deposito di sigilli ritrovato a Cnosso è da collocare poco prima o poco dopo la distruzione degli Antichi palazzi.



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Grecia Tra il 2600 e il 2000 si collocano i periodi definiti come Elladico Antico (EA) e Minoico antico (MA, a sua volta diviso in tre sottoperiodi, MA I, II e III). In Grecia vivono in questi secoli popolazioni non indoeuropee, di cui poco sappiamo. A Creta il MA antico è caratterizzato dalla presenza di parecchi reperti, tra cui interessanti i sigilli, con segni (milk stones). Si noti che intorno al 2200 Creta è particolarmente prospera, e che questi sono anche gli anni in cui fiorisce Troia II, la città a cui risale il famoso Tesoro di Priamo ritrovato da Schliemann. Il Periodo tra il 2000 e il 1550 è definito rispettivamente Elladico Medio (EM) e Minoico Medio (MM, esso pure suddiviso in MM I, II e III). L EM vede una lenta e continua invasione della Grecia da parte di popolazioni indoeuropee, che si insediano sul territorio a macchia di leopardo, in parte attraverso guerre e distruzione dei popoli preeesistenti, in parte attraverso una pacifica convivenza. In questo periodo, a partire forse dal 2000, la lingua degli indoeuropei invasori si differenzia rispetto al ceppo originario ed assume le caratteristiche tipiche del greco. Il MM I e II, dal 2000 al 1700, è anche definito periodo degli Antichi Palazzi. Si afferma in questi anni la scrittrura geroglifica. Il MM III va dal 1700 al 1570 (fine dominazione Hyksos) Tra il 1600 e il 1550 il Mediterraneo è sconvolto da una serie di avvenimenti drammatici, che ancora non sappiamo come collegare tra loro. Il primo è l eruzione vulcanica di Thera (Santorini), che causò enormi disastri (terremoti e maremoti) e probabilmente importanti spostamenti di popolazioni. Il secondo è l invasione dell Egitto da parte degli Hyksos, i cosiddetti Re pastori, una popolazione di origine semitica, che dominò il delta del Nilo per più di due secoli, dal 1786 al 1567. La cacciata degli Hyksos da parte del faraone Ahmose è stata messa da alcuni storici in relazione con l Esodo del popolo ebraico. Altri storici hanno invece collegato agli Hyksos il personaggio di Danao, leggendario fondatore di Micene: è probabile infatti che signori e guerrieri Hyksos cacciati dall Egitto si siano rifugiati in altri luoghi, stabilendovi il proprio dominio. Certo è comunque che alla fine del MM II, intorno al 1700, gli Antichi Palazzi furono distrutti, per essere ricostruiti nel MM III, detto anche periodo dei Nuovi Palazzi. Questo periodo segna l apogeo della potenza marittima cretese, la cosiddetta thalassocrazia, e l inizio di una grande fioritura artistica (ceramiche ed affreschi, soprattutto nel palazzo di Cnosso, con uno stile spiccatamente naturalistico). Alla scrittura geroglifica si affianca la Lineare A, non decifrata e in una lingua a noi ignota. Il famoso

deposito di sigilli ritrovato a Cnosso è da collocare poco prima o poco dopo la distruzione degli Antichi palazzi. Il periodo dal 1600 al 1200 è definito Elladico Tardo (ET) e Minoico Tardo (MT, I, II, III). L Elladico Tardo coincide con la civiltà micenea. Al XVI secolo risalgono le tombe a fossa scoperta da Schliemann con gli splendidi ritrovamenti ora al Museo di Atene (tra cui la maschera cosiddetta di Agamennone). Nel secolo XV i Micenei avviarono un espansione verso Creta, forse colminata in un vero e proprio dominio, almeno di Cnosso. Nel XIV essi cominciarono a innalzare mura e fortezze imponenti (le cosiddette costruzioni ciclopiche), segno questo di timori verso possibili nemici esterni. Certamente i Micenei adottarono, a Cnosso e in patria la scrittura Lineare B, che la decifrazione di Ventris ha dimostrato essere relativa alla lingua graca. La fine del periodo è drammatica. Nel XIII secolo si collocano prima la guerra di Troia, conseguente all indebolimento dell Impero Hittita, con la coseguente distruzione di Troia VIIa. Poco dopo, forse approfittando della debolezza conseguente alla lunga guerra, le popolazioni doriche invadono il Peloponneso, e ne distruggono le fortezze. E la fine della civiltà micenea, e l inizio del cosiddetto Medioevo Greco. La scrittura viene dimenticata. sarà riscoperta solo cinque secoli dopo, in forme completamente diverse. A Creta il Minoico Tardo sembra essere dominato nei primi tempi da crescenti preoccupazioni di difesa (crescono negli strati di questo periodo i ritrovamenti di armi). Al termine del MT II, cioè intorno al 1400 i Nuovi Palazzi di creta vengono distrutti, anche in questo caso non sappiamo se per un evento naturale o come conseguenza di una rivolta fallita contro gli occopanti micenei. La scomparsa della scrittura, inimmaginabile per noi senza la scomparsa in massa di tutte le persone in grado di scrivere, [...] non fu dovuta a massacri. [...] La scrittura finì quando i vecchi che la adoperavano non videro ragione per insegnarla ai giovani, e i giovani non videro ragione per impararla dagli anziani. Il momento venne quando i palazzi e tutto ciò che gravitava introno ad essi, in particolare la registrazione dei conti, ma anche tutte le attività legate ai palazzi stessi, ebbero visto la fine. La scrittura aveva solo poche altre radici, e deboli. Probabilmente scomparve quasi all improvviso. 1 Abbiamo visto che tutte le grandi civiltà del passato furono dimenticate per secoli e riscoperte nel corso dell Ottocento: la civiltà egizia a partire dalla spedizione napoleonica, le civiltà mesopotamiche con gli scavi di Botta e Layard intorno al 1840. Paradossalmente la civiltà più vicina all Europa, quella della Grecia antica, fu l ultima verso cui si indirizzò l attenzione degli archeologi e degli studiosi. Intorno al 1870, quando già i tesori di Tebe 1 Sterling Dow, Le scritture leneari e le tavolette come documenti storici: la scrittura nel mondo minoico e miceneo, in Storia del Mondo Antico (The Cambridge Ancient History), vol.ii, L apogeo delle civiltà orientali, Milano, Garzanti, 1976, p. 546. 2

