Armatevi quindi di scarpe comode e preparatevi a partire! Il percorso della volontaria della Civica biblioteca Aurelio Saffi. Buona visita!

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Genova Insolita è un iniziativa organizzata dalle volontarie del Servizio Civile Nazionale per il progetto Arte, Natura e Scienza del Comune di Genova e coinvolge le biblioteche e i musei presso cui le ragazze hanno prestato servizio durante l anno 2014/2015. L idea è nata con l obbiettivo di suggerire ai cittadini nove itinerari alla scoperta di mete inesplorate del territorio genovese, per valorizzare e promuovere il valore artistico, naturalistico e scientifico celato intorno ad ogni sede, punto di partenza di ogni percorso. Armatevi quindi di scarpe comode e preparatevi a partire! Il percorso della volontaria della Civica biblioteca Aurelio Saffi Ciao! Sono Claudia. Nelle pagine seguenti troverete tre diversi approfondimenti, uno per ogni tematica del mio progetto di Servizio Civile, che potrete scegliere di utilizzare separatamente o unire in un percorso: Arte: Villa Durazzo ora Santa Caterina Don Orione Natura: Consigli di itinerari escursionistici in Val Bisagno da effettuarsi in autonomia Scienza: Il museo dell Acqua e del Gas Fondazione AMGA Buona visita!

RINGRAZIAMENTI Questa raccolta di informazioni non sarebbe stata possibile senza il sostegno e l apporto di alcune persone: La Dott.ssa Anna Maria Braccini, responsabile della civica biblioteca Aurelio Saffi. Il Dott. Arch. Michele Pittaluga, Museo dell Acqua e del Gas fondazione AMGA. La Dott.ssa Stefania Vagnozzi, coordinatore responsabile della struttura di Villa Durazzo ora Santa Caterina Opera Don Orione. La Sig.ra Jolanda Valenti, cultrice di storia locale. 3

ARTE Villa Durazzo ora Santa Caterina Opera Don Orione Viale Pino Sottano, 25 La strada di Pino, diviso in Sottano e Soprano, si inerpica sul versante destro del fiume Geirato, partendo dalla zona dell Olmo, nota in tutta la valle del Bisagno, 1 e procedendo per via dell Olmo, l attuale Via di Pino, che costituiva il lungo viale di accesso a Villa Durazzo di Pino Sottano. 2 Pino Sottano, che i nativi usavano denominare Dai Durazzo, formatosi nei secoli sulle pertinenze della bellissima villa costruita nel secolo XVII da Domenico Durazzo per la villeggiatura estiva, ora casa di riposo, è oggi un quartiere residenziale di Molassana. 3 A differenza del rapporto che esiste in altre parti del genovesato, dove la villa agricola si integra con la residenza signorile, in Val Bisagno simili esempi sono alquanto rari, a causa della scarsità di terreni favorevoli alla coltivazione estensiva, ad esempio uliveti e vigneti, che ha determinato l assenza di un effettiva mezzadria legata alla nobiltà terriera, e favorito le coltivazioni minori ortive e la pastorizia. Constatazioni, queste, che spiegano i motivi principali della mancanza nel territorio vallivo di grandi ville a carattere residenziale permanente (si fa eccezione per i casi di villa Cattaneo, Imperiale a Terralba e di villa Centurione, Musso-Piantelli) e giustificano la privilegiata esistenza di residenze a carattere stagionale già a partire dal XVI secolo. 4 Villa Durazzo ora Santa Caterina Opera Don Orione è particolarmente interessante proprio per il singolare raccordo ambientale tra dimora padronale, terreni destinati alla coltivazione, giardino privato della famiglia patrizia e gli edifici minori e di servizio. 5 L edificio, collocato a mezza costa dalla collina alla sinistra del torrente Geirato, si apre con vasta panoramica sulla vallata del Bisagno. La fabbrica, edificata alla metà del secolo XVII, è successivamente arricchita da Gio Luca II e Marcello Durazzo (1630-1710), cui molto probabilmente si deve la commessa degli affreschi, finalizzati all adeguamento della villa ai canoni compositivi settecenteschi. 6 Tra i beni immobiliari del ramo di Gerolamo Durazzo sottoposti a fidecommesso, infatti, erano stati assegnati a Marcello Durazzo e quindi al 1 Valli di Genova: il levante, collana a cura di Giovanni Meriana, Genova, Sagep, 1993 (Liguria Guide, 11), p. 49. 2 Stringa, Paolo, La Valbisagno: cronologia del paesaggio tra spartiacque e mura di Genova, Genova, ed. Stringa, 1978, pp. 130, 133. 3 Praga, Corinna, Trentaquattro musei all aperto: cimiteri negli antichi comuni della Grande Genova, Genova, Erga, 2013, p. 151. 4 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87, pp. 88, 90. 5 Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina de negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967, p. 361. 6 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87, p. 146. 4

figlio Gio Luca ville et terre che costituivano il fedecommesso di Pino, zona della val Bisagno, la villa di Multedo alle spalle della città e i territori di Voltaggio. 7 Dati emersi dalle indagini di rilievo confermano che l edificio venne ampliato su un insediamento preesistente composto da una villa bisagnina a pianta rettangolare, baricentrica rispetto all area coltiva, e un piccolo edificio religioso ancora separati. 8 Ciò è messo in evidenza dallo spessore dei muri e dal loro andamento non rettilineo, rilevato soprattutto nella costruzione della cappella, unita con la ristrutturazione settecentesca al palazzo per mezzo di un ulteriore perimetrazione, più regolare. 9 Gli interventi voluti dai Durazzo trasformano l impianto, con l aggiunta di due ali laterali, in una forma più longitudinale, rimarcata dalla invariata dimensione della profondità. 10 L edificio è a tre piani fuori terra chiaramente gerarchizzati, di cui solo quello mediano ha funzione abitativa, 11 ed è ad andamento rettilineo, animato dal leggero arretrarsi delle ali in facciata e da una grande scala a tenaglia dalle morbide linee settecentesche che, sul retro, collega il piano nobile con il giardino privato 12, sopperendo di fatto alla mancanza di un vero vano scala, protagonista nel ruolo compositivo e distributivo dell architettura nobiliare genovese. Questa soluzione viene adottata durante l intervento settecentesco di un altra villa Durazzo, villa Romairone in Valpolcevera, dove nel prospetto principale è inserita una scalea a tenaglia (in questo caso con loggia) che fornisce un ingresso diretto al piano nobile. 13 7 Magnani, Lauro, Il tempio di Venere: giardino e villa nella cultura genovese, ed. Sagep, Genova, 2005, p. 207. 8 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p. 126 9 Ibidem 10 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, pp. 126, 127. 11 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87,p. 147. 12 Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina de negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967, pp.361,362 13 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p. 127. 5

