I TRASFERIMENTI IMMOBILIARI NELL AMBITO DELLA SEPARAZIONE: COME, COSA E A CHI



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I TRASFERIMENTI IMMOBILIARI NELL AMBITO DELLA SEPARAZIONE: COME, COSA E A CHI Profilo causale dei trasferimenti nell ambito della separazione. Come noto a tutti voi la separazione consensuale unisce aspetti meramente eventuali, connotati da una certa dose di negozialità, e normalmente relativi alle c.d. condizioni economiche della separazione, con un contenuto necessario, sottoposto al controllo giudiziale e che normalmente si identifica con la modifica dello status coniugale e con le decisioni circa l affidamento ed il mantenimento dei figli. Il profilo della negozialità interessa quindi sempre di più questa fase della crisi matrimoniale, e già da tempo la dottrina (Doria, Autonomia del coniugi in occasione della separazione consensuale ed efficacia degli accordi non omologati, in Dir. fam. e pers., 1994, I, pp.559 e ss.) ritiene che l unica distinzione possibile fra gli accordi fra coniugi, che ne marca l eventuale fuoriuscita dall ambito dell autonomia privata, sia quella fondata sul loro contenuto, a seconda che essi interessino o meno la posizione dei figli. In questa sede interessa intanto chiarire se vi debba essere una connotazione causale tipizzata, e quindi se ogni trasferimento effettuato in quella sede debba essere inquadrato in un negozio tipico di trasferimento (compravendita, donazione, permuta, datio in solutum per fare gli esempi più comuni) oppure possa essere riconosciuta, visto il particolare ambito in cui questi negozi traslativi sono inseriti, una causa peculiare, diversa da tutte le altre, posto che sono estranei al nostro ordinamento, diversamente da molti ordinamenti stranieri, i negozi traslativi astratti. In breve, si possono elencare quattro principali ricostruzioni giurisprudenziali: a) Mancando la corrispettività un tale negozio andrebbe ascritto fra i negozi liberali; questa ricostruzione com è chiaro a chiunque si occupi di crisi matrimoniali, confonde l intento liberale con l assenza di corrispettivo e pecca di aderenza alla realtà: chi trasferisce un bene in sede di separazione non lo fa mai con intento liberale. Questa ricostruzione escluderebbe poi la coercibilità di una obbligazione di dare assunta da uno dei coniugi nel verbale di separazione (ho letto a questo proposito in qualche verbale si obbliga a donare con espressione che è chiaramente da evitare). b) Si tratterebbe, per una seconda opinione, di una modalità esecutiva di un accordo transattivo. A meno che non si voglia usare il termine transazione in modo atecnico è un dato di fatto che sono estranee alla vicenda sia le reciproche concessioni, tipiche della transazione, mentre la possibilità che le condizioni della separazione siano riviste, è del tutto contrastante con l efficacia preclusiva della transazione.

