giuridica.com naturagiuridica a cura del Dott. ANDREA QUARANTA GIURISTA AMBIENTALE e-mail: andrea40@natura



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Gestione dei rifiuti Giurisprudenza Nozione di Rifiuto Detriti derivanti dallo sfruttamento di una cava di pietra Residuo di produzione Deposito Utilizzo di rifiuti Assenza di pericolo per la salute e per l'ambiente Possibilità di recupero Corte di Giustizia europea, causa C-9/00, sentenza del 18 aprile 2002, Palin Granit Oy Il detentore di detriti derivanti dallo sfruttamento di una cava di pietra, depositati a tempo indeterminato in attesa di un possibile utilizzo, si disfa o ha deciso di disfarsi di tali detriti i quali devono, di conseguenza, essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti. Il luogo di deposito, la loro composizione nonché il fatto, considerato in ipotesi accertato, che essi non comportino reali pericoli per la sanità pubblica o per l'ambiente, non sono criteri adeguati per conferire o negare loro la qualifica di rifiuto. www. natura giuridica.com a cura del Dott. ANDREA QUARANTA GIURISTA AMBIENTALE e-mail: andrea40@natura naturagiuridica giuridica.com Blog: naturagiuridica.blogspot.com

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione) 18 aprile 2002 «Ravvicinamento delle legislazioni - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE - Nozione di rifiuto - Residuo di produzione - Cava - Deposito - Utilizzo di rifiuti - Assenza di pericolo per la salute e per l'ambiente - Possibilità di recupero» Nel procedimento C-9/00, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia), nella causa dinanzi ad esso pendente tra Palin Granit Oy, Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, Lounais-Suomen ympäristökeskus, domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), e LA CORTE (Sesta Sezione), composta dalla sig.ra F. Macken, presidente di sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet (relatore), R. Schintgen, V. Skouris e J.N. Cunha Rodrigues, giudici, avvocato generale: F.G. Jacobs cancelliere: R. Grass viste le osservazioni scritte presentate: - per il Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, dal sig. J. Keskitalo, direttore del controllo sanitario, e dalla sig.ra L. Suonkanta, capo degli affari economici; - per il governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. H. Støvlbaek, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra E. Savia, avocat, vista la relazione del giudice relatore, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 17 gennaio 2002, ha pronunciato la seguente

SENTENZA 1. Con ordinanza 31 dicembre 1999, giunta alla Corte il 13 gennaio 2000, il Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema) ha sollevato, a norma dell'art. 234 del Trattato CE, una questione pregiudiziale principale e quattro questioni secondarie, vertenti sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»). 2. Tali questioni sono state poste nell'ambito di un ricorso contro un'autorizzazione ambientale rilasciata dal Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus (Consiglio del consorzio intercomunale di Vehmassalo; in prosieguo: il «Consiglio del consorzio») all'impresa Palin Granit Oy (in prosieguo: la «Palin Granit») per lo sfruttamento di una cava di granito. Dalla legislazione finlandese emerge in effetti che il rilascio di un'autorizzazione ambientale relativa ad una discarica non è di competenza delle autorità comunali, così che l'esito della causa principale dipende dal fatto che i detriti derivanti dallo sfruttamento della cava vadano considerati o meno rifiuti. Normativa comunitaria 3. L'art. 1, lett. a), comma 1, della direttiva 75/442 definisce il rifiuto come «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». 4. L'art. 1, lett. c), della stessa direttiva definisce «detentore» il «produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene». 5. L'allegato I della direttiva 75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», menziona, al punto Q 11, i «[r]esidui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.)» e, al punto Q 16, «[q]ualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate». 6. L'art. 1, lett. a), comma 2, della direttiva 75/442 affida alla Commissione il compito di compilare «un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all'allegato I». In virtù di tale disposizione, con la decisione 20 dicembre 1993, 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, a) della direttiva 75/442 (GU 1994, L 5, pag. 15), la Commissione ha emanato un «catalogo europeo dei rifiuti» (in prosieguo: il «CER»), nel quale figurano in particolare i «[r]ifiuti derivanti dalla prospezione, l'estrazione, il trattamento e l'ulteriore lavorazione di minerali e materiali di cava». La nota introduttiva all'allegato della decisione 94/3 precisa che tale elenco «si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati allo smaltimento o al recupero» e che esso è «un elenco armonizzato, non esaustivo, di rifiuti e sarà pertanto oggetto di periodica

