Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo



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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN Theory, Technology and History of Education CICLO XXV TITOLO DELLA TESI Teatro come esperienza pedagogica TUTOR Chiar.mo Prof. Michele Corsi co-tutor Chiar.mo Prof. Giuseppe Spadafora DOTTORANDO Dott.ssa Vincenza Costantino COORDINATORE Chiar.mo Prof. Roberto Sani ANNO 2013 1

Cinque piccoli passi fra teatro e educazione. Nell'accostare i termini pedagogia e teatro non si può mettere da parte il compito epistemologico sotteso nell'affrontare in particolare il primo dei due termini in questione e, in maniera tangenziale e conseguente, pure il secondo; coscienti, innanzitutto di stare avvicinando non due parole e le rispettive letterature, ma due domini differenti e, per certi versi, indifferenti l'uno all'altro, per origini, storia, percorsi, progettualità, crisi, risultati. Semplificando al massimo, e le semplificazioni possono essere chiarificatrici se non assunte dogmaticamente: si sta, nel primo caso, nell'ambito di una scienza, nel secondo nell'ambito di un'arte. Entrambi gli ambiti, per motivi differenti, sono problematici, critici, dai confini indefiniti. In effetti la pedagogia è scienza del tutto particolare, ostile alla scientificità, per fondamenti, metodologie e aspettative, eppure refrattaria al morbido assorbimento nell'alveo dei saperi filosofici e umanistici. Teatro è arte in una sua maniera unica e pericolosa che da sempre la rende fluttuante e la costringe a migrare ora nella letteratura, ora nelle arti sceniche, ora nelle pratiche attoriali, eppure questo suo essere apolide ne fortifica per paradosso la specificità artistica, quella dimensione dal vivo, dell'hic et nunc, che la caratterizza e la rende inafferrabile quanto irripetibile. Il quesito che in questa tesi si vuole proporre e che si tenterà di sciogliere è il seguente: se e in che maniera una scienza problematica come la pedagogia può incontrare in una prospettiva interessante e proficua per il suo stesso sviluppo e la sua attualizzazione nella contemporaneità un'arte, anch'essa di natura problematica come quella del teatro? L accostamento parte da lontano e possiede una storia significativa. Esistono e sono documentate, sebbene non in maniera sistematica, convergenze fra la pedagogia e il teatro nel loro articolarsi che vede l'alternanza inesausta del prevalere ora della teoria ora della prassi, portando ricadute e aprendo prospettive ora nell'ambito della speculazione filosofica ora in quelli più pratici e applicativi ma, soprattutto, nei settori che vedono l'avverarsi di legami, esperienze, attività di raccordo possibili fra le cosiddette scienze dell'educazione e le scienze dello spettacolo. L'incontro fra i termini in questione non è quindi né insolito né particolarmente originale. Negli studi pedagogici càpita, a differenti livelli, di imbattersi nel teatro, sia inteso in senso lato come arte, sia inteso come un'attività pratica e materiale che può avere effetti positivi se applicata in taluni ambienti educativi, se utilizzata in percorsi 2

didattici o se attivata in ambiti specifici dell'educazione, della ri-educazione e della formazione umana. Attingendo ad esempio ad un livello pratico ed ordinario di attività teatrale svolta in ambienti educativi, come può accadere nella scuola primaria, da una prima osservazione emerge che la rappresentazione di tipo teatrale sia al livello superficiale della recita sia a quello più profondo dell' esito di un percorso o di un laboratorio teatrale è spesso utilizzata in ambito scolastico o anche extrascolastico, come momento creativo, produttivo, d'apprendimento, di formazione, di crescita o semplicemente di condivisione, aggregazione, festa. È solo un esempio di quella che può essere definita una banale appropriazione di una caratteristica propria e costitutiva del teatro che viene utilizzata per fini didattici, educativi e formativi in ambito scolastico o comunque educativo. L'obiettivo dichiarato non è artistico quasi mai esplicitamente talora può esserlo implicitamente ma sempre, almeno nelle intenzioni, è annunciato come pedagogico e contestualizzato all interno di progetti e