c) Una terza opinione considera tali negozi avere una causa solutoria, partendo dall assunto della validità dell attribuzione patrimoniale una tantum e la conseguente idoneità del trasferimento ad estinguere definitivamente l obbligazione legale di mantenimento. Tale inquadramento può certamente condividersi, ma non dà conto di molteplici e diverse situazioni quali, come vedremo, quelle di trasferimento a favore dei figli; d) Una quarta ed ultima opinione formulata dalla giurisprudenza, sia pure senza grandi motivazioni, ravvisa invece in questi negozi la natura di contratto atipico volto a regolare rapporti patrimoniali tra coniugi, con presupposti e finalità propri e causa propria diversa da tutte quelle prima elencate, o concorrente con esse. La dottrina più accorta invece (DORIA, op. cit. pp. 19 e ss.) ritiene che essa vada trovata nella realizzazione del coacervo degli interessi personali e patrimoniali che accompagnano la crisi familiare che sarebbero da considerare astrattamente meritevoli. Ancora più precisamente altra dottrina (OBERTO, I trasferimenti mobiliari ed immobiliari in occasione della separazione personale e l interesse del coniuge, in Fam. e dir., 1995, pag. 696 e ss) ha ritenuto la possibile compresenza di una causa tipica di contratto della crisi matrimoniale con un motivo postmatrimoniale dato che la pattuizione si caratterizza come condizione della separazione. Va detto poi, a sostegno della tesi della causa tipica, che spesso nella coppia si determinano dinamiche difficilmente quantificabili in termini di obbligazioni pecuniarie: tali negozi traslativi possono avvenire, infatti, per motivi affettivi, ma anche semplicemente di rivalsa, che nulla hanno a che vedere con il mondo delle obbligazioni, ma che certo non possono dirsi liberali. Non mi è mai capitato di vedere due coniugi separati al mio tavolo con i relativi avvocati scambiarsi gli stessi sorrisi o ringraziamenti che si scambiano le persone davanti ad una donazione. Quindi possiamo dire che siamo giunti ad una prima conclusione: gli accordi traslativi in sede di separazione hanno una loro causa propria. Che dire però se i coniugi (con l intento del risparmio fiscale che poi vedremo) mascherassero un trasferimento fra loro o in favore dei figli come intervenuto all interno di una crisi coniugale? E questo un rischio possibile, ma la patologia dei negozi elusivi e la sua disciplina non ci interessa in questa sede e l ordinamento giuridico appronta comunque soluzioni per questi casi. Come. Modalità operative delle attribuzioni La risposta al primo quesito deve necessariamente partire da alcune avvertenze redazionali del ricorso di separazione consensuale. In questo atto, che è a tutti voi ben noto, per tutte le considerazioni sopra svolte, è fondamentale che i coniugi esplicitino in maniera chiara e dettagliata le attribuzioni patrimoniali che intendono realizzare: ognuna di queste attribuzioni si caratterizzerà infatti come causalmente connotata

dalla crisi matrimoniale, solo e soltanto se prevista nel documento che sarà poi soggetto al controllo giudiziale dell omologazione. Qualora l attribuzione non fosse contemplata nel ricorso si porrebbe un problema (oltre che fiscale come vedremo) anche di natura causale. Il notaio chiamato a stipulare un contratto di trasferimento fra coniugi senza corrispettivo, non previsto dagli accordi omologati, avrebbe estrema difficoltà a non connotarlo come donazione, con tutti i problemi che, come sapete, nascono per le successive vicende circolatorie se si tratta di beni immobili. Se invece l atto è previsto nel ricorso esso non sarà mai una donazione, pur se senza corrispettivo, e ciò avrà la ricaduta positiva che l immobile che dovesse poi essere rivenduto non avrà una provenienza donativa. Se poi il trasferimento effettivo del bene possa o meno attuarsi con il verbale stesso è questione che ha dato luogo a molte discussioni, ma mi sento di dire che nulla osta veramente a che il trasferimento si realizzi in tale sede, cioè senza l intervento notarile, se non la considerazione eminentemente pratica (credo ormai fatta propria dal Tribunale di Firenze, per quanto mi consta) della estrema difficoltà di adempiere in un momento così particolare a tutti gli obblighi documentali, di menzioni urbanistiche, catastali ecc, a pena di nullità, che fanno ormai di un trasferimento immobiliare una cosa per addetti ai lavori, oltretutto in continua evoluzione. Quindi, la prassi è quella di far assumere obblighi ai coniugi nel verbale da omologare, per poi rivolgersi al notaio per la stipula del vero e proprio atto di trasferimento che trova quindi origine nell accordo omologato di separazione e in tale accordo giustifica anche la sua causa. Ci si è chiesti ancora se i coniugi potrebbero, prima dell omologazione, provvedere a effettuare il trasferimento ponendo come condizione sospensiva quella dell omologazione dell accordo: a mio parere, se in linea di massima nessuna obiezione potrebbe farsi ad un tale atto, resta che per lo meno il ricorso congiunto debba essere stato depositato, perché sfuggirebbe altrimenti alla mia comprensione come qualificare un trasferimento come connotato da causa separandi se la separazione dei coniugi è ancora nelle loro mere intenzioni. C è poi un rilievo fiscale: questo atto non potrebbe essere inquadrato fra quelli agevolati (anche se la tassazione in misura fissa degli atti condizionati attenua di molto il problema) perché l Ufficio del Registro avrebbe facile gioco nel rilevare che, al momento dell atto, la connessione con la separazione era meramente eventuale. In ogni caso sarebbe buona norma indicare espressamente, a norma dell art. 1360 c.c., che gli effetti dell atto non retroagiscono al momento della stipula, ma al diverso momento della pronuncia dell omologazione. Profili fiscali.