e di Ninive potevano essere tranquillamente ammirati nei principali musei, si pensava ancora che Troia fosse una città leggendaria, Minosse un personaggio fantastico, e che la civiltà greca avesse avuto origini nell VIII secolo a. C. Il merito di aver trasformato radicalmente questo panorama va a tre uomini, un avventuriero, un archeologo, e un accademico. Schliemann primi scavi a Troia 11 ottobre 1871 i risultati giunsero già nell agosto del 1872, con la coperta di ben 9 città in strati successivi, la prima un villaggio del bronzo antico, circa 3000 a. C., l ultima di età romana, priva di fortificazioni. Le due città più importanti sono Troia II, che Schliemann ritenne essere la Troia omerica perché circondata da mura con grandi porte e chiaramente distrutta da un incendio. Gli studiosi moderni collocano invece questa città nel periodo 2.500-2000 a. C., e non la identificano con la Troia di Omero, anche perché è piuttosto piccola. Troia VI (1500-1250) è assai più grande, con mura spesse, torri e porte. Fu probabilmente distrutta da un terremoto, e ricostruita subito dopo. Ma pochi anni dopo, intorno al 1200, questa nuova città, Troia VII fu distrutta da un incendio. Gli studiosi più recenti ritengono che sia la Troia di Omero. La scoperta più importante di Schliemann avvenne il 15 giugno 1873. Quel giorno, l ultimo degli scavi, Schliemann vide alla base delle mura ciclopiche di Troia VI, un grosso recipiente di rame. Allontanati gli operai, e aiutato dalla moglie Sophia, riuscì a portarlo alla luce. Scoprì così il cosiddetto Tesoro di Priamo, un insieme di più di 8.000 gioielli, alcuni di altissima qualità, nascosti evidentemente dall antico proprietario prima della distruzione della città. Riuscì ad esportare clandestinamente i gioielli, suscitando le ire del governo turco, che fu placato solo con il versamento di una somma principesca, e donò tutto il materiale al Museo di Berlino. Alla fine della seconda guerra mondiale esso fu trafugato dai russi, che a lungo negarono il fatto e che solo recentemente lo hanno nuovamente esposto, presso il Museo Puskin di Mosca. Da sottolineare tuttavia la tesi di alcuni 3

scettici, secondo cui gli oggetti del Tesoro sarebbero stati rinvenuti da Schliemann in diversi luoghi di Troia, e riuniti proprio per avvalorare l ipotesi di un tesoro nascosto dal Re di Troia poco prima della catastrofe. Negli anni successivi, tra il 1874 e il 1876 Schliemann scavò a Micene, la città dei vincitori greci e in particolare di Agamennone. Le rovine di Micene erano ancora visibili; ma Schliemann, seguendo le indicazioni dello storico Pausania, individuò il luogo dove presumibilmente erano sepolti gli antichi re, all interno della cinta muraria, ed iniziò gli scavi, portando alla luce nel 1876 una serie di tombe a fossa. Queste tombe, con quindici scheletri, erano ricchissime, piene di monili, armi, utensili, con oggetti, ad esempio maschere funebri d oro, di straordinaria bellezza. Schlieman pensò che si trattasse delle tombe degli Atridi, uccisi da Clitemnestra e Egisto al ritorno in patria dopo la guerra di Troia. Ma anche in questo caso si sbagliava: le tombe e gli oggetti in esse contenuti risalgono al XVI secolo. Al colmo della gloria, Schliemann decise di esplorare un terzo luogo, l isola di Creta, regno del leggendario Minosse. Ma in quest ultimo caso fu meno fortunato: i suoi tentativi di acquistare il terreno sotto cui verosimilmente si nascondeva la reggia fallirono a causa delle eccessive pretese del proprietario, che costrinsero Schliemann, disgustato, a rinunciare. I metodi di Schliemann furono molto criticati, perché nella sua ansia di trovare tesori egli si proccupò poco di documentare le ricerche e di studiare la stratigrafia. Negli ultimi lavori tuttavia egli si avvalse della collaborazione di Wilhelm Dörpfeld, uno scienziato di grande valore. Da notare che in nessuno dei suoi scavi Schliemann trovò tracce di antiche scritture. La tomba di Vafiò (Βάφειο) presso Sparta, scavata nel 1888-89 dal Christos Tsountas, in cui furono trovate le due splendide tazze ora al museo di Atene Evans 4