revisione», ma che tuttavia, «un materiale figurante nel catalogo non è in tutte le circostanze un rifiuto, ma solo quando esso soddisfa la definizione di rifiuto». 7. Gli artt. 9 e 10 della direttiva 75/442 precisano che tutti gli stabilimenti o imprese, che effettuano operazioni di smaltimento dei rifiuti elencate nell'allegato II A o operazioni che comportano una possibilità di recupero dei rifiuti elencate nell'allegato II B della stessa direttiva, debbono ottenere l'autorizzazione dell'autorità competente. 8. Tra le operazioni di smaltimento elencate all'allegato II A della direttiva 75/442 figurano, al punto D 1, il «[d]eposito sul o nel suolo (ad esempio, messa in discarica, ecc.)», al punto D 12, il «[d]eposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera, ecc.)» e al punto D 15 il «[d]eposito preliminare ad una delle operazioni di cui al presente allegato, escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti». Tra le operazioni di recupero di cui all'allegato II B della direttiva figura, al punto R 13, la «[m]essa in riserva di materiali per sottoporli a una delle operazioni che figurano nel presente allegato, escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nei luoghi in cui sono prodotti». 9. Una dispensa dall'autorizzazione è tuttavia prevista dall'art. 11 della direttiva 75/442, il cui n. 1 così recita: «(...) possono essere dispensati dall'autorizzazione di cui all'articolo 9 o all'articolo 10: a) gli stabilimenti o le imprese che provvedono essi stessi allo smaltimento dei propri rifiuti nei luoghi di produzione e b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti. Tale dispensa si può concedere solo: - qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l'attività può essere dispensata dall'autorizzazione e - qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di recupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all'articolo 4». 10. Tali «condizioni imposte dall'articolo 4» della direttiva 75/442 consistono nell'assenza di pericolo per la salute dell'uomo e nell'assenza di pregiudizio per l'ambiente. Normativa nazionale 11. La direttiva 75/442 è stata recepita nella legislazione finlandese con la legge (1072/1993), sui rifiuti, che mira a prevenire la produzione di rifiuti, limitare la loro pericolosità e promuovere il loro recupero.

12. L'art. 3, comma 1, punto 1, di tale legge definisce rifiuto «qualsiasi prodotto o sostanza di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». Questa definizione è completata da un elenco di sostanze o prodotti classificati come rifiuti, inclusa nell'allegato I del decreto (1390/1993), sui rifiuti. Tra le 16 categorie contenute nell'elenco, la categoria Q 11 riguarda i residui derivanti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime, quali i residui provenienti da attività minerarie o petrolifere. 13. L'art. 3, comma 1, punti 10 e 11, della legge (1072/1993) definisce il recupero «qualsiasi attività che mira a recuperare o utilizzare la sostanza o l'energia contenuta nei rifiuti» e lo smaltimento «qualsiasi attività che mira a neutralizzare o mettere in deposito definitivamente i rifiuti». 14. Ai sensi dell'art. 1 del decreto (1390/1993), le disposizioni della legge (1072/1993) in materia di autorizzazione al deposito di rifiuti non sono applicabili all'utilizzo o al trattamento sul luogo d'estrazione di rifiuti naturali non pericolosi derivanti dall'estrazione di sostanze contenute nel terreno. 15. La decisione del Ministro dell'ambiente (867/1996), adottata a norma della legge (1072/1993), e recante un elenco dei rifiuti più comuni e dei rifiuti nocivi, include i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dall'arricchimento o da altri trattamenti dei minerali, nonché dalla trasformazione delle pietre e dalla produzione di ghiaia. Risulta dall'introduzione di tale elenco che la terminologia ivi utilizzata si fonda sul CER e che l'elenco ha un mero valore indicativo. Un prodotto o una sostanza compreso nell'elenco è un rifiuto solo quando presenta le caratteristiche di cui all'art. 3, comma 1, punto 1, della legge (1072/1993). 16. Secondo l'art. 5 della legge (735/1991) sulla procedura di autorizzazione ambientale, come modificata dalla legge (61/1995), l'autorità competente a rilasciare un'autorizzazione ambientale è o l'autorità municipale, o il Centro regionale per l'ambiente. L'art. 1, comma 1, del decreto (772/1992) sulla procedura di autorizzazione ambientale, come modificato dal decreto (62/1995), che elenca le domande per le quali è competente il Centro regionale per l'ambiente, include al punto 14 le domande d'autorizzazione ambientale relative alle discariche. Causa principale 17. Il 25 novembre 1994 la Palin Granit ha richiesto al Consiglio del consorzio un'autorizzazione ambientale per installare una cava di granito. Tale domanda includeva un piano di gestione dei detriti e menzionava la possibilità di recuperarli utilizzandoli come ghiaia o materiale di riporto. Nella domanda si comunicava inoltre che i detriti derivanti dallo sfruttamento, per un quantitativo di circa 50 000 m 3 all'anno, pari a circa il 65-80% del volume globale estratto, sarebbero stati depositati in un'area adiacente. Il Consiglio del consorzio ha