Dopo questa introduzione non mi posso esimere da affrontare il tema più caldo e cioè quello fiscale di queste attribuzioni. Infatti possiamo fare qualunque discorso teorico sulla natura giuridica di questi trasferimenti, ma la questione del trattamento tributario di questi atti è dirimente e va quindi trattata come argomento primario. Il regolamento delle questioni economiche fra coniugi che si separano o divorziano passa di frequente, come tutti sapete, da queste attribuzioni normalmente di natura immobiliare (ma non solo) dirette evidentemente a ristabilire un equilibrio che spesso coinvolge, come vedremo, anche altri membri della famiglia. Non saremmo a parlare di questi argomenti se non esistesse una norma fortemente agevolativa di tali trasferimenti che risale addirittura 1987 e che da allora non è mai stata modificata. Viene quindi da chiedersi come mai, dopo 25 anni, la norma sia oggetto di una relazione ad un convegno, se non ha mai subito modifiche. La risposta è che sono invece state innumerevoli le interpretazioni che il fisco ha nel tempo proposto, in questo sostenuto da una giurisprudenza assai oscillante. Conviene allora fare una breve storia di questa norma che ha avuto, e continua ad avere, un notevole impatto in queste vicende. E chiaro che per una separazione o un divorzio onorevole la conclusione di un soddisfacente accordo economico diventa uno snodo fondamentale: caricare questo accordo di un peso fiscale quale quello costituito dalle elevate imposte di trasferimento sarebbe nella maggior parte dei casi di impedimento alla sua stessa conclusione. Prima del 1987 l unica norma che si occupava di tali argomenti era l art. 8 tariffa parte I D.P.R. 634/1972 (la vecchia legge di registro) che però non chiariva se gli eventuali regolamenti dei rapporti patrimoniali fra coniugi o la disposizione di assegni alimentari dovessero essere regolati a tassa fissa (ai sensi della lettera e) o con imposta proporzionale (ai sensi della lettera c) e, manco a dirlo, quest ultima era la tesi dell Amministrazione Finanziaria (Ris. Min. 301148 del 1975). La legge 10 maggio 1976 n. 260 inserì poi le sentenze di divorzio e separazione fra i provvedimenti soggetti a tassa fissa, con successivo inserimento della relativa normativa nel T.U. Imposta di Registro (lettera f art. 8 Tariffa Parte I DPR 131/86), ma con riferimento soltanto a tale imposta. Il legislatore del 1987, forse non del tutto consapevolmente, ma con una norma dalla amplissima portata, esce poi con la legge n. 74/1987 che all art. 19 recita testualmente: tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, sono esenti dall imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

Come spesso accade in Italia, e forse anche a causa di una infelice formulazione, subito dopo l entrata in vigore di tale legge, la maggior preoccupazione degli uffici finanziari fu quella di circoscrivere il più possibile la portata di tale norma agevolativa, anche contro ogni logica. Come sapete, in un trasferimento immobiliare le imposte coinvolte, a parte quella di bollo, sono quelle di registro, ipotecarie e catastali (e una volta l INVIM, oggi non più dovuta). Senza entrare in ipotesi particolari, sulla base imponibile, il registro incide ordinariamente per il 7% e le imposte ipotecarie e catastali incidono complessivamente per il 3%. E così che una lettura formalistica della norma in questione portò gli uffici finanziari a sostenere che, dato che le imposte ipotecarie e catastali non sono tasse, ma imposte, l esenzione da ogni altra tassa non si sarebbe estesa a tali imposte, con obbligo quindi del pagamento del 3%, oltre la famigerata INVIM. Per lunghi anni questa è stata l interpretazione dell amministrazione, che svuotava di molto la portata agevolativa