DISCIPLINA DEI RITARDI DI PAGAMENTO Con pronuncia n. 469/2010, il Consiglio di Stato spiega i motivi per cui le clausole inserite unilateralmente dalle pubbliche amministrazioni possono essere ritenute inique. Con pronuncia n. 469/ del 2 febbraio 2010, il Consiglio di Stato si è espresso sull applicazione della disciplina dei ritardi di pagamento nel caso in cui una pubblica amministrazione inserisca in un bando di gara clausole sul termine di pagamento e sulle conseguenze del ritardato pagamento difformi da quelle previste ex lege dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002. Secondo un orientamento ormaiconsolidato, le amministrazioni non possono inserire autoritativamente nei bandi termini superiori o tassi di interesse difformi da quelli previsti dalla normativa: è infatti possibile derogare alle condizioni di legge solo attraverso un accordo tra le parti e non per atto unilaterale. Il Consiglio di Stato spiega i motivi per cui clausole inserite unilateralmente dalle pubbliche amministrazioni possono essere ritenute inique ai sensi del decreto legislativo n. 231/2002. Esso chiarisce, inoltre, che le associazioni di categoria sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi per ottenere l inibitoria e l accertamento della grave iniquità delle condizioni generali contenute nel bando di gara. 1. Introduzione In Europa i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali costituiscono un grave problema per le imprese. Per porre un argine al fenomeno, le istituzioni comunitarie hanno adottato la direttiva 2000/35/CE sulla lotta contro i ritardi di pagamento, che è stata attuata nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231. L esperienza maturata in questi anni ha evidenziato, tuttavia, che le disposizioni della direttiva non sono state sufficienti. I comportamenti patologici nel pagamento delle transazioni commerciali restano diffusi, soprattutto da parte delle pubbliche amministrazioni. Nel 2009 la Commissione europea ha, quindi, presentato una proposta di revisione della direttiva, che è oggi all esame delle istituzioni europee. Riguardo all applicazione delle norme oggi in vigore nel nostro ordinamento, la giurisprudenza ha fornito alcuni orientamenti interpretativi che pongono stretti limiti al comportamento delle pubbliche amministrazioni quando esse inseriscono clausole relative ai termini di pagamento e alle conseguenze dei ritardi di pagamento nei bandi di gara. La presente circolare illustra questi orientamenti giurisprudenziali, soffermandosi in particolare sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 469/2010.
2. Il contesto normativo La giurisprudenza, qui analizzata, concerne l applicazione degli articoli 4, 5, 7 e 8 del decreto legislativo n. 231/2002. Sotto il profilo soggettivo, la disciplina riguarda i rapporti tra imprese e quelli tra imprese e amministrazioni; sotto il profilo oggettivo, essa si riferisce alle obbligazioni pecuniarie che hanno funzione di corrispettivo all interno di contratti che comportano in via esclusiva o prevalente la consegna di merci o la prestazione di servizi. Vengono fatte salve le disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore. L articolo 4 prevede che, per i pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, la mora decorre automaticamente senza che sia necessaria una richiesta del creditore. Questo regime si applica sia ai rapporti tra imprese che ai rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni. Per le obbligazioni il cui termine di pagamento è stabilito nel contratto, gli interessi moratori decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine. In tutti gli altri casi, gli interessi decorrono automaticamente alla scadenza del termine legale stabilito nello stesso articolo 4. Per i contratti che hanno ad oggetto la cessione di prodotti alimentari deteriorabili valgono regole speciali: il termine di pagamento è stabilito dal decreto, ma le parti possono stabilire con un accordo per iscritto, a pena di nullità, un termine superiore rispetto a quello previsto. L articolo 5 fissa il tasso degli interessi di mora che, salvo diverso accordo tra le parti, si applicaalle transazioni commerciali coperte dalla disciplina. Il tasso legale è costituito da una componente variabile connessa alla politica monetaria della banca centrale europea maggiorata di un margine fisso di sette punti. L accordo delle parti sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento è nullo se, considerate una serie di circostanze stabilite dal decreto, risulti gravemente iniquoin