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Il caso ILVA di Taranto, il sequestro preventivo del GIP ed il decreto- legge del Governo: una breve riflessione sugli aspetti procedurali formali MA SULLA BASE DI QUALE ARTICOLO DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE UN DECRETO- LEGGE PUO SUPERARE UN SEQUESTRO PREVENTIVO DEL MAGISTRATO O COMUNQUE INTERVENIRE NELLA EVOLUZIONE DEL SEQUESTRO MEDESIMO? A cura del Dott. Maurizio Santoloci Sul caso Ilva di Taranto in relazione al provvedimento di sequestro emesso dal GIP e dal successivo decreto-legge del Governo vogliamo con queste brevi righe svolgere qualche riflessione sotto il profilo squisitamente procedurale, fermo restando che non tendiamo certamente ad entrare nel merito della questione in quanto esiste una indagine in corso e ci sono magistrati che stanno operando in relazione al caso medesimo. Tuttavia, stante la natura eccezionale della questione anche sotto il profilo giuridico, riteniamo che possa essere consentito qualche spunto di dibattito e riflessione sotto il profilo formale procedurale. Il dato dal quale partiamo sono le notizie di stampa, e questo vogliamo chiarirlo in via preliminare per correttezza espositiva. Infatti noi, come crediamo del resto tutti coloro che non sono i destinatari diretti, non abbiamo certamente visto e potuto leggere il provvedimento di sequestro del GIP di Taranto. Dunque dobbiamo basarci per questa analisi di riflessione procedurale solo sulle notizie fornite dalla stampa. Di conseguenza margini di errore valutativo potrebbe esserci nel caso in cui le diffuse notizie di stampa non avessero riportato correttamente le informazioni relative ai provvedimenti adottati e soprattutto in relazione alle imputazioni allo stato ipotizzate ed ai titoli di reato contestati. Dalla stampa abbiamo appreso (per notizie praticamente unanimi) che si tratta di un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP su richiesta della Procura che incide sia su parte degli impianti produttivi che sui quantitativi di acciaio già pronti per la commercializzazione; e che i reati ipotizzati comprendono anche ipotesi sostanziali come il disastro ambientale. Comunque dal provvedimento del Tribunale del Riesame di Taranto del 7 agosto 2012 (documento pubblicato integralmente su tanti organi di stampa) si rilevano una serie di capi di imputazione che verosimilmente sono quelli comunque del procedimento penale da cui trae origine questo ulteriore sequestro; e da un esame di tali imputazioni si trae il dato che gran parte dei reati sono delitti sostanziali del Codice Penale (neppure dunque previsti dalle norme ambientali specifiche ) tra cui il disastro ambientale con gravissime conseguenze sulla salute pubblica, l avvelenamento di sostanze alimentari a livello ambientale a causa delle emissioni ed il danneggiamento aggravato di beni sempre per la stessa causa.

Se tali premesse sono corrette, oggi prendendo atto della imminente emanazione di un decretolegge del Governo sullo stesso caso, ci sovviene qualche dubbio procedurale di carattere generale. Vediamo perché, con l avvertenza che queste nostre brevi note vogliono essere naturalmente solo un modesto contributo al complesso dibattito in atto sul tema in esame. Come è a tutti noto, le violazioni in materia ambientale si dividono in due grandi categorie: quelle puramente e meramente formali, e quelle invece profondamente sostanziali. Per un esempio di tipo manualistico, nel campo dell inquinamento idrico sussistono ambedue i tipi di violazioni. Infatti si pensi agli illeciti anche penali previsti nella parte terza del c.d. Testo unico ambientale (decreto n. 152/06) i quali in caso di violazione nello scarico dei limiti tabellari previsti negli allegati al medesimo decreto prevedono, appunto, delle violazioni che - pur essendo in alcuni casi penalmente rilevanti come contravvenzioni - sono comunque relative non a fatti di inquinamento sostanziale (e cioè di danno sul corso d acqua ove insiste lo scarico) ma sono esclusivamente violazioni formali relative alla inosservanza delle regole tabellari (tanto è vero che il prelievo per identificare tali illeciti non si effettua in via sostanziale sul corso d acqua inquinato, ma si effettua sul pozzetto di ispezione aziendale prima che lo scarico attinga il medesimo corso d acqua). Ma nello stesso settore abbiamo - ad esempio - anche il reato-delitto sostanziale di danneggiamento di acque pubbliche del codice penale che prescinde totalmente dalla questione formale dei limiti tabellari e che si applica sul corso d'acqua per comprovare l inquinamento sostanziale e materiale delle acque pubbliche. Nel caso in esame, come in tutti i casi di inquinamento ambientale, resta dunque da chiedersi preliminarmente quali siano i reati contestati, perché soltanto da tale lettura si può trarre la deduzione se ci troviamo di fronte ad un procedimento per reati meramente formali o invece per reati sostanziali (oppure in un procedimento che prevede ambedue le tipologie di illeciti). Non è una questione filosofica e teorica, perché secondo il tipo di reati in contestazione possiamo avere