A differenza di Schliemann, personaggio avventuroso e romantico, Arthur Evans era un serio e metodico ricercatore. Nato nel 1851, figlio di un archeologo e numismatico di valore, studiò a Oxford e a Göttingen. Partecipò a vari scavi in Europa e nel 1884 divenne direttore dell Ashmolean Museum di Oxford. Pochi anni dopo, nel 1889, ebbe occasione di comprare da un antiquario un sigillo di pietra inciso sui quattro lati con segni misteriosi, che secondo il venditore doveva provenire dalla regione di Sparta. I segni presenti sul sigillo sembravano appartenere ad una scrittura pittografica ancora sconosciuta, con qualche similitudine con i cosiddetti geroglifici ittiti. Nel 1893 Evans soggiornò in Grecia, ed ebbe la fortuna di trovare ad Atene altri sigilli simili a quello comprato quattro anni prima, e poté appurare che queste pietre non provenivano in realtà da Sparta, ma da Creta. Evans si mise allora a studiare questi oggetti, confrontandoli con alti simili appartenenti al museo di Berlino, e poté annunciare, nel novembre dello stesso anno, di aver scoperto il sistema di scrittura usato dagli antichi cretesi, diverso da tutti gli altri sistemi conosciuti. Definì questa scrittura geroglifici cretesi, e questo nome è ancora oggi usato. L interesse di Evans per la scrittura era partito dalle scoperte di Schliemann, ammirate ad Atene: egli pensò giustamente che se i Micenei, abitanti una terra povera e priva di particolari risorse, erano stati capaci di produrre oggetti di un così elevato valore artistico, dovevano possedere un sistema economico e sociale assai sviluppato: e questo implicava la conoscenza della scrittura, in una forma o in un altra. Nel 1894 Evans si recò a Creta e cominciò ad esplorarla sistematicamente. Qui ebbe la sorpresa di vedere che molte donne del luogo portavano appesi al collo questi antichi sigilli, evidentemente ritrovati nel terreno, convinte che essi aiutassero nell allattamento: essi erano definiti galopetres, pietre del latte. Egli riuscì ad acquistarne parecchi, arricchendo così il materiale disponibile per il proprio studio. Ma ebbe anche un altra sorpresa. Su alcuni vasi venuti recentemente alla luce, da Prodromos Botsanou e da Mallia, erano presenti altri segni, evidentemente una scrittura, assai diversi dai geroglifici. Due anni dopo, nell aprile 1896, nella grotta sul fianco del Monte Dikti, in cui secondo la leggenda Rea partorì Zeus, fu trovato un frammento di una tavola per libagioni in steatite, anch esso con alcuni segni della stessa scrittura, che Evans definì lineare. Gli ultimi anni del secolo furono drammatici: gli abitanti di Creta si ribellarono all occupazione turca, e per parecchio tempo l isola fu tormentata da combattimenti che portarono anche alla distruzioni di preziosi reperti archeologici. Quando finalmente Creta raggiunse l indipendenza Evans, protetto dal nuovo governo, potè finalmente dare inizio alla propria avventura. Aveva individuato come terreno propizio la collina di Kephala, a cinque kilometri dal mare, presso Heraklion, perché in quel luogo erano stati fatti parecchi ritrovamenti. Questa collina era già stata oggetto delle attenzioni di Schliemann, invano. Nel 1878 un archeologo dilettante di Heraklion, Minos Kalokairinos, aveva 5

scoperto nella zona dei vasi e delle pareti dipinte, ma le autorità locali gli avevano proibito di continuare negli scavi, convinte che di eventuali scoperte si sarebbero impossessati i Turchi per trasportarle ad Istambul. Nel 1894 Kolakaironos mostò i propri ritrovamenti a Evans, che decise di concentrare l attenzione proprio su quella collina. Fu più fortunato, o più abile, di Schliemann e riuscì ad acquistarla, con il proprio danaro. Il 23 marzo 1900 la prima campagna di scavi ebbe inizio, e pochi giorni dopo, il 30 marzo Evans trovò la prima tavoletta con segni di scrittura. Gli scavi di Evans durarono sei anni, e furono una delle più grandi imprese dell archologia moderna. Con centinaia di scavatori, egli esplorò una superficie di circa 24.000 metri quadrati, mettendo alla luce l antico palazzo di Cnosso, con le sue sale, i suoi affreschi, le sue ceramiche, e con un enorme numero di tavolette scritte. Si trattava di una scoperta straordinaria. I reperti di Cnosso erano chiaramente più antichi di Troia e anche delle tombe trovate a Micene da Schliemann. La leggenda secondo cui tutta la Grecia sarebbe stata anticamente soggetta a Creta (si pensi al tributo di giovani che gli ateniesi dovevano inviare al Minotauro) diventava verità storica. Non sarà qui necessario indugiare oltre sul lavoro di Evans e sulle scoperte effettuate negli anni successivi in altre località di Creta. E però importante sottolineare che Evans, nel delineare il profilo e la cronologia della civiltà da lui scoperta esagerò nel ritenere che Creta avesse esercitato per quasi un millennio, dal 2000 al 1200, un dominio assoluto su tutta la Grecia continentale. Negli anni successivi tutta una serie di scoperte portò molti archeologi e storici a ritenere che la Grecia continentale, pur subendo l influenza cretese, fosse politicamente autonoma. Questa ipotesi incontrò la più feroce opposizione da parte di Evans, assolutamente convinto del dominio cretese. Poiché il prestigio e l influenza di Evans erano enormi, per molto tempo nessuno osò dar corpo a teorie che potessero contraddire le sue parole. A Cnosso e negli altri palazzi di Creta furono trovate moltissime tavolette, che Evans studiò e classificò senza mai riuscire a decifrarne la scrittura. Egli identificò tre diversi tipi di scrittura, la Geroglifica, la Lineare A e la Lineare B. 6

