Titolo TESI STUDIO DI FATTIBILITÀ DI UNO STRUMENTO PER ANALISI CONTEMPORANEE DI PATOGENI E TOSSINE. Candidato. Dr. Alessandro Sassolini



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Titolo TESI STUDIO DI FATTIBILITÀ DI UNO STRUMENTO PER ANALISI CONTEMPORANEE DI PATOGENI E TOSSINE Candidato Dr. Alessandro Sassolini Master In Protezione da eventi CBRN A.A 2010 2011

BREVE RIASSUNTO DELLA TESI DI MASTER La strumentazione che viene proposta in questo testo permette di analizzare simultaneamente tossine e patogeni, offrendo due risultati indipendenti su ogni classe (soprattutto per i patogeni, per le tossine non è prevista la ricerca del DNA della specie di partenza come test valido ma va detto che la strumentazione Idahoo ad esempio usa questo metodo) e quindi il livello di conferma a norma AEP-10. Per quanto riguarda invece numero e tipologia dei target si fa riferimento all AEP-58, che pur limitandosi a un approccio tradizionale ( patogeni e tossine fisse non considerando possibilità di ingegnerizzazione ) da un range comunque ampio di possibilità: si tratta di 30-40 tra patogeni e tossine, passando da virus, batteri, rickettsie a funghi e andando da piccole molecole polari a complesse strutture aggregate di più unità proteiche. Riepilogando sulle caratteristiche auspicabili di una strumentazione per un laboratorio shelterizzato che debba fronteggiare una minaccia complessa costituita da patogeni e tossine: 1. Dare più informazioni possibili e non limitarsi a dare risposte positive o negative sulla presenza di particolari sequenze, questo anche a costo di perdere qualcosa in prestazioni come la sensibilità o la specificità. 2. Dare la possibilità di adattarsi rapidamente ad una minaccia proteiforme 3. Essere basato su strumentazione commerciale. Il settore della sicurezza rappresenta circa l 1% della totalità della analitica di agenti biologici e quindi ha tutto da guadagnare a rimanere compatibile con le tecnologie in sviluppo nel settore ambientale, sanitario e alimentare che invece rappresentano la grande maggioranza del mercato e trainano lo sviluppo. 4. Non essere difficile da gestire. Soprattutto non necessitare una particolare manualità e perdonare gli errori nella pratica dei metodi 5. Non essere eccessivamente voluminosa, lo spazio in uno shelter è molto limitato, soprattutto se si considera che una parte di esso viene occupato da servizi e consumabili di scorta. 6. Logistica. Robustezza: Anche se l uso di shelter climatizzati permette di prescindere da strumenti ruggeddizati (costosi e dedicati) è un aspetto da considerare, soprattutto importante ridurre gli interventi manutentivi. 7. Logistica. Utilizzare pochi consumabili e che non sia un problema portare fino al teatro operativo o in alternativa produrre in sito. 8. Costi. Da ridurre se possibile e comunque da considerare Scelte tecniche per analisi di acidi nucleici Per il rilevamento di acidi nucleici la tecnica da considerare come prima opzione è a mio parere quella del DNA microarray. Le considerazioni che mi portano a questa scelta sono quelle fatte nel capitolo dove le ho trattate ed in particolare riguardano la possibilità di progettare array che mi

permettono anche screening molto generici, dove vado a classificare tassonomicamente la specie microbica a partire anche da categorie molto ampie, potendo sempre contare quindi una certa quantità di informazioni a prescindere dal fatto che il microrganismo sia noto o anche completamente sconosciuto. Un lavoro che ho trovato che va in questa direzione è quello di Bavykin i che usa un array ricavato da uno studio sistematico delle sequenze genetiche del gene 16S che codifica per l RNA ribosomiale e che quindi è meno variabile di geni meno fondamentali e molto meno di zone non codificanti. Con questo approccio gli autori riescono a distinguere con un solo array E.Coli, B. Thurigiensis e Subtilis e Homo Sapiens e quindi a poter avere informazioni nel più ampio range possibile di specie. L ideale vista la possibilità offerta dalla tecnica di avere target ampli sarebbe auspicabile in una applicazione da costruirsi allargare il range dei geni utilizzati andando a usare sequenze più diverse possibile tra di loro per effettuare il lavoro diciamo tassonomico in modo da avere un rumore più basso possibile (le sequenze 16S si somigliano e resta sempre la possibilità un legame aspecifico. L attrezzatura necessaria per lavorare con array già pronti è minima, oltre ad materiale di uso comune in laboratorio, serve una zona termostata, (si parla di 20-30 C ) e un sistema di rilevazione di immagine in fluorescenza, quindi una sorgente, meglio se monocromatica, nel lavoro in questione un diodo laser, dei filtri per dividere le bande nel caso di uso di più fluorofori e un CCD di buona qualità. Nel lavoro gli autori non accoppiano l array alla PCR quindi il vero limite della tecnica appare essere la sensibilità, solo a partire da 1-2 ml di colture concentrate (10 7 10 8 cellule) si hanno dati affidabili. Nonostante io sia convinto che la sensibilità non sia la più importante caratteristica di un analisi di questo tipo è sicuramente gradita ma per evitare di ricadere nella PCR classica e quindi di vedere solo quello che sono riuscito ad amplificare attualmente la mia idea è di far precedere il blot su microarray da una amplificazione aspecifica con kit WGA ii. Questa possibilità che recentemente (2006) è apparsa sul mercato è dovuta all uso di DNA polimerasi brevettate da Quiagen che permettono una amplificazione isoterma (30 C ) di tutto il DNA presente nel campione, senza che ci siano dei bias nell amplificato, ovvero delle zone dei genomi favorite rispetto alle altre. Se si usa la PCR come tecnica analitica è ovviamente inutile, io devo essere specifico perché solo se avrò uno specifico amplificato avrò avuto la prova della sua presenza nel campione, se amplifico tutto e comunque invece non ho l informazione, ma se invece ho bisogno di aumentare la quantità di tutto il DNA perchè poi l analizzerò tramite l interazione con l array ho bisogno che l amplificazione sia aspecifica perché poi la specificità ce la metterà il microarray in fase rilevazione. Quindi accoppiando polimerasi aspecifiche e microarray dovrei almeno potenzialmente unire la sensibilità della PCR con la ricchezza di informazioni degli array. Scelte tecniche per analisi immunologiche Metodo ELISA come scelta base La scelta da considerare come prima opzione per gli antigeni (proteine dei patogeni, tossine proteiche e apteni ) è la tecnica ELISA e rimandiamo al paragrafo specifico per una valutazione generale.

