AGIRE INFORMATI JEEP: IL SUCCESSO DELL ANNO. Se un impresa italiana intende prestare servizi in Svizzera. Mercato dell auto in Svizzera



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Anno 105 - n. 02 - Febbraio 2014 JEEP: IL SUCCESSO DELL ANNO Mercato dell auto in Svizzera AGIRE INFORMATI Se un impresa italiana intende prestare servizi in Svizzera

Editore Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione A.G. LOTTI, C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori C. BIANCHI PORRO, M. CALDERAN, G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, C. D AMBROSIO, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, P. COMUZZI, D. COSENTI- NO, A. CROSTI, L. D ALESSANDRO, F. DOZIO, F. FRANCESCHINI, T. GATANI, G. GUERRA, M. LENTO, F. MACRÌ, G. MERZ, A. ORSI, V. PANSA, C. RINALDI, G. SORGE, N. TANZI, I. WEDEL La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 rivista@ccis.ch, www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: info@ccis.ch Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all Estero) Appare 11 volte l anno. Progetto grafico CMSGRAPHICS 83048 Montella (Av) Italy info@cmsgraphics.com Marco De Stefano Emanuela Burli Maurizio De Vito Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 Fax +39 0332 510715 www.nastroenastro.it Editoriale di Giangi Cretti Serve o è un lusso? A rigor di logica, immediata rimbalza la risposta: se è un utilitaria, già nel nome, anticipa la sua utilità. Pertanto, serve. Di converso, se soddisfa, soprattutto, un emozione: è un lusso. In quanto tale, non tutti se lo possono permettere. Sin qui l ovvietà. Le cose cambiano se, dati alla mano, l ovvietà, o quel che tale sembrerebbe, può essere messa in discussione. Perché ci sono elementi per farlo, che ci obbligano a constatare, fors anche nostro malgrado, che anche le utilitarie (che in teoria sono prodotte per servire) possono (in pratica) diventare un lusso. Non (ancora) per tanti, forse. Comunque, per troppi. Stiamo parlando di automobili, evidentemente. E dei numeri che le riguardano, diligentemente riportati in quei bilanci che di solito si inseguono a fine anno. Numeri che, circoscritti ad un riferimento geografico continentale, ci raccontano di un Europa (Ue e Svizzera compresa) nella quale il mercato dell auto ha chiuso il 2013 con una flessione dell 1,9%, registrando 11.549.773 nuove immatricolazioni. Numeri che, gradita sorpresa, ci informano che, nel mese di dicembre, in controtendenza con l andamento dell anno, le vendite sono cresciute del 12,7%, raggiungendo quota 881.413 vetture. Altri numeri, quelli dei mesi a venire, ci diranno, com è forse verosimile, se si tratta della classica eccezione che conferma la regola. In Italia, i dati resi pubblici, fissano a 1.300.000 le nuove auto entrate in circolazione. In buona sostanza, 100.000 in meno, pari ad un calo percentuale del 7,1%, rispetto al 2012. In termini percentuali, un dato quasi quadruplo rispetto a quello europeo, che, già di per sé rilevante, appare ancor più significativo se si tiene conto che anche il 2012, con 1.403.000 immatricolazioni, era stato un anno di grande magra per l intero settore. Sono numeri che fanno da sfondo ad uno scenario, nel quale, riportandoci all epoca della motorizzazione nazionale degli anni Sessanta, l automobile nel nostro, più che negli altri paesi europei, rischi di tornare ad essere un prodotto di lusso e non più uno strumento di libera mobilità. Sono anche numeri che consolidano, qualora se ne sentisse la necessità, l immagine di un Paese impoverito e timoroso più che mai, sfiancato da troppi anni, non solo da una pressione fiscale asfissiante, ma ancor più dalla perdurante incertezza che alimenta la sfiducia. Stati d animo, che, malgrado i numeri, non sembrano condizionare il mercato svizzero, dove se è vero, perché e vero, che i volumi di vendita sono scesi, è altrettanto vero che il calo è avvenuto a seguito di due anni il 2011 e il 2012 caratterizzati da vendite record. Per questa ragione - a fronte di un numero totale di 307 885 nuove vetture, che segnano una flessione di 20 254 unità (-6,2%) rispetto all anno precedente - Auto-Suisse, l associazione mantello degli importatori di autoveicoli, si ritiene molto soddisfatta del risultato ottenuto. In prospettiva, confidando in una ripresa economica generalizzata - da tempo annunciata, puntualmente rimandata, o quanto meno relativizzata che comunque avrà tangibili ricadute solo dal prossimo anno, gli analisti, per quanto riguarda la Svizzera, si attendono una certa stabilizzazione del mercato, con un numero di nuove immatricolazioni che dovrebbe aggirarsi attorno alle 300.000 unità. gcretti@ccis.ch

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Sommario 1 4 16 18 19 21 Editoriale Sommario PRIMO PIANO La Rivista La disoccupazione si conferma principale preoccupazione Barometro delle apprensioni Credit Suisse 2013 Un accordo di reciproco vantaggio Svizzera e Cina In Italia è tutto cosi spaventosamente complicato Alberto Bombassei in un intervista al Tages Anzeiger Alberto Bombassei ospite d onore il 7 marzo a Ginevra Per il gruppo Fiat il 6% di quota del mercato Vendite auto in Europa nel 2013 23 28 33 51 54 56 58 60 62 64 66 67 68 69 70 76 INCONTRI La Jeep è stata la sorpresa dell anno A colloquio con Guy Nelson Una donna ai comandi Donne in carriera: Raffaella Chiaramonte Agire informati Se un impresa italiana intende prestare servizi in Svizzera CULTURA Dalla Leggenda di San Mainardo a quella di Guglielmo Tell La Svizzera prima della Svizzera Marilyn Monroe, Marlene Dietrich, Indira Gandhi, Malcolm X e il mondo di una grande fotografa Eve Arnold fino al 27 aprile 2014 Corte Medievale di Palazzo Madama a Torino I capolavori di Kandinsky a Milano Fino al 27 aprile a Palazzo Reale Sorrentino alla caccia dell Oscar Un lavoro in divenire Intervista con Andrea Manzoni: pianista Addio a Claudio Abbado DOLCEVITA Presentata ufficialmente a Zurigo Etihad Regional con base in Svizzera Turismo 2013: +1,9% le vendite nel settore ricettivo Ma solo grazie agli alberghi, soprattutto a 4 e 5 stelle Turismo: Coldiretti, salgono a 3 mln gli arrivi in agriturismo nel 2013 L anno si chiude con il record nel numero di strutture aperte Il valore dei vigneti d Italia La quotazione dei vigneti nel resto del mondo Gli insetti rimedio all emergenza cibo Nuove frontiere del (dis)gusto Fiat Professional e DHL Express Italy per spedizioni ancora più green 77 Abarth e ACI/CSAI per il rilancio del Motorsport Italiane a Zurigo Swiss-Moto 2014