Blegen Carl William Blegen (1887-1971) è senz altro meno noto dei due personaggi precedenti, ma è altrettanto importante. Professore per molti anni all Università di Cincinnati, diresse tra il 1932 e il 1938 una serie di ulteriori scavi sulla collina di Hissarlik, il sito dei Troia scoperto da Schliemann: si deve a lui l identificazione della Troia omerica con Troia VII. Nel 1939 scoprì la città di Pilo. Pilo nei poemi omerici è la capitale di Nestore, uno dei sovrani più importanti e rispettati. Seondo Strabone essa si trovava in Trifilia, sulla costa occidentale della Grecia; ma Blegen decise di seguire le indicazioni di Omero e di cercare invece in Messenia, dove si trovava una città modenna con lo stesso nome, a sud della baia di Navarino. Nei pressi della città individuò una collina in cui si trovavano cocci antichi e cominciò a scavare. La mattina stessa del primo giorno di lavoro gli operai portarono alla luce alcune tavolette con una scrittura simile a quella delle tavolette di Cnosso che Evans aveva definito Lineare B: esse provenivano dall archivio principale del palazzo, che si trovava proprio nel punto in cui Blegen aprì la prima trincea. Negli scavi del 1939 emersero circa 600 tavolette: Questa scoperta poneva enormi problemi: come spiegare infatti che a Pilo, sul continente, si trovassero documenti stesi nella stessa scrittura di Cnosso? Ha scritto Louis Godart: Come spiegare che micenei del continente avessero potuto disporre di documenti simili a quelli scoperti a Creta, in un palazzo che non era, secondo le teorie del maestro, un palazzo greco? Archeologi e storici si trovavano di fronte a un difficile rompicapo che bisognava tentare di risolvere. Alcuni avanzarono l ipotesi che le tavolette di Pilo provenissero da una razzia compiuta a Creta, nelle terre di re Minosse, da pirati messeni. Altri inventarono uno scenario un po diverso: il re miceneo di Pilo avrebbe catturato degli scribi cretesi e li avrebbe costretti a tenere, in minoico, i conti della sua amministrazione. Altri ancora, infine, rimisero in discussione l appartenenza dei micenei al mondo greco. Nessuno osò prendere in considerazione l ipotesi che le tavolette in lineare B di Cnosso e di Pilo fossero 7

scritte in greco, tanto era invadente e implacabile la figura dello scavatore di Cnosso. 1 primo sigillo acquistato da Evans Tavoletta da Festo La scrittura geroglifica Questa scrittura, databile approssimativamente al periodo 2000-1650, è testimoniata dai sigilli, ma anche da frammenti di argilla e da alcune tavolette. I segni sono di tipo pittografico, e rappresentano in genere oggetti riconoscibili: una testa, una mano, una stella, eccetera. La scrittura non è stata ancora decifrata, perché il materiale pervenutoci è limitato. Bisogna però dire che essa è di tipo molto primitivo, paragonabile per certi aspetti alle tavolette protosumeriche: viene raffigurato un oggetto, in modo diretto o in modo simbolico, e una serie di tratti verticali ne determinano la quantità. Siamo cioè di fronte a promemoria contabili, privi di nessi sintattici, che hanno in sostanza lo scopo di registrare cose già note. 1 Godart, p. 29. 8

La lineare A La lineare A rappresenta lo stadio successivo della scrittura cretese. E collocabile tra il 1750 e il 1450. I disegni dei geroglifici si riducono in essa a semplici linee, da cui il nome che Evans le attribuì. La scrittura va da sinistra a destra. Sono stati trovati esempi di questa scrittura ovunque a Creta, ma mai in altri luoghi, con la sola eccezione di alcuni marchi su vasi a Melos e a Thera (ma si suppone che questi vasi siano stati fabbricati a Creta). Esistono anche iscrizioni su oggetti di pietra o di bronzo. Il ritrovamento più importante è costituito da un gruppo di circa 150 tavolette scoperte negli scavi di un palazzo a pochi kilometri da Phaistos, individuato dagli archologi con il nome della vicina cappella di Hagia Triada. La lineare B Non sappiamo esattamente quando la linare B sostituì la linare A. I documenti che ci sono rimasti sono quasi tutti databili al periodo della distruzione dei palazzi, alla fine del Tardo Minoico II, ossia al 1400. Questa scrittura, anche se posteriore, è più complessa della lineare A, e questo fece supporre a Evans che essa fosse tipica del palazzo reale di Cnosso, una sorta di grafia reale. Evans pensava ovviamente che Lineare A e lineare B si riferissero alla stessa lingua, il minoico: noi sappiamo ora, grazie a Ventris, che la lineare A è quasi certamente in minoico, ma che la lineare B è in greco, quindi è il frutto dello sforzo di adattare una scrittura già esistente ad un altra lingua. Anche questa è però una spiegazione insoddisfacente. Come ha scritto Chadwick, 9

