La storia luogo in cui si manifesta la Parola



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La storia luogo in cui si manifesta la Parola 1. Un percorso nella vicenda ecclesiale recente Rivelazione e storia: l apporto della Dei Verbum I caratteri fondamentali della rivelazione secondo la Dei Verbum sono l interpersonalità e la storicità: l interpersonalità è l essenza dell evento rivelativo, mentre la storicità ne rappresenta il metodo 1. Bibbia e rivelazione non sono coincidenti. Il Vaticano II (Dei Verbum) mantiene una distinzione tra parola di Dio e sacra Scrittura (libri sacri): si possono elencare varie accezioni diverse con cui la Dei Verbum usa parola di Dio 2. Con parola di Dio si intende più spesso la divina rivelazione: 3 la Scrittura rappresenta tuttavia nella valutazione del Concilio un elemento imprescindibile per attingere la parola di Dio, intesa nel senso ampio della rivelazione. 4 In particolare il Concilio (cfr. DV 26), ha chiarito che, nell ora presente, la via per accrescere la venerazione per la parola di Dio (= la divina rivelazione) è la lettura e lo studio dei libri sacri. La Bibbia fa parte integrante e imprescindibile del processo di rivelazione. La Bibbia, però, non è semplicemente l accesso alla divina rivelazione: essa è parte integrante del suo darsi. Se, da un lato, non c è identità assoluta tra Bibbia e rivelazione, dall altro, la Bibbia è parte essenziale del processo della rivelazione. Se il Concilio intende proporre la dottrina sulla divina rivelazione e la sua trasmissione (DV 1), si deve riconoscere che la Bibbia non ha a che fare semplicemente con la trasmissione della divina rivelazione, ma anche con la rivelazione nel suo darsi. La rivelazione è fatta di eventi e parole intrinsecamente connessi tra loro (DV 2): Gesù, culmine della rivelazione, ha agito e parlato e prima di lui ciò è avvenuto innumerevoli volte, nel corso dell economia antica. La Bibbia è la parola (redatta per iscritto) che dà la lettura normativa tanto degli eventi, quanto delle parole in cui si è originariamente data la rivelazione. Non si tratta semplicemente di un involucro che contiene la rivelazione, ma della forma estrema del suo darsi 5. Conclusione su Bibbia e rivelazione. Senza la Bibbia, la parola di Dio (= rivelazione in eventi e parole) (a) non dischiude pienamente il suo senso e (b) non ci raggiunge 6. Rivelazione nella storia: un duplice dinamismo. Il nesso tra rivelazione e storia: la Bibbia rende testimonianza alla dimensione storica della rivelazione. Questo carattere storico della rivelazione divina attestato dalla Bibbia incide ad un duplice livello 7 : quello del contenuto rivelato (ex parte Dei) e quello dell intelligenza di esso (ex parte hominis). (a) La Bibbia mostra come nessuna delle verità fondamentali che Dio ha rivelato è stata manifestata in blocco: non la sua unicità, non l escatologia. L intelligenza delle verità rivelate progredisce, a volte modificandosi, nel tempo: è stato il caso, per esempio, della dottrina della retribuzione. (b) La Bibbia costituisce un immenso processo di rilettura. Il dato più clamoroso è quello del NT che rilegge l AT, ma già l AT al suo 1 T. CITRINI, Identità della Bibbia, 130-132. La logica dell interpersonalità corrisponde alla categoria biblica dell alleanza, mentre quella della storicità dice riferimento alla storia della salvezza. 2 Cfr. E. Manicardi. 3 Questo è tra l altro il significato dell incipit del documento conciliare. Diversamente OLM 2: per i libri scritti sotto l ispirazione dello Spirito Santo, useremo i termini sia di sacra Scrittura, sia di parola di Dio. 4 La terminologia varia: a volte si dice che la sacra Scrittura contiene, la parola di Dio. 5 Se prendiamo a prestito il prologo di Luca, possiamo dire che i pragmata diventano logos: coloro che hanno visto gli eventi diventano servi della parola. Questa parola nella sua forma ultima è la Scrittura. 6 Cfr. Mannucci, Citrini. 7 Dovrebbe forse essere chiarito una volta per tutte che lo sviluppo non va inteso in senso lineare. -1-