Figura 1. Villa Durazzo di Pino, facciata con scalea settecentesca. La scala a tenaglia di Villa Durazzo di Pino, contribuisce alla resa scenografica del giardino a monte; in esso, di fronte, è realizzata un ampia esedra fornita di scala a rampe contrapposte che definisce in modo formale le funzioni di sostegno del muro di contenimento di un terrazzamento che era adibito a giardino a bosso, ultimo spazio signorile progettato prima che la vista si aprisse verso la campagna. L esedra, nella quale è stata inserita una fonte rustica, si conclude ai lati con due torrette-colombaie che definiscono i contenuti stilistici del giardino settecentesco in una continua ricerca di dialogo tra architettura e ambiente. 14 La facciata ha un carattere monumentale, elegante nelle decorazioni architettoniche delle aperture che risaltano sulla parete piana, un tempo affrescata 15, oggi purtroppo interamente intonacata a seguito dell ultima ristrutturazione avvenuta nel 2005. L interno è privo di una distribuzione organica ed è composto da cinque ambienti voltati, comunicanti e simili tra loro per dimensione 16 ; la rigorosa simmetria del piano terra, accentuata dal cornicione di armoniosa fattura settecentesca, che accorpa in un unico elemento le tre bucature centrali del piano nobile, di cui la mediana costituisce l ingresso, non trova rispondenza al piano superiore per la mancanza dell apertura principale. Ancora singolare la sequenza dei timpani in facciata, che non risponde alla consueta alternanza di elementi triangolari e curvilinei, ma ad una più libera scelta compositiva. 17 14 Ibidem 15 Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina de negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967, pp.361,362. 16 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p. 127. 17 17 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87,p. 147. 6

All interno le sale del pianterreno, che hanno la profondità della costruzione, erano ricche di motivi decorativi; da una sala si accedeva attraverso un passaggio a grotta al giardino retrostante, un altra era decorata da un ninfeo con vasche alla romana. Parziali resti di pavimenti e zoccoli in maiolica concorrono a ricordare l originale vivacità del palazzo. 18 Le sale da gioco, le scuderie e la casa del fattore, erano inserite in una bassa struttura ad elle, collocata di fianco alla villa, la quale si conclude con una delle due colombaie, da cui aveva inizio un lungo viale che saliva fino alla sommità della collina. 19 La cappella si pone come volume autonomo addossato al palazzo e comunicante con esso, presumibilmente sorta sul sito di un altra più antica 20 di cui serbiamo il ricordo grazie ad una lapide ritrovata dallo stesso Don Orione nel giardino della villa, rovistando tra i detriti: Tomaso Negri, insigne per sentimenti religiosi, nobiltà d animo, cultura, saggezza e onestà di vita e Livia Vivaldi, figlia dell integerrimo patrizio Pietro, mentre in questa tranquilla quiete attendevano al ristoro del fisico e dello spirito, di comune accordo, per poter più comodamente ringraziare Dio datore di ogni bene e la Vergine madre di Dio, dedicarono questa cappella nell anno 1593. Cos è mai ciò che noi doniamo al Signore in cambio di quanto ha donato a tutti noi? 21 Figura 2. Lapide ritrovata da Don Orione, ad oggi collocata all esterno della cappella. 18 Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina de negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967, p.362. 19 Ivi, p. 361. 20 Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina de negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967, p. 362. 21 Le mani della provvidenza: Don Orione e i genovesi, Opera Don Orione, Genova, 2013, p. 254. 7

Perviene alla famiglia Vecchione che in data 10 novembre 1938 la cede all Opera di Don Orione che tutt ora ne conserva la proprietà. 22 L area circostante la costruzione, è stata parzialmente alterata dalle opere di urbanizzazione. Dell originaria proprietà, oggi fortemente ridotta nelle dimensioni, rimangono i pilastri posti ai lati dell attuale strada pubblica, sita nel fondo valle, unico residuo del tracciato del viale di accesso alla tenuta. 23 In prossimità dell edificio sono ancora evidenti i pilastri in muratura che sostenevano l originale cancello d ingresso alla villa. Attualmente, la proprietà terriera è costituita soltanto dalla parte immediatamente prospicente la villa, della quale l area antistante è adibita a giardino, e, quella a valle, a carattere ortivo. 24 Figura 3. Pianta della proprietà, anni Venti del Novecento, ad oggi collocata all ingresso della struttura. L interno della villa, nonostante le manomissioni subite in seguito alle trasformazioni d uso, è ancora, specie in alcuni ambienti, apprezzabile per le decorazioni ad affresco eseguite da Bartolomeo Guidobono e Domenico Parodi, oltre che per la singolare soluzione decorativa di un ambiente avente le sembianze di una grotta, per la presenza di piastrelle maiolicate settecentesche, tutt ora costituenti, almeno in parte, la pavimentazione di alcune sale. 25 22 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87, p. 146. 23 Ivi, pp. 146-147. 24 Robinson Raoul, Le ville della Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87,p. 147. 25 Ibidem 8

