«UN PASSO DOPO L ALTRO IL CAMMINO DELL INTEGRAZIONE. DALLA SEPARAZIONE ALL INCLUSIONE NELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE BRESCIANE» Brescia, 13 aprile 2011



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FONDAZIONE EMANUELA ZANCAN Onlus - Centro Studi e Ricerca Sociale «UN PASSO DOPO L ALTRO IL CAMMINO DELL INTEGRAZIONE. DALLA SEPARAZIONE ALL INCLUSIONE NELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE BRESCIANE» Brescia, 13 aprile 2011 «VALORE ETICO DELL'INTEGRAZIONE SCOLASTICA. NUOVE EMARGINAZIONI» Giovanni Nervo * Vi ringrazio di avermi invitato alla inaugurazione della vostra originale e preziosa iniziativa: una mostra sulla evoluzione dell integrazione scolastica dei disabili. È un tema particolarmente caro alla Fondazione Zancan, di cui ora sono presidente onorario, che ha curato e approfondito con un ampia serie di seminari di ricerca e formazione, sotto lo stimolo e collaborazione di un coraggioso e tenace promotore e sostenitore dell integrazione scolastica dei disabili, che è il prof. Salvatore Nocera. Mi limito a ricordare due pubblicazioni della Fondazione Zancan: «Una strada nuova per l integrazione scolastica degli handicappati: le intese tra Scuola, Usl, Enti locali» (1985) e «Handicappati gravi e gravissimi: è possibile l integrazione nelle scuole per tutti?» (1988): sono il frutto di due seminari di ricerca della Fondazione, che avevano come guida il prof. Nocera. L evoluzione di questo fenomeno, che voi documentate con la vostra mostra, va alla pari con l evoluzione, «un passo dopo l altro», dell integrazione dei disabili nella vita sociale e, nei limiti del possibile, nella vita lavorativa. Si è passati dall isolamento completo all interno delle famiglie, che quasi si vergognavano di loro di fronte alla società, al ricovero negli istituti per alleggerire il peso delle famiglie e fornire una cura più adeguata, all inserimento lavorativo e sociale, con le cooperative di solidarietà sociale. L integrazione scolastica dei disabili, dunque, è una dimensione particolarmente importante e interessante del fenomeno più ampio dell integrazione sociale del diverso. Mentre va sviluppandosi e affermandosi la nostra partecipazione all Europa unita, al di là degli ultimi incidenti sul permesso agli immigrati, è interessante, come afferma Arianna Gionimi della direzione dei servizi sociali dell Ulss di Padova nel notiziario della FISM Federazione italiana scuole materne, «Scuola e infanzia», che «L Italia è l unico paese dell Europa che ha previsto l integrazione degli alunni disabili, indipendentemente dalla * Presidente onorario della Fondazione E. Zancan Onlus Centro Studi e Ricerca Sociale, Padova Via Vescovado, 66 tel. 049 663800 fax 049 663013 www.fondazionezancan.it 1