programmi che ne sottolineano gli aspetti formativi, relazionali, socializzanti. È solo un esempio, nemmeno il più preciso, forse il più controverso, ma serve ad inoltrarsi in un territorio problematico ed affascinante. Infatti sulla utilità, la necessità e la opportunità pedagogica delle rappresentazioni teatrali svolte da alunni o utenti di diverse agenzie formative esistono pareri diversi e opposti, teorie approfondite e studi documentati, spesso conditi da una buona dose di scetticismo dovuta all'uso approssimativo e spesso superficiale che ne è stato fatto nel corso del tempo 1. Sebbene oggi si sia giunti, da un punto di vista degli studi di settore, a conclusioni all unanimità orientate nel considerare il processo più importante del risultato in un ambito di convergenza fra arte teatrale e scienza pedagogica sviluppata in ambienti educativi, principalmente scolastici, è ancora il caso di considerare il fatto che sovente, nelle scuole soprattutto elementari e medie inferiori, a ben guardare, è facile trovare un'insegnante che voglia scatenare le proprie velleità artistiche (si tratti di recitazione, danza, canto o musica poco importa) trasferendole su un palcoscenico improvvisato, con attori bambini e costumi di carta crespa. Il pubblico di parenti emozionati non lesinerà certo applausi e qualche lacrima di commozione, questa è prassi comune, qualcosa che ormai quasi ci si attende che accada così come i nonni dall'approccio più lucido si attendono da questa esperienza una buona dose di noia su una seggiola scomoda. 1Cfr. R. Di Rago, Il teatro della scuola. Riflessioni, indagini ed esperienze, Ed. Franco Angeli, Milano 2001; R. Di Rago, Emozionalità e teatro. Di pancia, di cuore, di testa, Ed. Franco Angeli, Milano 2008. 3

C'è poco di pedagogicamente efficace nella maggior parte di queste esperienze, ma è giusto ricordare che non si nasconde neanche grave danno pedagogico nella recita di fine anno o nei canti di natale, c'è piuttosto l'approssimazione e la sciatteria che può derivare da un agire talora nato da buone intenzioni, ma realizzato senza adeguata competenza e formazione degli insegnanti, senza organizzazione e attenzione da parte dell istituzione scolastica, senza reale e fattiva partecipazione da parte di alunni e genitori e dimenticando, certo a causa dell ansia prestazionale, quelle stesse finalità pedagogiche ben espresse e scritte nel piano dell offerta formativa scolastica. Basterebbe anche solo il tenere a mente le intenzionalità formative già dichiarate nei complessi passaggi burocratici della programmazione didattica per dare un valore più complesso e appropriato alla cosiddetta recita di Natale, con ricadute significative tanto in ambito pedagogico quanto in quello artistico. In linea generale, le attività teatrali nella scuola e in altri ambienti educativi, svolte prevalentemente, ma non organicamente, con approccio pedagogico si snodano lungo un asse molto articolato di progettualità, modalità e finalità, che include, con diversi livelli di consapevolezza: le applicazioni terapeutiche del teatro rivolte alle disabilità, il teatro inteso come opportunità di semplificazione didattica e di approccio disciplinare motivante, il teatro come modalità di avvicinamento e coinvolgimento in progetti specifici solitamente articolati come educazione a... e inseriti nel Piano dell'offerta Formativa della scuola, come ad esempio i progetti di educazione alla legalità, educazione alla pace, educazione all'intercultura ecc, giusto per citare i più comuni. L incontro fra pedagogia e teatro avviene quindi, più che in un ottica teorico-pedagogica, in una di tipo pratico-educativa, poiché sono molte le possibili applicazioni delle attività teatrali nell educazione e nella didattica, attività già previste e suggerite nei sussidi didattici, nelle programmazioni, nelle progettualità condivise. Il panorama complessivo che scaturisce da quest'incontro appare ricco, ma anche frammentario, disorganico, caotico. Scorrendo velocemente testi, siti, riviste e pubblicazioni più o meno accreditate, si possono riconoscere, sempre grazie ad un lavoro di semplificazione di certo grossolano, cinque macrocategorie in cui si articola, con presupposti, modalità e obiettivi diversi, la relazione fra educazione e teatro, e sono: la pedagogia teatrale con cui in linea di massima si intende la disciplina che organizza la trasmissione dei saperi teatrali, in particolare e sopratutto il mestiere 4

