 31

32 Parte I Mariangela Matonte 1. l adozione degli atti giuridici generali con forza vincolante (regolamenti e direttive) segue la procedura di consultazione, la procedura di cooperazione, la procedura di codecisione o la procedura di parere conforme; 2. per l adozione di misure d applicazione sono previste procedure particolari; 3. le decisioni individuali con forza vincolante, nonché gli atti giuridici non vincolanti sono adottati nel corso di una procedura semplificata. 1. La procedura di consultazione o di proposta La procedura di consultazione è la forma originaria della procedura legislativa della CE. Dall introduzione della procedura di cooperazione e di codecisione, essa ha perso sempre più importanza. Essa si applica ancora nei casi che non sono espressamente soggetti alla procedura di cooperazione o di codecisione, vale a dire, l adozione di

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 33 disposizioni destinate a combattere ogni forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza o l origine etnica, la religione o le convinzioni personali, un handicap, l età o le tendenze sessuali (articolo 13 del trattato CE) e a completare i diritti connessi con la cittadinanza dell Unione (articolo 22, 2 capoverso, del trattato CE), nel campo della politica agricola comune (articolo 37, paragrafo 2, del trattato CE), in vista della liberalizzazione di determinati servizi (articolo 52, paragrafo 2, del trattato CE), durante un periodo transitorio di 5 anni in materia di visti, asilo e migrazione (articolo 67, paragrafo 1, del trattato CE), nei campi della concorrenza (articoli 83 e 89 del trattato CE) e del fisco (articolo 93 del trattato CE) per l elaborazione delle linee direttive per l occupazione (articolo 128, paragrafo 2, del trattato CE), al fine di estendere la politica commerciale estera ai servizi e diritti di proprietà intellettuale (articolo 133 del trattato CE), per la protezione sociale e la salvaguardia degli interessi dei lavoratori e il miglioramento delle condizioni di lavoro (articolo 137, paragrafo 3, del trattato CE), in vista della creazione di imprese comuni nel quadro dell esecuzione dei programmi di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazioni comunitarie (articolo 172 del trattato CE) e, infine, nel campo dell ambiente, per quanto riguarda le questioni fiscali, l assetto del territorio, la destinazione dei suoli o la gestione delle risorse idriche, nonché la scelta di uno Stato membro tra le diverse fonti di energia e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico (articolo 175, paragrafo 2, del trattato CE). La procedura di consultazione è caratterizzata da una ripartizione del lavoro fra la Commissione e il Consiglio e può essere così riassunta brevemente: la Commissione propone, il Consiglio dispone. Tuttavia, prima che il Consiglio prenda una decisione, devono essere seguite diverse fasi nelle quali, a seconda dell oggetto della normativa, accanto alla Commissione e al Consiglio intervengono anche il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni. 1.1. Fase di elaborazione di una proposta La procedura viene avviata dalla Commissione, la quale deve elaborare una proposta sulla misura comunitaria da adottare (il cosiddetto diritto d iniziativa).

34 Parte I Mariangela Matonte 1.2. Fase di consultazione Il Consiglio accerta anzitutto se, prima di prendere una decisione definitiva, non debbano essere consultate altre istituzioni comunitarie. I trattati che istituiscono la Comunità conferiscono al Parlamento europeo il diritto di essere consultato su tutte le decisioni politicamente importanti (consultazione obbligatoria). La mancata consultazione del Parlamento europeo in simili casi costituisce un grave vizio di forma contro il quale esso può introdurre un ricorso di annullamento (articolo 230 del trattato CE) che può portare alla dichiarazione di nullità dell atto giuridico. Oltre a tale consultazione obbligatoria, il Parlamento europeo è consultato praticamente su tutte le altre iniziative legislative, in merito alle quali il Consiglio può decidere autonomamente su una proposta della Commissione [consultazione facoltativa: ad esempio, armonizzazione dei regimi di aiuti concessi dagli Stati membri alle esportazioni nei paesi terzi (articolo 132, paragrafo 1, del trattato CE); fissazione dei dazi della tariffa doganale comune (articolo 26 del trattato CE)]. Ai fini della consultazione, il Consiglio trasmette ufficialmente la proposta al presidente del Parlamento europeo e l invita formalmente ad emettere un parere. Quest ultimo sottopone la proposta alla commissione parlamentare competente le cui conclusioni sono successivamente esaminate in riunione plenaria e danno luogo ad un parere recante approvazione, rifiuto o proposta di modifica della proposta in oggetto. Tuttavia, il Consiglio non è giuridicamente tenuto ad accogliere il parere e le proposte di modifica del Parlamento. I pareri emessi dal Parlamento rivestono tuttavia una grande importanza politica in quanto gli consentono di rilevare lacune giuridiche o di richiedere altre misure comunitarie, dando nuovo impulso alla politica di integrazione europea. In taluni casi, i trattati obbligano anche il Consiglio a consultare il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni. Come per il Parlamento, i pareri formulati dai comitati sulla proposta della Commissione e trasmessi al Consiglio e alla Commissione, mettono fine alla loro partecipazione. Come i pareri del Parlamento, anche questi non hanno valore vincolante per il Consiglio.