loro situazione di gravità, all interno delle classi comuni, nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private. Negli altri paesi europei i bambini disabili non frequentano la scuola di tutti, ma centri diurni solamente per loro» («Scuola e infanzia», febbraio 2011). Ciò vuol dire che l Italia può dare un contributo importante all Europa se riesce a tradurre nella prassi scolastica normale ciò che la legge del nostro paese oggi consente e richiede. Nella mostra voi documenterete gli aspetti giuridici, storici, organizzativi, valutativi dell integrazione scolastica dei disabili nella vostra città e nel vostro territorio. Io vorrei proporre alcune brevi considerazioni sull aspetto etico del problema, su qualche sintomo di regressione, su problemi nuovi che si presentano alla integrazione scolastica, allargando un po lo spazio del tema in programma. 1. Anzitutto gli aspetti etici. I termini «minore» e «disabile» sono aggettivi. Il soggetto è «persona», soggetto di diritti e di doveri. Il minore disabile ha diritto di vivere l esperienza scolastica insieme con gli altri bambini e la scuola e la società hanno il dovere di creare le condizioni perché possa usufruire di questo diritto. Grazie a Dio, in Italia la Repubblica glielo riconosce, sia con la legge 517 del 1977, che ha abolito le «classi speciali», sia con la legge 104 del 1992, che promuove la completa integrazione scolastica e sociale delle persone disabili. Nella vostra ricerca documentaria incontrerete un problema che alcuni genitori pongono per rifiutare l integrazione di alunni disabili nella scuola dei loro figli: la presenza dei disabili ritarderebbe l apprendimento e il progresso scolastico degli altri minori. Se si considera soltanto l apprendimento scolastico può essere vero. Ma la presenza dei minori disabili mette in discussione lo stesso significato e la finalità della scuola. Deve soltanto servire a fornire conoscenze e abilità per affermarsi nella vita, o ha anche il compito di far maturare delle persone capaci di collaborare per realizzare il bene comune, cioè di tutti e di ciascuno? La presenza di minori disabili sotto l aspetto formativo può essere un vantaggio anche per tutti i minori, perché li educa a convivere positivamente con i «diversi» nella società, anche se il rendimento scolastico fosse reso più lento. Paradossalmente la presenza di minori disabili nella scuola può essere quindi anche una opportunità educativa per tutti gli alunni. Io ho insegnato religione per diciassette anni in una scuola pubblica, un istituto tecnico per ragionieri. Una volta ho dato un compito facoltativo nell ultimo incontro con cui una classe completava il ciclo scolastico. Ho chiesto ai ragazzi che accettavano la mia proposta che mettessero per iscritto le esperienze che ritenevano più significative e più valide durante l intero ciclo scolastico, dalla prima elementare alla quinta superiore. Mi ha colpito il fatto che il più bravo della classe ha indicato, tra le esperienze più significative, il comportamento della sua maestra di seconda elementare che si preoccupava di seguire con più cura i suoi compagni che facevano più fatica a studiare. Il bambino di seconda elementare lo aveva colto e l aveva portato via come esperienza positiva per la sua vita. 2

Certamente non si può scaricare il problema della presenza dei disabili soltanto sugli insegnanti: tutta la scuola in tutte le sue componenti deve collaborare allo scopo dell integrazione. L insegnante di sostegno non è soltanto di sostegno al minore disabile, ma anche e anzitutto alla classe e alla scuola. Questo è importante, perché la difficoltà all integrazione può venire anche dagli insegnanti stessi. Ricordo un colloquio, ai margini di un seminario sull integrazione scolastica dei disabili, con una insegnante elementare che, nella sua classe, aveva tre bambini disabili. Le ho chiesto se le creavano difficoltà a gestire la classe e l insegnamento. Mi disse che aveva spiegato bene agli altri bambini e alle loro mamme la storia e la situazione dei tre bambini disabili e non aveva avuto nessuna difficoltà né dai bambini della classe, né dalle loro mamme. Anzi, i bambini erano felici di raccontare alle loro mamme i piccoli progressi che facevano i compagni disabili. Le difficoltà, quella maestra, le aveva avute dalle altre colleghe maestre, che invece si rifiutavano di accogliere nelle loro classi bambini disabili e la buona riuscita della loro collega era vissuta quasi come un rimprovero per loro. Perché l integrazione possa realizzarsi serenamente e proficuamente è necessario che tutta la scuola collabori. In questo senso l insegnante di sostegno è di sostegno non solo del minore, ma di tutta la comunità scolastica. 2. Possiamo chiederci se nell integrazione scolastica del disabile «un passo dopo l altro» stiamo andando avanti o se in qualche caso «un passo dopo l altro» stiamo andando indietro. Certamente, se i tagli della finanziaria riducono la presenza degli insegnanti di sostegno, questo non facilita il cammino dell integrazione. Una sana e oculata politica scolastica non dovrebbe tagliare le risorse per i più deboli, perché questo aumenta le disuguaglianze fra i bambini, a danno dei più deboli, in netto contrasto con quello che richiede la nostra Costituzione, che, all articolo 3, dopo aver affermato che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale», al secondo comma aggiunge che «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che [ ] impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Sarebbe interessante e utile che nella vostra ricerca documentaria metteste in risalto se c è anche questo problema. 3. C è poi un problema nuovo, che può creare difficoltà per l integrazione scolastica di una nuova categoria di minori: i figli di immigrati. La loro disabilità non è normalmente né fisica né psichica: è ambientale. Non conoscono la lingua e il costume del mondo in cui sono portati a vivere. C è chi non vorrebbe l integrazione, ma l isolamento: classi separate per loro. Ciò vuol dire emarginazione. 3

