INTERVERVENTO CONFERENZA NAZIONALE DONNE PD ROMA, 13 LUGLIO 2013 VALERIA VALENTE E passato più di un anno e mezzo dall ultima volta che ci siamo viste, eravamo a Napoli, eravamo in tante. Da lì provammo a rilanciare le nostre idee su come uscire da una crisi economica e finanziaria di cui ancora non conoscevamo l'entità, ma di cui avvertivamo già allora tutto il peso e la drammaticità. Sentivamo che la sfida era difficile ma volevamo ugualmente metterci in gioco perché credevamo che proprio da noi, dalle donne, potesse arrivare la risposta migliore per superare passaggio tanto difficile. In questo anno e mezzo, come ha giustamente ricordato Roberta, è accaduto davvero di tutto. La crisi si è aggravata. La condizione di vita delle persone è peggiorata, quella delle donne di sicuro ancora di più, la speranza ha lasciato il posto alla rassegnazione, talvolta alla disperazione. Dentro questo passaggio difficile, a tratti inaspettato almeno nella sua gravità, tanti, purtroppo, sono stati i nostri errori. Intendo gli errori del PD. Tra questi ci metto anche la mancata volontà di assumere il punto di vista delle donne come centrale per leggere e guardare a questa crisi. Noi troppo timide o forse troppo responsabili? O loro, gli uomini, il nostro gruppo dirigente, troppo intento a mediare tra posizioni ed equilibri consolidati e quindi chiuso, concentrato sulla propria autoconservazione e impaurito del nuovo? Forse entrambe le cose. Di sicuro però è giunto il tempo di un cambio di passo netto e radicale e in tal senso il congresso che abbiamo alle porte deve rappresentare un'occasione da non sprecare. E' giunta l'ora di invertire la rotta.
Sui temi dello sviluppo, della crescita, di come aumentare la nostra partecipazione al mondo del lavoro non mi soffermo non perché credo sia inutile ma perché molto è stato già detto da Roberta nella sua relazione e molto ne abbiamo discusso in questi anni. Il punto è che adesso su questo e su tutto il resto bisogna passare dalle parole ai fatti. Soprattutto ora che abbiamo i numeri per farlo. In cos altro potrebbe tradursi altrimenti lo straordinario valore di avere il parlamento più femminile della storia repubblicana? Bene in questo senso l approvazione della ratifica della convenzione di Istanbul come primo atto approvato all unanimità dal parlamento, meno bene la gestione delle mozioni sull insufficiente e inadeguata applicazione della 194. Benissimo se riusciremo a portare avanti una mozione per l'occupazione femminile al Sud. Per questo sarebbe giusto procedere nel più breve tempo possibile all'istituzione di un coordinamento delle donne parlamentari Pd sia alla Camera che al Senato in modo da consentire un confronto chiaro e limpido tra le donne della conferenza e quelle elette in Parlamento nel rispetto della reciproca autonomia e indipendenza. Un confronto prezioso che ci aiuterebbe di sicuro, almeno a mio avviso, a far vivere di più e meglio la nostra elaborazione nel consesso parlamentare. Saremo in grado però di fare tutto questo e di farlo bene se chiederemo a noi stesse, a partire da questo luogo, un salto di qualità. Passare dalla battaglia sui numeri per l affermazione di una democrazia realmente paritaria nei luoghi di decisione e nelle istituzioni a una battaglia per la centralità del nostro punto di vista è un passaggio difficile ma è la vera sfida che abbiamo davanti, altrimenti rischieremmo di vanificare i risultati raggiunti e di perdere un occasione storica, quella di indicare da protagoniste la via d uscita. Un occasione persa così com'è accaduto, lo voglio dire con estrema franchezza, per la formazione del governo. Lì, infatti, al di là dei numeri e della qualità delle donne
