COME SCRIVERE IL DIALETTO NAPOLETANO. 01. No alla translitterazione fonetica. di Luciano Galassi



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COME SCRIVERE IL DIALETTO NAPOLETANO 01. No alla translitterazione fonetica di Luciano Galassi

Come si scrivevano, come si scrivono e come si dovrebbero scrivere le parole del dialetto napoletano? Nella prefazione al libro Cucina casereccia in dialetto napoletano, scritto intorno al 1838 da Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino e riproposto qualche anno fa dall editore Tommaso Marotta, i curatori ne hanno rilevato le consuete incertezze (a dir poco) nell uso di accenti ed apostrofi in funzione soprattutto fonetico-grafica, cosa che, nelle opere a stampa, non risulta neppure del tutto ascrivibile all autore, che condivide spesso col tipografo questa responsabilità. Ne hanno anche messo in luce l incertezza della grafia di molte parole (nce e nge, lo e lu articoli, li, le, lle pronominali, poparuolo e puparuolo, filaro e felaro ecc.) e, soprattutto, la tendenza del Duca ad elidere, in alcuni circoscrivibili casi, la vocale finale di parola: cosa che nel nostro dialetto è effettivamente da considerare errore grave. Si trova di fatto che la vocale finale di parole, piane sdrucciole o bisdrucciole che siano, è sempre stata regolarmente usata dai nostri scrittori, perché il napoletano non elimina la vocale finale, come a un orecchio poco esercitato potrebbe anche sembrare, bensì la pronunzia muta, come la e muette francese. E inoltre mettono in evidenza ignobili barbarismi grafici come sarvatech, janc, fresc, jon jon, rus rus, quan, com, o addirittura tutt quant. In proposito dobbiamo rilevare che purtroppo, dal 1838, è cambiato ben poco ed ancor oggi la corretta grafia del dialetto napoletano appare spesso come una chimera: accenti ed apostrofi sono frequentemente alla Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 2

mercè del tipografo o ai variabili umori degli autori condizionati dalla propria ignoranza o distrazione, i barbarismi grafici più ignobili tuttora affliggono i nostri occhi sulle pagine di libri e di giornali, di dépliants, cartelli, necrologi affissi per strada e finanche sulle insegne dei negozi in cui figurano parole del nostro dialetto così malamente storpiate, con l effetto di far pensare che, a farle tracciare, sia stato un qualche bergamasco (Longone e Martini). Ma anche in libri di grammatica napoletana ci imbattiamo in proposte che non si possono assolutamente condividere perché gli autori, mossi dall intento di costruire mezzi grafici che guidino alla corretta pronuncia del dialetto, hanno pensato di stravolgere l integrità e la struttura dei lemmi adulterandoli con soluzioni che, se non somigliano alla trascrizione fonetica delle parole inglesi, sono dei veri e propri arbìtri ortografici. Un autore, definendo erroneamente innovativa la sua impostazione, ha proposto di scrivere in carattere minuscolo, ed all apice dello spazio normalmente occupato da una lettera alfabetica, le vocali che, per il loro suono semi-muto, sono appena accennate nella pronuncia. Fra i tanti esempi portati dallo stesso autore scegliamo una strofa della poesia FRAVECATURE, di Raffaele Viviani: All acqua e a o sole fràveca cu na cucchiara mmano, pe ll aria ncoppo a n ànneto fore a nu quinto piano. Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 3

Per guidare il lettore ad una corretta pronuncia ha proposto di scrivere nella seguente maniera: con le due I maiuscole messe però in alto, metà entro l ideale linea superiore di contenimento delle lettere e metà al di sopra della linea stessa: purtroppo si tratta di una soluzione tipografica che noi non abbiamo la possibilità di riprodurre. Osserviamo subito che la pronuncia corretta è fravecature, con le due e semi-mute, che nell alfabeto fonetico internazionale verrebbero rese con la stessa vocale in posizione capovolta e che Antonio Altamura, nel suo insuperato Dizionario, scriveva con la dieresi: ë. Quindi, alcuni accorgimenti sono pur accettabili in uno strumento didattico quale un dizionario (e sempre nella linea del maggior rispetto possibile del lemma sul quale si lavora), ma non in una sede di ordinaria maniera di scrittura. Per cui riteniamo che, se proprio si volesse indicare come, approssimativamente, si pronuncia la parola, si potrebbe scrivere fravëcaturë, ma senza pretendere di sostituire stabilmente questa forma grafica a quella corretta. Inoltre va rilevato che proporre il suono i, anche se affievolito (ma si può affievolire il suono della i?), in sostituzione della e, è operazione sbagliata perché, come abbiamo visto, le due e della parola in esame hanno un suono semi-muto e non certo quello della i. Ma vediamo adesso come l autore ha proposto di rendere, stabilmente e sostitutivamente, la quartina che abbiamo più sopra riportato: A ll acqua e a o sole fravica cu na cucchiara mmano, pe ll aria ncoppo a n ànnito fora a nu quinto piano. Nel ricordare che, nel libro, le vocali rimpicciolite vengono portate verso l apice dell ideale linea superiore di contenimento delle lettere che compongono la parola, rileviamo che: - nelle parole fràveca e ànneto si perpetua l errore del suono i in sostituzione di quello semi-muto della ë ; - nel caso di specie, per come è posizionata la parola cucchiara, la a finale ha un suono pieno e non semi-muto; - nelle parole mmano e ncoppo sono scomparsi senza ragione gli apostrofi distintivi dell aferesi (o pròcope che dir si voglia). Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 4