Sommario 82 83 84 85 86 87 IL MONDO IN FIERA BASELWORLD 2014: Messe Basel, 27 marzo 3 aprile 2014 Salone Mondiale dell Orologeria e della Gioielleria Veronafiere: raggiunti e superati gli obiettivi d esercizio. Bilancio previsionale 2014: ricavi a quota 95,4 milioni di euro Motorsport Expotech: ModenaFiere, 31 gennaio 1 febbraio 2014 Prodotti tecnologie e servizi per il motorismo da competizione professionale BIT: FieraMilano, 13 15 febbraio 2014 Borsa internazionale del turismo MECSPE: Fiere di Parma, 27 29 marzo 2014 Salone delle tecnologie per l innovazione Vinitaly: Verona Fiere, 6 9 Aprile 2014 Salone internazionale del vino e dei distillati 90 91 92 93 94 96 IL MONDO IN CAMERA Meet the Chamber Colloqui di consulenza individuale gratuita in tutta la Svizzera per privati e imprenditori soci della Camera Terzo incontro Meetup Italia a Ginevra Piergiorgio Cecco, Managing Director di Maserati Suisse SA Corsi per Sommelier in lingua italiana a Ginevra Biblioteca in Camera Mondo soci Contatti Commerciali Servizi Camerali Le Rubriche 6 In breve 43 9 Italiche 44 11 Elvetiche 13 Europee 15 Internazionali 37 Cultura d impresa 38 Burocratiche 40 Normative allo specchio 41 Angolo Fiscale 47 52 53 61 63 70 75 42 Angolo legale Italia Angolo legale Svizzera Convenzioni Internazionali L elefante invisibile Scaffale Benchmark Sequenze Diapason Convivio Motori In copertina: Italia: Guy Nelson, Managing Director Fiat Group Switzerland fra la Jeep Gran Cherokee e l Alfa Romeo 4C

In Breve La Rivista 10 italiani fra i Top 50 - Wines of the year È il Rosso di Montalcino Pian dell Orino 2010 il miglior vino italiano degustato nel 2013 dallo staff di Decanter, il più popolare magazine enoico inglese. Lo conferma la Top 50 - Wines of the year 2013 della rivista, che ha selezionato i 50 migliori assaggi, mettendo insieme il punteggio ma anche il rapporto con il prezzo, tra i più di 3.200 vini degustati nell anno. E se al n. 1 c è uno spagnolo (come per la Top 100 della rivista Usa Wine Spectator, ndr), il Faustino I Rioja Gran Reserva 2001 di Faustino, con il Paese iberico che piazza 5 etichette in top 10, sono ben 10 su 50 i nomi italiani. Oltre a pian dell Orino - che si piazza al terzo posto, mentre il secondo è occupato dall argentino Santa Ana Unanime, Uco Valley, Mendoza, 2007 - al 14 troviamo il Fiano di Avellino 2011 di Terredora, al 18 il Soave Classico Vigneti di Foscarino 2011 di Inama, e al 19 il Fides Barbera d Alba 2010 di Pio Cesare. Seguono al 24 il Giusto di Notri di Tua Rita, che precede il Barolo Brunate 2006 di Mario Maregno al 29, e il Cirò 2012 di Librandi al 31. A chiudere il gruppo degli italiani il Gavi Spinola Ns 2006 di Castello di Tassarolo al 33, il Chianti Riserva 2009 di San Giusto a Rentennano, e la Barbera d Asti Bricco dell Uccellone 2009 di Braida. Padiglione Italia: presentato il logo Un simbolo di appartenenza, di orgoglio italico e di aggregazione su valori comuni che puntano alla costruzione di un futuro capace di rispondere alle sfide più impegnative. Padiglione Italia Expo 2015 si presenta con un logo giovane, fresco, che simboleggia lo stare insieme di una serie Venezia la città italiana più gettonata dagli stranieri È Venezia la città italiana con la quota più alta di prenotazioni provenienti dall estero. Secondo Trivago.it la città lagunare la percentuale di ricerche provenienti dall estero ai fissa al 64% rispetto al 36% delle ricerche italiane. Nella speciale classifica, il Veneto conquista anche la seconda posizione con Lido di Jesolo, destinazione per la quale la percentuale di ricerche estere è del 54%, prevalentemente tedesche e austriache. Roma, da sempre meta italiana più ricercata, conferma l appeal tra il pubblico nazionale con il 54% di ricerche domestiche a fronte del 46% straniere, proprio come Milano. Nel corso del 2013, la meta più ricercata in termini percentuali, da parte degli Italiani è stata Assisi con il 95% contro il 5% degli stranieri. La città di San Francesco ha visto una grande affluenza di pubblico nostrano soprattutto dopo l elezione del nuovo Papa, prendendo così il posto di Gallipoli che, rispetto all anno scorso, registra il 91,6% di ricerche domestiche e l 8,4% di ricerche dall estero, proprio come Riccione. L Umbria tra le preferite dagli di centri, ognuno portatore di un identità unica e peculiare, fortemente e profondamente italiana. Un logo che incarna perfettamente il concept del Padiglione: Vivaio Italia. Un Vivaio di idee, proposte, soluzioni, un punto di riferimento per giovani talenti, capaci di rinnovare il concetto di eccellenza italiana combinando la tradizione con approcci originali. Un italiani grazie anche a Perugia, in seconda posizione, che ha accolto il 92% di visitatori nostrani rispetto l 8% di quelli internazionali. A livello regionale le ricerche arrivano prevalentemente dal mercato domestico con la percentuale più alta registrata dalla Puglia, 89,8% rispetto il 10,2% della domanda estera, mentre il Veneto conferma il primo posto tra le ricerche internazionali (49,3%) registrando però una flessione rispetto l anno precedente del 16%. incubatore che permetterà alle tante energie di incontrarsi, moltiplicarsi e diventare parte di un organismo più grande. Il logo, realizzato da Carmi & Ubertis, che hanno ideato e curato la declinazione del logo di Expo 2015 SpA, è stato presentato a Roma presso la sede della Stampa Estera, da Diana Bracco, Commissario Generale di sezione per il Padiglione Italia Expo 2015, e Marco Balich, Consulente artistico del Commissario. La freschezza della nostra nuova immagine - ha sottolineato Diana Bracco -rende nel modo migliore l entusiasmo con cui affrontiamo l impegnativa sfida di Expo 2015 e l orgoglio con il quale ci stiamo preparando a rafforzare nel mondo il ruolo dell Italia. C è in questo logo l idea che il futuro si debba costruire con il contributo di tutti, che ognuno debba offrire il meglio di sé nell interesse comune. Ecco perché oggi sono particolarmente soddisfatta di proporre questa nuova immagine della volontà di rilancio del nostro Paese. Secondo Marco Balich l idea creativa del logo nasce dal concept ispiratore del Padiglione Italia, il vivaio, metafora di uno spazio protetto che aiuta i progetti e i talenti a germogliare. 6 - La Rivista febbraio 2014