interno e poi il NT al suo interno sono un incessante processo di reinterpretazione, reinquadramento, attualizzazione della rivelazione. 8 L elemento (a) è più noto: si dovrebbe prestare altrettanta attenzione al (b). Rileggere infatti è spostare gli accenti e collocare in un quadro nuovo. Bibbia e storia. Il rapporto dei testi biblici con la storia va precisato a due diversi livelli: i testi rimandano ad una storia ( gesti e parole ) 9, i testi hanno una loro storia, presentano una stratificazione. a) Dio si rivela nella storia: eventi accaduti e parole dette. Il fatto bruto necessita di un intelligenza, anche quando è un fatto di parola. Questa intelligenza che fa passare dal fatto (eventi e parole) al logos che lo interpreta e lo trasmette è una caratteristica evidente della Bibbia. I testi biblici ci offrono un intelligenza che non è mai quella del cronista che registra gli eventi in presa diretta: è sempre una memoria che costruisce il senso. In questa operazione di ricostruzione del senso lo Spirito gioca un ruolo fondamentale. Anche la comunità di fede funge da istanza che controlla e verifica: seleziona e poi conserva o scarta. 10 b) I libri biblici sono stratificati. La Bibbia (= biblioteca) è in ogni caso stratificata, se non i singoli libri al suo interno. 11 Questa stratificazione esprime due valori assolutamente centrali: l esistenza di diversità compatibili e un continuo processo di rilettura del patrimonio preesistente (che implica spostamenti d accento, approfondimenti). Il fondamentalismo biblico. La lettura fondamentalista può essere caratterizzata come un interpretazione che esclude ogni sforzo di comprensione della Bibbia che tenga conto della sua crescita nel corso della storia e del suo sviluppo. 12 Il principio che la regge è pertanto l inadeguata percezione (meglio il totale rifiuto) del carattere storicamente condizionato della Bibbia stessa. Il problema di base della lettura fondamentalista è che rifiutando di tener conto del carattere storico della rivelazione biblica, si rende incapace di accettare pienamente la verità della stessa Incarnazione. Su questo punto insiste moltissimo il discorso di Giovanni Paolo II del 23 aprile 1993, che accompagna l uscita del documento: il papa non nomina esplicitamente il fondamentalismo, ma evoca l esistenza di letture distorte tra un certo numero di cristiani. Una falsa idea di Dio e dell Incarnazione spinge un certo numero di cristiani a prendere un orientamento opposto rispetto alla preoccupazione di comprendere il senso dei testi con tutta l esattezza e la precisione possibili e, dunque, nel loro contesto culturale storico. Essi hanno tendenza a credere che, essendo Dio l Essere assoluto, ognuna delle sue parole abbia un valore assoluto, indipendente da tutti i condizionamenti del linguaggio umano. Non vi è quindi spazio secondo costoro, per studiare questi condizionamenti al fine di operare delle distinzioni che relativizzerebbero la portata delle sue parole. Ci si rifà in questo modo ad una falsa nozione dell assoluto. Invece, nessuno degli aspetti del linguaggio umano può essere trascurato 13. L equilibrio tra divino e umano caratteristico dell incarnazione è rotto in due direzioni da questi tipi di lettura: tanto sul versante della lettera, quanto su quello dello spirito. Per quanto si presenti come fedeltà suprema alla lettera, il letteralismo violenta proprio la lettera del testo. 14 La lettura 8 Cfr. Pontificia Commissione Biblica. 9 È comunque una storia che ha prodotto il racconto del passaggio del mare. 10 Altro sommario: carattere progressivo che non va assolutamente tradotto nei termini di una progressione geometrica; condizionamento culturale della forma espressiva (i generi letterari); infinita diversità dei modi e delle forme; unità e continuità che non significano lentezze, tentennamenti e regressi; carattere interpersonale e dinamico. 11 Non è pertanto necessario entrare nelle questioni più specialistiche della critica letteraria (Literarkritik). 12 PCB. J.A. FITZMYER, The Biblical Commission s Document, 102: la lettura fondamentalista della Bibbia è una comprensione letteralistica del testo biblico che ne assume la forma finale come l espressione verbatim della parola di Dio, considerandola chiara, lineare e priva di ambiguità. 13 Cf. Discorso di S.S. Giovanni Paolo II su L interpretazione della Bibbia nella Chiesa (23 aprile 1993) n 8. 14 PCB: Per interpretazione letterale essa intende un interpretazione primaria, letteralista. Giustamente la PCB distingue tra letterale e letteralistico (parla anche di altri tipi di lettura letteralisti): un esegesi letterale dei testi ne -2-