dell'attore, ma anche del regista e delle principali maestranze che operano nel teatro (scenografi, illuminotecnici, tecnici del suono etc.). Alla pedagogia teatrale appartiene tutta la manualistica dedicata alle figure professionali del teatro considerate nel loro complesso, ma vi si possono riferire anche quegli studi che affrontano questioni specifiche e particolari riguardanti le singole competenze delle professionalità coinvolte: dizione, recitazione e canto, come anche danza, cinesica e prossemica, oppure scherma per l'attore; arte, architettura, arredamento per lo scenografo; storia, storia dell'arte, della moda e del costume per costumista e trovarobe, ecc. In quest'ottica appartengono alla pedagogia teatrale i volumi di Stanislavskij 2 dedicati al lavoro dell'attore su se stesso e sul personaggio, considerati nella prospettiva della conservazione e trasmissione di un'arte che fa dell'attore il proprio strumento di creazione artistica; come anche, nel contesto italiano la documentazione dell'attività di insegnamento di Orazio Costa 3, considerato uno dei massimi esponenti della pedagogia teatrale europea del Novecento. A questi due nomi molti se ne possono aggiungere, nomi di registi, di attori, di artisti o studiosi non esplicitamente incasellabili nella pedagogia teatrale ma che, di fatto, nel corso di decenni si sono attestati come punti di riferimento imprescindibili nell'insegnamento del teatro nelle sue diverse forme e nelle sedi più diverse: nelle accademie di recitazione come anche in scuole e università, nei laboratori teatrali e soprattutto all'interno di compagnie tanto di teatro di tradizione quanto di ricerca. Un resoconto complessivo - in tanta diversità di contributi - si può ricostruire attraverso una rilettura del volume di Carlson dedicato alle teorie del teatro 4, qui lo studioso propone una scansione di tipo storico-geografica da cui è possibile trarre i principali riferimenti bibliografici per abbozzare un panorama degli studi di pedagogia teatrale. Infine, un volume preziosissimo e non convenzionale che resta come manifesto universale del rapporto pedagogico fra maestro-allievo in ambito attoriale, è senz altro il basilare Per un teatro povero di Jerzy Grotowski 5. Il teatro didattico partecipa della convergenza fra pedagogia e teatro mettendo in relazione, più che la pedagogia, quella parte della scienza dell'educazione chiamata appunto didattica. Il teatro diventa uno strumento, ovvero una metodologia 2K.S. Stanislavskij, Il lavoro dell'attore su se stesso, Laterza, Bari 1968; K.S. Stanislavskij, L attore creativo, La Casa Usher, Firenze, 1980; K.S. Stanislavskij, Le mie regie I, Ubulibri, Milano 1986; K.S. Stanislavskij, Il lavoro dell'attore sul personaggio, Laterza, Roma-Bari 1988; K.S. Stanislavskij, Le mie regie II, Ubulibri, Milano, 1996; K.S. Stanislavskij, La mia vita nell'arte, La Casa Usher, Lucca 2009. 3Cfr. M. Boggio, Mistero e Teatro. Orazio Costa, regìa e pedagogia, Bulzoni, Roma 2004; M. Boggio, Orazio Costa maestro di teatro, Bulzoni, Roma 2007; G.G. Colli, Una Pedagogia Dell' Attore. L' insegnamento di Orazio Costa, Bulzoni, Roma 1996. 4M. Carlson, Teorie del teatro. Panorama storico e critico, Il Mulino, Bologna 1988. 5J. Grotowski, Per un teatro povero, Bulzoni, Roma 1970. 5

didattica fra le altre, ritenuta più adatta ed efficace rispetto ad altre, per favorire l insegnamento e l istruzione di bambini ed adulti. Ci si trova nell'ottica di un teatro semplificato, che vede ridotte e pressoché azzerate l'ispirazione e gli slanci estetici a favore dell'istanza educativa, ma di un istanza educativa non problematizzata e a corta gittata. È un teatro che viene usato, nelle sue pratiche e tecniche più note e comuni, come un'ulteriore possibilità di avvicinamento all istruzione di massa, come forma più accessibile all apprendimento dei saperi, sia umanistici sia scientifici, tanto di quelli previsti dai programmi ministeriali quanto di quelli considerati utili per il benessere sociale, politico, della comunità. È infine