In Breve La Rivista Libertà economica: Hong Kong prima, Svizzera quarta Secondo una classifica annuale pubblicata dal Wall Street Journal e dalla Heritage Foundation, Hong Kong, Singapore, Australia, Svizzera e Nuova Zelanda sono - nell ordine - i paesi con l economia più liberale al mondo. In testa alla graduatoria ormai per la ventesima volta consecutiva, Hong Kong (90,1 punti) deve la sua preminenza alla libertà di commercio e d investimento, unite a una debole pressione fiscale. Fra i primi dieci, dei 178 stati presi in considerazione, figurano solo tre nazioni europee: Irlanda (nona), Danimarca (decima) e Svizzera (quarta con 81,6 punti, +0,6), che ottiene il migliore piazzamento del ventennio. Dodicesimi gli Stati Uniti, mentre la Gran Bretagna è 14a, la Germania 18a, la Francia 70a, dietro a paesi come Romania (62a) e Turchia (64a). Ancora peggiore l Italia, 86a (60,9 punti). In fondo alla classifica si piazzano Venezuela, Zimbabwe, Cuba e - fanalino di coda assai staccato a livello di punti - la Corea del Nord. Risoluzione dei conflitti Conferenza Internazionale Umanitaria a Ginevra Il prossimo 13-14 febbraio, il campus ginevrino dell università statunitense Webster, insieme al Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) e all Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e i Profughi (Unhcr), organizzerà la Conferenza Internazionale Umanitaria (www.webster.ch) sul tema della Risoluzione dei conflitti. Visti i recenti colloqui diplomatici sulla Siria e sull Iran, la conferenza riscuoterà senz altro una grande attenzione mediatica e la partecipazione di numerose persone. Come ci ha spiegato al telefono il professor Oreste Foppiani, direttore del Dipartimento di Relazioni Internazionali e coordinatore dell evento (Foppiani è anche corrispondente estero accreditato all Onu per il quotidiano del Gruppo L Espresso-La Repubblica Libertà e collaboratore della Rivista, n.d.r.), la conferenza umanitaria rappresenta il luogo d incontro di diplomatici, giornalisti, docenti universitari, militari e rappresentanti di Ong in cui gli attori più disparati si confrontano sulle evoluzioni o involuzioni di alcuni problemi connessi all attualità internazionale. La conferenza, giunta alla sua diciannovesima edizione, è nata da un idea del professor Otto Hieronymi a metà degli anni Novanta. Negli anni successivi, è stata sviluppata e ampliata dal professor Alexandre Vautravers, esperto associato al Centro per le Politiche di Sicurezza (www.gcsp. ch) di Ginevra. Vautravers dirigerà le varie sessioni della conferenza e curerà la pubblicazione degli atti della medesima. Come per le edizioni precedenti, il simposio si terrà al Cicg (www. cicg.ch) sotto l Alto Patronato della Repubblica di Ginevra. Nel parterre des rois, troviamo, tra gli altri, il consigliere di stato Pierre Maudet, l ex direttore del Cicr Cornelio Sommaruga, Yves Rossier, segretario di stato del Ministero degli Affari esteri svizzero, l ambasciatore Christian Dussey, direttore del Gcsp, l ambasciatore Theodor Winkler, direttore del Dcaf, Michel Veuthey, vicepresidente dell Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, Umberto Cancellieri, ex capo delle operazioni dell Unicef, Mathew Parish, ex consigliere giuridico del rappresentante dell UE in Bosnia Erzegovina, Peter Hostettler, presidente della Società svizzera per la Protezione dei Beni culturali, Erica Moret, ricercatrice dell Università di Oxford, il generale Jean-Philippe Ganascia, consigliere militare del Dcaf, e Gyula Csurgai, direttore accademico della Sit. febbraio 2014 La Rivista - 7

CREA LA TUA STORIA D AMORE TAGLIATELLE INSIEME Per una cena in famiglia BOLOGNESE

Italiche di Corrado Bianchi Porro La punta avanzata della crescita economica Le ultime statistiche dell Unione europea hanno indicato quanto vale il settore dell high-tech nei Paesi dell Unione europea e nei Paesi del libero scambio. In questo modo si può altresì valutare meglio la forza dell high-tech. I settori dell alta tecnologia costituiscono, in effetti, la punta avanzata della crescita economica, della produttività e di conseguenza dei sistemi previdenziali, essendo una fonte di alto valore aggiunto e presupposto di stipendi elevati. Il settore dell high-tech è legato in primo luogo al settore manifatturiero. In secondo luogo concerne l approccio sul prodotto e include tutto il comparto dell informazione ad elevato livello. In terzo luogo comprende pure i brevetti, in quanto presupposto di una protezione intellettuale, ad esempio nel ramo delle biotecnologie. Secondo Eurostat, l ufficio statistico dell Unione, nell Ue a fine 2010 si contavano quasi 50 mila imprese (48.100 per la precisione) nel comparto manifatturiero catalogato ad alta tecnologia. Come numero totale, il primato appartiene alla Germania, con 8.975 imprese, seguita da Regno Unito con 6.831 e Italia con 6.680. La Francia ne conta 3.403, la Spagna 3.027, mentre la Svizzera con 1.718 imprese ad alta tecnologia nel manifatturiero è al livello dell Ungheria (1.749). Invece per il fatturato, nell Ue a 27 Paesi, al primo rango troviamo la Germania con una cifra di 109 miliardi di euro, davanti alla Francia (71 miliardi) e all Italia (49 miliardi). Il nostro paese è poi seguito da Spagna (47,1) e Regno Unito (45,9). Per il valore aggiunto, alle spalle della Germania con un valore di 38,4 miliardi si classificano Regno Unito (21,1 miliardi), Francia (19,2 miliardi), Spagna e Italia (a 15,7 miliardi). Naturalmente le ragioni di questo sfasamento, sono legate alla dimensione delle imprese con la prevalenza (in Italia e Gran Bretagna) delle piccole e medie imprese (PMI). Nelle cifre sugli investimenti lordi, al primo posto si piazza la Germania con 4,4 miliardi, seguita da Italia e Regno Unito con 1,2 miliardi. Nel settore dei servizi ad alta tecnologia, il Regno Unito è al primo rango come numero di imprese nei servizi ad alta intensità di conoscenza e tecnologia, con 139.017, seguita dall Italia con 101.301 e dalla Germania (83.584). Il fatturato in questo comparto vede sempre il primato del Regno Unito (209,5 miliardi), seguita da Germania (185,9), Francia (157,1) e Italia (104,5). Similare la classificazione per il valore aggiunto nei servizi e gli investimenti (dove l Italia supera però la Francia). Nel 2011, 34 milioni di persone erano impiegate nel settore manifatturiero dell Unione europea, una cifra pari al 15,7% dell occupazione totale. Il settore dell alta tecnologia impiegava 2,4 milioni di persone (1,1% dell occupazione totale). Nel periodo più buio della crisi, (2008-2011) il settore