rilasciato all'impresa un'autorizzazione ambientale temporanea soggetta a varie condizioni per soddisfare il requisito del minor impatto dannoso dello sfruttamento nei confronti della popolazione e dell'ambiente. 18. Il Turun ja Porin lääninhallitus (amministrazione provinciale di Turku e Pori) si è rivolto al Turun ja Porin lääninoikeus (Tribunale amministrativo provinciale di Turku e Pori), il quale ha ritenuto che i detriti erano da considerarsi rifiuti ai sensi della legge (1072/1993) e che la loro area di deposito era una discarica ai sensi della decisione del Consiglio dei ministri (861/1997) sulle discariche. Constatato che la legislazione finlandese attribuisce la competenza a rilasciare autorizzazioni ambientali relative alle discariche al Lounais-Suomen ympäristökeskus (Centro regionale per l'ambiente per la Finlandia sudoccidentale), il lääninoikeus ha annullato per incompetenza la decisione del Consiglio del consorzio. 19. La Palin Granit e il Consiglio del consorzio hanno presentato ricorso dinanzi al Korkein hallinto-oikeus contestando la qualificazione di rifiuto data ai detriti. La Palin Granit ha sottolineato che i rifiuti, la cui composizione restava la stessa della roccia originaria dalla quale erano estratti, venivano depositati per brevi periodi, in vista di un ulteriore utilizzo, senza necessità di alcuna misura di recupero, e che essi non comportavano alcun pericolo per la salute delle persone o per l'ambiente. Da questo punto di vista i rifiuti si distinguerebbero dai sottoprodotti dell'attività mineraria che, nonostante il loro carattere nocivo, non sono stati qualificati come rifiuti da parte della normativa e della giurisprudenza nazionali. Inoltre, a norma dell'art. 1, n. 2, comma 1, del decreto (1390/1993), i rifiuti del terreno non pericolosi e trattati sul luogo d'estrazione rientrerebbero nella sfera di applicazione della legge (555/1981) sulle sostanze contenute nel terreno, e non in quella della normativa sui rifiuti. 20. Al contrario il Centro per l'ambiente, condividendo l'opinione del Ministro dell'ambiente, ha sostenuto che i detriti dovevano essere considerati rifiuti, finché non fosse stata presentata una prova del loro riutilizzo. 21. Al fine di individuare l'autorità competente a rilasciare alla Palin Granit l'autorizzazione ambientale richiesta, il Korkein hallinto-oikeus ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «Se i detriti derivanti dallo sfruttamento di una cava di pietra vadano considerati rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, tenuto conto delle circostanze illustrate infra alle lett. a)-d). a) Quale rilevanza occupi nell'ambito delle valutazioni soprammenzionate il fatto che i detriti vengano depositati, in attesa di un ulteriore utilizzo, su un'area contigua al luogo di estrazione. Se in generale sia rilevante la circostanza chei detriti vengano depositati sul luogo di estrazione, su un'area contigua al medesimo o più lontano. b) Quale rilevanza vada attribuita al fatto che siffatti detriti, quanto alla loro composizione minerale, sono del tutto identici alla roccia da cui sono