Domenico Parodi risolve avvalendosi di una soluzione originale, la semplicità della sala d ingresso al piano terra, la cui entrata è sul prospetto a valle, conformando le pareti a concrezioni calcaree, conchiglie e stalattiti posticce creando una sorta di grotta artificiale. Non mancano riferimenti stilistici alla moda come l inserimento di appliques, specchi e porte, mascherati dal ruvido rivestimento che esce con forte aggetto dalle pareti e dal soffitto affrescati, in una cornice scenica idealizzata. 26 Nella medesima villa, si vengono così a costruire due percorsi: il primo al piano terra, su un unica assialità ancora legata al modello distributivo tardo cinquecentesco di ingresso-atrio-giardino, dove in questo caso l atrio è sostituito dalla sala decorata a grotta, ed il secondo, al piano nobile, privilegia la comunicazione tra palazzo e campagna circostante, anch esso caratteristico della nuova visione scenografica del secolo XVIII. Tra il piano terra ed il piano nobile esiste un originale percorso di collegamento costituito da due scale a chiocciola in muratura che forniscono l accesso alle stanze private della struttura. Al piano nobile, una di queste porta in una sala dalla funzione singolare; un altra realizzazione stilisticamente aggiornata del Parodi consiste nella ricca scenografia che fa da contorno alle vasche in marmo alla romana. 27 Come riferisce il Soprani: [ ] il signor Luca Durazzo il condusse a Pino, sopra il Bisagno, a dipingergli qualche boschereccia amenità in quel suo palazzo di villeggiatura: e il Parodi in un bagno figurò Diana, che si lava al fonte, ed altre amene e galanti cose. 28 Il cosiddetto bagno di Diana, poiché non sembra affatto Diana la dea raffigurata bensì Venere (Afrodite), traduce le suggestioni del mito del pomo della discordia, in una serie di raffigurazioni sia all interno della volta della nicchia con la vasca, sia nelle due tavole laterali ed esterne al prospetto. 29 Purtroppo, un intervento di censura compiuto a posteriori, ha notevolmente ridotto l impatto scenico e qualitativo della pittura del Parodi. 30 26 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p. 127. 27 Ivi, p. 127, 128. 28 Soprani Raffaello, Ratti Giuseppe, Vite de pittori, scultori ed architetti genovesi. Parte II, ed. Forni, Bologna, 1969, p. 219. Ristampa anastatica delle edizione genovese del 1767. 29 Il pomo della discordia o mela della discordia è, secondo il mito, la mela lanciata da Eris, dea della discordia, sul tavolo dove si stava svolgendo il banchetto in onore del matrimonio di Peleo e Teti. La dea, per vendicarsi del mancato invito alla festa, incise sul pomo la frase "Alla più bella", causando così una lite furibonda fra Era, regina degli dei, Afrodite, dea della bellezza e dell amore, e Atena, figlia di Zeus, ma egli si astenne dal pronunciare il giudizio su chi fosse la più bella. Fu chiesto allora il parere di Paride, principe di Troia, al quale, pur di ingraziarsene il giudizio, le tre dee promisero svariate ricompense: Atena gli promise che non avrebbe mai perso una guerra ed Era gli avrebbe invece conferito poteri immensi. Paride scelse però come vincitrice Afrodite, che gli aveva promesso l'amore di Elena, la donna più bella della terra. Sarà questa la causa scatenante della guerra di Troia, evento a cui saranno dedicati i poemi epici del ciclo troiano, tra cui l'iliade e l'odissea. 30 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p.128 9

Figura 4. Domenico Parodi, Il bagno di Venere, villa Durazzo di pino, sala al pian terreno, anni Dieci del sec. XVIII. Oltre al Parodi, un altro pittore collabora al ciclo decorativo degli ambienti del palazzo: Bartolomeo Guidobbono: [ ] Altre pitture a fresco egli fece per questi signori Durazzi, e specialmente nel loro palazzo di diporto nella villa di Pino; ove tuttavia se ne conservano alcune esprimenti le stagioni dell anno; sendo le altre andate a male per gli incendi, e rovine, a cui soggiacque nell ultima guerra quella parte di territorio. 31 31 Soprani Raffaello, Ratti Giuseppe, Vite de pittori, scultori ed architetti genovesi. Parte II, ed. Forni, Bologna, 1969, p. 142. Ristampa anastatica delle edizione genovese del 1767. Questa porzione di territorio genovese fu soggetta alle distruzione della guerra accorsa nel 1746 da parte dell esercito austriaco. 10

Nel 1707, Gio Luca Durazzo sposa Paola Franzone, nel palazzo di Giacomo Franzone, un ambiente connotato da una cultura letteraria legata alla prima Arcadia, alla celebrazione del petrarchismo e alla sua difesa di un percorso di elevazione morale spirituale. Interessante è constatare come il ciclo degli affreschi della villa di Pino sia in sintonia con quello di palazzo Franzone, ma sviluppato in una dimensione più apertamente erotica, in parallelo con le scelte degli Arcadi genovesi che ribadito il fondamento morale-didascalico dei loro interessi teorici e poetici si accingeva a ragionare d amore. 32 La predilezione del Durazzo per la villa di Pino è comprovata insieme all uso evidentemente privato di dimora di campagna; dati che segnano anche la scelta delle linee guida dell apparato decorativo. In questo spazio privato Domenico Parodi sviluppa quelle tematiche del rapporto tra edificio e natura tipiche della civiltà di villa genovese, attraverso soluzioni nuove che insieme coniugano i risultati di una lunga tradizione: la dimensione privata è tutta proiettata sugli ambienti volti sul giardino terrazzato, aperto sulla vallata del Bisagno; in questi l artista sviluppa il tema della sala terrena in una mimesi totalizzante dello spazio naturale, nella ricostruzione di una grotta artificiale alla quale concorrono le rocailles, memoria della tradizione locale di grotte artificiali, e ora la pittura con uno scenario di rocce aspre, ornate di piante e fiori, occasionalmente aperte su squarci di natura, una spelonca sfondata in un cielo al centro del quale vola Imeneo 33 con la face accesa. 34 Il riferimento all allegoria nuziale è presto rivelato: in un apertura tra le rocce compaiono gli sposi, in abiti feriali, lui con in mano un calamaio, lei che tiene tra le dita, la penna con la quale va scrivendo versi, certo buoni a celebrare l Arcade dilettante nel compiacente ambiente aristocratico. Il richiamo va all episodio più antico di oltre un secolo di grotta Pavese, la fantastica invenzione realizzata in una villa di Sampierdarena per le nozze di Camillo Pavese e Marta Doria dove, il trasformarsi della materia in caotico accostarsi di stalattiti e concrezioni calcaree al comporsi in ornati e figure di ciottoli, coralli, cristalli, maioliche tessere di pasta vitrea a creare decori e scene desunte dalle Metamorfosi di Ovidio, dichiarava il miracolo della creazione e della trasformazione del creato attraverso la fecondità della natura stessa in rapporto all auspicata fertilità dei coniugi; qui, nel decoro della villa settecentesca, la virtù poetica dei coniugi trasforma l intero costruito architettonico in illusivo scenario per un gioco letterario che verrà svelato nell ambiente adiacente. 35 In questo caso è coinvolto un altro soggetto della modernità e 32 Magnani Lauro, Natura e artificio decorativo in Gavazza Ezia, Magnani Lauro [et. Al.], Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel settecento, ed. Banca Carige, Fondazione cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 2000, p. 149. 33 Imene (o Imeneo, dal greco Hyménaios) è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Apollo e di una musa o forse, secondo altre tradizioni, di Dioniso e della dea Afrodite: sarà uno dei giovinetti amati dallo stesso Apollo. Nella tradizione greca, Imene camminava alla testa di ogni corteo nuziale, e proteggeva il rito del matrimonio. Si narra che fosse un giovane di una fulgida bellezza. Durante un'aggressione di pirati, le ragazze di Atene furono rapite, e assieme a loro vi era un solo maschio, Imene, che era stato scambiato per una femmina, il quel riuscì nell'impresa di liberare le donne e di sgominare i malviventi. 34 Magnani Lauro, Natura e artificio decorativo in Gavazza Ezia, Magnani Lauro [et. Al.], Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel settecento, ed. Banca Carige, Fondazione cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 2000, pp. 152, 153. 35 Ivi, p. 153. 11