della disposizione, fino all intervento di una pronuncia della Corte Costituzionale (la n. 176 del 1992) che, sia pure decidendo sulla incostituzionalità dell art. 19 nella parte in cui non estendeva le agevolazioni all iscrizione dell ipoteca giudiziale (si trattava delle imposte ipotecarie altrimenti dovute in misure del 2%) a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nei procedimenti di divorzio, implicitamente considerava che il concetto di tassa dovesse essere inteso nel senso più ampio possibile, ricomprendendo anche quello di imposta. Altra sentenza fondamentale, sulla strada della apertura ad una più ampia esenzione fiscale, è stata la sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999, che ha dichiarato con una sentenza c.d. aggiuntiva l incostituzionalità della norma del 1987 nella parte in cui non prevedeva l agevolazione fiscale non solo in sede di divorzio ma anche di separazione personale. Questa sentenza ha espressamente dichiarato l estensione dei benefici fiscali, alla totalità dei tributi afferenti all atto. Dal 1999 quindi anche l Agenzia delle Entrate si è dovuta adeguare a tale interpretazione con una Risoluzione Ministeriale abbandonando i capziosi distinguo precedenti. Ma c era un altra questione da chiarire, quali sono gli atti agevolabili, quali cioè si possono considerare atti.relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio? L avere affermato, all inizio di questa esposizione, che la causa del trasferimento è quella tipica di contratto della crisi matrimoniale ci aiuta ora a concludere che tale collegamento, al di là della sua possibile ardua dimostrazione anche con altri mezzi, non può che rinvenirsi nella inclusione dell accordo o dell assunzione dei relativi obblighi all interno del ricorso di separazione: la sua omologazione conferisce all accordo il crisma della connessione con il relativo procedimento. Deve però trattarsi di un trasferimento che ha a che vedere con la sistemazione di equilibri familiari e trova giustificazione nella separazione o nel divorzio e non soltanto di un atto che si fa in occasione dello scioglimento del vincolo matrimoniale.

Per spiegarmi meglio, un atto con il quale i coniugi vendono a terzi la casa coniugale e si dividono il ricavato non è certamente agevolabile, mentre l atto di quietanza (normalmente soggetto al pagamento di un aliquota dello 0,50%) con il quale uno dei coniugi dichiara di avere ricevuto dall altro anche l altra metà del prezzo, quale attribuzione prevista dal ricorso di separazione, rientra certamente nell esenzione fiscale. Atti agevolati e comunione legale. Ulteriore questione sollevata dalla Cassazione nella sentenza 3 dicembre 2001 n. 15231, fu quella che il trattamento agevolato doveva essere riservato solo alle attribuzioni di beni già facenti parte della comunione legale fra i coniugi. Tale conclusione partiva da una lettura distorta di una disposizione già implicitamente abrogata al tempo della sentenza, e cioè quella dell art. 8 lett. f) della tariffa parte I del TU 131/86 che dettava una norma agevolativa limitata all imposta di registro sulle attribuzioni di beni patrimoniali già facenti parte della comunione fra i coniugi). Quindi si trattò di un passo indietro, però sconfessato dalla stessa precedente interpretazione dell Amministrazione Finanziaria che nella Circ. 49/E del 2000 affermava testualmente che non ha alcuna rilevanza il regime patrimoniale dei coniugi, e dalla dottrina dominante che rilevava come tale conclusione fosse del tutto extra legem e avrebbe di fatto prodotto una virtuale impossibilità di accedere all agevolazione dal momento che, per legge (art. 191 c.c.), l effetto della separazione è proprio lo scioglimento dell eventuale comunione legale già sussistente fra i