un teatro che strizza l occhio alla propaganda politica, volto a far conoscere avvenimenti di cronaca e attualità, oltre a vicende storiche, letterarie o di divulgazione scientifica, con l obiettivo spesso dichiarato e palese di sensibilizzare un target preciso di pubblico. Oggi, con eccessiva semplificazione, con teatro didattico si tende a identificare le attività teatrali svolte a scuola. Tale accezione, oltre ad essere limitante, è anche fuorviante dato che non necessariamente le attività teatrali che si producono all'interno degli edifici scolastici, grazie a progetti curriculari o extra-curricolari, hanno intenzionalità, caratteristiche e finalità che possano dirsi didattiche. Questo teatro piuttosto si colloca nella scia di una lunga tradizione che ha sempre riconosciuto al teatro una doppia anima: quella tragica in opposizione alla comica, quella educativa e morale in opposizione a quella dell'evasione e del divertimento. Tale divisione è stata cristallizzata in epoca medioevale in cui, l'unico teatro non condannabile era quello che si proponeva, apertamente, finalità morali ed edificanti, ad esempio attraverso le rappresentazioni sacre 6. Il teatro-ragazzi, spesso accomunato o inglobato, in maniera non sempre calzante né opportuna, al teatro didattico rappresenta anch esso un settore molto articolato e dai confini fluidi. Una differenza sostanziale rispetto alla categoria precedente è da identificare almeno negli intenti. Il teatro-ragazzi si motiva in questa dicitura perché è sostanzialmente un teatro rivolto ad un pubblico di ragazzi (bambini, ragazzi e adolescenti comunemente divisi in fasce d'età). La rigidità dell indirizzarsi a spettatori ben definiti per età (talora anche per nazionalità e cultura) si smorza nelle diverse finalità a cui può ambire e ispirarsi. Finalità che possono essere di natura prevalentemente estetica come anche dettate dal desiderio più ludico di coinvolgere gli 6 «La lotta della chiesa contro il teatro pagano e contro il teatro in generale non si svolgeva soltanto sul piano della negazione: sia pure in modo soltanto implicito, la chiesa contrapponeva allo spettacolo mondano quello spirituale e purificatore del rito» (C. Molinari, Storia del teatro, Laterza, Roma-Bari, 1997, p. 61). 6

spettatori in attività di evasione e di intrattenimento. L educatore coinvolto nell esperienza del teatro didattico è invece, nel teatro-ragazzi, un regista a tutti gli effetti che non mira in prima battuta alla coesione del gruppo classe e all istruzione degli alunni, ma innanzitutto alla realizzazione di una rappresentazione teatrale che piaccia ai ragazzi e che, solo in seconda battuta, possa anche costituire un esperienza formativa ed istruttiva. Per contro il teatro didattico dal punto di vista del pubblico mira ad una composizione spettatoriale abbastanza ampia per quanto connotata come scolastica - che sappia includere una miscellanea composta da alunni, genitori ma anche colleghi insegnanti, giornalisti ed addetti ai lavori, a cui ci si rivolge con l intento di educare seppure in un'accezione molto ampia del termine (dal fornire una chiave di lettura degli avvenimenti storici o di attualità, all'informare tout court, al formare). Nonostante queste due differenze, appare evidente che i confini fra teatro didattico, teatro-ragazzi e la quarta categoria che si sta per prendere in considerazione, ovvero quella dell'animazione teatrale, spesso sono, più o meno onestamente, impercettibili e confusi 7 proprio a causa del fatto che si tratta di attività teatrali che coinvolgono si è detto in maniera diversa e con ruoli diversi i bambini e i ragazzi principalmente in ambiente scolastico o percepito come di contiguità scolastica. L animazione teatrale è definizione con cui si identifica un movimento culturale sviluppatosi in Italia fra gli anni Sessanta e Settanta, indirizzato a bambini e ragazzi ed articolato in una serie di pratiche e metodologie specifiche. Obiettivo delle tecniche di animazione teatrale non è tanto l'allestimento di uno spettacolo quanto la coesione e l'affiatamento del gruppo di bambini o adulti al fine di far emergere le risorse personali di ognuno per appropriarsene e poi condividerle con gli altri. L'attività teatrale è quindi