manifatturiero in Europa ha perso il 3,4% degli occupati, mentre il comparto dell alta tecnologia manifatturiera è calato in misura più ridotta (-2,5%). Il settore dei servizi dal suo canto ha registrato una crescita dello 0,5% l anno, mentre quelli ad alta tecnologia son cresciuti dell 1,3% l anno. Nel 2011 le donne rappresentavano il 29,7% dell occupazione nel secondario mentre tale quota ha raggiunto il 40,2% nel manifatturiero ad alta tecnologia. Le donne rappresentano per tradizione un impiego maggiore nei Paesi dell ex blocco dell Est, dove ancora oggi superano la quota del 50% in Bulgaria, Estonia, Ungheria, Polonia e Slovacchia. Nel settore dei servizi ad alta tecnologia che comprende programmazione informatica, ricerca e sviluppo scientifico, telecomunicazioni e occupazioni corrispondenti, il primato è invece saldamente dei maschi e le donne rappresentano solo il 30% in raffronto alla quota media europea del 54,3 nel totale del terziario. In Italia le donne rappresentano invece al 33,1% nei servizi ad alta tecnologia a fronte del 50,4 di quota nel totale dei servizi. In Europa, l impiego nei settori tecnologici e servizi ad elevata intensità di conoscenza è sceso globalmente da 222 milioni a 217 nel 2011. In Italia nello stesso periodo è calato da 23,3 milioni a 22,8 nel 2012 di cui 6,7 milioni nel Nord-Ovest (Lombardia e Piemonte su tutti), il Nord-Est era a quota 5 milioni, il Centro a 4,8 e il Sud a 4,3 con le Isole a 1,9 milioni. Infine, per le domande di brevetto e i diritti di proprietà nell UE l Italia ne segnala 4.890 nel 2005 e 4.424 nel 2010, di cui rispettivamente 488 e 259 nell alta tecnologia. Le richieste di brevetti italiani nell area dollaro sono scese da 2.228 nel 2005 a 1.508 cinque anni dopo. Usa e Germania sono a quota oltre 20 mila nell UE e 84 mila e 7 mila nell area dollaro. C è dunque in questo campo, svariato cammino da percorrere per rinnovare i fasti passati, dato che, nel 2006, l Italia contava più produttori high-tech nell Ue in termini assoluti (oltre 31.000), seguita da Germania (20.060), Francia (15.982) e Polonia (13.811). Insieme, questi quattro paesi rappresentavano oltre il 60% di produttori europei. Ma qualcosa si muove nella ricerca italiana, secondo i risultati del primo concorso per borse di studio di consolidamento (Consolidator Grant) resi noti in gennaio dalla Commissione Ue. L Italia è, infatti, il secondo Paese dopo la Germania per numero di scienziati premiati (ben 46 su 312). febbraio 2014 La Rivista - 9

Elvetiche di Fabio Dozio Cercavamo braccia sono arrivati uomini A quasi cinquant anni dall accorata denuncia di Max Frisch, ci risiamo. La Svizzera è un crocevia, da sempre confrontata con i passaggi, i transiti e i movimenti delle persone. La strada del San Gottardo è la via delle genti, senza le braccia straniere non ci sarebbe la Svizzera di oggi. Ma questo non basta a farne una nazione sempre aperta e accogliente. Perciò, ancora una volta, gli svizzeri sono chiamati alle urne per esprimersi su una proposta che intende limitare il numero di permessi di dimora per gli stranieri. Secondo l Unione democratica di centro, promotrice dell iniziativa Contro l immigrazione di massa, l eccesso nuoce e un immigrazione esagerata e incontrollata danneggia tutti. Sempre secondo l UDC, la causa di questa invasione sono gli accordi bilaterali con l Unione europea e in particolare la libera circolazione delle persone. Prima della libera circolazione scrive il consigliere nazionale Oskar Freisinger la Svizzera poteva decidere quanti immigrati accettava e quanti dovevano ripartire. È esattamente quanto chiede l iniziativa contro l immigrazione di massa. Alla fine del 2012 la Svizzera ha superato gli otto milioni di abitanti. Di questi gli stranieri che soggiornano in maniera permanente sono 1.869.000, vale a dire il 23,3 % della popolazione totale. Uno su cinque. Una percentuale ragguardevole, maggiore di quanto si registra nei paesi nostri vicini, Germania, Francia Italia e Austria. L incremento di stranieri rispetto all anno prima è dello 0,5 per cento, tasso simile a quello osservato nel 2010 e nel 2011. È innegabile che il numero di stranieri sia alto, ma è anche dimostrazione di benessere, con un economia che richiede manodopera estera, più o meno qualificata. La disoccupazione è contenuta, inferiore al 5%. I promotori dell iniziativa lanciano l allarme contro l invasione straniera, ma per capire le dimensioni del fenomeno è utile guardare allo sviluppo dell immigrazione negli ultimi cinquant anni. Dal 1960 al 1970, il periodo del boom economico, gli stranieri in Svizzera sono passati da 586.339 a 1.078.403, sono quasi raddoppiati. Nel 1970 rappresentavano già il 17,2 per cento della popolazione residente. Dunque, è assodato che anche in passato, prima della libera circolazione, con il regime dei contingenti e il vergognoso statuto dello stagionale, c erano consistenti flussi d immigrazione. Infatti, chi avrebbe costruito, a partire dagli anni sessanta, le autostrade svizzere, se non ci fossero stati i lavoratori italiani? Così come oggi, chi avrebbe scavato la galleria di base del San Gottardo, se non ci fossero stati gli stranieri? Alla caduta dell ultimo diaframma della galleria di base del San Gottardo si legge sull opuscolo che presenta la votazione federale 87 lavoratori su cento erano stranieri!. È verosimile che l aumento di questi ultimi anni non sia dovuto (solo) alla libera circolazione, ma (piuttosto) alla buona congiuntura. Più precisamente all economia svizzera, che funziona bene mentre quella italiana arranca, così come quella tedesca (fino a un anno fa). L iniziativa propone di reintrodurre i contingenti, stabiliti in funzione degli interessi globali dell economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri. Ma come verranno determinati? Sarà l economia a stabilire questi tetti massimi, oppure altri fattori, come la limitazione dell inforestieramento, tema caro all UDC, impedendo per esempio ai familiari di trasferirsi in Svizzera con il capofamiglia che lavora? E se si rispettano le necessità dell economia, i contingenti limiteranno davvero l afflusso di stranieri? Il 9 febbraio il popolo svizzero deciderà. A metà gennaio le intenzioni di voto davano ai sostenitori della proposta UDC il 36% dei consensi. Ma c è chi teme l effetto minareti. In occasione della votazione sui minareti i sondaggi sono stati smentiti, perché nel segreto dell urna c è chi si esprime più liberamente