A monte c è una visione miope, e talvolta razzista, del fenomeno dell immigrazione, fenomeno che sta inevitabilmente avanzando, perché, ci piaccia o no, la nostra società sarà sempre più multietnica, multiculturale, multireligiosa. Fa riflettere sentire chi ha pubbliche responsabilità dire che può venire il momento in cui dobbiamo respingerli anche con le armi. I bambini degli immigrati saranno futuri cittadini italiani. L integrazione scolastica può far maturare il clima per la futura cittadinanza. Lo strumento concreto è il facilitatore linguistico, perché se non si conosce la lingua non si può comunicare e senza comunicazione non ci può essere integrazione. I bambini degli immigrati possono diventare anche una risorsa culturale: noi dei loro paesi, dei loro costumi, della loro cultura, della loro religione non conosciamo nulla o quasi. Se sappiamo metterci in ascolto e farli parlare, possono diventare biblioteche viventi a costo zero. È per questa strada che «un passo dopo l altro» si può promuovere l integrazione non solo scolastica, ma anche sociale di tutti i bambini. Il problema è complesso, perché provengono da tanti paesi diversi. Ma perché tra i maestri di sostegno non potrebbero esserci immigrati adulti che già conoscono la lingua italiana? È possibile tutto questo? Sarebbe interessante cominciare a fare delle sperimentazioni. La difficoltà maggiore, forse, si può trovare nella cultura diffusa dall attuale legislazione sulla immigrazione, che spesso non è di accoglienza e integrazione, ma di rifiuto, di discriminazione e di esclusione. Per educare, bisogna sapersi mettere in ascolto. Può essere utile ricordare la definizione che San Tommaso dà del maestro: «Il maestro è colui che aiuta il discepolo a far passare dalla potenza all atto (nel linguaggio filosofico il termine potenza significa germe, seme, bocciolo di un fiore, il termine atto significa quello che si sviluppa dal germe, dal seme, dal bocciolo del fiore), aiuta dunque l allievo a far passare dalla potenza all atto quelle conoscenze e quelle virtù che nel discepolo sono in potenza e nel maestro sono in atto». È una funzione che richiede molta umiltà e molto impegno: è l augurio che faccio a chi si è assunto o ha accettato il compito di maestro. 4. Una testimonianza Ho visto nel programma che domani avrete come relatore l avvocato Salvatore Nocera. Ha scritto nel numero 1 del febbraio 2009 della rivista pedagogico-giuridica «L integrazione scolastica e sociale», diretta dalla prof.ssa Pavone, la sua storia: Quando non c era l integrazione scolastica. Nato nel 1937 a Gela in Sicilia, a cinque anni contrasse una malattia allora non curabile, che gli ha prodotto la perdita della vista nell occhio destro e una gravissima riduzione di visus nell occhio sinistro. I suoi genitori non vollero farlo andare all istituto speciale per ciechi a Catania, ma decisero di fargli seguire a casa un percorso di istruzione con un insegnante privata che lo accompagnò fino alla quarta elementare; successivamente frequentò la quinta elementare 4

in una scuola pubblica comune e da allora in poi frequentò le classi comuni delle scuole statali fino al luglio 1957, anno in cui conseguì il diploma di maturità classica al liceo Eschilo di Gela. Si iscrisse poi alla facoltà di giurisprudenza di Roma e nel 1961 conseguì la laurea con lode e divenne assistente volontario del prof. Rosario Nicolò, titolare della cattedra di diritto privato. Raccontando la sua storia egli dice che i suoi studi nella scuola pubblica si sono svolti con molta naturalezza, senza grosse difficoltà, grazie a due grandi risorse costituite dai suoi insegnanti curricolari e dai suoi compagni di classe. «Non credo, egli dice, che i miei insegnanti fossero delle figure straordinarie, però avevano molta professionalità e molto buon senso». «L altra mia grande risorsa, egli dice, sono stati i miei compagni. Infatti quello che stava nel mio banco prendeva appunti per me o mi diceva ciò che veniva scritto alla lavagna. Al pomeriggio i compagni si alternavano a venire a studiare a casa mia le singole materie e a fare gli esercizi. Così ho cominciato a socializzare e ciò ha costituito per me la vera integrazione: finiti i compiti, infatti, con i miei amici, andavamo insieme al cinema, a passeggio, nelle varie associazioni. Quando c erano delle gite scolastiche non era necessario nessun accompagnatore esterno, perché erano i miei compagni a starmi vicino, segnalandomi eventuali rischi e pericoli». Oggi è vice presidente nazionale della Federazione italiana per il superamento dell handicap Fish. Ho voluto concludere con questa testimonianza, perché potete utilmente includerla nella vostra ricerca documentaria. 5