usata allo scopo di creare una comunità più consapevole e creativa, in poche parole tesa al benessere del singolo attraverso il lavoro e il divertimento condiviso con gli altri, tale attività è di solito guidata da un animatore o educatore. Recitare, allestire uno spettacolo, affrontare giochi di ruolo e attività teatrali di vario tipo è solo un mezzo per conoscere meglio se stessi e imparare a valorizzarsi nell'amicizia e nella condivisione. Nella prospettiva dell'animazione teatrale gli aspetti pedagogici sono predominanti rispetto a quelli teatrali che, per certi versi, passano in secondo piano. L'animazione teatrale ammette che si lavori anche per mesi ad uno spettacolo teatrale che potrebbe non vedere mai le luci della ribalta ma che potrebbe 7La prova di tale confusione è data anche dalla bibliografia di riferimento, costituita perlopiù da volumi collettanei che includono, documentano e commentano esperienze teatrali molto eterogenee e comunque sconfinanti da una categoria all'altra: P. Beneventi, Introduzione alla storia del teatro-ragazzi, La Casa Usher (Ponte alle Grazie), Firenze 1994; B. Fabbris, Il teatro didattico, Caosfera, 2011. 7

arricchire il bagaglio esperenziale ed emotivo dei partecipanti in maniera significativa; semplificando al massimo, appare evidente che in quest ambito ciò che più conta non è l'aspetto rappresentativo finale, lo spettacolo ovvero il risultato, ma quello fisico, psicologico ed emotivo del gruppo, il lavorare assieme ovvero il processo. Sull'animazione teatrale esiste un importante bibliografia di riferimento, sia prodotta negli anni della nascita e dello sviluppo massimo del movimento 8, sia di più recente pubblicazione 9. Infine c'è il settore ampio, ad oggi in notevole espansione, delle artiterapie fra cui occupano un posto di rilievo la teatro-terapia 10, la dramma-terapia e tutta una serie di attività che sfruttano giochi, modelli e tecniche del teatro per fini terapeutici, per contrastare o comunque alleviare patologie le più diverse in soggetti con disabilità come anche nei normodotati che ne dovessero riconoscere la necessità per vivere meglio con se stessi e con gli altri. Le artiterapie infatti vanno nella direzione della ricerca e diffusione di un benessere che riguarda non solo il gruppo con cui si lavora, ma che interessa in senso lato la comunità intera in cui il gruppo è inserito, che accoglie e fruisce dei benefici diffusi in termini di salute complessiva, vitalità, energia positiva, coesione sociale e partecipazione. Nella definizione che fornisce M. Cavallo «si definisce dramma/teatro terapia una specifica metodologia, comprensiva di impianti teorici, tecnici e valutativi, che assume come intento scientifico, clinico e sperimentale, l'intervento con finalità terapeutiche attraverso l'applicazione di teorie, tecniche, strumenti, paradigmi di tipo teatrale in stretta coniugazione con le conoscenze derivanti da discipline quali la psicologia, la psicopatologia descrittiva e analitica, la psicofisiologia, la psichiatria» 11. Trattandosi di percorsi non ancora ben codificati e riconosciuti in ambito medicale, le arti terapie occupano ad oggi un territorio mediano fra la cura del benessere e della salute e la sperimentazione teatrale. Queste cinque categorie or ora elencate rappresentano solo le esperienze più note e documentate delle molte e possibili declinazioni del rapporto fra pedagogia e teatro. Sono state qui riportate, seppur sommariamente, lungo un asse che va dalla prevalenza 8Per una bibliografia completa si veda P. Puppa, L'animazione, ovvero il teatro per gli altri, in A.A. V.V., Storia del teatro moderno e contemporaneo, vol. III. Avanguardie e utopie del teatro. Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001, pp. 859-873. 9Cfr. G. Amodeo, La vita è gioco, Ibiskos Editrice, Empoli 2008; P. Beneventi, D. Conati, Nuova guida di animazione teatrale, Sonda, Casale Monferrato 2006; V. Garavaglia, Teatro, educazione, società, UTET, Torino 2007; L. Perissinotto, Animazione teatrale, Carocci, Roma 2004. 10Cfr. P.E.R. Bitti, Regolazione delle emozioni e arti-terapie, Carocci, 1988; W. Orioli, Far teatro per capirsi, Macro ed., 1995; W. Orioli, Teatro come terapia, Macro ed., 2001. 11M. Cavallo, definizione di dramma/teatro terapia in www.pol-it.org 8

