2.4. La costruzione della galleria Ricci Oddi



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Transcript:

2.4. La costruzione della galleria Ricci Oddi Giuseppe Ricci Oddi, in un appunto datato 6 aprile 1921, dà delle indicazioni precise su come vorrebbe che il suo museo fosse edificato : Ecco la visione del mio sogno costante! Preceduto da un verde tappeto di ben levigato prato e fiancheggiato ai lati da due folti ciuffi d alberi vedo ergersi sulla platea bianca di una lieve marmorea gradinata il piccolo mio tempio. Nel centro fronteggia aperto ed ospitale a tre arcate un ampio(ma non troppo ampio) peristilio, semplice nelle linee e solenne come il Bramante lo avrebbe disegnato. Ai lati, due snelle finestre del più puro stile Rinascimento ne danno vivezza alla facciata sulla quale sovrasta agile, ma vigoroso, il classico attico. Nello interno retrostante al peristilio s apre uno spazioso vestibolo al centro del quale un ampio portale immette ad una lunga galleria su cui simmetricamente a destra e a sinistra s affacciano le numerose sale. Al termine della galleria un vasto salone semicircolare dà compimento all euritmia del mio piccolo Museo!! [ ] 1 Queste indicazioni di massima furono tenute in considerazione dall architetto Arata, inoltre il tono di sacralità usato dal collezionista nel descrivere il proprio sognato tempio dell arte ben si accorda con le parole pronunciate da Arata in un intervista del 1924 : Il nuovo Museo sorgerà presto: al più presto: da quando il nobile Giuseppe Ricci Oddi mi ha affidato l incarico di questo palazzo destinato a raccogliere la sua raccolta di quadri moderni io non ho pensiero, cuore, animo ad altro. Finalmente potremo costruire una galleria per le opere e non dovremo adattare alla meno peggio le opere in un palazzo già pronto. Il mio entusiasmo è pari al suo che è grandissimo e non mi par vero di aiutare un affermazione di arte moderna. [ ] Ora cerchiamo l area per il museo; vorrei trovare un giardino in modo che il palazzo, al centro si raccogliesse claustralmente e il verde degli alberi anziché delle aiuole di uno stile vecchiotto facessero una cornice ideale alle creazioni pittoriche. Penso di dedicare lo sforzo maggiore della mia fantasia nel disegno del vestibolo con qualche statua moderna nelle nicchie e qualche preziosità di marmi o di fontane tra l ingresso e le scale. I quadri, i bozzetti saranno disposti ampiamente. Ne sacrificheremo qualcuno: ma quelli esposti dovranno essere tutti visibili, tutti godibili. Le opere dei viventi avranno un trattamento che di solito è riservato ai capolavori consacrati dei morti. Il nob. Giuseppe Ricci Oddi ed io vogliamo dare a Piacenza una degna raccolta di opere moderne degnamente presentata. 2 1 Cfr. Diario inedito, op. cit., p. 37. 2 Cfr. R. Calzini, La Galleria d Arte e il nuovo Museo sorgeranno per volontà del nob. Ricci Oddi- Un colloquio dell arch. Arata con Raffaele Calzini, in Libertà del 5 aprile 1924 (l intervista era stata pubblicata già il giorno prima sul Secolo, di cui Calzini era critico d arte).