Un altro autore ha portato alle estreme conseguenze questo accorgimento e, sul finire del 2004, ha pubblicato una Grammatica della vera Lingua Napoletana che egli stesso, nel titolo, ha definito lessigrafica, nel dichiarato intento di scrivere esattamente come si parla, tanto che il sottotitolo della sua opera recita così: O shcriv r a ccussi cómm s pårla a Nnapul vale a dire: Lo scrivere così come si parla a Napoli. Un esempio pratico? L autore ne porta tanti; scegliamo a caso: ecco come ci appare O paese d o sole dopo la sua rettifica lessigrafica (testuale): O paés d o sól Ogg stó ttand aller ca quas quas m mettéss a chiagñ r p st a f licità Ma è o ver o nun è o ver ca só tturnat a Nnapul? Ma è o ver ca stó ccà? O tren stév angor ind a stazzión quann agg ndis e primm mandulin Chist è o paés d o sól, chist è o paés d o mar, chist è o paés a ddó tutt e pparol, só ddóce e só amar, só ssemb parol d ammór Su alcune vocali cadono i segni diacritici dell accento breve e dell accento lungo, che qui non siamo in grado di riprodurre. Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 5

Noi non siamo inorriditi e non inorridiamo per rispetto ad un autore che ha speso tanta fatica, prodigata su 244 pagine. Ma qualcuno dev essere rimasto suggestionato da simili prospettazioni se è vero che il quotidiano ROMA, nel numero del 26 agosto 2006 (e la stessa cosa era accaduta il 26 agosto del 2005), così riporta un bel proverbio dialettale nella rubrica che quotidianamente ne propone uno all attenzione dei lettori (lodevole l intento, infelice troppo spesso l esito ortografico): O ciucc, quand o mettn e sold ngann, o chiammn don ciucc C è da farsi venire i brividi; ma non essendo questa la sede per una rilevazione analitica di tutti gli strafalcioni e gli orrori perpetrati, ci limiteremo a mettere l adagio in corretto vernacolo: O ciuccio, quann o metteno e sorde ncanna, o chiammano don ciuccio (L asino, quando gli mettono i soldi al collo, lo chiamano don asino). Occorre dunque rimboccarsi le maniche e ripartire da zero, fissare poche regole e concetti elementari per tentare l approccio ad alcuni punti, sui quali ci si possa trovare d accordo come base per sviluppare i successivi ragionamenti su una corretta e ragionevole maniera di scrivere il dialetto napoletano. Ed è ciò che faremo in successivi scritti, non intendendo più oltre abusare della pazienza di chi ci avesse per avventura fin qui seguito. Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 6

BIBLIOGRAFIA Antonio Altamura: Dizionario dialettale napoletano ; Fiorentino Editore, Napoli - 1956; Antonio Altamura: Il dialetto napoletano, Fiorentino Editore, Napoli - 1961; Gianni Bausilio: Le origini della lingua napoletana, Loffredo Editore, Napoli - 2002; Pirro Bichelli: Grammatica del dialetto napoletano, Edizioni Pègaso - Bari, 1974, pagg. 7 e 60; Ferdinando Galiani: Del dialetto napoletano, Napoli - 1789; Antonio Iandolo: Parlare e scrivere in dialetto napoletano, Edizioni Tempolungo, Napoli - 2001; Luigi Imperatore: Appunti sul dialetto napoletano, Berisio Editore - Napoli (s.d.). Aldo Olivieri: Grammatica lessigrafica della vera lingua napoletana, Edizioni Napoliviva - 2004. (1. Continua) Luciano Galassi Immagini di Anton Sminck van Pitloo (Arnhem, Olanda, 21 aprile 1790 - Napoli, 22 giugno 1837). Questo articolo, con altri quattro che seguiranno, sono stati pubblicati sul sito www.napoliontheroad.it Ringraziamo l Autore e la Direzione del sito per la cortese autorizzazione e per la collaborazione alla diffusione della Lingua Napoletana. Luciano Galassi: Lingua Napoletana. 01. 7