delle conseguenze anche procedurali penali ben diverse in base all una o all altra ipotesi. A titolo di esempio sempre manualistico, si pensi che nel campo edilizio una violazione per reato/contravvenzione alla specifica normativa edilizia per assenza formale del permesso di costruire potrebbe comportare - in caso di rilascio di permesso di costruire in sanatoria - un effetto sulla procedura penale importante anche a livello sostanziale, perché tale provvedimento dell autorità amministrativa sortisce l effetto di estinguere il reato iniziale, mentre così non sarebbe affatto se l abuso edilizio andasse ad integrare anche un delitto di disastro ambientale e/o altri reati di natura sostanziale che sfuggono ad ipotesi di sanatoria. Per questo motivo abbiamo voluto precisare, per chiarezza espositiva verso il lettore, che in questa breve analisi si parte dal presupposto delle notizie di stampa che riferiscono che il provvedimento del GIP di Taranto riporta anche reati di tipo sostanziale, quali il disastro ambientale, e che tali reati ipotizzati inizialmente dalla Procura sono stati evidentemente condivisi dal GIP medesimo, che - giova ricordarlo - è organo terzo ed imparziale rispetto all'ufficio requirente, e dunque tali reati allo stato sono stati cristallizzati dentro il provvedimento di sequestro preventivo (dobbiamo ragionare con riferimento a questa fase del procedimento e salvo - naturalmente - diversi epiloghi futuri che possono ancora essere di ogni tipo).

A livello squisitamente procedurale, ma con profondi effetti sostanziali, quale può essere dunque il quadro formale verso il quale ci si trova di fronte oggi? Abbiamo - infatti - da un lato un provvedimento di un GIP che, ipotizzando violazioni penali sostanziali e non solo violazioni - ad esempio - delle prescrizioni formali operative dell'aia, ma avendo condiviso quanto ipotizzato dal PM per reati sostanziali come il disastro ambientale, dispone il sequestro preventivo di parte degli impianti per impedire che anche tali reati sostanziali non vengano portati ad ulteriori conseguenze con effetti nocivi per la salute pubblica. E il sequestro dell'acciaio pronto per la commercializzazione segue la stessa dinamica come misura cautelare preventiva. Quindi, se così è (in quanto così è stato riportato dalla stampa e sembra essere confermato indirettamente dalla lettura del pregresso provvedimento del riesame che riporta le imputazioni che a rigor di logica dovrebbero essere immutate anche allo stato attuale), dobbiamo prendere atto che il provvedimento del GIP non si basa su una mera violazione di norme di carattere formale, ma prevede violazioni profondamente e direttamente sostanziali. E va peraltro sottolineato non sono neanche reati previsti come tipici da norme ambientali, ma sono reati-satelliti previsti dal Codice Penale. Violazioni che dobbiamo ritenere, pur sempre in via ipotetica non avendo letto il provvedimento del GIP, siano ancora in corso di esecuzione in quanto se così non fosse un sequestro preventivo per impedire che un reato venga portato ad ulteriori conseguenze sarebbe sostanzialmente privo di un concreto indirizzo di collegamento con la realtà dei fatti laddove il reato stesso fosse cessato come potenzialità e non vi fosse pericolo per la sua prosecuzione e/o reiterazione Lo scopo del sequestro preventivo è appunto di quello di prevenire tale prosecuzione e/o reiterazione dei reati oggetto del provvedimento. Se i reati sono cessati e non vi sono tali pericoli per il futuro, cade preliminarmente il presupposto logico di tale ipotesi di sequestro. Va da sé dunque che l adozione di un sequestro preventivo per forza di cose ha un retroterra di principio di base costitutivo che lo legittima solo se vi è pericolo (anche solo potenziale) di tale continuazione e/o reiterazione dei reati E d altra parte nel testo delle imputazioni che si traggono dal pregresso provvedimento del Tribunale del Riesame si legge espressamente in calce ad ogni reato In Taranto, dal 1995, sino alla data odierna e con permanenza. Il decreto-legge del Governo sta intervenendo su questa materia in un punto fondamentale e stabilisce un principio sul quale vale la pena attivare un dibattito di riflessione: a decorrere dall'entrata in vigore del medesimo decreto-legge - infatti - la società è in ogni caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento specifico di autorizzazione dell AIA, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento ed alla conseguente commercializzazione di prodotti per tutto il periodo di validità dell'autorizzazione integrata ambientale, salvo che si riscontri da parte dell'autorità amministrativa competente l'inosservanza delle prescrizioni impartite nell AIA stessa. Ora il problema si incentra esattamente su questo punto. Infatti si giunge ad un momento in cui nell azienda ci sono dei sigilli per sequestro preventivo (vedi sopra considerazioni sulle finalità generali di tale sequestro come istituto procedurale) apposti su disposizione dell autorità giudiziaria che bloccano esattamente quelle attività che invece poi il decreto-legge dispone che vengano riattivate.