su un tema in odore di xenofobia. Se il popolo accettasse l iniziativa, i problemi sarebbero innumerevoli. Bisognerà rinegoziare gli accordi bilaterali. L Unione europea di oggi non è più quella del 1992 e una rinegoziazione potrebbe essere difficile. Se la Svizzera chiedesse di eliminare la libera circolazione, l UE potrebbe abrogare, in virtù della clausola ghigliottina, gli altri trattati che sono molto interessanti e proficui per gli interessi svizzeri in Europa. L iniziativa ha certo il merito di mettere in guardia sul pericolo che i lavoratori svizzeri, soprattutto giovani, possano essere sostituiti dagli stranieri. Priorità ai residenti e lotta contro il dumping salariale sono ineludibili per la Svizzera. Ma sono aspetti che possono e devono essere affrontati in sede politica (come la recente decisione del Consiglio federale di negare aiuti sociali ai disoccupati stranieri), rafforzando le misure di accompagnamento della libera circolazione, senza rischiare di isolare il paese nei confronti dell Europa. Max Frisch nel lontano1966 a Lucerna si chiedeva se la nostra concezione di autonomia nazionale, che caratterizza il nostro pensiero politico, non sia forse diventata una concezione atavica. È una domanda imbarazzante, però bisogna porla. febbraio 2014 La Rivista - 11

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Europee di Viviana Pansa Europa a rischio marginalità Proprio nei giorni in cui la Grecia assume la presidenza di turno dell Unione, il Parlamento europeo analizza e discute dell operato della Troika Fondo monetario internazionale, Banca centrale e Commissione europea, - chiamata ad intervenire e vigilare nei Paesi membri la cui stabilità è stata pesantemente compromessa dalla crisi economica oltre alla Grecia, Irlanda, Cipro e Portogallo, rischiando di trascinare con sé l intera area euro. Un intervento i cui effetti non sono sembrati essere, almeno a breve termine, risolutivi sul piano economico, innestando un ulteriore crisi a livello politico, per la mancanza di legittimazione democratica degli organismi preposti carenza che ha comportato il montare del fronte anti-europeista - e per l azzeramento della credibilità riscossa dalle rispettive classi politiche nazionali. Su queste ultime, oltre all accusa di non aver saputo impedire il peggio, ha pesato anche la critica per aver consentito a terzi di intervenire nella gestione della politica economica interna dei Paesi in crisi, con provvedimenti largamente osteggiati dalle popolazioni cui erano indirizzati. Con il primo intervento dall inizio di questo semestre di presidenza del premier greco Antonis Samaras, il Parlamento europeo tocca con mano l impatto delle politiche di austerità messe in campo per il risanamento dei conti pubblici e per mettere la Grecia nelle condizioni di poter restituire il prestito ricevuto di circa 280 miliardi di euro. Questi gli indicatori richiamati da Samaras il 15 gennaio scorso: lentamente volge ora al termine una recessione durata 6 anni, che ha fatto registrare negli ultimi 4 anni una discesa del Pil greco del 25%, con una diminuzione del livello di vita medio della sua popolazione pari al 38% ed una disoccupazione aumentata dal 7 al 27% (quella giovanile è al 60%). Ad aprile scade il secondo prestito di Bce e Fmi che probabilmente il Paese sarà in grado di restituire, ma non si escludono nuovi aiuti vista la mole del debito pubblico, che ha raggiunto il 156% del Pil circa 300 miliardi di euro - e che potrebbe richiedere una nuova rinegoziazione con Bruxelles. Una rinegoziazione che l esecutivo ellenico è deciso a rinviare dopo le elezioni europee, perché ulteriori tensioni politiche e sociali potrebbero determinare l indizione di nuove consultazioni magari in concomitanza con quelle europee in un Paese chiamato alle urne già due volte in meno di due anni. L indagine del Parlamento europeo è nata anche alla luce dell ammissione da parte del Fmi di errori di valutazione commessi nell elaborazione dei piani di salvataggio: se l obiettivo dichiarato, infatti, era scongiurare il default con una diminuzione del debito pubblico, le politiche di austerity hanno in realtà provocato una riduzione di Pil ed entrate fiscali, che ha finito per aumentare il debito, oltre che esacerbare difficoltà sociali ed economiche. Un grave errore, la cui consapevolezza da parte della Commissione europea appare al Parlamento ancora insufficiente dopo le audizioni del commissario per gli Affari economici e monetari Olli Rehn. La conclusione dell indagine è prevista per marzo, una sollecitazione critica che dovrà essere messa a frutto verosimilmente nella prossima legislatura, mediando tra posizioni che richiedono un bilanciamento dei poteri tra Troika e Parlamento capace di introdurre una maggiore flessibilità negli interventi bilanciamento sollecitato dal Partito popolare europeo, per fare un esempio e chi sostiene invece è il caso dei Socialisti e Democratici europei la necessità di un superamento del sistema, che affidi unicamente a istanze democratiche e più trasparenti anche le operazioni di salvataggio, a reale vantaggio dei cittadini europei. In questa direzione dovrebbe andare anche il progetto dell Unione bancaria, cui ci si avvia con i negoziati delle ultime settimane sulla vigilanza degli istituti di credito, affidata alla Bce dall accordo che entrerà in vigore dal 1 marzo prossimo. Anche questa volta ad insistere sul meccanismo che dovrebbe sganciare la sorte di grandi banche dai bilanci nazionali ed impedire che siano i cittadini a finanziarne le sofferenze è il Parlamento europeo, cui si frappongono però le reazioni dei soliti poteri forti : all indomani del Consiglio europeo di fine dicembre, decisivo per l accordo sulla vigilanza bancaria, l agenzia di rating Standard & Poor s declassa l Unione Europea della tripla A, il giudizio di massima affidabilità economica e finanziaria sino ad allora accordato al Vecchio Continente. Un declassamento motivato dall allentamento della coesione, l indebolimento della credibilità complessiva sulla solvibilità e il deterioramento del profilo finanziario del Unione, giunto in coincidenza ai passi compiuti per chiudere i rubinetti del denaro pubblico agli istituti di credito (si stima che negli ultimi 4 anni i governi europei abbiano versato alla banche in difficoltà circa 4.300 miliardi di euro, il 36% dell intera ricchezza europea), attraverso la predisposizione di un meccanismo europeo di garanzia. Sul