del teatrale (la pedagogia teatrale) alla prevalenza del pedagogico (la teatro-terapia), nell ottica di una possibile reversibilità dei poli, quindi potendo invertire il percorso per andare dalla prevalenza del pedagogico a quella del teatrale senza nessuna pretesa di indicare direzioni obbligate e senza la presunzione di esprimere giudizi di merito. Tra l altro, le categorie su elencate, pur rifacendosi alla letteratura scientifica di riferimento, non possono intendersi come categorie chiuse e definite una volta per tutte. Esse sono invece da intendersi come aperte e imperfette : aperte poiché tra loro collegate, interdipendenti oltre che, al di là di alcuni punti fermi, ancora in via di definizione; imperfette poiché per loro stessa natura attengono all uomo, alle scienze e alle arti, quindi si rifanno e si rinnovano continuamente nelle esperienze, nelle ricerche e nell attività dell essere umano nella società. La presente ricerca non vuole azzerare le cinque categorie individuate, ma vuole piuttosto rivitalizzarle in un quadro generale che le includa senza ridursi ad esse. Rappresentano momenti fondamentali nella costruzione del rapporto fra pedagogia e teatro, tappe imprescindibili di un rapporto ancora in evoluzione, e che non può e non deve essere pienamente identificato o esaurirsi in esse. La dimostrazione immediata di questo ragionamento introduttivo è da riscontrare nel panorama delle arti e delle scienze del XXI secolo (e del finire del XX), in cui emergono esperienze fra teatro e pedagogia talmente interessanti e originali da non trovare precisa collocazione in esse. La liminalità, l intertestualità, la trasdisciplinarità emergono come caratteristiche specifiche di un arte della postmodernità che fa della mancata appartenenza alle categorie date uno dei suoi maggiori punti di forza. Inoltre, da un punto di vista epistemologico si deve riconoscere che non appena si afferma, nella produzione critica e scientifica di settore, una dicitura precisa, che stabilisca oggetti d'afferenza, definizioni e ambiti d interesse, subito questa necessita di nuove precisazioni, nuove fondazioni, nuove limitazioni e riconoscimenti, rischiando di trasformarsi in un qualcosa percepito come lontano o addirittura estraneo ora dalla pedagogia (poiché ad esempio ritenuto troppo prossimo al teatro) ora dal teatro (poiché ad esempio ritenuto troppo prossimo alla pedagogia). È solo un atteggiamento, ma è un atteggiamento che ha condizionato e condiziona la ricerca inter- e trans- disciplinare. I pedagogisti non hanno voluto frequentare i teatri, evitando così di impolverarsi con le assi dei palcoscenici, i registi non hanno voluto frequentare le scuole, evitando così di impolverarsi con i gessetti delle lavagne. Nessuno si è sporcato davvero, nonostante le molte attività di ospitalità, condivisione, incontro. Nonostante i molti 9

frutti, ora raccolti ora lasciati a terra a marcire, scaturiti da esperienze eccezionali di interrelazione fra i due ambiti disciplinari, molto lavoro va fatto ora per organizzare le testimonianze documentali in progetti di ricerca più articolati e contestualizzati, provando a ricostruire la teoria, la storia e le pratiche di un rapporto estremamente ricco per quanto confuso. Da un punto di vista degli studi di settore, sembra sia arrivato il momento di compiere un tentativo di organizzazione complessiva e proporre delle linee guida teoriche che possano aggregare esperienze diverse fra di loro piuttosto che disgregarle incasellandole in altrettante micro- e macro-categorie specialistiche. Il tentativo di fare chiarezza, che qui si vuole proporre, è orientato all inclusione critica, individuando convergenze fra i diversi ambiti disciplinari, senza proporre tassonomie, senza troppo insistere sulle divergenze che pure interessano gli oggetti dell indagine. In conclusione la domanda che ci si è posti può sembrare anche troppo generica, visto che qui si vuole verificare se e come il teatro, quest'arte che non produce nulla al di fuori dell'atto stesso della produzione del suo farsi e darsi come azione d'arte possa contribuire allo sviluppo della pedagogia oggi, in questa età che è stata definita della postmodernità, della