Che vuol dire questo in termini procedurali? Che fine fanno i sigilli ed il provvedimento di sequestro preventivo a quanto punto? Sulla base di quale articolo del codice di procedura penale un decreto-legge può di fatto surrogare ad un provvedimento di sequestro emesso da un GIP, atteso che tale istituto procedurale ha come presupposto le finalità sopra citate e che i reati posti alla base sono sostanziali e non meramente formali e peraltro previsti dal Codice Penale e non dalle norme ambientali? Se le violazioni poste alla base del provvedimento fossero state solo meramente formali, ad esempio per violazione a regole ai limiti tabellari delle emissioni e/o a prescrizioni formali dell'aia, probabilmente il problema sarebbe stato di più (relativamente) semplice soluzione in quanto, seppur con molta fatica sotto il profilo dell'analisi sostanziale della situazione relazione ai dati procedurali, un provvedimento attuato con decreto-legge che avesse reso meno gravosi i dati formali da rispettare poteva essere valutato come una sorte di modifica normativa in corsa più favorevole rispetto ai parametri stessi e - dunque - applicando in senso lato gli effetti retroattivi del principio del favor rei si sarebbe potuito discutere se, venendo meno di fatto la violazione in base al nuovo provvedimento normativo, il decreto di sequestro avrebbe potuto conseguentemente perdere ogni effetto e validità sostanziale con una (praticamente necessaria) revoca da parte dell autorità giudiziaria che lo aveva emanato. Ma nel caso di specie la stampa riporta la contestazione, appunto, di reati sostanziali come il disastro ambientale che non c entra assolutamente nulla con le prescrizioni dell AIA né con altre prescrizioni e violazioni formali. Si tratta di due principi che viaggiano su strade totalmente diverse e che non possono intersecarsi perché una cosa è l autorizzazione in questione per un percorso di legalità anche amministrativa dall'azienda, ed un altra cosa è il reato sostanziale di disastro ambientale ed altri reati paralleli che prescindono comunque da ogni nesso di collegamento sistematico con tale provvedimento amministrativo. Dunque, il vero problema procedurale - ma anche profondamente sostanziale - è sulla base di quale regola oggi un decreto-legge può andare ad incidere su un provvedimento di sequestro della magistratura che contesta reati sostanziali come il disastro ambientale, e che per impedire che lo stesso reato venga portato ad ulteriori potenziali conseguenze vi appone i sigilli; nel contempo il nuovo provvedimento normativo autorizza invece la prosecuzione di quei lavori che la magistratura aveva inibito proprio anche per evitare che questo reato sostanziale (con danno della salute pubblica) venisse portato avanti. Che significa tutto questo allora in termini sia sostanziali che procedurali? Forse può significare che il provvedimento della magistratura viene automaticamente superato dal decreto-legge e che - dunque - si possa continuare l attività produttiva pur non essendo ancora sostanzialmente scemate le problematiche sostanziali poste alla base dei reati (verosimilmente in attualità di potenziale esistenza permanente) contestati?