Arata inizia a lavorare al progetto già dal 1924-1925, dato che alcune fotografie datate novembre 1925 mostrano uno stato già avanzato dei lavori, affidati all impresa Bisotti. Uno dei punti nodali del progetto è costituito dall utilizzo delle parti residue dell ex Convento (con la funzione di Direzione, abitazioni dei custodi e di attività promozionali, prima fra tutte la sede dell Associazione degli Amici dell Arte) e del loro raccordo con il nuovo edificio della galleria vera e propria. Questo raccordo è realizzato con una serie di cortili porticati, in parte già esistenti, che offrono una progressione di passaggi filtranti tra i vari corpi di fabbrica fino al Chiostro grande ricostruito ex novo sui due lati mancanti ed aperto sul verde. In questo modo si raggiunge una coerente ed omogenea permeabilità tra spazi aperti, filtri porticati e spazi interni. I residui spazi conventuali risalenti al 600 vengono differenziati, grazie all intonaco, dalle nuove costruzioni edificate con mattoni a vista. Dall atto di Donazione e Fondazione del 1924 non traspare da nessuna delle parti una volontà di salvaguardia dell antico complesso conventuale, il recupero parziale è subordinato a motivi di ordine economico. L uso del mattone in cotto non è affatto casuale: è un altro richiamo alla tradizione, basti ricordare la sua grande fortuna nell area lombardo- emiliana; Fabio Mangone scrive : I materiali tradizionali, quali la pietra, il legno, la terracotta, e soprattutto il mattone, mentre consentono una percezione tattile e cromatica molto simile a quella dell ambiente circostante, allo stesso tempo permettono nuovi e raffinati dettagli con precise valenze decorative. Ed è proprio nell abile cura nel trattamento delle superfici, nell accurata predilezione per il mattone [ ] che traspare l influenza delle opere di Berlage, uno dei riconosciuti referenti di Arata. 3 Hendrik Petrus Berlage (Amsterdam 1856- l Aja 1932), importante architetto ed urbanista olandese, viene apprezzato da Arata soprattutto per il suo continuo richiamarsi alla tradizione e per il suo uso espressionistico del mattone a vista, fattori che influenzano profondamente l architetto piacentino, che di lui scrive: Ricca di costruzioni e segnatamente austera, può definirsi l architettura moderna olandese. Ma l austerità delle masse strutturali, cui sono impostati gli edifici moderni, non è di data recente: è una caratteristica che risale al medioevo: cioè a quelle costruzioni- da cui vanno naturalmente esclusi i ricchi monumenti gotici di derivazione francese- costrette in una semplicità di forme e in una sobrietà di linee derivate sia per mancanza di importanti scuole di marmorari indigeni che per povertà di pietre, consistenti, locali. Il materiale laterizio, che porta sempre con sé una austera rigidità razionale, era quindi l unica risorsa della nazione; [ ] Il modernismo olandese è però 3 Cfr. F. Mangone, op. cit., p. 117.

legato ad un grande riformatore: H. P. Berlage, che dagli stessi razionalisti è valutato come un autentico precursore dell architettura moderna europea[ ] La Borsa di Amsterdam (1898-1903), l edificio commerciale che egli costruì all Aja- senza elencare gli altri edifici di minor mole costruiti qua e là in Patria- sono costruzioni impostate con criteri nuovi, ma in esse sono visibili le forme lombarde o quelle elargitegli dal romanticismo ancora attivo fin verso la fine del secolo scorso [ ] Il nuovo museo dell Aja, da lui ideato da maestro e costruito con ricchezza di masse e altre costruzioni di minor rilievo, potranno sembrare l emanazione di un artista che si sforza di voler sembrare giovane ad ogni costo. Tuttavia l estro, la disciplina razionale e la volontà di creare cose solide durature lo si vede anche in queste ultime opere. 4 Inoltre l utilizzo di materiali tradizionali permette ad Arata di inserire la nuova costruzione della galleria nel tessuto storico piacentino dominato dal Palazzo Gotico, dalla Chiesa di S. Antonino, dalla Chiesa di S. Francesco, dal Duomo, che hanno un sapore tutto medioevale. In questo modo l architetto rimane fedele ad una delle sue priorità: ambientare la costruzione perché si inserisca senza traumi nell atmosfera di un luogo. La pianta della Galleria Ricci Oddi presenta un significativo nitore geometrico [Tav. 1 a p. 41]: dal salone di ingresso quadrato con quattro nicchioni, che si raccordano con la volta circolare, si snoda un lungo corridoio rettangolare che introduce in una stanza ottagonale; essa si prolunga in ognuno dei suoi lati in ulteriori sale rettangolari o poligonali, disposte a raggiera rispetto al centro ottagonale e tra loro collegate. 5 Quindi il sistema cellulare della galleria è concepito attorno ad un percorso organico e senza ritorni, all interno del quale le venticinque sale di esposizione presentano una precisa autonomia volumetrica e spaziale dando luogo, tuttavia, ad un itinerario unitario. 4 Cfr. Testo inedito di Arata sull architettura contemporanea, scritto per la casa editrice Hoepli e mai pubblicato. 5 E interessante la precisa descrizione della successione delle sale che troviamo nel Catalogo di Rapetti del 1932 : Dal vestibolo si entra nel Salone della scultura dove quattro nicchioni attendono di ospitare qualche buona statua. Di qui si dilunga un corridoio che divide in due parti tutto l edificio. Nel suo primo tratto questo corridoio forma un Andito, da cui si aprono sei sale, tre a destra e tre a sinistra, intercomunicanti tra loro; poi esso si allarga in una Rotonda centrale, preceduta da un antisaletta ellittica. Questa rotonda costituisce il centro di una raggiera da cui si irradiano quattro rettangolari Accessi alla Rotonda che formano una crociera, e quattro antisalette ottagone per le quali si entra nelle tre sale di destra e nelle tre di sinistra. Oltre alla seconda antisaletta ellittica l andito prosegue per dare accesso ad altre due sale, una per parte, al presente sgombre, e destinate, pare, una a una futura Sala Bruzzi, l altra ad una sala riservata a pittori piacentini? Cfr. A. Rapetti, La Galleria d arte moderna Ricci Oddi, Piacenza 1932.