della comodità della vita aristocratica in villa o palazzo, che già caratterizzava le grandi dimore cinquecentesche: il bagno. Se nei progetti dell architetto Galeazzo Alessi questo era motivo di originale innovazione, coniugando in particolare una rilettura dell antico spesso in chiave misterica, qui è il luogo in cui si palesa un interpretazione personale e diretta del mito in chiave erotica. Si tratta di un bagno a doppia vasca, accessibile dalle stanze superiori attraverso scale interne, che nella struttura con un arcone e due più brevi archi laterali con tele all interno e nell ambientino voltato che sfonda la parete, allude ancora una volta ad una grotta con elementi rocailles e parti dipinte a fresco. 36 Qui il gioco galante propone il tema del coinvolgimento: Venere sembra rispondere al gesto di Paride che porge il pomo, lei forse allusiva della bella Paola, lui nelle impacciate fattezze di un Arcade in costume. All interno del vano del bagno però, lo scenario conduce ad una più sottile acutezza: zefiri e amorini stanno versando fiori e acque su chi occupa la vasca, sullo sfondo aperto illusivamente su un paesaggio dove le acque condotte nella conchiglia marmorea e da lì nel bagno, si trasformano nella finzione pittorica di un ruscello che si allarga in un lago; la bella, non rappresentata, è riflessa in uno specchio tenuto tra le mani da un amore. E quindi la committente la vera bellezza che vince la gara, ed è allora possibile che il gesto di Venere sia il tergersi una lacrima dal bel volto perché Paride porge il pomo alla committente e non a lei. 37 Figura 5. Domenico Parodi, Il bagno di Venere, villa Durazzo di pino, sala al pian terreno, anni Dieci del sec. XVIII, particolare. 36 Magnani Lauro, Natura e artificio decorativo in Gavazza Ezia, Magnani Lauro [et. Al.], Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel settecento, ed. Banca Carige, Fondazione cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 2000, p. 153. 37 Ivi, p. 156. 12

Il falso paesaggio sul fondo dell ambiente corrisponde allo spazio che al di là della parete e della finestrella lobata si apre sulla collina; il rivo che genera il laghetto poco più a monte, nella realtà del giardino, si raccoglie in un ampia vasca di pietra tra rocce e concrezioni e nello stesso tempo è articolato, il gioco, sulla lettura del mito in chiave di coinvolgimento personale e divertissement. 38 Emerge questo senso della necessità dell illusione che non è solo finzione dello spazio, ma diviene, tanto più nello spirito dello scultore, la necessità di una mimesis naturalistica che coinvolga pienamente la figura. Proprio due interventi, due apparati, effimero l uno, durevole l altro, segnano un rapporto con un ambiente europeo al quale si rivolge il Parodi e che è ricettivo alle sue capacità: indicano una acquisita consapevolezza da parte di Domenico e assumono un ruolo di nodo centrale nella sua opera gli apparati per la venuta a Genova di Giuseppe II di Baviera nel 1716. 39 Al prospetto verso la valle è addossata la cappella: l interno è composto da un unica navata con galleria sui tre lati, che al piano superiore diventa matroneo, nascosto da un elegante grata di legno. Appena sopra l ingresso si affaccia una cantoria, o forse, vista l immediata adiacenza con i vani residenziali della villa tramite una porta, un possibile punto sopraelevato destinato ai padroni di casa. La semplice decorazione interna, sicuramente di recente restauro, è percorsa da deliziose roselline rosse su fondo chiaro e candidi amorini aggettanti. Figura 6. Cappella della villa, probabilmente ultimo quarto del sec. XVI, decorazione interna. Se l interno non presenta particolari soluzioni decorative, a catturare l attenzione del visitatore è l altare in marmo bianco di eleganti forme settecentesche. 40 38 Ibidem. 39 Ibidem. 40 Cogorno Luisa, Architettura e caratteri di una villa agricola in Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004, p.128. 13

Figura 7. Cappella della villa, altare di foggia Settecentesca. BIBLIOGRAFIA Gavazza Ezia, Magnani Lauro [et. Al.], Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel settecento, ed. Banca Carige, Fondazione cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 2000. Italia Nostra: sezione di Genova [Emmina De Negri et. Al.], Le ville genovesi, Comune di Genova, Genova, 1967. Leoncini Luca (a cura di), Da Tintoretto a Rubens: i capolavori della Collezione Durazzo, ed. Skira, Milano, 2004. Leoncini Luca (a cura di), Giacomo Durazzo: teatro musicale e collezionismo tra Genova, Parigi, Vienna e Venezia: saggi e catalogo, ed. Sagep, Genova, 2012. Le mani della provvidenza: Don Orione e i genovesi, Opera Don Orione, Genova, 2013 Magnani Lauro, Il tempio di Venere: Giardino e Villa nella cultura Genovese, ed. Sagep, Genova, 2005. Praga, Corinna, Trentaquattro musei all aperto: cimiteri negli antichi comuni della Grande Genova, Genova, Erga, 2013 Robinson Raoul, Le ville dlla Val Bisagno in Marchi Paolo (A cura di), Le ville del genovesato, ed. Valenti, Genova, 1984-87. Stringa, Paolo, La Valbisagno: cronologia del paesaggio tra spartiacque e mura di Genova, Genova, ed. Stringa, 1978. Valli di Genova: il levante, collana a cura di Giovanni Meriana, Genova, Sagep, 1993 (Liguria Guide, 11). 14