In tal caso, nelle more tra la riattivazione dell'attività aziendale e la futuribile messa regola dell'azienda nel corso dei prossimi anni rispetto all AIA, cosa accadrebbe in relazione a tali reati che la magistratura in questo momento sembra ipotizzare essere in atto e che non c entrano nulla con l AIA? Si va a creare una specie di sospensione della vigenza di tali reati nel caso di specie e delle esigenze cautelari connesse? O cosa? E lo stesso decreto che stabilisce che l azienda è obbligata ad andare a regime non prima del 2014. E nel frattempo? Questo è il punto fondamentale sul quale credo che ci sarà un grande dibattito nelle prossime ore. Certamente è ipotizzabile in via astratta un sequestro preventivo con facoltà d uso. Anzi, oggi nel campo ambientale il ricorso a tale ipotesi è piuttosto diffusa atteso che i sequestri spesso incidono su strutture che è ben difficile bloccare in toto (il campo più frequente di applicazione è quello dei depuratori comunali con reati connessi ad illecito ingresso degli autospurgo aziendali; in tali caso si dispone il sequestro dell impianto con facoltà di uso per il titolare del depuratore, il quale può continuare a far funzionare l impianto per la fognatura comunale ma ogni nuovo ingresso di autospurgo andrebbe a violare i sigilli). Tuttavia tale particolare disposizione deve essere prevista direttamente dal magistrato nel contesto del provvedimento che viene così strutturato in via genetica in tal senso o comunque modificato in corso di esecuzione, ma sempre dal magistrato il quale valuta se tale parziale finalità d uso è compatibile con il fine preventivo di impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato. Non si è mai visto fino ad oggi un provvedimento normativo che intervenga su un provvedimento di sequestro in atto di esecuzione e di fatto raggiunga una finalità di uso (totale o parziale) di beni sequestrati superando l adozione specifica di modifiche in tal senso da parte della magistratura competente. Oggettivamente, non si può ignorare il fatto che esiste palese un contrasto tra il decreto-legge ed il provvedimento cautelare della magistratura (emesso da un GIP va ricordato e non dalla Procura come qualcuno va scrivendo, il che attribuisce al decreto un aspetto terzo e di imparzialità che è connaturale al ruolo del Giudice per le Indagini Preliminari). Resta dunque da chiedersi se ci troviamo di fronte ad una rilevante modifica dei principi in materia. Modifica che potrebbe poi naturalmente avere effetti futuri similari in ogni altro settore, e non solo quello ambientale. Infatti se venisse ritenuto legittimo il principio in base al quale un decretolegge può incidere direttamente nella sostanza di un provvedimento di sequestro emesso dalla magistratura, andando in direzione diversa dagli scopi del sequestro stesso in nome di finalità che al momento vengono ritenute prevalenti a livello sociale e politico, allora in futuro un governo potrebbe adottare medesima prassi per sequestri innestati su reati di ogni altro tipo, ivi inclusi fatti totalmente estranei al campo ambientale Si profila dunque un problema interpretativo ed applicativo di non poco conto. Naturalmente trattandosi di un decreto-legge e non di un atto amministrativo, non è impugnabile al TAR. Si apre forse la strada della Corte Costituzionale?

La Procura potrebbe sollevare conflitto di attribuzione (che si verifica quando vi è contrasto tra due poteri dello Stato), oppure sollevare, insieme al GIP, in via incidentale la questione di costituzionalità già davanti al tribunale del Riesame. Oppure è una nostra ipotesi teorica la magistratura potrebbe riesaminare il provvedimento e rielaborarlo con una parziale facoltà d uso in sintonia sostanziale con il decreto-legge ma mantenendo ferme le esigenze cautelari con una diversa formulazione del testo del provvedimento di sequestro. Resta infine da chiedersi sempre come contributo di dibattito se ci troviamo di fronte ad una nuova linea di principio che legalizza una norma ad aziendam ed in caso affermativo se ciò si pone o meno in linea con l art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza). Infatti, a questo punto anche altre aziende potrebbero per casi eccezionali chiedere analoga procedura per fatti e problemi di altrettanta importanza. Ed ancora se tutto ciò potrebbe essere in linea con gli artt. 9 e 32 della Costituzione per quanto riguarda gli intangibili diritti alla salute e all integrità dell ambiente, anche alla luce delle imputazioni rubricate nel caso in esame. Maurizio Santoloci Pubblicato il 3 dicembre 2012