coniugi, e quindi qualsiasi atto successivo alla omologazione della separazione sarebbe stato inidoneo a conseguire l agevolazione, compresi quelli in sede di divorzio. Ne sarebbero stati poi esclusi, per certo, anche gli atti di disposizione a favore dei figli, perché se condizione per l agevolazione fosse stata quella di provocare lo scioglimento della comunione (legale) fra i coniugi, un eventuale trasferimento di proprietà ai figli non avrebbe certamente prodotto tale effetto. Dopo tutto questo discorso, quindi, va comunque sottolineato come fondamentale il requisito dell inerenza, della relazione degli atti al procedimento di separazione o di divorzio. Se dal punto di vista sostanziale questa inerenza potrebbe essere provata in qualunque modo, è indubitabile che suo presupposto, necessario ma forse non sufficiente, è la sua previsione nel ricorso. La Circolare n. 27/E del 21 giugno 2012. A chi. L ultima importante novità in tema di inerenza risale al giugno 2012 ed ancora una volta non è una legge, ma una semplice Circolare che si pone alla nostra attenzione. Si tratta della Circolare omnibus n. 27/E del 21 giugno 2012 che dà risposta a quesiti nei più svariati argomenti tributari che vanno dal diritto commerciale a quello urbanistico a quello, appunto, dei trasferimenti in relazione al divorzio ed alla separazione. La Circolare con la semplicità che è propria delle cose che erano già ovvie, ma che sono

state per anni contestate pervicacemente, riconosce che l esenzione fiscale prevista dall art. 19 della legge n. 74 del 1987 deve ritenersi applicabile anche alle disposizioni patrimoniali a favore dei figli disposte in accordi di separazione e di divorzio a condizione che il testo dell accordo omologato dal tribunale, al fine di garantire la certezza del diritto, preveda esplicitamente che l accordo patrimoniale a beneficio dei figli, contenuto nello stesso, sia elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale. Quindi, per gli avvocati, massima attenzione alla redazione del ricorso, che deve contenere (e si può star certi che l Amministrazione Finanziaria starà attenta a questo profilo formale) l esplicitazione della funzionalità del trasferimento di beni ai figli ai fini della risoluzione della crisi coniugale, il che, com è chiaro a tutti, è per lo meno una affermazione presuntuosa, ma tant è, ci dobbiamo adeguare. Su questo specifico punto c è da rilevare che, anche per chi ritiene ammissibile che il trasferimento in sede di separazione avvenga all interno del verbale presidenziale, in questo caso questa modalità sembra esclusa perché l intervento dei figli, ancorché maggiorenni, non sembra possibile, considerato il fatto che i figli non sono parti del procedimento: occorrerà quindi l assunzione di un obbligo a redigere un atto notarile. La stessa Circolare risolve poi un altro problema importante. Quando i coniugi hanno acquistato da meno di cinque anni l abitazione e uno di essi voglia trasferire la propria quota all altro, si pone la questione della decadenza dei benefici fiscali prima casa conseguiti nell atto di acquisto. La Circolare, con una interpretazione questa volta davvero favorevole per il contribuente, e facendo leva sul concetto di inerenza al procedimento, ritiene che tale decadenza non si verifichi per il coniuge cedente, non solo nel caso in cui l altro acquisti il 50%, ma anche nell analogo caso, che abbiamo visto poc anzi, dei coniugi che vendono il 100% dell abitazione a terzi e uno solo di essi incassi l intero prezzo, s intende in esecuzione di accordi omologati. E evidente che la decadenza, mentre non si verificherà per il coniuge che non ha incassato, si verificherà per quello che abbia ceduto a terzi nel quinquennio e incassato l intero prezzo, se non riacquista