danno al creditore. Tra i fattori da considerare al fine della valutazione della grave iniquità vi sono la corretta prassi commerciale, la natura della merce o dei servizi oggetto del contratto, la condizione dei contraenti e i loro rapporti commerciali. In particolare, è considerato gravemente iniquo l accordo che, senza essere giustificato da ragioni oggettive, abbia come obiettivo principale quello di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore. In questi casi il giudice è chiamato a dichiarare, anche d ufficio, la nullità dell accordo e ad applicare i termini legali o a ricondurre ad equità il contenuto dell accordo stesso (articolo 7). L articolo 8 del decreto n. 231/2002 riconosce la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi alle associazioni di categoria degli imprenditori
presenti nel consiglio nazionale dell economia e del lavoro (CNEL), prevalentemente in rappresentanza delle piccole e medie imprese di tutti i settori produttivi e degli artigiani. In particolare, i soggetti legittimati possono chiedere al giudice competente di accertare la grave iniquità delle condizioni generali di contratto relative alla data del pagamento o alle conseguenze del relativo ritardo e di inibirne l uso, nonché di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate. 3. Bandi di gara e accordo sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento Negli ultimi anni il Consiglio di Stato ha avuto più volte occasione di pronunciarsi su fattispecie in cui la pubblica amministrazione aveva incluso nel bando di gara clausole sui termini di pagamento e sulla misura degli interessi moratori diversi dai termini legali previsti dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002. Fermo restando che tali termini, come previsto dalla normativa, sono derogabili attraverso accordo tra le parti, il Consiglio di Stato ha osservato come non sia possibile intravedere il perfezionamento degli accordi previsti dai summenzionati artt. 4 e 5 del D. Lgs. n. 231/2002 nella mera sottoscrizione per accettazione di una clausola di un capitolato imposta alle imprese interessate quale specifico requisito di partecipazione. Modalità di pagamento peggiorative per il creditore rispetto a quelle previste dal decreto devono risultare necessariamente da una libera negoziazione tra le parti e non possono essere predisposte unilateralmente dalla pubblica amministrazione in un bando di gara. Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittimo il comportamento della pubblica amministrazione che escluda un impresa dalla partecipazione alla gara per non aver sottoscritto (o aver contestato) clausole che contengono una deroga unilaterale ai termini di pagamento e alla misura degli interessi moratori previsti dagli articolo 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002. 4. Sentenza n. 469/2010: la fattispecie Nel caso sottoposto all esame del Consiglio di Stato, che ha portato all emanazione della sentenza n. 469 del 2010, alcune associazioni di categoria avevano proposto ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio contro il Ministero della giustizia per l annullamento di un bando di gara, degli schemi di contratto allegati e dei capitolati tecnici.
Le associazioni ricorrenti avevano lamentato la violazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 231/2002 relative al termine di pagamento, alla decorrenza e alla misura degli interessi moratori. In particolare, esse contestavano le clausole che prevedevano: il pagamento del corrispettivo a 60 giorni dal ricevimento della fattura, invece che a 30 giorni come previsto dall articolo 4 del decreto legislativo n. 231/2002; la decorrenza degli interessi moratori dal centoottantesimo giorno invece che dal trentesimo giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento come previsto dall articolo 4; il saggio di interesse dell 1 per cento invece dell 8 per cento disposto dall articolo 5. Il Tar Lazio ha accolto il ricorso. Il Ministero della giustizia ha proposto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar adducendo tre ordini di motivi: in via preliminare la mancanza di legittimazione delle associazioni di categoria che hanno proposto il ricorso; in secondo luogo, l impossibilità da parte delle associazioni ricorrenti di impugnare le clausole in quanto non sono preclusive della partecipazione alla gara; in terzo luogo, la derogabilità per contratto del termine per il pagamento del corrispettivo e delle conseguenze del ritardato pagamento ai sensi del decreto legislativo n. 231/2002. Il Consiglio di Stato ha rigettato l appello, confermando la sentenza impugnata. 