There is no reason to change the form of a sign in order to write a new language, though it may be necessary to add or subtract, or change the values of some signs. 1 Per molto tempo in effetti, prima delle scoperte di Ventris, si ritenne che le due scritture si riferissero alla stessa lingua, e che la B fosse semplicemente una evoluzione della A. Questa teoria fu sostenuta ad esempio dallo studioso italiano Giovanni Pugliese Carratelli quando nel 1945 pubblicò la propria edizione degli scritti in lineare A. 2 Ma nel 1950 E. L. Bennett dimostrò che il sistema numerico delle due scritture era completamente diverso. In particolare la parola che nelle due scritture serviva a indicare il totale (chiaramente identificabile dalla sua posizione) era completamente diversa. Nel palazzo di Cnosso sono state trovate quasi 4.000 tavolette, inclusi i frammenti, tutte cotte e conservate grazie all incendio che distrusse il palazzo alla fine del XV secolo. Le due differenze immediatamente visibili tra lineare A e lineare B sono la presenza di linee di guida che separano le linee della scrittura nella lineare B e il diverso sistema di numerazione: nella lineare B non ci sono segni di frazioni, ma invece l impiego di sottounità per indicare le misure più piccole, così come noi facciamo ad esempio per chilo, etto, grammo. Proprio la scoperta di quest ultina diferenza da parte di E. L. Bennett nel 1950 mise in dubbio la teoria sino ad allora sostenuta da Evans e da Pugliese Carratelli, che la lineare B fosse una semplice evoluzione della lineare A, e che la lingua delle due scritture fosse la medesima. Quasi tutte le tavolette trovate a Knossos sono in lineare B, e provengono dal palazzo distrutto da un incendio nel 1400. Proprio l incendio le ha cotte e preservate: a differenza di quanto accadeva in Mesopotamia, i cretesi non avevano infatti l abitudine di cuocere le tavolette, e si limitavano ad essiccarle al sole, anche per poter riutilizzare il materiale, immergendo la tavoletta fatta a pezzi in acqua. 3 Il loro numero è assai alto: comprendendo i frammenti, tre 3 e 4.000. Le tavolette cretesi ono quasi sempre di colore grigiastro, in certi casi color rosso mattone a causa dell ossidazione. Possono essere assai piccole, pochi centimetri, o più grandi, ad esempio cm 25 x 13. Evans non era in grado evidentemente di leggere la scrittura, ma affrontò ugualmente con grande entusiasmo il compito di pubblicare le tavolette. Incontrò tuttavia molte difficoltà. Il primo volume della sua grande opera, con il titolo Scripta Minoa I apparve nel 1909, dedicato alla scrittura geroglifica. Ma in seguito, assorbito dal compito di definire tutta la storia 1 (The Decipherment, p. 14) 2 Le iscrizioni preelleniche di Haghia Triada in Creta e della Grecia peninsulare. Contributo alla storia della civiltà greca, in Monumenti antichi pubblicati dall'accademia d'italia, XL, 4, Milano, 1945, pp.426-610 3 Questo anche a distanza di tempo: pare che una volta Evans abbia lasciato una tavoletta appena scoperta in una stanza dal tetto rovinato. Durante la notte piovve, e la mattina segiente la tavoletta era di nuovo un semplice blocco di argilla molle. 10

dei palazzi cretesi, e quindi della civilta minoica, Evans abbandonò questo impegno, anche perché convinto che fosse impossibile decifrare la scrittura. Circa 120 tavolette in lineare B furono tuttavia pubblicate da Evans nei lavori dedicati agli scavi e nella monumentale opera in quattro volumi Palace of Minos (quarto ed ultimo volume, 1935). Altre 38 tavolette furono pubblicate abusivamente da uno studioso finlandese Johannes Sundwall, che era riuscito a copiarle di nascosto a Creta. Evans morì nel 1941, senza aver completato il secondo volume di Scripta Minoa. Un altro illustre archeologo, suo amico, sir John Myres, prese in mano allora il materiale lasciato da Evans, ma incontrò parecchie difficoltà: non era facile convincere una casa editrice a pubblicare un libro in una scrittura e in una lingua che nessuno era capace di leggere. Inoltre le tavolette originali erano rimaste a Creta, in un paese che aveva sofferto molti danni dalla guerra e che stava riprendendosi a stento: Myres dovette lavorare quasi esclusivamente sui disegni di Evans, e solo in pochi casi, con l aiuto di altri studiosi, riuscì a controllare gli originali. Così quando finalmente il secondo volume di Scripta Minoa apparve, nel 1952, ci si accorse che i disegni erano molto imprecisi e in certi casi errati. Il merito di aver decifrato la scrittura lineare B va interamente attribuito a Michael Ventris. Ventris, nato nel 1922, in un ottima famiglia inglese, ebbe un educazione raffinata e cosmopolita. Era particolarmente dotato per le lingue, che apprendeva con grande facilità. Avendo deciso di diventare architetto, frequentò la Architectural Association School a Londra, presso cui si diplomò nel 1948, dopo essere stato, durante la guerra, navigatore della R. A. F. La sua carriera come architetto cominciò in modo brillante, ma la sua passione era lo studio della antica civiltà greca. Nel 1936, a quattordici anni, aveva ascoltato una conferenza di Evans, in cui il celebre archeologo parlò della misteriosa scrittura degli antichi minoici, e da quel momento il problema lo aveva sempre affascinato. 11

