UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA Ufficio Stampa Rassegna Stampa Roma 12 aprile 2016 Argomento Testata Titolo Pag. Università Scuola24 Più orientamento per contrastare abbandoni e fuori corso 2 Sport e diritto Scuola24 Educazione fisica, il prof non è responsabile se l alunno si fa male per una pallonata in volto 3 Formazione Corriere della Sera E la società a corrompere i ragazzi 4-6 Sport e alimentazione RSalute Spaghetti, pollo insalatina e un drink al caffè 7-8
Più orientamento per contrastare abbandoni e fuori corso di Benedetta Pacelli Dal Miur spinta all orientamento come antidoto alla dispersione e ai fuori corso. Quello che è stato un passaggio dell atto di indirizzo dell attività politica del ministero per il 2016, potrebbe diventare presto realtà concreta. Si tratta di un ipotesi di modello per «l orientamento finalizzato all accesso all università», elaborato dal Consiglio universitario nazionale, su spinta proprio del Miur e con l obiettivo di fornire agli studenti tutti gli strumenti necessari per fare la scelta più adeguata alle loro abilità, attitudini e vocazioni. Con un principio guida: ridurre gli abbandoni, accorciare il tempo per la laurea e favorire il proseguimento negli studi e poi l ingresso nel mondo del lavoro. Già lo scorso anno alla vigilia dei test di accesso a medicina, dove tradizionalmente si presentano molti più candidati di quanti siano i posti messi a bando, dal ministero era arrivata una prima sperimentazione: un test psicoattitudinale, la cui compilazione era del tutto facoltativa, per orientare i giovani verso la scelta formativa più idonea, con la promessa da parte del ministro Stefania Giannini, che a questo sarebbe seguito il rafforzamento delle attività di orientamento da far partire almeno dal quarto anno delle superiori. I diversi tipi di orientamento Da questi presupposti nasce il documento del Cun. Che si apre specificando come un buon orientamento debba essere costruito attraverso «un percorso coordinato fra la scuola secondaria e l università, organizzato da docenti della scuola assieme a docenti universitari, e che coinvolga gli studenti in prima persona». Ma l orientamento affinchè raggiunga i risultati attesi deve essere costruito in tre momenti principali: dentro la scuola secondaria, come ingresso all università e infine in itinere, quindi dentro il percorso universitario. Il primo, secondo il Cun, deve partire già dal quarto anno, offrendo un sistema integrato scuola-università, coordinato a livello nazionale e implementato a livello locale, basato sia su trasmissione di informazioni (via web o di persona) sia su esperienze dirette degli studenti (laboratori di per il riconoscimento delle abilità e lo sviluppo delle vocazioni, stage in università e nel mondo produttivo). C è poi il passaggio successivo e anche più delicato e cioè orientare gli studenti verso il percorso universitario più efficace, offrendo quindi un sistema di verifica delle conoscenze in ingresso, coordinato a livello nazionale per gruppi affini di corsi di studio, che comunica con le procedure d ingresso ai corsi a numero programmato, e che fornisce ulteriori informazioni per l orientamento. Università Infine l orientamento dentro l università: offrire un anno propedeutico agli studenti neoimmatricolati con preparazione più debole, organizzato per gruppi affini di corsi di studio, con lo scopo di ridurre gli abbandoni, favorire il conseguimento del titolo di studio in tempi brevi, e fungere da ulteriore orientamento sul campo. Dunque, ha specificato Andrea Lenzi, presidente del Cun, «si tratta nel complesso di una proposta di percorso d orientamento integrato fra scuola e università, finalizzato a fornire agli studenti gli strumenti per scegliere in modo informato e consapevole il percorso universitario più adatto e rafforzare la loro preparazione iniziale rendendola più adeguata al percorso di studi scelto. Solo così possiamo pensare di ridurre gli abbandoni e accorciare il tempo necessario per conseguire la laurea». 12/04/2016 2
Educazione fisica, il prof non è responsabile se l alunno si fa male per una pallonata in volto di Francesca Malandrucco Insegnante e scuola non hanno alcuna responsabilità se uno studente si fa male nel corso di una partita di pallone giocata nell ora di educazione fisica, quando la partita in questione «non è in concreto connotata da un grado di violenza e irruenza incompatibili con il contesto ambientale» e con l età dei ragazzi. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Corte suprema di cassazione che, con la sentenza 6844/2016, ha messo fine ad una lunga controversia tra la scuola media statale Giovanni Pascoli di Silvi, in provincia di Teramo, e un giovane che all epoca dei fatti frequentava l istituto. La vicenda Lo studente, durante una partita di pallone giocata nell ora di educazione fisica, era stato colpito al volto da una pallonata calciata, involontariamente, da un suo compagno di classe a breve distanza. Il ragazzo aveva riportato gravi lesioni all occhio destro e, in seguito, gli era stata riconosciuta un invalidità permanente del 30%. La famiglia del ragazzo aveva quindi denunciato la scuola, chiedendo un risarcimento del danno. Durante il processo aveva sostenuto inoltre, come motivi aggravanti, che al momento dell incidente l insegnate di educazione fisica si era allontanato e che, per la partita di calcio, era stato utilizzato un pallone vecchio, sfilacciato e dalla superficie logora. Nel 2005, tuttavia, il tribunale dell Aquila con la sentenza di primo grado aveva rigettato la richiesta della famiglia e del ragazzo, non riconoscendogli alcun diritto al risarcimento. La stessa sentenza era stata confermata anche in appello. Da qui la decisione della vittima, ormai diventata maggiorenne, di ricorrere ai giudici supremi. Il principio affermato dai giudici Ma la Cassazione è stata chiarissima. «In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo verificatosi a carico di uno studente all interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell ambito di uno svolgimento do una partita - recita la sentenza - ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 cod. civ., incombe sullo studente l onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno». Nel caso particolare, poi, i giudici della Suprema corte si sono rifatti alla sentenza della Cassazione n.15321 del 2003: «In particolare, non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla, senza danno fisico, se non è in concreto connotata da un grado di violenza e irruenza incompatibili con il contesto ambientale e con l età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco». I giudici hanno sottolineato inoltre come risulti «infondato» il tentativo di ricondurre l attività sportiva riferita al gioco del calcio nell alveo di un attività pericolosa, in contrasto con quanto già affermato in passato dalla Cassazione stessa che aveva più volte sottolineato l aspetto ludico del calcio stesso. Né per i giudici supremi il pallone può essere considerato un mezzo pericoloso. Infine, quanto alla denunciata assenza dell insegnate nel corso della partita, dal momento che l incidente non è stato causato da «una complessiva situazione comportamentale che era degenerata o andata fuori controllo», la presenza o meno dell insegnante era da considerarsi irrilevante perché l insegnate stesso «non si sarebbe potuto frapporre tra il calcio e la vittima». 12/04/2016 3
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