fine dell'educazione, del disincanto 12. Ogni volta che nell'ambito della ricerca scientifica si crea una nuova connessione, un nuovo rapporto fra diversi saperi, occorre ripensare, per prima cosa, agli oggetti stessi di quei saperi, definirne i confini, i concetti fondativi, i margini di criticità, rimetterne in campo problematicità e caratteri distintivi, non attraverso un processo limitante ed esclusivo, ma il più possibile reticolare, aperto ed inclusivo. Per non rischiare di precipitare nel caos indistinto per cui tutte le scienze umane, avendo matrici comuni, si somigliano e possono diventare sovrapponibili, occorre fissare dei punti cardinali che consentano l'orientamento anche e soprattutto nell'allargamento e nel nuovo dimensionamento delle mappe dei saperi specifici. È per non perdersi nel fitto reticolo delle interconnessioni fra saperi umanistici che occorre fare riferimento e infine scegliere delle definizioni da fare proprie, da non abbandonare nel corso del ragionamento e dei ragionamenti, da usare come stella polare, sia per la pedagogia, sia per il teatro. Con queste costellazioni fisse si può anche decidere di abbandonare per un tratto la strada maestra e di imboccare sentieri laterali, poco battuti, ma in questo procedere dobbiamo comunque tener presente che la strada principale è quella che detta la destinazione finale e ad essa dobbiamo infine guardare anche nel discostarcene. 12Cfr. F. Cambi, Abitare il disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, Utet, Novara 2006. 10

Riprendendo le battute iniziali, non possiamo mettere in relazione pedagogia e teatro senza eleggere fra tutti, le definizioni e i paradigmi di riferimento rispetto all'una scienza e all'altra arte o, per meglio dire, senza riferirci, almeno in una fase iniziale alle questioni ontologiche ed epistemologiche. È, questo, un procedere che può rivelarsi adeguato al tipo di ricerca intrapresa: l'ontologia si fa nume tutelare dell incedere teorico nel suo complesso così come, in un meccanismo stratificato come di scatole cinesi, l'ontologia abita sempre la scatola centrale, più profonda e nascosta. Che la questione ontologica sia basilare nello studio della pedagogia sarà compito della corrente di studi e ricerche denominata pedagogia critica rinnovarlo con gli strumenti e i dibattiti che le sono propri nonché attraverso l individuazione di alcuni paradigmi che la costituiscono e vengono ripresi nel corso del primo capitolo. Mentre per quel che concerne il teatro, oltre alla ricostruzione teorica delle sue origini e del suo percorso in quanto arte, dalla nascita ad oggi e privilegiando l asse di studi semiotici, si adotterà la suggestione di Jean-Luc Nancy suggerita nel breve e fulminante testo intitolato Corpo teatro (Cronopio, Napoli 2010): una riflessione che offre infiniti spunti sulla natura fondativa e originaria del teatro, non solo una metafora, che ispira e informa il secondo capitolo. Infine, nel terzo capitolo, si proporrà una sintesi ed un analisi della convergenza che interessa pedagogia e teatro a partire dall affermazione di una condizione generale imprescindibile, già annunciata nei due capitoli precedenti, che pone la centralità nell arte e nella scienza dell uomo e della sua esperienza. La centralità rimarcata dell uomo nella riflessione pedagogica, rimette in mano all uomo la gestione dell attività pedagogica stessa, la domanda incessante su se stesso, ma anche il riconoscimento della volontà di incontro e confronto con l esterno, con l altro. Ne fa l oggetto di studio privilegiato ma anche il soggetto agente della ricerca, soggetto formante e in-formazione al tempo stesso. Questa stessa centralità riconosciuta all uomo, estesa nell arte teatrale, significa rimettere in mano all uomo l attività teatrale stessa, riconoscerlo regista-attore-spettatore attraverso l affermazione di una volontà d arte che può avverarsi solo uscendo fuori da sé. L uomo, anche in questo caso è l oggetto della ricerca, oggetto di studio privilegiato in quanto tramite dell arte che rappresenta e che lo rappresenta, soggetto agente come attore/regista, soggetto/oggetto esistente solo grazie allo sguardo dell altro, dello spettatore. La prospettiva umana, oltre a tenere vicine l arte teatrale e il sapere pedagogico, ci indica quale teatro e quale pedagogia siano in questa sede i punti di partenza ufficiali. 11