Quando parliamo di ELISA intendiamo la variante più completa affidabile, cioè quella che usa sistemi automatizzati di lavaggio dei pozzetti, sistema termostatato e lettori ottici; la qualità del dato è molto migliore in questo modo e se accoppiata a una preparazione del campione di tipo chimico (ad esempio estrazione della tossina non proteica dall acqua con una cartuccia SPE C18 ) si raggiunge una qualità del dato comparabile con quella della HPLC senza gli stessi problemi. Soprattutto nell ottica di gestione dei diversi laboratori shelterizzati vorrei far notare che una volta accettato di utilizzare dei DNA microarray per gli acidi nucleici è possibile integrare la strumentazione necessaria per i test ELISA nello stesso strumento, infatti le operazioni necessarie per le analisi con le due tecniche è molto simile (controllo della temperatura, lavaggi e lettura ottica) quindi sicuramente si possono gestire array e pozzetti per ELISA nello stesso modo e probabilmente sugli stessi supporti. Il vantaggio di questa scelta in termini logistici è molto importante, anche perché come vedremo in seguito queste operazioni sono automatizzabili. Aspetti tecnici generali Ci sono diversi aspetti della strumentazione che riguardano entrambe le tecniche analitiche, sia per immunologico che per la genetica, considerato che entrambe utilizzano la stessa ottica e lo stesso hardware. Rilevamento fluorescenza Esistono ampie possibilità di scelta nelle tecnologie utilizzabili per etichettare le sequenze e gli anticorpi, come ho già messo in evidenza. Pur non essendo possibile effettuare una scelta in assoluto migliore, posso segnalare un approccio che ha dalla sua la scelta del rapporto S/N ottimale, cioè quella che usa il sistema commerciale Perkin Elmer Delfia iii basato su fluorofori a lungo tempo di vita che usano lantanidi come l europio e per il quale Perkin fornisce anche un reader compatto di piastre a 96 pozzetti standard che riportiamo nella immagine di seguito. Il sistema DELFIA utilizza pozzetti preparati appositamente e tecniche leggermente diverse per l uso con anticorpi e con sequenza di DNA, ed ha la sua peculiarità nell uso della spettroscopia di fluorescenza risolto nel tempo (TRF), grazie anche come dicevamo all uso di fluorofori particolari a lungo tempo di vita. Riportiamo di seguito lo schema del processo che riguarda l analisi di sequenze genetiche (lo step con PCR non è obbligatorio):

Accoppiando la rilevazione alla lunghezza d onda di emissione e al relativo tempo si ottiene un rapporto S/N eccezionalmente vantaggioso, fatto che porta a prestazioni decisamente superiori rispetto ai normali ELISA anche da test effettuati su patogeni di interesse militare iv. Da valutare anche una possibilità intermedia, cioè l uso della tecnica TRF su fluorofori non specificatamente nati allo scopo, quindi con tempi di vita più brevi. Esistono in letteratura diversi lavori su sistemi a basso costo per il rilevamento in tempo di vita v sia con la tecnica del TCSPC che con il Phase Shift, queste tecniche porterebbero gli stessi vantaggi tecnici del sistema DELFIA con fluorofori meno costosi ma al prezzo di dover sviluppare un sistema nuovo. i Mirvabekov et alia Portable system for microbial sample preparation and oligonucleotide microarray analysis Applied and environmental microbiology 922-928 (67) 2001 ii Manuale kit Whole Genome Amplification RepliG della Quiagen iii Application Notes Perkin Elmer DELFIA Eu labelled oligonucleotides are stable and sensitive as probes and primers iv Peruski et alia Rapid and sensitive detection of biological warfare agents using time resolved fluorescence assays Journal of immunological methods 35-41 (263) 2002 v Boot e Wilson low coast frequency domain lifetime confocal microscopy - Journal of microscopy 36-42 (214) 2003