APPENDICE Domenico Parodi (Genova 1672-1742) Ritratto di gentiluomo di casa Durazzo (Gio Luca II Durazzo?) Olio su tela 90x65 cm Genova, Museo di Palazzo Reale, inv. N. 1196 Provenienza: Collezione Durazzo ante 1816. Il dipinto è stato attribuito a Domenico Parodi (Sanguineti, 2000, p. 86). Raffigura un giovane gentiluomo a mezzo busto che emerge dalla neutra nettezza del fondo, con lo sguardo diretto verso l osservatore e la posa del busto di tre quarti. Così è ottenuto l effetto, accentuato dalla forma ovale della tela, di restituzione dell immagine di una figura intenta a rimirarsi in uno specchio. Il bel giovane, con il naso leggermente camuso, indossa una parrucca di riccioli bianchi annodati al fondo, una camicia bianca con volants e una casacca di velluto blu con interni rossi. L età del personaggio (approssimativamente vent anni) e lo stile della tela, tipico di una fase ancora acerba della produzione del pittore, permettono di avanzare un identificazione con Gio Luca II Durazzo, nato nel 1861 da Ignazio Marcello e Clelia Balbi. Sposo di Paola Franzone nel 1707, si occupò principalmente della conduzione degli affari della famiglia. Gio Luca predilesse la cura delle ville rurali dei Durazzo e commissionò proprio a Domenico Parodi, verosimilmente in occasione delle nozze, la decorazione della villa di Pino Sottano, luogo di bucoliche amenità decorato con immagini dense di riferimenti all Arcadia letteraria e neopetrarchesca. Non è possibile, visti i caratteri generici ed idealizzati, praticare un confronto con il presunto ritratto di Gio Luca, insieme alla sposa, affrescato dal Parodi nella sala al pian terreno della villa. La maniera cromatica deriva dalla formazione veneziana, condotta da Domenico entro il 1694. L esecuzione del dipinto è da indicarsi intorno al primo decennio del Settecento. 41 41 Sanguineti, Daniele, Domenico Parodi (1672-1742): un ritrattista alla moda in FIMAntiquari (2000) n. 23-24, p. 83-96. 15

Domenico Parodi (Genova, 1670 Ivi, 1742) Figlio di Filippo, Domenico nasce a Genova nel 1670. Entro il 1694 si colloca un soggiorno veneto, durante il quale fu a Venezia, a bottega presso Sebastiano Bombelli. Di questo periodo sono le tele con Il battesimo di Santa Lucilla e L Adorazione dei pastori, copie di Jacopo da Bassano, conservate a Palazzo Reale (Genova). Dell esperienza presso il Bombelli rimane nel Parodi il gusto per il ritratto ufficiale che tanta parte ebbe nella sua produzione più matura ma anche nel cromatismo chiaro e trasparente di derivazione veronesiana, successivamente elaborato attraverso l esperienza romana. Nel 1694, rientrato per un breve periodo a Genova chiede di staccarsi dall Arte degli scultori e Marmorari lombardi. Giunto a Roma studia con Maratti, ma ha anche modo di confrontarsi con la grande decorazione ad affresco di Romanelli e Pietro da Cortona. Tra 1697 e 1699 realizza due ovali a olio per la chiesa di Santa Maria in Valicella. Lo studio presso il Maratti afferma il valore assoluto del disegno e vi aggiunge compostezza di impianto e solennità di atteggiamento. A Genova nel 1700 Domenico partecipa al concorso per la decorazione della sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale. Il progetto viene rifiutato ma rimane un bozzetto del Il Doge Leonardo Montaldo rende a Giacomo di Lusignano la libertà e il regno di Cipro, acquistato nel 1743 da Gerolamo Durazzo e conservato a Palazzo Reale. Nel 1701 i marchesi Giustiniani gli affidano la decorazione della sala del Minor consiglio in Palazzo Ducale dove Domenico dipinge a chiaroscuro le Virtù Cardinali, L amor Divino, L Amor di Patria. Nel 1702, alla morte del padre, diventa titolare della bottega di famiglia in Strada Giulia. Negli anni Dieci troviamo la decorazione a monocromo dell oratorio del collegio dei Gesuiti in collaborazione con il quadraturista Aldovrandini; l affresco con Bacco che regge la corona ad Arianna nel palazzo di Stefano Pallavicino, gli affreschi di Palazzo Franzone. Muore a Genova nel 1742. 16

NATURA Consigli di itinerari escursionistici in Val Bisagno da effettuarsi in autonomia Camminare non significa solamente muoversi ma anche osservare ciò che c è attorno a noi con uno sguardo più consapevole sul presente e sul passato del Territorio. Il paesaggio fisico si origina da processi geo- morfologici che lasciano segni e testimonianze che ci consentono di ricostruire il percorso che una determinata zona ha fatto per apparire come la vediamo oggi. Gli itinerari che vi proponiamo, relativi alla Val Bisagno, hanno lo scopo di illustrare a chi si avventura, cosa si può leggere nel variare della pendenza di un sentiero o nel ritrovare un grande prato, incastonato come una gemma, tra ripidi versanti, apprezzando i paesaggi e la natura che la nostra città ha ancora da offrire. 42 Percorso 1. Campi - Pino Soprano Creto Tempo di percorrenza: 1 ora e 30 minuti Quota del punto di partenza:366 m sul livello del mare Quota del punto di arrivo: 600 m s.l.m. Sviluppo: 6.2 Km Segnavia: Punto di partenza è la sella sotto l abitato di Trensasco, raggiungibile in automobile, tramite la strada che sale da Via alla chiesa di San Gottardo, oppure utilizzando la ferrovia a scartamento ridotto Genova-Casella, con partenza da Piazza Manin e discesa alla fermata di Campi, dalla quale bisogna risalire fino allo spartiacque attraverso un sentiero. Trensasco è una località sorta in cima alla valletta percorsa dal rio omonimo, a ridosso di Forte Diamante. Diviso tra il comune di Genova e Quello di Sant Olcese, e tra le chiese di San Gottardo e quella di Santa Margherita di Casanova, l abitato di Trensasco fu noto, in passato, per la presenza di mulini, cave e fornaci, che fin dal Medioevo fornivano alla città di Genova materiale per l edilizia. Da qui si imbocca la strada sterrata dell acquedotto di Val Noci in direzione Nord-est, che porta a Pino Soprano dove la strada prosegue salendo lentamente di quota. Alcuni scavi effettuati a monte bastia, sopra Pino, hanno portato alla luce numerose testimonianze, databili dalla seconda metà del secolo XV al secolo XVIII. La Bastia era costituita da un piazzale a forma circolare, ottenuto mediante lo spianamento della vetta, con solo una palizzata in legno per protezione. La chiesa parrocchiale di Pino, dedicata a San Pietro, risale al secolo XIII, ma fu interamente ricostruita nel Seicento ed ulteriormente modificata a seguito del saccheggio delle truppe austriache, nel 1747. Chiesa dall architettura lineare, ospita al suo interno graziose decorazioni e una tela settecentesca di scuola genovese su cui è rappresentata La consegna delle chiavi a San Pietro. Lungo il percorso è possibile osservare le opere realizzate a difesa delle condutture danneggiate, alcuni anni fa, da una frana scatenata da forti piogge. Dopo circa 4 chilometri si può godere di una magnifica vista sulla parte sommitale del bacino del torrente Geirato, dalla quale si 42 Brancucci,Gerardo, Paliaga,Guido, Itinerari geoturistici della Liguria : la media Val Bisagno, Chiusano, Grafiche Amadeo, p. 1. 17