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 35 1.3. Fase di decisione Dopo aver consultato il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni, la Commissione sottopone una seconda volta la sua proposta al Consiglio, eventualmente modificata sulla base dei pareri espressi dal Parlamento e dai comitati. In Consiglio, la proposta viene discussa dal Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper). La decisione adottata dal Consiglio conclude materialmente la procedura normativa.

36 Parte I Mariangela Matonte 2. La procedura di cooperazione (articolo 252 del trattato CE) La procedura di cooperazione si basa essenzialmente sulla procedura di proposta su descritta prevedendo però un rafforzamento del-

Le fonti giuridiche del diritto comunitario 37 l influenza da parte del Parlamento europeo sulla procedura decisionale della CE e consentendo, inoltre, un certo acceleramento della procedura legislativa. Essa si applica esclusivamente al settore dell unione economica e monetaria Tutti gli altri settori precedentemente soggetti a tale procedura rientrano ormai nella procedura di codecisione. La procedura di cooperazione introduce sostanzialmente, nella procedura legislativa comunitaria, una seconda lettura del PE e del Consiglio. Prima lettura: come nella procedura di proposta, il punto di partenza è anche in questo caso una proposta della Commissione. Quest ultima non è più inviata solo al Consiglio, ma anche al Parlamento europeo. L obiettivo di richiedere il parere del Parlamento già in questa fase della procedura consiste nel far sì che egli possa trasmettere il suo parere al Consiglio sulle proposte della Commissione prima dell adozione della «posizione comune», nell interesse di una fattiva partecipazione al processo legislativo. Anche il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni possono essere eventualmente consultati in questa fase. Sulla base dei pareri pervenuti, il Consiglio stabilisce una posizione comune che riflette la sua linea di condotta alla luce della proposta della Commissione e dei pareri. Non si tratta, pertanto, di un documento di compromesso, bensì di un parere indipendente del Consiglio. Seconda lettura: il Parlamento esamina tale posizione comune in seconda lettura e dispone, entro un termine di 3 mesi delle seguenti possibilità: 1. Nei due primi casi, vale a dire, se il Parlamento europeo approva la posizione comune o lascia trascorrere il termine di 3 mesi senza avere espresso un parere non si pone alcun problema. Il Consiglio può in tal caso adottarla definitivamente. 2. Se il Parlamento europeo respinge la posizione comune o propone degli emendamenti, il Consiglio potrà imporre la sua volontà nei seguenti modi: se il Parlamento respinge la posizione comune il Consiglio può imporre la propria posizione in seconda lettura solo

38 Parte I Mariangela Matonte all unanimità o non adottare alcuna decisione. Dal momento che la presa di decisione del Consiglio è in questo caso soggetta a rigide condizioni, ci si trova di fronte ad un blocco della procedura. Accade pertanto raramente che il Parlamento europeo respinga le proposte; di solito il Parlamento propone degli emendamenti. In questo caso bisogna vedere se la Commissione intende accogliere o meno tali emendamenti. In caso affermativo, il Consiglio decide secondo la procedura di decisione normale, vale a dire, a maggioranza qualificata o all unanimità, se intende discostarsi dalla proposta esaminata dalla Commissione. Se, invece, la Commissione non accoglie gli emendamenti, è necessario il voto unanime del Consiglio perché la proposta possa esser adottata. Il Parlamento da solo potrà pertanto difficilmente imporre la sua opinione al Consiglio. Se vuole che il suo parere abbia un certo peso, dovrà convincere la Commissione. In ogni caso, il Consiglio può sempre in tale procedura, esercitare un veto rifiutando di pronunciarsi sulle proposte di modifica del Parlamento o sulla proposta modificata della Commissione e bloccare in tal modo l iter legislativo.