La decifrazione della lineare B era un problema particolarmente complicato, perché occorreva lavorare su una scrittura ignota in una lingua ignota, senza nessun testo bilingue da cui partire. In questi casi ci sono solo due metodi di lavoro: un analisi sistematica e minuziosa del materiale esistente, oppure un procedimento a ipotesi e tentativi, più o meno ingegnosi. Quest ultimo metodo porta sempre a dei risultati, perché data una serie finita di segni non è difficile attribuire a ciascuno di essi un valore arbitrario, in modo tale che il risultato finale sia coerente. In altre parole, se ho quattro segni, 1,2,3,4, posso dire 1 = c, 2 = a, 3 = n, 4 = e leggendo il tutto cane. L ipotesi non più essere né provata, né smentita. La verifica può giungere solo se si trova un altro testo, che non faccia parte della serie finita su cui ho elaborato l ipotesi, e si applica ad esso il codice trovato: se il codice interpreta il nuovo testo, sarà probabilmente esatto, se non lo interpreta è da scartare. Ad esempio se nel nuovo testo trovo la combinazione 1-4-3-2 e leggo cena, avrò una conferma della mia interpretazione; se trovo la combinazione 1-3-4-2, cnae, dovrò concludere che la mia ipotesi è errata. Occorre qui dire che in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale si era formata una validissima scuola di crittografi, allo scopo di decifrare i messaggi segreti che i comandi tedeschi inviavano a navi e sommergibili, elaborati soprattutto attraverso quella straordinaria macchina che era Enigma. Il gruppo di Bletchley Park, guidato da Alan Touring, non solo ideò macchine da calcolo che contribuirono enormemente ai successivi sviluppi dell informatica, ma perfezionò dei metodi analitici assai raffinati, che in qualche modo poterono essere tenuti presenti nella decriptazione della lineare B. I primi tentativi furono però assai infelici: si pensò di riferire la scrittura alle lingue più strane, dal basco all etrusco. Come ha scritto Chadwick, Others again invented languages of their own for the purpose, a method wich had the advantage that no one could prove them wrong. One attempt, by the Bulgarian Professor V. Georgiev, presented an ingenious mélange of linguistic elements, which resembled Greek when it suited his purpose, and any other language when it did not. 1 Moltissimi studiosi, alcuni seri, altri dilettanti, si buttarono sul problema, ma sempre con risultati discutibili. Persino Bedřich Hrozný, celebre per aver individuato il cuneiforme hittita come appartenente a una lingua indoeuropea, propose una propria teoria, arbitraria e del tutto inaccettabile. Evans, assai prudente sul tema, anche perché era convinto che la lineare B rappresentasse una sconosciuta lingua minoica, espose alcune ipotesi azzardate: ad esempio sostenne che i segni 𐀃 e 𐀀, abbastanza comuni in 1 Chadwick, p. 27. 12

inizio di parola, fossero dei determinativi rappresentanti rispettivamente un trono e un ascia bipenne, usata nelle cerimonie religiose, e che perciò i due segni si riferissero il primo alle parole con riferimenti al re, il secondo alle parole con riferimenti al culto: idea completamente sbagliata. In un altro caso Evans osservò un segno rappresentante una testa di cavallo, accompagnato da due segni per cui esisteva un riscontro nel cipriota classico, e che potevano essere letti po-lo: ora polos in greco significa puledro, e la lettura si presentava plausibile. Ma Evans era sicuro che la lineare B non fosse in greco, e rinunciò di conseguenza alla propria lettura, questa volta giusta. Il contributo metodologicamente più importante venne però da una studiosa americana, Alice Kober (1906-1950) già assistente di John Myres. In un epoca che ancora non conosceva il computer, la Kober registrò su piccole schede di carta le varie occorrenze dei 90 segni in lineare B, per un totale di 186.000 schede, e cominciò ad analizzarle sistematicamente, ponendosi alcune precise domande. Innanzi tutto: la lingua della lineare B era inflessa, con diverse terminazioni per esprimere le forme grammaticali? Inoltre, era possibile distinguere in essa generi e numero? La Kober scoprì allora che la parola designante il totale, ben riconoscibile dalla sua posizione al termine delle somme, si presentava in due forme, una quando si trattava di uomini e di certi animali, un altra quando si trattava di donne e di altri animali. La Kober scoprì inoltre delle combinazioni di segni si presentavano in tre varianti diverse, identiche nelle prime lettere, diverse nella terminazione, ad esempio: 𐀚𐀑𐀴𐀊 𐀚𐀑𐀴𐀍 𐀚𐀑𐀍 oppure 𐀶𐀪𐀯𐀊 𐀶𐀪𐀯𐀍 𐀶𐀪𐀰 La Kober sospettò giustamente che queste combinazioni di segni corrispondessero a diversi tipi di declinazioni (domin-us, domin-um, domina-a), e che di conseguenza la lingua dovesse essere di tipo flessivo. Un altro contributo importante venne da Bennett, che nel 1950 dimostrò che la numerazione era organizzata in un sistema di multipli e sottomultipli, e che nel 1951 (The Pylos tablets) pubblicò un elenco completo dei segni, separando logogrammi da sillabogrammi. Un semplice conteggio dei sillabogrammi, meno di 100, permetteva infine di concludere che essi erano formati da sillabe aperte, del tipo CV (consonante + vocale) oppure V (sola 13