può osservare la paleo frana di Prato Casarile. Lo sbarramento della valle produsse una diga in terra, alle spalle della quale andò formandosi un laghetto. Nel tempo, l accumulo nel laghetto di materiale di erosione trasportato dal torrente, ha portato alla formazione di una evidente distesa erbosa pianeggiante. Pino Soprano, Veduta Durante le intense piogge del 1970, questa piana accumulò così tanta acqua fino a tracimare la soglia costituita dal corpo della paleo frana, scatenando uno smottamento di volume stimato in 300.000 metri cubi, che provocò gravissimi danni all abitato di Molassana. Proseguendo il percorso si giunge in prossimità della testa della valle del torrente Geirato, all abitato di Creto. Qui si può notare la forte asimmetria che caratterizza i versanti meridionali (quelli verso Genova) e quelli settentrionali, essa caratterizza quasi tutto lo spartiacque ligure-padano. Da Creto è possibile rientrare lungo lo stesso itinerario oppure tornando a Genova utilizzando bus di linea. 18

Percorso 2. Da località Geirato a Cartagenova per Prato Casarile Tempo di percorrenza: 1 ora e 30 minuti Quota del punto di partenza: 110 m sul livello del mare Quota del punto di arrivo: 235 m s.l.m. Sviluppo: 2.3 Km Segnavia: - In località Geirato, al capolinea del bus 477 (linea circolare Cartagenova- Geirato che si può prendere da Molassana), dove si può agevolmente posteggiare in caso di utilizzo dell auto, si risale verso monte la strada sterrata che, dopo aver superato l antico acquedotto di Genova, inizia a stringersi fino a divenire un sentiero. Dopo il torrente, sulla sponda destra, si possono osservare gli interventi di urgenza realizzati a seguito dell alluvione del 1970 per contrastare la frana descritta nel percorso precedente. Tali opere determinano un impatto visivo sul paesaggio a cui si dovrebbe porre rimedio, anche in considerazione del fatto che l area descritta avrebbe tutte le caratteristiche per essere eletta a Parco Urbano. Il sentiero sale ripido verso Prato Casarile dove si possono notare alcuni terrazzamenti coltivati ad ulivi, ancora in buono stato di conservazione. Dopo circa un chilometro di sviluppo e centocinquanta metri di dislivello, si raggiunge Prato Casarile. La spianata, del tutto anomala rispetto al contesto morfologico, si è originata dal riempimento di sedimenti avvenuto a seguito dello sbarramento della valle, operata dalla paleo frana degli anni Settanta. Il torrente, dalla sommità della valle, per variazione delle caratteristiche di permeabilità, scompare per scorrere sotto il paleolago, riaffiorando molto più a valle, in prossimità del punto di partenza dell itinerario. Giunti al torrente si possono notare alcune cascatelle e strati di calcari marnosi 43 alternati ad argilliti a giacitura orizzontale. Giunti alla fine del prato, il percorso prosegue verso sinistra, mantenendo quota fino al borgo di Cartagenova. 43 Roccia sedimentaria calcareo-argillosa di colore grigio-giallastro, usata per la fabbricazione di calci idrauliche e cementi e per la concimazione di terreni: m. dolomitica 19

Vista di Cartagenova, crediti a Luciano Rosselli. A 244 metri sul livello del mare, il nucleo di case ha conservato il suo aspetto rurale e presenta l aspetto di un borgo compatto, con abitazioni vicinissime tra loro, piazzette e antichi trogoli ed un tempo era al centro di una fitta rete di stradine che collegavano il fondovalle del Geirato con la via per Creto e Montoggio. Cartagenova comprende il piccolo borgo di Tre Coste, poco a valle dell abitato ma raggiungibile solo a piedi. Il lavatoio, ancora oggi in funzione, è formato da due vasche divise da una paratia lavorata ad intonaco con una colonnina corinzia che sostiene il serbatoio dell acqua. L alimentazione avviene tramite acqua sorgiva. In una piccola creusa che si inerpica verso il centro dell abitato, si trova un altro lavatoio rettangolare. La copertura, formata da una soletta in cemento armato, è sorretta da quattro pilastri adiacenti la vasca. Anche questo lavatoio, ad oggi, è funzionante ed alimentato da sorgenti locali. Un lavatoio a Cartagenova. 20

Nei pressi di Cartagenova, sono stati effettuati numerosi interventi di ripristino dei terrazzamenti; se si presta attenzione però, queste opere mostrano già evidenti segni di cedimento causati dalla spinta continua dell acqua. Tamponare i muri a secco con il cemento, o peggio, sostituirli con il cemento, infatti, rappresenta un errore purtroppo sempre più ricorrente nei versanti liguri. Gli interventi di ripristino dovrebbero quantomeno garantire l originale permeabilità che caratterizza il muro a secco. 21