declassamento potrebbe però pesare, più correttamente, la debolezza degli indici di ripresa economica dell area euro, che dal 1 gennaio si arricchisce della Lettonia quale suo 18 componente. Se Bankitalia lancia, infatti, un allarme sul tasso di disoccupazione nel nostro Paese, in crescita anche per i prossimi due anni pur avendo già raggiunto nel 2013 il livello più alto dal 1977 ad oggi, anche la Germania è costretta a rivedere le sue stime al ribasso, con un incremento del Pil nel 2013 fermo allo 0,4% rispetto al 2012, un -0,1% dell aumento inizialmente previsto. Il mercato più grande del mondo sembra dunque arrancare, approssimandosi a livelli di crescita che difficilmente oltrepasseranno un punto percentuale nei prossimi anni, mentre la crescita del prodotto globale è stimata dalla Banca mondiale al 3,2%. Un dato che rischia di condannare l Europa, tanto più se divisa, ad un destino di marginalità nel nuovo scenario globale. febbraio 2014 La Rivista - 13

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Internazionali di Michele Caracciolo di Brienza Al Qaeda alla ricerca della Grande Siria? Una delle maggiori fazioni di ribelli nella guerra siriana si chiama ISIS (Islamic State of Iraq and al-sham). Al- Sham significa Grande Siria e questo gruppo, affiliato alla rete terroristica di Al-Qaeda, ha in mente come disegno strategico la creazione di un nuovo stato che accorpi parti della Siria, dell Irak e non solo. Ambizioni velleitarie? Sia nel nord della Siria sia in Irak l ISIS ha ricevuto recentemente dei duri colpi. Nella provincia di Anbar, ad ovest di Baghdad e al confine con Siria e Giordania, l ISIS ha affrontato le forze governative irachene dato che al momento attuale controlla in parte le due maggiori città della provincia: Ramadi e Falluja. Da Baghdad a Beirut una crescente avversione nei confronti del gruppo jihadista più estremo potrebbe cambiare il corso della guerra civile in Siria, così titolava The Economist dell 11 gennaio. L ISIS nasce in Irak come un affiliazione ad Al-Qaeda e non ha fatto altro che crescere da quando l esercito statunitense ha lasciato il paese nel 2011. Questo gruppo ha avuto successo nel nord rurale del paese a maggioranza sunnita ed è stato protagonista di numerosi attacchi alla comunità sciita del sud. Dall aprile scorso l ISIS è presente anche in Siria ma, a differenza degli altri gruppi ribelli, non ha l obiettivo di conquistare Damasco. L ISIS vuole creare uno stato islamico che inglobi parte della Siria orientale e il nord e l ovest dell Irak, ma anche il Libano, la Palestina e la Giordania. Ha occupato zone scarsamente controllate dai governi nazionali, ma la sua ascesa pare abbia raggiunto il capolinea. Si stima che l ISIS conti circa 7 000 militanti e combatta su tre fronti: in Siria, dove i vari gruppuscoli che combattono il regime di Assad si sono aggregati temporaneamente contro questa milizia jihadista; in Irak, dove il gruppo di miliziani è riuscito all inizio di gennaio a controllare parti della città di Falluja e Ramadi, sfruttando il risentimento della minoranza sunnita nel nord e nell ovest del paese contro la minoranza sciita che controlla il governo di Baghdad e il sud del paese; il terzo fronte dell ISIS sarebbe in Libano, dove l ISIS pare sia dietro l organizzazione di attentati contro gli Hezbollah, il movimento sciita che sostiene il regime di Bashar al-assad. Alcune fonti riportano anche il fatto che l ISIS abbia perso il controllo di un posto di frontiera tra la Siria e la Turchia, così come il suo quartier generale nella zona controllata dai ribelli ad Aleppo. La popolarità dell ISIS ha avuto un calo per via della marcata presenza di combattenti stranieri tra le sue file e per i continui attacchi a giornalisti stranieri, cooperanti e sciiti e sunniti moderati. Pare che lo stesso Ayman Zawahiri, capo di Al-Qaeda, abbia criticato la milizia per l uso della violenza senza quartiere contro gli sciiti. Un rallentamento dell attività di questo gruppo armato avrebbe come conseguenza la riduzione della violenza settaria all interno dell Islam in questa regione. In Siria Assad ha utilizzato l ISIS come arma di ricatto nei confronti dei paesi occidentali, mostrandosi come l unica via possibile per la Siria di domani. In Irak invece l ISIS ha fatto in modo che il 2013 fosse l anno più sanguinoso dal 2008. Alcuni gruppi che cercano di contrastarlo pare siano appoggiati dalla Arabia Saudita e l ISIS si troverà quindi di fronte milizie ben equipaggiate e armate. Tuttavia, uno sforzo congiunto è a detta di molti l unico modo per sconfiggere l ISIS sia in Irak sia in Siria. I ribelli siriani sono una galassia frammentata che si coalizzerà soltanto in chiave anti-isis. L Occidente non pare abbia interesse al momento ad avere un ruolo di primo piano nella regione. Come s è visto con l intervento francese in Mali, l uso della forza tende a contrastare, ma non eradica i gruppi terroristici che approfittano di un vuoto di potere in alcune regioni. E in Siria com è la situazione? Il 22 gennaio a Montreux le rappresentanze di circa trenta paesi si sono ritrovati per discutere sulla fine delle ostilità in Siria. Il conflitto dura da tre anni e ha provocato 100 000 vittime e nove milioni e mezzo di rifugiati. Tuttavia, non si vede una fine prossima di questa guerra civile. Durante mesi le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e la Russia hanno cercato di persuadere le parti in lotta di essere presenti alla conferenza battezzata Ginevra II. Ed ora, dopo le pressioni statunitensi e russe ed una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell ONU (2118) che impone la distruzione dell arsenale chimico siriano entro la metà del 2014, la conferenza ha avuto luogo. Le speranze sono alte e alcuni punti del documento congiunto, noto come Communiqué de Genève, potrebbero realizzarsi. Questo documento, redatto alla fine di giugno del 2012 dal gruppo di azione per la Siria, che comprende tra gli altri i Ministri degli Esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Francia, Russia, Cina, Gran Bretagna, Stati Uniti), l Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell Unione Europea e altri Ministri degli Esteri dei paesi della Lega Araba e il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, concorda nel dire che ogni accordo politico riguardante la guerra in Siria deve prevedere una transizione che [ ] stabilisca dei passi chiari con una rigida tabella di marcia per la realizzazione [ ] in un clima di sicurezza, stabilità e calma. L obiettivo della conferenza è ambizioso poiché si negozia anche su delle future elezioni con più partiti e sulla riforma del sistema giuridico e costituzionale. michele.caracciolo@graduateinstitute.ch febbraio 2014 La Rivista - 15