estratti e che gli stessi non cambiano di stato fisico qualunque siano la durata ed il modo di conservazione. c) Quale rilevanza vada attribuita al fatto che i detriti non sono pericolosi rispetto alla sanità pubblica ed all'ambiente. In quale misura, su un piano generale, vada attribuita importanza ad eventuali incidenze dei detriti sulla salute e sull'ambiente al fine di stabilire se il detrito sia un rifiuto. d) Quale rilevanza vada riconosciuta al fatto che sussiste la volontà di portar via i detriti, in tutto o in parte, dall'area di deposito ai fini di un loro utilizzo, ad esempio, come materiale di riporto e per la costruzione di frangiflutti e che i detriti possono essere recuperati tali e quali senza che sia necessario procedere al loro riguardo ad operazioni di trasformazione o equivalenti. In quale misura, al riguardo, occorra riconoscere importanza, da un lato, al grado di certezza dei progetti del detentore dei detriti in merito al loro recupero e, dall'altro, al tempo di concretizzazione dei medesimi, dopo che i detriti siano stati rimossi dall'area di deposito». Sulla questione principale 22. L'art. 1, lett. a), comma 1, della direttiva 75/442 definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». L'allegato I della direttiva ed il CER specificano ed illustrano tale definizione, proponendo elenchi di sostanze ed oggetti che possono essere qualificati come rifiuti. Tali elenchi hanno tuttavia solo carattere indicativo e la qualificazione di rifiuti dipende soprattutto, come giustamente sottolinea la Commissione, dal comportamento del detentore, a seconda che egli voglia disfarsi o meno delle sostanze in oggetto. Di conseguenza l'ambito di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine «disfarsi» (sentenza 18 dicembre 1997, causa C- 129/96, Inter-Environnement Wallonie, Racc. pag. I-7411, punto 26). 23. Il verbo «disfarsi» deve essere interpretato alla luce della finalità della direttiva 75/442 che, ai sensi del terzo 'considerando', è la tutela della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, ma anche alla luce dell'art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell'azione preventiva. Ne consegue che la nozione di rifiuto non può essere interpretata in senso restrittivo (v. sentenza 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e C-419/97, ARCO Chemie Nederland e a., Racc. pag. I-4475, punti da 36 a 40). 24. Nello caso specifico, la questione di stabilire se una determinata sostanza sia un rifiuto deve essere risolta alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della direttiva 75/442 ed in modo da non pregiudicarne l'efficacia (sentenza ARCO Chemie Nederland e a., cit., punti 73, 88 e 97). 25. La direttiva 75/442 non propone alcun criterio per individuare la volontà del detentore di disfarsi di una sostanza o di un determinato oggetto.

Tuttavia la Corte, più volte interrogata sulla qualificazione di rifiuto da attribuire o meno a diverse sostanze, ha fornito alcune indicazioni che possono permettere di individuare la volontà del detentore. E' alla luce di tali elementi, tenendo anche presenti le finalità della direttiva 75/442, che bisogna analizzare la qualificazione dei detriti e valutare se essi appartengano alla categoria dei residui provenienti dall'estrazione delle materie prime, di cui al punto Q 11 dell'allegato I della direttiva 75/442. 26. La Commissione considera le operazioni di smaltimento e recupero di una sostanza o di un oggetto alla stregua di manifestazioni della volontà di «disfarsene» ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442. In effetti, a suo parere, gli artt. 4, 8, 9, 10 e 12 della direttiva 75/442 qualificherebbero tali operazioni come modalità di trattamento dei rifiuti. Tra tali operazioni figurano il deposito sul o nel suolo, come la messa in discarica (punto D 1 dell'allegato II A) e il deposito preliminare ad un'altra operazione di smaltimento (punto D 15 dell'allegato II A), il deposito preliminare ad un'operazione di recupero (punto R 13 dell'allegato II B). I detriti, ammassati nel luogo di estrazione o nel luogo di deposito, sarebbero pertanto oggetto di un'operazione di smaltimento o di recupero. 27. Tuttavia la distinzione tra operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e il trattamento di altri prodotti è spesso difficile da cogliere. Così la Corte ha già statuito che dalla circostanza che su una sostanza venga eseguita un'operazione menzionata nell'allegato II B della direttiva 75/442 non discende che l'operazione consista nel disfarsene e che quindi tale sostanza vada considerata rifiuto (sentenza ARCO Chemie Nederland e a., cit., punto 82). L'esecuzione di un'operazione menzionata nell'allegato II A o nell'allegato II B della direttiva 75/442 non permette dunque, di per sé, di qualificare una sostanza come rifiuto. 28. Il Consiglio del consorzio e la [32703mPalin Granit sostengono che il luogo di deposito dei detriti provenienti dallo sfruttamento di una cava non costituisce una discarica, bensì un deposito di materiali riutilizzabili, qualora tali detriti siano suscettibili di essere utilizzati per lavori di riporto o per la costruzione di porti e frangiflutti. 29. Questo argomento non può bastare per escludere che i detriti siano considerati rifiuti. In effetti, nella sentenza 28 marzo 1990, cause riunite C-206/88 e C-207/88, Vessoso e Zanetti (Racc. pag. I-1461, punto 9), la Corte ha definito la nozione di rifiuto come comprensiva delle sostanze e degli oggetti suscettibili di riutilizzo economico. Nella sentenza 25 giugno 1997, cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95, Tombesi e a. (Racc. pag. I-3561, punto 52), la Corte ha specificato che il sistema di sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva 75/442 intende riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo.