entro un anno dalla cessione. Cosa. Quali beni possono essere oggetto di attribuzione La risposta a tale quesito è fin troppo agevole: possono essere oggetto di attribuzione e trasferimento fra i coniugi e, a questo punto anche tranquillamente ai figli, tutti i beni suscettibili di valutazione economica, siano essi immobili (che saranno i più frequenti) ma anche mobili registrati, quote sociali, azioni o aziende, ma anche denaro o titoli. Dei trasferimenti immobiliari si è già detto e vorrei quindi porre l attenzione sui trasferimenti di quote sociali, azioni e aziende, che pur mi sono capitati nell esperienza professionale, per rimarcare che se l esenzione è estesa a imposte e tasse, non può che riguardare anche l imposta IRPEF nel caso si manifestasse, in ipotesi di cessione

ordinaria, un c.d. capital gain. Facciamo un esempio che traggo da una mia recentissima esperienza professionale: nel caso uno dei coniugi, al di fuori di qualsiasi procedimento, ceda all altro il pacchetto azionario di una società per un valore di 100 e riceva in cambio un immobile per analogo valore, dal punto di vista del regime delle imposte indirette (registro ecc.) sta compiendo una permuta, che viene tassata con le aliquote ordinarie, mentre da quello delle imposte dirette (IRPEF) sta compiendo un atto che potrebbe essere produttivo di plusvalenze imponibili se, per esempio, il cedente avesse acquistato il pacchetto ad un prezzo di 10. Il fatto che ciò sia previsto fra gli accordi economici inerenti la separazione o il divorzio disinnesca anche il problema delle imposte dirette che sarebbe ancor più grave di quello di quelle indirette a causa dell impatto delle aliquote ben più alte. Lo stesso discorso può farsi in caso di cessione di aziende. Una distinzione va invece fatta senz altro relativamente a beni dell impresa individuale che fossero oggetto di trasferimento fra coniugi o a favore di figli: facciamo l ipotesi di un imprenditore edile individuale che intenda trasferire alla moglie o a un figlio un immobile che è fra i suoi beni merce. Trattandosi di cessione soggetta ad IVA (s intende che non siamo in una delle ipotesi di esenzione IVA) la ricomprensione di un tale immobile in un accordo di separazione ne postula la sua uscita dall impresa e quindi il suo c.d. autoconsumo e quindi l obbligo di autofatturazione e di pagamento dell IVA. Il regime IVA è infatti inderogabile e non conosce esenzioni di questa natura che sarebbero contrarie ai trattati europei. Cittadini stranieri. L ultima osservazione, che muove sempre da personali esperienze professionali, è relativa alla giurisdizione in cui sia pronunciata la separazione o il divorzio. Con la riforma del diritto internazionale privato è stata sostanzialmente riconosciuta l efficacia delle sentenze straniere in materia familiare, che pertanto non necessitano più dell abrogato procedimento di delibazione. Ne consegue che coniugi stranieri che intendano procedere al trasferimento di un bene in Italia in base ad un accordo di separazione contenuto in un provvedimento di un giudice straniero che obblighi uno dei coniugi a farlo, sarà anch esso esente da imposte allo stesso modo di ciò che avviene per i cittadini italiani. Infatti le norma agevolativa non fa in alcun modo riferimento alla giurisdizione domestica ne presuppone che i coniugi o i figli debbano essere italiani. Ovviamente l atto dovrà fare espresso riferimento al provvedimento giurisdizionale e direi, quale modalità redazionale, lo dovrà allegare con traduzione in italiano, allegazione che comunque consiglio anche per i nostri ricorsi di separazione, considerato che la prima preoccupazione dell Agenzia delle Entrate in casi simili è proprio quello di verificare l inerenza dell atto con l accordo omologato.