Barometro delle apprensioni Credit Suisse 2013 La disoccupazione si conferma principale preoccupazione Nel barometro delle apprensioni 2013, il sondaggio del Credit Suisse, la maggioranza della popolazione svizzera definisce buona la propria situazione economica e oltre tre quarti si dichiarano ottimisti circa lo sviluppo congiunturale del paese. Conseguentemente, anche i leader politici ed economici vengono giudicati positivamente: rispetto al 2012 la fiducia verso le istituzioni e i suoi rappresentanti è aumentata in modo significativo. Tuttavia, emerge il desiderio di una maggiore fermezza nei rapporti con l estero. La disoccupazione si conferma principale apprensione, come negli anni precedenti, anche se la sua urgenza risulta chiaramente ridimensionata. Rispetto agli anni precedenti, la classifica delle apprensioni subisce poche variazioni: le sette più citate del 2013 sono nella top ten già da diverso tempo. Le dieci apprensioni maggiormente menzionate dagli svizzeri nel 2013 riguardano gli aspetti di rilievo sociale con un rapporto più o meno diretto con la questione della sicurezza. Le ansie di natura macroeconomica restano in secondo piano, mentre risultano più sentite le problematiche che toccano la gente più da vicino come, ad esempio, retribuzioni e disoccupazione. Quest ultima è per l 11a volta di fila in cima al barometro delle apprensioni del Credit Suisse. Per il 44% della popolazione svizzera la disoccupazione resta una delle principali fonti di preoccupazione, tuttavia, rispetto agli anni precedenti, viene menzionata in misura notevolmente minore (2012: 49%; 2011: 52%). Nel lungo periodo si può riscontrare una correlazione con il tasso reale di disoccupazione in Svizzera: il timore della disoccupazione risulta particolarmente forte negli anni 1993, 1997 e 2010, quando questa ha toccato i massimi storici. Da allora il tasso di disoccupazione è rimasto stabilmente intorno al 3 per cento. René Buholzer, responsabile Politica e Sostenibilità del Credit Suisse, ha affermato: «Nel barometro delle apprensioni 2013 del Credit Suisse la fiducia degli svizzeri nei principali leader del nostro paese è aumentata raggiungendo livelli mai visti prima. Politica ed economia ottengono un giudizio positivo, il che rispecchia con ogni probabilità la stabilità della congiuntura Svizzera. Non sorprende che il sondaggio indichi neutralità, istruzione e stabilità come i più importanti punti di forza del nostro paese. Ciò che mi fa particolarmente piacere è il riconoscimento del ruolo importante che l istruzione riveste per un paese povero di risorse naturali come la Svizzera.» La questione degli stranieri rimane attuale Come nel 2012, l immigrazione (libera circolazione delle persone) resta al secondo posto nella classifica delle apprensioni con il 37%. Anche se l importanza per l economia elvetica dell afflusso di manodopera straniera specializzata è un fatto acquisito, per gli svizzeri l integrazione resta fonte di preoccupazione. Anche perché probabilmente i lavoratori stranieri sono considerati dei concorrenti. Ciononostante, malgrado l aumento delle richieste di asilo, la rilevanza di questa apprensione è risultata in flessione (28%, -4 punti percentuali). Forte esigenza di sicurezza Gli svizzeri continuano a considerare particolarmente importanti le questioni legate alla sicurezza. Per la popolazione questo aspetto è divenuto più importante per quanto concerne non solo la sicurezza personale relativa a criminalità e violenza (24%, +3pp), bensì anche la salvaguardia delle assicurazioni sociali (21%, +2pp). L AVS, come terza apprensione in ordine d importanza, rientra in questa problematica come timore di non poter contare sulla previdenza per la vecchiaia e rappresenta una delle principali preoccupazioni per il 29% (-7pp) degli intervistati. Un rilievo leggermente più forte viene attribuito alle questioni riguardanti un equa distribuzione della ricchezza (retribuzioni, ovvero nuova povertà), così come l ambiente e le risorse naturali (risorse energetiche e tutela ambientale). Tuttavia, in entrambi i casi, la percentuale di intervistati che li annovera tra i principali problemi della Svizzera è inferiore al cinque per cento. In compenso, le ansie riguardanti l integrazione europea e la crisi dell euro sono meno marcate rispetto all ultimo sondaggio. Malgrado numerosi paesi dell Unione europea siano ancora alle prese con la crisi finanziaria ed economica, per la maggior parte degli intervistati la Svizzera è sufficientemente forte per evitare di farsi trascinare in un eventuale contagio al resto del continente. La situazione economica è fonte di ottimismo Per quanto concerne la situazione economica, gli svizzeri fanno un bilancio complessivamente positivo, anche alla luce delle tensioni in Europa meridionale. Il 56% (-3pp) considera la propria situazione economica buona oppure ottima. 16 - La Rivista febbraio 2014

Ben il 90% (-2pp) confida che la propria situazione economica resterà quantomeno buona. Nel contempo, mai prima d ora così tanti svizzeri (22%) sono convinti che il prossimo anno le cose andranno (ancora) meglio di prima. In rapporto al quadro economico generale, il 72% degli intervistati continua e essere dell avviso che in Svizzera la situazione sia buona almeno come l anno precedente. E non meno del 78% (+7pp) è convinto che nei prossimi 12 mesi resterà invariata o persino che migliorerà. La percezione positiva della congiuntura si riflette anche nella fiducia che il 53% (+3pp) degli intervistati nutre nei confronti del mondo economico, ritenendo che nelle questioni cruciali sbagli raramente, o non sbagli affatto. Sotto questo aspetto, con il 63% (+4pp), la politica migliora di nuovo chiaramente il risultato dell anno precedente, stabilendo un nuovo record assoluto. Nel 2005 solo il 38 per cento dei partecipanti si era espresso favorevolmente nei suoi confronti. Il giudizio positivo sulla situazione generale si rispecchia anche nella domanda sulla fiducia nelle istituzioni e nei rappresentanti di maggior spicco della Svizzera: al primo posto si riconfermano, come quasi sempre, Tribunale federale e polizia, ma rispetto all anno scorso tutte