Percorso 3. Da Cartagenova alle argilliti della sella del Castelluzzo d Olivo Tempo di percorrenza: 15 minuti/1 ora e 30 minuti Quota del punto di partenza: 220 m sul livello del mare Quota del punto di arrivo: 270/600 m s.l.m. Sviluppo: 0,6/ 3 Km Segnavia: - e poi - In corrispondenza della fermata del bus 477 (linea circolare Cartagenova Geirato che si può prendere da Molassana), prima del capolinea di Cartagenova, si segua una piccola strada carrabile (solo per residenti) che, una volta attraversate alcune case, sale tenendo a sinistra un prato coltivato. Dopo le case, anziché deviare a sinistra seguendo il segnavia (quadrato rosso vuoto), si prosegua dritto in direzione Sud-Est. Il percorso, con selciato in pietra, si snoda tra muretti a secco ed entra nel bosco fino a raggiungere la sella, in località Castelluzzo, che collega la val Bisagno con la val Geirato. Arrivati alla sella si svolti a destra; dopo poche decine di metri si giunge nei pressi di un affioramento di argilliti rosse, appartenenti alla formazione delle Argilliti di Montoggio, il cui aspetto conferisce al paesaggio connotati decisamente singolari, quasi marziani. Affioramento di argilliti rosse, località Castelluzzo. La particolare colorazione delle argilliti è dovuta alla presenza di ossidi di ferro e manganese. Per salire fino a Creto si può tornare alla sella e prendere il sentiero che sale in direzione dello spartiacque tra Val Bisagno e Val Geirato: il sentiero nella parte mediana è mal segnato, ma dopo un breve tratto nel bosco si giunge presso la grande croce posta sul Monte Croce di San Siro. Da qui si può osservare la morfologia dell area compresa tra Pino Soprano, Trensasco, Molassana e Cartagenova, notando quanto sia evidente la differenza con le zone sovrastanti: acclività minori e pendii più morbidi caratterizzano la prima, 22

acclività maggiori la seconda; ciò è dovuto alla diversa composizione del substrato roccioso: Argilliti nel primo caso, Calcari marnosi nel secondo. Proseguendo la salita in direzione di Creto, il sentiero si trasforma in una strada sterrata che attraversa alcune case. Giunti sulla strada che da Molassana porta a Creto, in corrispondenza di un tornante, si possono notare ancora le differenze di morfologia determinate dalla diversa natura del substrato ed anche un affioramento di calcari marnosi caratterizzato dalla presenza di tracce di Helminthoidea labirintica, fossile del periodo Cretaceo. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA Brancucci,Gerardo, Paliaga,Guido, Itinerari geoturistici della Liguria : la media Val Bisagno, Chiusano, Grafiche Amadeo Meriana, Giovanni, Casanova, Giorgio, Valli di Genova: il levante, Genova, Sagep, 1993. Rosselli, Luciano, I treuggi della Val Bisagno: guida ai lavatoi della Val Bisagno, Genova, Luciano Rosselli, 2013. http://www.mappeliguria.com/trk-ge-057-aq1.php http://www.escursioniliguria.it/schede_monti/m_alpesisa.html 23

SCIENZA Il museo dell Acqua e del Gas Fondazione AMGA Negli Anni Settanta del secolo scorso, a seguito della cessata produzione del gas a Genova, gran parte della strumentazione fino ad allora impiegata nel laboratorio di Gavette venne dismessa e salvata dalla distruzione a cura del nuovo direttore di laboratorio, Osvaldo Conio. Scamparono alla discarica anche decine di libri e riviste specialistiche. Quando nel 2003 Conio divenne presidente della fondazione Amga, propose di costituire il museo dell acqua e del gas e fornì, quale nucleo iniziale, il materiale da lui stesso recuperato. Esso illustrava, tuttavia, soltanto un aspetto del processo produttivo del gas di città, ossia il controllo di laboratorio: occorreva materiale che rappresentasse anche le altre fasi dell attività delle officine. Si decise di rintracciare alcuni pensionati, sperando che potessero fornire materiale e fotografie; le risposte furono numerose e vennero inserite in un database, cui seguirono una serie di incontri per recuperare gli oggetti e valutarne il grado di interesse. Tra le fotografie donate, soltanto il 15% dei soggetti riguardava il lavoro all interno delle officine o dettagli di apparecchiature. Al corpus documentario si aggiunsero le stampe riguardanti campagne promozionali Amga oppure cerimonie di premiazione dei lavoratori. La Fondazione acquisto altresì del materiale documentario, come ad esempio la lettera autografa di Marcello Durazzo (1903) indirizzata al sig. Hilary John Henry, allora direttore dell Union des Gaz, nella quale Durazzo contrattava il prezzo per la vendita del terreno Gavette. Figura 1 Squadra di gasisti all esterno delle batterie dei forni. I reperti, salvo rare eccezioni, non versavano in condizioni ottimali, in quanto danneggiati, sporchi e sovente maleodoranti, pertanto sono stati adottati differenti approcci di restauro. Gli strumenti di laboratorio chimico, i manometri, le apparecchiature da quadro e le apparecchiature in generale sono state riportate, nei limiti del possibile, alle originarie condizioni d uso; per la maggior parte di questi oggetti sono state sufficienti ripuliture, o, comunque, interventi di poco conto e quindi scarsamente invasivi. Gli attrezzi e gli utensili 24

invece, soggetti a usura e rotture frequenti, sono stati puliti chimicamente, per asportare le tracce di sporcizia più superficiale senza correre il rischio di cancellare eventuali informazioni di importanza storica. Gli oggetti di uso domestico, come ad esempio i contatori, sono stati liberati dagli strati di smalto accumulatisi con le ridipinture attuate nel corso degli anni, senza però intaccare lo smalto originario. Per quanto riguarda i libri, essi sono stati, ove possibile, riparati mantenendo la rilegatura originale. Figura 2 Contatore duplex, contatore ad acqua datato 1914, buono stato di conservazione, colorazione originale. I contatori ad acqua furono i primi strumenti di misura del gas. La Fondazione Amga conduce visite guidate per le scuole ed appoggio didattico per gli studiosi. Nel 2006, presso Palazzo Ducale, è stata organizzata una mostra che ha consentito di mostrare ad un pubblico ampio i reperti più significativi e da collezione. Nel 2007 è stato bandito un concorso in collaborazione con la facoltà di architettura dell Università degli studi di Genova, per tutti i laureandi, con una tesi dal titolo Nuova sede per Fondazione Amga, che sancì l utilizzo della vecchia sala pressioni, sita nel complesso industriale di Gavette; in questo modo anche le antiche attrezzature già in situ non hanno dovuto subire spostamenti, comportando un notevole vantaggio economico e logistico. 25