5. I principi di diritto Invalidità delle clausole contestate Il Consiglio di Stato, confermando il giudizio del primo giudice, ha affermato l invalidità delle clausole contestate. Esse si pongono in violazione diretta delle disposizioni contenute negli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002, la cui deroga è ammessa solo attraverso l accordo delle parti a seguito di apposita contrattazione e trattativa sul punto. Le disposizioni non sono derogabili mediante la tacita accettazione delle condizioni difformi attraverso la presentazione di un offerta in una gara pubblica. Viene, così, ribadito l orientamento già delineato dalla giurisprudenza descritta nel precedente paragrafo 3. Lo stesso principio è stato affermato in una successiva sentenza del Consiglio di Stato, che osserva come nella sostanza, non possono le stazioni appaltanti inserire autoritativamente nei bandi di gara clausole che prevedono il pagamento entro un termine superiore a quello fissato dall articolo 4 del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 o una misura degli interessi difforme da quella ex art. 5 dello stesso decreto, al quale è possibile derogare non per atto unilaterale ed autoritativo della stazione appaltante, ma a seguito di accordo o comunque libera accettazione delle parti interessate. Il Consiglio di Stato sottolinea l applicabilità della disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 231/2002 nei confronti della pubblica amministrazione, che costituisce imprenditore forte ai sensi e per i fini del medesimo decreto.
La presenza di clausole contrattuali contrastanti con le previsioni imperative della disciplina e in conflitto con lo spirito del decreto legislativo che tutela la posizione presuntivamente debole dei creditori fornitori della P.A. integra uno dei comportamenti abusivi della parte contrattualmente più forte che il legislatore ha voluto contrastare. In particolare, l amministrazione pubblica non ha il potere di stabilire in modo unilaterale le conseguenze del proprio inadempimento contrattuale, come gli interessi moratori o le conseguenze del ritardato pagamento, né può subordinare la possibilità di partecipare alle gare all accettazione di clausole con questi contenuti se non a costo di ricadere sotto le sanzioni di invalidità per iniquità, vessatorietà, mancanza di specifica approvazione a seguito di trattative. Le clausole contrattuali che prevedono regole diverse e inique rispetto alle regole imperative sono invalide e sono sostituite automaticamente dalle stesse regole imperative. Legittimazione ad agire delle associazioni di categoria e tutela degli interessi collettivi Il Consiglio di Stato ha, inoltre, chiarito che, nel caso di specie, le associazioni di categoria erano legittimate ad agire pur non essendo imprese partecipanti alla gara in quanto l oggetto del giudizio non era il bando ma in realtà le clausole inique in esso contenute, di cui si vuole evitare l inserimento. La legittimazione ad agire delle associazioni di categoria per accertare la grave iniquità delle condizioni generali di contratto è prevista espressamente dalla norma ed è in linea con lo spirito della direttiva comunitaria volto a rafforzare le posizioni creditorie nei confronti di quelle debitorie. Riguardo alla sussistenza dell interesse ad agire il Consiglio di Stato specifica che le associazioni di categoria tutelano interessi collettivi rispetto a clausole contrattuali inserite nel contenuto del bando che possono, a causa della loro iniquità, avere avuto un effetto dissuasivo rispetto a una più ampia partecipazione alla gara. Il Consiglio di Stato osserva che, attraverso l articolo 8 del decreto legislativo n. 231/2002, si è introdotta una forma di tutela generale e preventiva contro l utilizzazione di condizioni contrattuali inique a livello collettivo, accanto alla tutela individuale e successiva del singolo imprenditore che abbia già stipulato un contratto che contiene clausole inique. Le associazioni hanno la facoltà di esperire un azione inibitoria e di accertamento della grave iniquità delle condizioni generali concernenti la data del pagamento o le conseguenze del relativo ritardo. Nel caso di accoglimento della domanda, vi è la pronuncia di una sentenza che accerta l invalidità delle clausole inique ed eventualmente ordina al soccombente la cessazione del suo comportamento illegittimo e l astensione da questo per il futuro o, se non è già in atto una condotta abusiva, la inibisce in via preventiva.