le istituzioni appaiono chiaramente più degni di fiducia. In media l aumento è di 12 punti percentuali ed è particolarmente marcato nel caso dei media. L orgoglio nazionale è ancora forte L orgoglio nazionale spicca come negli anni precedenti: l 86% degli intervistati conferma di essere fiero o molto fiero della Svizzera. Inoltre ben il 91% (+8pp) è convinto che all estero la Svizzera goda di una fama buona od ottima. In consapevolezza della forza economica del proprio paese, il 63% (+1pp) giudica l atteggiamento della classe politica svizzera all estero troppo sulla difensiva: una chiara maggioranza è favorevole a un piglio più deciso nei futuri negoziati. Istruzione come fondamento del benessere Gli svizzeri considerano neutralità (47%, +6pp), istruzione (46%, +5pp), stabilità (35%, +10pp), pace (34%, +4pp) e diritto di consultazione (33%, -5pp) i maggiori punti di forza del loro paese. Come logica conseguenza, la quasi totalità degli intervistati (96%, +2pp) ritiene il sostegno alla formazione un importante obiettivo politico. Inoltre vedono nella sicurezza della previdenza per la vecchiaia (94%, -1pp), nella lotta alla disoccupazione giovanile (92%, -1pp) e nel finanziamento del sistema sanitario (90%, +12pp) ulteriori temi di rilievo dell attuale agenda politica. Sondaggio rappresentativo Quali sono le principali preoccupazioni degli svizzeri? E come si caratterizza la fiducia nelle istituzioni politiche, economiche e sociali? A queste domande il Credit Suisse cerca di rispondere da ormai 37 anni con l annuale sondaggio del barometro delle apprensioni e dell identità. Tra il 30 luglio e il 25 agosto 2013, l istituto di ricerche gfs.berna ha interpellato su incarico del Credit Suisse 1000 aventi diritto di voto in tutta la Svizzera, chiedendo quali fossero le loro maggiori preoccupazioni. Gli intervistati potevano indicare le cinque principali preoccupazioni da una selezione di 34 voci. febbraio 2014 La Rivista - 17

Svizzera e Cina Un accordo di reciproco vantaggio di Fabio Franceschini Lo scorso 6 luglio 2013 Svizzera e Cina hanno firmato l accordo di libero scambio(als), mediante il quale viene migliorato il reciproco accesso al mercato anche per i prodotti agricoli. La Svizzera è, dopo l Islanda, il secondo Paese, in Europa, che conclude un accordo di libero scambio con la Cina. Si tratta di un accordo globale che non solo liberalizza il commercio di merci, ma contiene anche disposizioni sul mercato dei servizi, sulla promozione degli investimenti, sulla protezione della proprietà intellettuale e su diverse questioni commerciali rilevanti per l ambiente e il lavoro. L entrata in vigore dell accordo è prevista per il 2014. La Cina è, in Asia, il maggiore acquirente di prodotti industriali elvetici e il terzo a livello mondiale. Alla stessa stregua del North American Free Trade Agreement, accordo che prevede l abolizione dei dazi doganali tra Messico, U.S.A. e Canada giustificato da una contiguità territoriale dei tre stati menzionati, l accordo ALS tra Berna e Pechino diminuisce considerevolmente tutti i dazi e in alcuni casi li abolisce completamente tra i due paesi. Secondo Economie-Suisse, la federazione ombrello delle imprese elvetiche, circa il 95% delle esportazioni svizzere verso la Cina beneficerà di una diminuzione dei dazi doganali. Dai calcoli risulta che la percentuale di riduzione varia considerevolmente da un settore all altro: - 99% per l industria tessile (che rappresenta l 1,3% delle esportazioni elvetiche verso la Cina). - 78% per l industria metalmeccanica ed elettrica (30% dell export). - 77% per l industria chimica e farmaceutica (24% dell export). - 64% per gli strumenti di precisione, l orologeria e la bigiotteria (21% dell export). In direzione opposta, verranno soppressi i dazi per tutti i prodotti cinesi ancora tassati alle frontiere elvetiche, principalmente articoli tessili e scarpe. Le relazioni commerciali tra la Svizzera e la Cina hanno registrato un evoluzione confortante in questi ultimi due decenni. Dal 1990, le esportazioni si sono moltiplicate per venti. Il volume delle importazioni è 15 volte più importante rispetto a due decenni fa. Durante il solo 2012, gli scambi bilaterali sono raddoppiati. A titolo di confronto, sono occorsi vent anni affinché gli scambi con l Europa raddoppiassero. Nel 1990 il 70% delle esportazioni della Svizzera erano destinate al Vecchio Continente; da allora questa proporzione è diminuita e si situa attualmente attorno al 55-60%. Questa evoluzione riflette la rapida integrazione delle imprese svizzere nell economia mondiale. L accordo di libero scambio sottoscritto dalla Svizzera e dalla Cina il 6 luglio 2013 a Pechino incentiverà fortemente gli scambi commerciali e promuoverà gli investimenti diretti. Com era facile prevedere non si sono fatte attendere le risposte da parte dell Unione Europea che ha espresso tutto il suo disappunto nei confronti della Confederazione elvetica. Sebbene la Svizzera non faccia parte dell Unione Europea ha comunque in vigore un accordo bilaterale con Bruxelles e ora la preoccupazione generale, soprattutto degli imprenditori e dei lavoratori europei, è che la Confederazione possa fungere da trampolino di lancio per i prodotti cinesi, che già troppo spesso riescono a dribblare in maniera fantasiose controlli doganali e dell anti-dumping. Per Pechino, potrebbe rivelarsi la mossa del cavallo. Investire in Svizzera per raggiungere l Unione europea. O almeno per mandare un segnale chiaro a Bruxelles. Grazie all intesa fra i due Paesi, sui beni svizzeri in uscita e su quelli cinesi in ingresso vengono abbattuti i dazi doganali, che oggi penalizzano soprattutto i prodotti del lusso, ma anche la farmaceutica e la meccanica. E questo è un dato di fatto. Ma che succede se un azienda straniera si stabilisce in Svizzera e da qui esporta in Cina? O se un impresa di Pechino investe a Berna e poi esporta in uno dei Paesi dell Unione? Succede che entrambe le imprese lo possono fare a dazio zero. Per questa ragione, a conti fatti il sistema imprenditoriale italiano potrebbe oggi avere ancora maggiori incentivi a trasferire la propria attività in Svizzera. Infatti, potrebbe usufruire di questo accordo per poter esportare in Cina senza dover pagare gli altissimi dazi che vengono imposti al ai prodotti proveniente dall U.E. Si parla già di un nuovo cantone: il Canton Pechino che potrebbe dare un ulteriore colpo alla nostra economia. 18 - La Rivista febbraio 2014