fondamentalista è poi al tempo stesso una forma di spiritualismo esasperato: il fondamentalismo evita la stretta relazione del divino e dell umano nei rapporti con Dio. Parola nella storia: il concetto di rilettura (PCB) Tra le precomprensioni caratteristiche dell interpretazione cattolica, che si colloca consapevolmente dentro la tradizione biblica, c è la persuasione che il testo biblico stesso attesta la presenza del fenomeno della rilettura. Sapere che la Bibbia stessa attesta di essersi formata attraverso un incessante processo di rilettura, ci suggerisce uno dei tratti più importanti per l interpretazione del testo biblico stesso. La Pontificia Commissione Biblica (PCB) indica due diverse modalità di riferirsi al patrimonio precedente (III,A,1): allusivamente o esplicitamente. La rilettura è uno dei modi in cui gli scritti biblici posteriori si basano sugli scritti anteriori. Questo modo viene qualificato come allusivo ( fanno allusione ad essi ). La caratteristica della rilettura, secondo la PCB, è quella di sviluppare nuovi aspetti di significato, talvolta molto diversi dal senso primitivo. La tensione fra concordanza e differenza descrive esattamente la situazione della rilettura. 15 La rilettura non riprende semplicemente un testo, piuttosto lo ricontestualizza. 2. Un percorso nel Vangelo secondo Giovanni 2.1 Il Prologo: 1,14 Il punto cruciale in questa dichiarazione è il congiungersi di Logos e carne. Il testo accosta i due vocaboli in modo quasi violento. Una nuova forma di esistenza del Logos divino: prima asarkos e ora incarnato. Il Logos è stato presentato nei vv 1-5 quanto alla sua relazione con Dio e poi con il mondo e il mondo degli uomini in particolare. La carne nella Bibbia indica l essere umano nella sua finitezza e mortalità. Non si tratta necessariamente di qualcosa di negativo. Un noi appare: il primo noi indica l umanità il secondo i testimoni oculari. Questo noi ha visto la sua gloria: il mistero della sua identità profonda. Questa gloria è la gloria dell unigenito. Punto cruciale è che la gloria dell unigenito si vede nella carne. Questo è il punto prospettico da cui leggere tutto il QV. La gloria dell Unigenito si vede nella carne dell uomo di Nazaret. Il nesso tra rivelazione divina (la Parola) e storia non potrebbe essere affermato in modo più chiaro. Il Logos ha assunto la modalità di esistenza della carne. In essa si è resa visibile al sommo grado la gloria divina. Quanta più carne tanta più gloria. Non viceversa. C è una proporzionalità diretta tra la carne e la gloria. Tra la storia e il rivelarsi di Dio. Bisogna stare nella storia per cogliere il rivelarsi di Dio. NB Il Logos aveva anche in precedenza un legame con la storia, secondo una modalità priva della carne. Egli è colui per mezzo del quale tutto è stato fatto: sia le cose che le vicende umane. Egli è colui che come luce è presente nel mondo già prima dell incarnazione: soprattutto nella vicenda di Israele. rispetta il condizionamento storico, l esegesi letteralistica li assolutizza. 15 Una definita espressione di fede viene ripresa (da qui la concordanza) per essere riformulata (da qui la differenza), a causa delle aporie a cui ha condotto, ma anche a causa della nuova situazione che essa ha provocato. -3-

Tenendo la carne come cifra della storia si potrebbe accostare a questo testo il dialogo con Nicodemo: Gv 3,6. Carne e spirito: ciò che è nato dalla carne può rinascere dallo Spirito. La carne può e deve essere abitata dallo Spirito. 2.2 Lo Spirito di verità: Gv 16,12-13 Questi due versetti sono contrapposti dal punto di vista temporale: non adesso / quando però verrà. (a) L attuale rivelazione di Gesù ai discepoli si presenta come non conclusa (v 12): molte cose non sono attualmente sopportabili da parte dei discepoli. Soltanto nel futuro lo Spirito potrà rivelarle (v 13). Molte cose = la verità tutta intera? Pare di sì Benché qui la formulazione sia molto più netta, Gesù aveva detto qualcosa di simile già in 14,25-26. In quel testo del c 14 era stata indicata una distinzione tra due momenti: quello in cui Gesù dimora presso i discepoli e quello in cui lo Spirito Santo agisce insegnando e ricordando. Il tempo del Paraclito era poi legato ad una idea di completezza: tutto, tutto ciò che io vi ho detto. (b) Il v 13 presenta l aspetto positivo: in questo versetto si dà il massimo di informazione possibile sul