vocale). Se un sistema di scrittura possiede anche sillabe del tipo CVC (ad esempio il sistema accadico) il numero di segni deve essere assai maggiore. Ventris non partiva dunque da zero: gli elementi a sua disposizione erano però assai scarni. Nel 1950 Ventris preparò una specie di questionario e lo spedì a 12 studiosi scelti con cura in tutto il mondo: Bennett e Kober negli Stati Uniti, Bossert e Grumach in Germania, Schachermeyr in Austria, Pugliese Carratelli e Peruzzi in Italia, Georgiev in Bulgaria, Ktistopoulos in Grecia, Sundwall in Finlandia, Hrozný in Cecoslovacchia e Myres in Inghilterra. Risposero tutti, tranne Hrozný, ormai molto anziano, e la Kober, che ritenne il questionario una perdita di tempo. Ventris raccolse le risposte, unì ad esse le proprie osservazioni e fece circolare il tutto tra i dodici studiosi: apparso proprio nel 1950, questo testo è noto come Mid-Century Report. Ventris sostenne sin dall inizio che era necessario stabilire le relazioni tra i vari segni ( search for a pattern ), senza preoccupersi del loro valore fonetico. Nei mesi successivi Ventris elaborò ben 20 rapporti, per un totale di 176 pagine, che comunicò agli altri studiosi per informarli dei suoi progressi. Il punto di partenza fu ovviamente l analisi statistica dei segni, e della loro frequenza in posizione iniziale, centrale o finale di parola. Questo permise una prima ipotesi: in un sistema formato solo da sillabe CV o V, una vocale posta all interno di una parola deve per forza essere successiva a un altra vocale, cosa non molto comune, mentre tutte le parole che cominciano con vocale devono avere all inizio un segno di tipo V. In altre parole se un segno ricorre spesso all inizioe di parola, e raramente nel mezzo, è molto probabile che si tratti di una vocale. Ora i segni 𐀀 𐀃 𐀁 avevano proprio questa caratteristica: era quindi ragionevole supporre che si trattasse di vocali. Inoltre Ventris notò che il segno 𐀤 ricorreva spesso in finale di parola, e suppose che si trattasse di una congiunzione usata come suffisso, simile al -que latino. L analisi delle possibili desinenze, nei casi in cui la presenza del determinativo permetteva di conoscere il genere, maschile o femminile, gli permise di stabilire che alcune parole terminavano in modo diverso se erano maschili o femminili, ad esempio 𐀫 𐀨 oppure 𐀰 𐀭 oppure 𐀍 𐀊 oppure 𐀺 𐀷 la prima forma essendo tipica del maschile, la seconda del femminile. Si poteva quindi pensare ciascuna delle due serie 𐀫𐀰𐀍𐀺 e 𐀨𐀭𐀊𐀷 avesse la medesima vocale e quattro diverse consonanti (cosa che oggi sappiamo vera: la prima serie corrisponde alle sillabe -ro, - so, -jo, -wo, la seconda alle sillabe -ra, -sa, -ja, -wa). Analoghe ipotesi furono fatte per quanto riguardava le declinazioni. 14

griglia datata 28 settembre 1951 A partire dal 1951 Ventris cominciò a disporre i vari segni all interno di una griglia, mettendo nella colonna quelli che supponeva avessero la stessa vocale e nella riga quelli con la stessa consonante. Rimaneggiando e correggendo continuamente queste griglie, egli riuscì in pochi mesi a limitare le varie ipotesi possibili, stabilendo una serie di punti fermi. La svolta decisiva va collocata al 1 giugno 1952 e alla celebre Work Note n. 20, intitolata Are the Knossos and Pylos tablets written in greek?. Il secondo volume di Scripta Minoa era finalmente stato pubblicato, ma Ventris non aveva ancora avuto il tempo di esaminarlo con attenzione. Proporre la nuova possibilità era un autentico azzardo, e per questo Ventris usò molta cautela, prendendo la precauzione di un punto interrogativo, e definendo la propria a frivolous digression. Ventris ebbe l idea di leggere i tripletti della Kober come nomi propri, non di persone, ma di città e di corporazioni: those which occur both at Pylos and at Knossos are probably corporations ; those which are peculiar to each are the towns and villages of the region. Egli suppose anche che le parole più lunghe fossero gli aggettivi derivati dal nome della città (come Atene/ateniese). Si mise allora alla ricerca di una parola che doveva essere presente con molta probabilità nelle iscrizioni, il nome del porto vicino a Knossos, Amnisos, citato da Omero e da Strabone. Amnisos avrebbe dovuto essere sillabato A-mi-ni-so, 15

aggiungendo una vocale quiescente i. La ricerca era facilitata da alcune ipotesi verisimili: la vocale a poteva essere 𐀀 segno molto frequente tra le vocali iniziali il segno 𐀙 = na, analogamente al cipriota il segno 𐀴 = ti, analogamente al cipriota il segno 𐀛 = ni, perché posto nella griglia all incrocio tra la riga di na e la colonna di ti la parola Amnisos era sillabata a-mi-ni-so, inserendo la vocale quiescente i come nel cipriota. Quindi: 𐀀? 𐀛? Ora tra i tripletti della Kober l unico che si adattasse all ipotesi era 𐀀 𐀖 𐀛 𐀰 Ventris quindi attribuì a 𐀖 il valore mi e a il valore 𐀰so. 16

Il 20 febbraio del 1952 Ventris elaborò la Work Note n. 17. In questa griglia molti segni trovavano ormai una loro collocazione. Nella tabella che segue abbiamo estratto la parte centrale e più importante del foglio di Ventris: come al solito le colonne indicano le cinque vocali e le righe le consonanti; la prima riga contiene le vocali senza consonante, i segni più piccoli sono quelli si cui Ventris si dichiarava in partenza dubbioso. Si noti che Ventris era ancora assai lontano dall aver trovato un valore esatto alla maggior parte dei segni. e si confronta questa tabella con l altra che riporta i valori oggi accertati, si vedrà che le differenze sono notevoli. Di fatto nella tabella del febbraio 1952 sono esatte le due vocali della prima riga, 17