Figura 3 Esemplare di Pirometro databile agli anni 60 del Novecento. I pirometri sono dispositivi usati per misurare la temperatura all interno di un forno acceso, funzionano rilevando la radiazione infrarossa emessa dal forno stesso. Un po di storia 1922-1936 Nel corso del primo dopoguerra si andò progressivamente rafforzando in Italia, l istituto della municipalizzazione dei pubblici servizi ed anche l amministrazione cittadina di Genova si preparò all assunzione diretta del servizio del gas, una volta scaduta la convenzione con l Union des Gaz. Nel medesimo periodo venne approvato anche il progetto definitivo per la costruzione dell acquedotto di valle Noci: per secoli l approvigionamento idrico della città fu gestito dai Padri del Comune tramite l acquedotto storico. L acqua, captata dal torrente Bisagno in località Presa, giungeva entro le mura della città senza subire alcun trattamento di potabilizzazione, attraverso un canale a pelo libero privo di tubazione. Un simile sistema, inalterato dall età romana, non permetteva all acqua di risalire all interno delle abitazioni perché privo di pressione. Nel 1854 il banchiere Nicolay, deviò l acqua del fiume Scrivia in Val Polcevera e di lì alla città ottenendo, tramite un maggiore flusso e dei tubi in ghisa, un aumento di pressione. Nel 1880 nacque un altra società privata: l acquedotto De Ferrari Galliera, che forniva un acqua molto più salubre rispetto ai concorrenti. Il nuovo acquedotto di val Noci, inizialmente faticò a conquistare il mercato anche se dotato di un efficiente impianto di filtraggio e potabilizzazione, probabilmente perché era l ultimo arrivato. Nonostante ciò si trattava di un passo importante per il Comune, il quale nel 1936 costituì un azienda municipale dei servizi: l Amga. Nel 1960 il comune di Genova fece costruire la diga del Brugneto, che garantiva un cospicuo apporto idrico, e conquistò finalmente la leadership dei fornitori di acqua potabile a Genova. 1936 1941 Sino al 1940 i consumi continuarono ad aumentare e con essi aumentò il chilometraggio delle tubazioni. L azienda si dedicò così al miglioramento degli impianti dell officina del gas. 26

1945 1950 La guerra causò gravi danni agli impianti Amga: i due gasometri di Sampierdarena vennero distrutti, il gasometro di Cornigliano fu danneggiato, così come numerose tubazioni. Dalla fine del 1945 fino al 1947 la produzione subì un arresto a causa della mancanza di carbone. Quando l attività riprese, per far fronte alle nuove necessità della città, l area delle officine dovette essere ampliata e ristrutturata. Il carbon fossile, che giungeva dal porto mediante vagoni ferroviari, veniva scaricato con due gru elettriche ed inviato agli elevatori dei forni. Il gas ottenuto dalla distillazione era trattato con un procedimento simile a quello di inizio secolo. L officina si dotò di due gasometri ed altri impianti di distillazione, ai quali si unì un laboratorio chimico all avanguardia. In questo progetto di ampliamento rientrarono anche il nuovo fabbricato per l assistenza igienica ai lavoratori, la moderna cucina ed una spaziosa mensa per i dipendenti. I graffiti decorativi realizzati all interno della mensa, raffiguranti i vari momenti della vita lavorativa, sono stati recentemente attribuiti allo scenografo ed illustratore genovese Emanuele Luzzati e ai suoi collaboratori. Tali modifiche, avvenuti negli anni 50 del Novecento, sono attribuibili all architetto Roberto Tassistro, il quale, guarda allo stile architettonico razionalista, in quegli anni diffusosi a Genova ad opera di architetti quali Marcello Piacentini, Robaldo Morozzo della Rocca e Mario Labò. Figura 4 L ampia e spaziosa mensa presso le officine delle Gavette, graffiti attribuiti ad E. Luzzati. L Amga ha sempre prestato grande attenzione alla propria attività pubblicitaria; curiosamente ciò non si è verificato per l acqua, suo settore di punta, ma per il gas e per il suo utilizzo finalizzato all uso domestico. Oltre alle stampe e ai cartelloni pubblicitari, nella sede di via SS. Giacomo e Filippo venne allestita un esposizione di apparecchi scaldabagno e cucine, ma l operazione di marketing includeva anche l installazione itinerante di otto chioschi nei quali veniva distribuita gratuitamente acqua calda ai passanti. Il successo dell iniziativa fu tale, che proseguì anche in altre città d Italia. Alla fine degli anni Sessanta furono ideati lo slogan Noi la vogliamo calda e subito! ed altri messaggi giocati ad arte sui doppi sensi. 27

Figura 5 Esempio di stampa pubblicitaria Amga, anni 50 del Novecento. 1954 1972 Volendo porre una data alla fine dell epopea del gas prodotto dal carbon fossile a Genova, si può indicare il novembre 1972, anno in cui il metano sostituì completamente il gas fino a quel momento prodotto. Il primo metanodotto della città collegava la zona Gavette con una zona industriale, oggi riconvertita, ubicata a Marassi. Oggi alcuni tratti del metanodotto sono ancora visibili presso la sponda sinistra del Bisagno. Quartiere per quartiere, condominio per condominio, i tecnici dell Amga attuarono il processo di conversione degli apparecchi utilizzatori (cucine, scaldabagni ecc ); le procedure per operare in sicurezza furono complesse e la necessità di disporre di molto personale specializzato indusse l Azienda a richiamare in servizio diversi pensionati. L area industriale di Gavette si trasformò ancora: il poderoso apparato di trasporto del carbone non serviva più, così il materiale rotabile fu venduto e gli altri macchinari demoliti. Si conservarono, tuttavia, il laboratorio chimico, tutt ora esistente, e i gasometri, dismessi e demoliti nel 2000. Le officine delle Gavette oggi Attualmente nell area Gavette trovano posto uffici e laboratori che occupano la quasi totalità dei fabbricati rimasti dopo la conversione, un deposito di mezzi pubblici, posteggi riservati ai dipendenti aziendali, depositi di tubazioni e altro materiale ingombrante, nonché alcuni edifici riconvertiti a nuove necessità come ad esempio la vecchia mensa, oggi adibita a palestra. L unico edificio che conserva ancora il suo aspetto originario all interno è la sala pressioni, sede del Museo dell Acqua e del Gas della Fondazione Amga. I graffiti di Emanuele Luzzati e Dario Bernazzoli nella ex mensa operaia di AMGA a Genova Andando a ritroso, o meglio, percorrendo con il pensiero gli incontri con Emanuele Luzzati, ricordo nitidamente il racconto della realizzazione di alcuni graffiti nella sala mensa dell Azienda Gas e Acqua delle Gavette. Sergio Norberini, direttore del Museo Luzzati 28