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La gualchiera di Coiano. Un bene architettonico a rischio di estinzione di Giuseppe Guanci Che le gualchiere abbiano rappresentato un importantissima realtà nella storia tessile pratese è ormai cosa nota ma spesso ci fermiamo al puro dato nozionistico, senza cercare di capire cosa fosse realmente una gualchiera e, soprattutto, l importanza che essa rivestiva nell economia territoriale, né tantomeno appuriamo se esistano ancora testimonianze materiali dirette. È proprio quest ultimo il caso della gualchiera di Coiano costituita, per la verità, da un piccolo opificio se raffrontato ai moderni complessi industriali ma, proprio per questo, ancora parzialmente integro nel suo antico connotato dimensionale. In realtà il termine gualchiera, in riferimento al complesso giunto fino a noi, non sarebbe molto appropriato, in quanto più correttamente occorrerebbe dire che si tratta dell evoluzione di questa, ovvero di una follatura. Il piccolo opificio, più precisamente individuabile nelle antiche cartografie come mulino e gualchiera Naldini, rappresenta un episodio produttivo di fondamentale importanza nella storia produttiva pratese in quanto, a differenza di altri impianti, ha mantenuta immutata la sua funzione dagli inizi del Trecento fino a tempi recenti. L eccezionalità del sito è, inoltre, costituita dal fatto che al suo interno sono ancora presenti gran parte dei macchinari, tutti ancora collegati alle originarie trasmissioni meccaniche a cinghie, alimentati direttamente dalle turbine presenti sul ramo occidentale del gorone che vi passa di sotto 1. Le notizie più remote, riferibili a questo luogo anticamente detto Fondo, risalgono al 1180 e sono relative ad un mulino di proprietà della pieve di Giuseppe Guanci, architetto libero professionista, cultore di Archeologia Industriale. 1 G. GUANCI, Una rara testimonianza di archeologia industriale: La gualchiera di Coiano, Metropoli edizione di Prato, nella rubrica I segni dell industria, 23 luglio 2010. 49

Santo Stefano 2, in seguito anche denominato ex parte occidentis, per distinguerlo dall altro che sorse a poca distanza e che fu di conseguenza detto, ex parte orientis, come attesterebbe anche un documento del 1258 3. In realtà, almeno per il primi tempi, si trattava di un piccolo impianto molitorio ad un solo palmento che rimarrà di proprietà dell ente ecclesiastico fino al XVI sec., quando verrà rilevato, assieme ad altri di questo tipo, dalla famiglia fiorentina dei Naldini che in parte lo adatteranno a gualchiera 4. I Naldini rappresentano pienamente il fenomeno di quella classe di lanaioli fiorentini i quali, al fine di assicurarsi la preziosa disponibilità delle gualchiere pratesi 5, intorno al Cinquecento cercarono di entrare in possesso di gran parte degli impianti, sia acquistandoli come avvenne in questo caso, sia prendendoli a livello come nel caso dell opificio della Strisciola, posto poco più a monte. Ovviamente l impianto era gestito da un gualchieraio che, nel 1579, risulta essere Piero da Ponte il quale, come ormai era consuetudine, oltre a sodare e purgare panni forestieri, berretti e lendinelle, vi esercitava anche la tintura degli stessi, adoperando tuttavia colori di bassa qualità, come i neri, i bigi ed i tabaccati, impiegati perlopiù per panni utilizzati dai contadini. 2 G. GUARDUCCI, R. Melani, Gore e mulini della piana pratese. Territorio e architettura, Prato 1993, pp. 49-56. 3 R. PIATTOLI, Lo statuto dell Arte dei padroni dei mulini sulla destra del fiume Bisenzio (1296), Prato 1936, pp. 196-198. 4 V. CIOLINI, L architettura del lavoro. Le gualchiere nel distretto tessile pratese, Prato 2004, pag. 56. 5 G. BISORI, Origini e sviluppo dell industria laniera pratese, Firenze 1962, pag. 12. In alto a sinistra, i due mulini già divenuti di proprietà dei Naldini nel Plantario del 1584 redatto dai Capitani di Parte (Archivio di Stato Firenze) 50

La gualchiera di Coiano. Giuseppe Guanci I due impianti di mulino e gualchiera (a sx quella oggetto dell articolo) estratti da un atlante del 1835 raffigurante gli edifici idraulici posti sulle gore pratesi. (Archivio Postunitario Prato) La famiglia da Ponte, la cui continuità è rappresentata dai Filippi, manterrà la conduzione sia del mulino che della gualchiera fino al XVII secolo, quando ad essi subentreranno i Franchi, altra importante famiglia di gualchierai pratesi. L impianto in questo periodo si è ormai consolidato con le sue tre docce da gualchiera e due palmenti del mulino, oltre ai tiratoi, arrivando con tale configurazione fino agli inizi del Novecento, quando ai Franchi subentreranno i Ciolini. Saranno questi ultimi a trasformare gli antichi apparati delle gualchiere con i più moderni folloni e purgapanni, per i quali la sola energia idraulica, non fu più sufficiente, richiedendo l affiancamento prima di un motore a gas povero e poi di uno elettrico. Tale conformazio- 51

La Gualchiera di Coiano come si presenta oggi dall esterno. Sotto, purgapanni in legno con gli evidenti segni dei crolli dei solai ne, con i suoi sei folloni e quattro purgapanni in legno, è rimasta pressoché immutata fino agli anni Novanta, quando la gualchiera è stata acquistata dal Comune di Prato 6. Purtroppo, nonostante i nobili propositi iniziali che prevedevano la trasformazione di questo piccolo gioiello di archeologia industriale in una sorta di museo di se stesso, unico nel suo genere grazie appunto anche 6 G. GUANCI, I luoghi storici della produzione nel pratese, Campi Bisenzio 2011, pp. 76-77. 52

La gualchiera di Coiano. Giuseppe Guanci Fole in legno con le originali trasmissioni a cinghie invase dalla vegetazione alla presenza delle macchine originarie, dopo i primi fasti, celebrati anche con una mostra organizzata nel 1999 in occasione di un importante convegno di archeologia industriale tenutosi appunto a Prato, a poco a poco i riflettori si sono spenti e la gualchiera lentamente è caduta nell oblio. In seguito, sporadicamente, è stata nuovamente riportata all attenzione pubblica da istituzioni e associazioni come il Museo del Tessuto o l ASVAIP (Associazione per lo Studio e la Valorizzazione dell Archeologia Industriale Pratese) che nel 2010 promosse anche una pubblica iniziativa, insieme al giornale Metropoli e all Associazione degli ex allievi del Buzzi, per salvarla almeno temporaneamente, dal pesante degrado che nel frattempo l aveva aggredita. Purtroppo ancora oggi, a causa dell incuria e dell abbandono, l edificio è interessato da notevoli crolli delle coperture e dei solai che stanno irrimediabilmente rovinando insieme ai preziosissimi macchinari in legno contenuti al suo interno. Benché la situazione sia già in parte compromessa, diviene adesso quanto mai urgente intervenire rapidamente per salvare questa unica testimonianza dell identità produttiva pratese, prima che essa scompaia per sempre, magari utilizzando anche strumenti che coinvolgano il privato, mediante ad esempio un project financing, come del resto avviene in altre realtà, forse più capaci di noi nel valorizzare il proprio patrimonio storico-architettonico. 53