La pianta della galleria si rifà a soluzioni moderniste, a concetti modulari policentrici applicati tra la fine dell 800 e l inizio del 900 soprattutto da architetti fiamminghi, come Horta nel museo di Tournai in Belgio o nelle costruzioni di Henri Van der Velde, soprattutto per quanto riguarda la composizione planimetrica e l articolazione degli spazi. Victor Horta inizia la realizzazione del Musee des Beaux- Arts di Tournai nel 1903 e la conclude nel 1928, il museo viene costruito per ospitare la collezione d arte che Van Custem aveva donato alla città. Esso presenta in pianta notevoli affinità con la Galleria Ricci Oddi, infatti è composto da una serie di sale poligonali disposte a raggiera attorno ad una grande sala centrale destinata ad ospitare delle sculture e circondata da una galleria su due piani, inoltre esso presenta un illuminazione zenitale. Henri Van der Velde, fu con Horta, un influente esponente dell Art Nuveau belga. Interessante la sua Casa ad Uccle (1895) presso Bruxelles, dove ritroviamo un articolazione poligonale serrata attorno ad una sala centrale come nella galleria piacentina. Sicuramente Arata è influenzato anche dalla centralità dell architettura leonardesca, di cui fu autorevole studioso e a cui dedicò, come si è già detto, una monografia nel 1953. D altronde l interesse per la pianta centrale è presente in tutta l attività di Arata, ben esplicitato nei disegni di architetture fantastiche degli anni 10. Di Leonardo, Arata sottolinea soprattutto la sua stima per la tradizione, per l arte dei secoli passati : Leonardo, con la sua acutezza di analisi, con la sua specchiata e pura coscienza di artista, sapeva benissimo che l arte passata è ricca di insegnamenti e feconda di influssi, quando però gli insegnamenti sono vagliati da un saggio e paziente controllo individuale e da un originale talento. 6 L architetto rinascimentale diviene un modello contrapposto agli architetti contemporanei, che sacrificano logica ed estetica al desiderio di novità e vendono l architettura, mentre Leonardo ammonisce : L artista non deve disprezzare lo studio, come fanno i guadagnatori. 7 La facciata della galleria viene studiata a lungo dall architetto, di cui ci rimangono una ventina di schizzi che testimoniano la transizione da ipotesi incentrate su una magniloquente composizione di massa ad una più austera classicità. 8 La soluzione finale [Tav. 7], dominata da una semplice tripartizione (il portale centrale è affiancato da due blocchi simmetrici leggermente avanzati), rispecchia le indicazioni del committente ed è animata dal contrasto materico tra il basamento ed il portale (ricco di rimandi manieristi) in arenaria e le limpide specchiature in laterizio, in questo 6 Cfr. G. U. Arata, Leonardo architetto e urbanista, Milano 1953, p. 23. 7 Cfr. G. U. Arata, op. cit., p. 41. 8 Nell Archivio Arata di Piacenza sono conservati 22 schizzi realizzati ad inchiostro ed acquarellati.

modo viene riproposta la bicromia bianco- rosso tipica della tradizione costruttiva locale, di cui è un esempio il Palazzo Gotico in piazza Cavalli. La costruzione della galleria viene terminata nel 1930, ma nel 1931 Arata aggiunge al prospetto, giudicato troppo scarno, due rilievi marmorei rappresentanti le allegorie della scultura e della pittura eseguiti da Maraini. La zona centrale della facciata è quasi interamente occupata dal portale d ingresso e presenta, nella parte alta, un fregio rettangolare marmoreo sempre del Maraini sormontato da una serie di mensole che sostengono il cornicione del tetto. La facciata è collegata alle strutture contigue, da entrambe le parti, da un porticato che la incornicia e ne equilibria l insieme. Risulta profondamente innovativa la scelta funzionale dell illuminazione naturale zenitale che, come abbiamo visto, era una delle priorità del committente.