1 2 3 4 5 𐀃 o 𐀀 a 1 𐀲 𐀊ja 2 𐀹 𐀄 𐀸 𐀺 𐀷wa 3 p 𐀠pi 𐀠 𐀞pa 4 𐀋 𐀍 𐀋 𐀊 5 d 𐀈do 𐀅da 𐀉du 6 𐀴 𐀵 𐀳 7 𐀯 𐀰 𐀝 𐀭sa 8 n 𐀛ni 𐀜no 𐀚ne 𐀙na 9 𐀖 𐀗 𐀟 𐀔 10 𐀒 𐀐 𐀽 𐀿 11 𐀪 𐀳 𐁈 12 r 𐀨ra 𐀫ro 𐀩re 𐀬ru 13 𐀂 𐀁 𐀏 14 𐀕 15 𐀦 𐀤 𐀦 Questo consentì a Ventris di procedere come in una specie di sudoku. Poiché mi e ni si trovavano nella stessa colonna della griglia, alla vocale 1 poteva essere dato il valore i. Nella seconda colonna, per la vocale 2 c era il segno so. Quindi tutti i segni della seconda colonna avevano questa vocale. Tra questi segni c era anche 𐀜 che si trovava sulla stessa riga di ni, e che 18

quindi doveva essere letto no. Ma tra i tripletti della Kober c era anche 𐀒 𐀜 𐀰 cioè -o no so. Questa serie corrispondeva con ogni probabilità a un altro toponimo, ko no so, cioè Knossos: quindi il segno𐀒 era ko. Nonostante questi risultati incoraggianti, Ventris, al momento di trarre le conclusioni del suo ragionamento, si mostrò scettico circa la possibilità che i documenti in lineare B fossero scritti in greco. Ciò che lo portava a dubitare della correttezza della decifrazione erano soprattutto alcune grafie anomale o inattese come ko-wo e ko-wa per bambino e bambina (invece di ko-ro e ko-ra, cf. att. koros, kore) o l uso del sillabogramma *78 per la congiunzione enclitica te e (invece del sillabogramma *04 te). La collaborazione con John Chadwik, grecista dell università di Cambridge, iniziata nel luglio del 1952, contribuì a dissipare tali dubbi. La maggior parte delle grafie anomale o inattese poterono infatti essere spiegate alla luce della natura arcaica del greco delle tavolette. Così, ad esempio, ko-wo e ko-wa si rivelarono essere le grafie per korwos e korwa, forme arcaiche di koros e kore, mentre l uso del sillabogramma *78 per la congiunzione enclitica divenne comprensibile nonappena fu chiaro che il greco delle tavolette possedeva ancora i suoni occlusivi labiovelari ereditati dall indoeuropeo (te è infatti da *k w e, cf. lat. -que). Nel 1953, quando la maggior parte delle incertezze furono dissipate, Ventris e Chadwick pubblicarono i risultati della decifrazione nell articolo Evidence for Greek Dialect in the Mycenaean Archives. La conferma definitiva della correttezza della decifrazione arrivò nello stesso anno, quando Carl Blegen, l archeologo responsabile dello scavo del palazzo di Pilo, comunicò a Ventris e Chadwick che, applicando ad alcune tavolette ancora inedite i valori fonetici da loro proposti, era possibile leggere prima del disegno inequivocabile di un vaso con tre piedi la parola ti-ri-po-de tripodi. La scrittura lineare B ha circa 200 segni, 90 dei quali hanno valore fonetico e costituiscono un sillabario. Una prima tabella con questi valori fu elaborata da Ventris e Chadwick. Una serie di convegni internazionali, il primo dei quali svoltosi a Parigi nel 1956, dopo la morte di Ventris, hanno portato a una standardizzazione dei segni, ad uso degli specialisti. Nel 1961 il terzo convegno si svolse a Racine, Wisconsin, presso il Wingspread Conference Center, e su proposta di Emmett L. Bennett, Jr., adottò la 19

cosiddetta Wingspread Convention. Attualmente l ente di riferimento per questo ambito di studi è il Comité International Permanent des Études Mycéniennes. Nella tabella che segue sono riportati i segni fonetici su cui esiste oggi universale accordo tra gli studiosi, con i numeri della classificazione Bennett. d j k m n p q r s t w z a e i o u a e i o 𐀀 𐀅 𐀊 𐀏 𐀔 𐀙 𐀞 𐀣 𐀨 𐀭 𐀲 𐀷 𐀼 08 𐀁 da 01 𐀆 ja 57 𐀋 ka 77 𐀐 ma 80 𐀕 na 06 𐀚 pa 03 𐀟 qa 16 𐀤 ra 60 𐀩 sa 31 𐀮 ta 59 𐀳 wa 54 𐀸 za 17 𐀽 38 𐀂 28 𐀃 de di 45 𐀇 07 𐀈 je 46 𐀍 ke ki 44 𐀑 67 𐀒 me mi 13 𐀖 73 𐀗 ne ni 24 𐀛 30 𐀜 pe pi 72 𐀠 39 𐀡 qe qi 78 𐀥 21 𐀦 re ri 27 𐀪 53 𐀫 se si 09 𐀯 41 𐀰 te ti 04 𐀴 37 𐀵 we wi 75 𐀹 40 𐀺 ze 74 𐀿 61 𐀄 do 14 𐀉 jo 36 ko 70 𐀓 mo 15 𐀘 no 52 𐀝 po 11 𐀢 qo 32 ro 02 𐀬 so 12 𐀱 to 05 𐀶 wo 42 zo 20 u 10 du 51 ku 81 mu 23 nu 55 pu 50 ru 26 su 58 tu 69 Le scritture cipriote Gli studi sul sillabario cipriota partono nel 1852, quando il Duca di Luynes, grande collezionista di antichità e numismatico, pubblicò una monografia sull argomento. Luynes aveva osservato che alcune monete provenienti da Cipro avevano delle scritte in segni non noti, e che segni simili erano 20