30. Quindi né il fatto che alcuni detriti siano oggetto di un'operazione di trattamento prevista dalla direttiva 75/442, né la circostanza che essi siano riutilizzabili consentono di stabilire se tali detriti siano o meno rifiuti ai sensi della direttiva 75/442. 31. Altre considerazioni risultano invece più rilevanti. 32. Nei punti da 83 a 87 della citata sentenza ARCO Chemie Nederland e a., la Corte ha sottolineato l'importanza di verificare se la sostanza sia un residuo di produzione, cioè un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore. Come la Commissione osserva, nella causa principale, la produzione di detriti non è lo scopo primario della Palin Granit. Essi vengono prodotti solo in via accessoria e l'impresa cerca di limitarne la quantità. Orbene, per comune esperienza, un rifiuto è ciò che viene prodotto accidentalmente nel corso della lavorazione di un materiale o di un oggetto e che non è il risultato cui il processo di fabbricazione mira direttamente. 33. Di conseguenza risulta evidente che detriti provenienti dall'attività estrattiva, che non si configurano come produzione principale derivante dallo sfruttamento di una cava di granito, rientrano, in via di principio, nella categoria dei «[r]esidui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime» di cui al punto Q 11 dell'allegato I della direttiva 75/442. 34. A tale interpretazione potrebbe essere opposto l'argomento che un bene, un materiale o una materia prima che deriva da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non tanto un residuo, quanto un sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di «disfarsi» ai sensi dell'art. 1, lett. a), comma 1, della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari. 35. Un'analisi del genere non contrasterebbe con le finalità della direttiva 75/442. In effetti non vi è alcuna giustificazione per assoggettare alle disposizioni di quest'ultima, che sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti. 36. Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo, ricordato al punto 23 della presente sentenza, di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un

bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione. 37. Appare quindi evidente che, oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di produzione di una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce un secondo criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto. 38. Nella causa principale il governo finlandese evidenzia giustamente che le uniche modalità prevedibili di riutilizzo dei detriti nella loro forma esistente, ad esempio per lavori di riporto o per la costruzione di porti e frangiflutti, necessitano, nella maggior parte dei casi, di operazioni di deposito che possono avere una certa durata, rappresentare un intralcio per chi sfrutta la cava ed essere potenzialmente fonte di quel danno per l'ambiente che la direttiva 75/442 mira specificamente a limitare. Il riutilizzo, quindi, non è sicuro ed è prevedibile solo a più o meno lungo termine, cosicché i detriti possono essere considerati solo «residui provenienti dall'estrazione», di cui l'imprenditore ha «deciso o [ha] l'obbligo di disfarsi», ai sensi della direttiva 75/442, e che quindi rientrano nella categoria di cui al punto Q 11 dell'allegato I della suddetta direttiva. 39. Occorre quindi risolvere la questione principale del giudice del rinvio dichiarando che il detentore di detriti derivanti dallo sfruttamento di una cava di pietra, depositati a tempo indeterminato in attesa di un possibile utilizzo, si disfa o ha deciso di disfarsi di tali detriti i quali devono, di conseguenza, essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442. Sulle questioni secondarie sub a)-d) 40. Per quanto concerne la questione secondaria sub d), è opportuno segnalare che la Corte vi ha già risposto nel contesto dell'esame della questione principale. In effetti, l'incertezza relativa ai progetti di utilizzo dei detriti, nonché l'impossibilità di riutilizzarne l'integralità, permettono di qualificare come rifiuti l'insieme di questi detriti, e non solo quelli che non sarebbero oggetto di un progetto di recupero. 41. In ogni caso, ai sensi dell'art. 11 della direttiva 75/442, le autorità nazionali conservano il potere di emanare norme che prevedano dispense dall'autorizzazione e di rilasciare dispense di tal genere per le operazioni di smaltimento e recupero di determinati rifiuti, e i giudici nazionali possono assicurare il rispetto di tali norme in conformità alle finalità della direttiva 75/442.