cosa significhi Spirito della verità, cioè su quale sia il legame che unisce lo Spirito alla verità. La verità nel QV è la rivelazione divina. Ragione per cui Gesù può dire tanto che la parola del Padre è verità tanto che lui è la verità. In quanto la verità è la rivelazione. Questo è il tema che ci interessa: la verità, cioè il manifestarsi della Parola, si lega allo Spirito. Lo Spirito della verità è descritto con tre frasi che non stanno però tutte sul medesimo piano: 1) vi guiderà in tutta la verità ; 2) perché non parlerà da sé, ma quanto avrà udito parlerà ; 3) e le cose venture annuncerà a voi. Tra la prima e la seconda frase abbiamo una particella causale: perché, infatti. Le ultime due proposizioni pertanto spiegano la prima: lo Spirito svolgerà la propria funzione di guidare nella verità tutta intera perché proclamerà quanto avrà udito e annuncerà le cose venture. (c) Il verbo guidare ha contenuta in sé l idea della via: lo Spirito compie l azione di condurre sulla via. Guidare ha un respiro molto più ampio di insegnare. (d) Il significato di perché non proclamerà da sé, ma proclamerà quanto avrà udito 16 Il cuore dell affermazione è: perché proclamerà quanto avrà udito. Proclamando quanto avrà prima udito lo Spirito svolgerà la funzione di Spirito della verità. Da chi ascolta lo Spirito? Dal Padre e dal Figlio, senza che sia possibile operare una separazione tra i due (cfr. vv 14-15). Gesù e il Padre sono una cosa sola: Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l annunzierà. Ciò che incuriosisce nel nostro testo è che esso suppone che Gesù (e il Padre con lui) continui a parlare. Certamente il testo non ipotizza neanche lontanamente una rivelazione del Paraclito separata da quella di Gesù. Esso però pare suggerire un parlare di Gesù che continua nel futuro. Lo Spirito infatti è presentato in funzione di ascoltatore anche nel futuro. Il problema pertanto non sta nei termini di una rivelazione dello Spirito diversa da quella del Figlio quanto piuttosto di una rivelazione del Figlio non chiusa, in atto ancora nel futuro. Quel che lo Spirito farà capire ai discepoli nel tempo successivo alla Pasqua non è pertanto altro che il continuo rivelarsi di Gesù. Il problema vero risulta pertanto quello di capire il rapporto tra la rivelazione storica in Gesù di Nazaret e questo continuare a parlare del Figlio e del Padre che lo Spirito ascolta continuamente e 16 Il futuro è da preferirsi rispetto alle altre possibili varianti della tradizione manoscritta. -4-

che fa conoscere ai discepoli nella storia. 17 Questo continuare a parlare, che rapporto ha con il parlare precedente? È probabilmente l ultima frase che ha la funzione di chiarire questo punto. (e) Il significato di e vi annuncerà le cose venture Anche questa espressione spiega in che senso lo Spirito guiderà a tutta intera la verità. Lo spiega congiuntamente alla frase che precede. Per cui questo annuncio delle cose future è al tempo stesso la modalità [1] con cui lo Spirito introduce in tutta la verità e [2] con cui annuncia quanto avrà udito. Occorre soffermarci dapprima sul verbo che per ben tre volte ricorre nel presente contesto (vv 13.14.15): annuncerà. Le sue radici sono riscontrabili nella letteratura apocalittica col significato di rivelare, svelare (cfr. il libro di Daniele). Le cose venture. L accenno alle cose venture va capito come un riferimento alla futura situazione della comunità che i discepoli presenti non possono ancora immaginare, alla necessità di comprendere le parole di Gesù nelle diverse situazioni storiche ed esistenziali, al futuro sempre aperto in cui la rivelazione deve essere attualizzata. L azione del Paraclito avrà un peso decisivo precisamente in questo futuro che si apre davanti alla comunità di Gesù: un futuro nel quale la verità di Gesù, la rivelazione da lui portata dovrà interagire con situazioni nuove. De La Potterie interpreta le cose venture come l intelligenza escatologica che lo Spirito donerà ai discepoli, nella nuova economia inaugurata della Pasqua di Cristo. Il Paraclito non esporrà nuovi contenuti, ma spiegherà il messaggio di Gesù alla comunità in modo nuovo, adatto alla situazione e a ciò che le deve avvenire. Del resto Brown fa notare che la particella ajna davanti al verbo corrisponde a ri-, quindi ri-annunciare. 17 Certo qui comprendiamo anche il senso del QV. -5-