chiamate a farne parte, alle quali va anche da qui il nostro sincero apprezzamento e augurio di buon lavoro il nostro punto di vista non ha trovato spazio. Una maggiore interlocuzione con noi, con la conferenza delle donne del Pd, era doverosa e avrebbe significato non certo anche vedersi riconosciuto un posto o una casella, ma vedere rappresentata lì, nel Governo del Paese, il nostro pensiero, la nostra visione, costruita in questi anni attraverso tante passioni, energie, attenzioni, lavoro quotidiano dedicato a questo percorso a discapito di tanto altro nella nostra vita pubblica e privata. E io da un governo guidato da un presidente del Consiglio che fa parte del mio partito questo non me lo sarei aspettato. E' necessario cambiare registro, tornare ad avere il coraggio di agire il conflitto, dentro e fuori il partito. Il conflitto. Recuperiamo il valore positivo per noi di questa parola. Senza timori, con positività e coraggio, sfidando anche nel nostro partito, dove è necessario esserci con un profilo più netto e una soggettività politica più forte, poteri costituiti, forze cristallizzate, rendite di posizione costruite spesso prescindendo completamente dal merito e le capacità dei singoli. L autonomia dei luoghi delle donne, l abilità nel costruire una sintesi avanzata frutto della capacità di anteporre il bene generale agli interessi e alle posizioni di parte, la diversa idea dell esercizio del potere e della responsabilità, sempre orientato alla cura e al risultato, devono tornare ad essere centrali nel nostro agire. Per questo, come coordinamento della Campania, abbiamo deciso di presentare a questa conferenza un ordine del giorno che chiediamo di mettere ai voti alla fine dei nostri lavori di oggi. E questa la sfida che come conferenza delle donne dobbiamo assumerci oggi.
Aprire una nuova stagione che chieda alla politica di puntare con più coraggio su un modo diverso di stare insieme, di costruire relazioni, di sentirsi comunità. Ma anche e soprattutto un modo diverso di gestire il potere. Nessuna regola sarà, per questo obiettivo, di per sé mai sufficiente seppur necessaria: è necessario riaffermare una nuova etica della politica capace anche di riscoprire il giusto senso dello stare insieme e di essere una comunità, affinché mai più possano accadere cose come quelle accadute in Parlamento l altro giorno o in occasione del voto per l elezione del Presidente della Repubblica. Anche per questo dobbiamo finire di essere un luogo troppo spesso ripiegato su sé stesso e sulle sue difficoltà e tornare invece a essere una forza aperta, non però perché scalabile da qualcuno che può scegliere di lanciare un'opa sul Pd ma perché torniamo ad essere una forza costruita dal basso, dalla forza straordinaria delle nostre tante comunità sui territori che se pur tra mille difficoltà continuano a restare in piedi come ci dimostrano i dati delle ultime amministrative, capace di lasciarsi permeare e capace di mescolarsi a tutti quei movimenti, associazioni e forze civiche che sempre, nei momenti in cui le abbiamo chiamate hanno dimostrato di volerci essere. Penso ai referendum o anche per alcuni aspetti alle nostre primarie. Torniamo tra la gente con umiltà, rimettendoci in ascolto dei loro bisogni e delle loro reali difficoltà, ognuno a partire da sé, come la storia delle donne ci insegna. Riscopriamo il valore della militanza e del volontariato civile. Ritroviamo insieme il coraggio di tenere uniti radicalità e riformismo, voglia di cambiare ma anche nettezza e chiarezza dell'orizzonte cui vogliamo tendere. Basta con discussioni e mediazioni infinite: si discute, ci si confronta, ma poi si sceglie e si decide da che parte stare. E allora poi si va fino in fondo. Nulla è facile, mai e oggi ancor di più, ma si tratta ancora di una sfida alla nostra portata.
Un cammino difficile nel quale però, personalmente ne sono sicura, il pensiero e l elaborazione delle donne possono rappresentare una leva preziosa, la forza principale per voltare pagina e riaccendere così e finalmente la speranza.