42. Per quanto riguarda la questione secondaria sub a) occorre segnalare che, tenuto conto della soluzione data alla questione principale, il luogo di deposito dei detriti, sia che si trovi presso il luogo d'estrazione, oppure su di un terreno situato nei pressi, oppure più lontano, non ha alcuna incidenza sulla qualificazione di questi rifiuti come detriti. Allo stesso modo, le condizioni e la durata del deposito dei materiali non danno, di per sé, alcuna indicazione in ordine al valore che essi hanno per l'impresa, né sui vantaggi che essa potrà derivarne. Tali elementi non permettono di stabilire se il detentore dei materiali abbia meno l'intenzione di disfarsene. 43. Per quanto concerne la questione secondaria sub b), è opportuno ricordare che, al punto 87 della citata sentenza ARCO Chemie Nederland e a., la Corte ha considerato come indizio del fatto che il detentore della sostanza se ne disfa ovvero ha deciso o ha l'obbligo di disfarsene ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, il fatto che la sostanza sia un residuo di produzione la cui composizione non è idonea all'utilizzo che ne viene fatto ovvero che tale utilizzo debba avvenire in condizioni particolari di prudenza a causa della pericolosità per l'ambiente della sua composizione. 44. Per quanto riguarda i detriti, la circostanza che essi abbiano la stessa composizione dei blocchi di pietra estratti dalla cava e che non cambino il loro stato fisico potrebbe quindi renderli adatti all'utilizzo che se ne possa fare. Tuttavia tale argomentazione sarebbe decisiva solo nel caso in cui venisse riutilizzata la totalità dei detriti. Non si può contestare che il valore commerciale dei blocchi di pietra dipende dalla loro dimensione, dalla loro forma e dalla loro possibilità di utilizzo nel settore edile; tutte qualità che, nonostante l'identità della loro composizione, i detriti non presentano. Pertanto tali detriti non sono altro che residui di produzione. 45. Peraltro il rischio di danno all'ambiente generato da detriti inutilizzati non viene attenuato da questa identità di composizione minerale, in quanto essa non esclude le operazioni di deposito di questi materiali, che hanno effetti sull'ambiente. 46. Ad ogni modo, anche qualora una sostanza venga sottoposta ad una operazione di completo recupero ed acquisisca in tal modo le medesime proprietà e caratteristiche di una materia prima, essa può comunque essere considerata un rifiuto se, in conformità alla definizione di cui all'art. 1, lett a), della direttiva 75/442, il suo detentore se ne disfa o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene. 47. Per quanto riguarda il quesito secondario sub c), occorre rilevare che neppure il fatto che i detriti non comportano pericoli per la sanità pubblica e per l'ambiente costituisce un elemento valido per escludere la qualificazione di rifiuto.

48. In effetti bisogna innanzitutto rilevare che la direttiva 75/442, relativa ai rifiuti, è completata dalla direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), il che implica che la nozione di rifiuto non deriva dalla pericolosità delle sostanze. 49. Inoltre, anche supponendo che i detriti non comportino, per via della loro composizione, un pericolo per la sanità pubblica o per l'ambiente, il loro accumulo è necessariamente fonte di inconvenienti e danni per l'ambiente, dal momento che il loro riutilizzo completo non è né immediato né tanto meno sempre prevedibile. 50. Infine, l'assenza di pericolosità della sostanza in questione non è un criterio decisivo per valutare la volontà del relativo detentore al suo riguardo. 51. Bisogna quindi risolvere le questioni secondarie poste dal giudice del rinvio dichiarando che il luogo di deposito dei detriti, la loro composizione nonché il fatto, considerato per ipotesi accertato, che essi non comportino reali pericoli per la sanità pubblica o per l'ambiente, non sono criteri adeguati per conferire o negare loro la qualifica di rifiuto. Sulle spese 52. Le spese sostenute dal governo finlandese e dalla Commissione, i quali hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi LA CORTE (Sesta Sezione) pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Korkein hallinto-oikeus con ordinanza 31 dicembre 1999, dichiara: 1) Il detentore di detriti derivanti dallo sfruttamento di una cava di pietra, depositati a tempo indeterminato in attesa di un possibile utilizzo, si disfa o ha deciso di disfarsi di tali detriti i quali devono, di conseguenza, essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti. 2) Il luogo di deposito, la loro composizione nonché il fatto, considerato in ipotesi accertato, che essi non comportino reali pericoli per la sanità pubblica o per l'ambiente, non sono criteri adeguati per conferire o negare loro la qualifica di rifiuto. Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 aprile 2002.