Si vuole qui dare rilevanza alla pedagogia come scienza che sappia porre al centro l'uomo, l'uomo umano. Con le parole di Mario Gennari: «L'umano e l'umanità, in quanto tratti distintivi dell'uomo, rispondono ad ogni filosofia e pedagogia antiumanistica che pensa al di là del soggetto. L'uomo, appunto in quanto soggetto, dichiara la duplice struttura antropologica e ontologica di cui la sua essenza è composta. Il valore della soggettività viene compreso nel fondamento di se stessa: fondamento umano e umanante, il cui nucleo materiale e spirituale insieme dà forma all'uomo e giunge ad essere la sua stessa formazione. Così, come ha scritto Rosenzweig (2000:186), l'uomo è la sua formazione. E ciò in senso antropologico e ontologico, materiale e spirituale» 13. Il livello dell umanità esplicitato da una pedagogia dell uomo e da un teatro dell uomo favorisce il consolidamento di un percorso teoretico ed evita l eccessiva astrazione, attenuando la dicotomia teoria/prassi, da sempre problematica tanto in pedagogia quanto nel teatro. Ovviamente non si vuole qui risolvere una questione così complessa, quanto piuttosto indicare un punto di partenza che è comune ad una scienza e ad un arte problematiche. Si tratta di un approccio essenziale per rendere possibile tutto il dipanarsi della presente ricerca, ricordare come la pedagogia da cui partire e che si vuole relazionare con il teatro debba essere «Una pedagogia dell'uomo che pone il soggetto come agente di formazione e educazione sceglie l'uomo quale interlocutore di se stesso e dell'altro, della sua soggettività umana e dell'oggettività propria dell'umanità che gli sta di fronte» 14. Allargando l'orizzonte d'attesa, il presente studio si inscrive nella prospettiva di interrogarsi su se, quanto e come il teatro, inteso come arte e considerato nelle sue incursioni nel e nelle sue connessioni con il pedagogico, possa contribuire alla formazione dell'uomo nella contemporaneità. Tutto ciò senza mai perdere di vista le caratteristiche specifiche dell'epoca odierna e quali siano le esigenze formative dell'uomo che ad esse deve rapportarsi nel corso della sua vita. Il livello di complessità, rischio e ambiguità è alto. È utile, nell'ottica di una prospettiva generale di avvio, riprendere due frasi di Martha Nussbaum dall'introduzione al suo Coltivare l'umanità, in cui la studiosa, all'interno di un contesto specifico, ovvero chiedendosi che tipo di formazione offrano i campus americani ai giovani del XXI secolo, scrive: «Il mondo d'oggi è inevitabilmente multiculturale e plurinazionale. Molti dei problemi più pressanti richiedono, per essere 13M. Gennari, Trattato di pedagogia generale, Bompiani, Milano, 2006, p. 71. 14Id., p. 72. 12

risolti in modo intelligente e cooperativo, un dialogo tra persone con differenti esperienze culturali, religiose e nazionali. Persino quegli argomenti che ci sembrano più vicini come la struttura della famiglia, il controllo della sessualità, il futuro dei bambini devono essere affrontati con una più ampia comprensione torica e interculturale» 15. Il ricordare queste parole aiuta a non perdere di vista un carattere essenziale che deve rivestire non solo la presente ricerca, ma ogni ricerca di stampo teorico concernente la pedagogia ai nostri giorni, ovvero il fatto che non si possa prescindere né dalla propria tradizione culturale né dalla stessa critica a quella tradizione per cui bisogna serbare sempre memoria degli studi passati senza però accettarli acriticamente -, né soprattutto mettere in secondo piano la situazione storica, sociale, culturale in cui ci si trova immersi, caratterizzata come nessun'altra epoca dal multiculturalismo, dall'intercultura, dal plurilinguismo, dalla multimedialità e dall'ipertecnologia. Una delle questioni cruciali per la studiosa è rammentare il compito, che devono avere le scuole superiori e le università statunitensi, compito niente affatto semplice né scontato, di formare i cittadini del futuro. Si tratta di un compito che, per quanto dichiarato dall'istituzione e dal sistema scolastico e d'istruzione americano e condiviso dal mondo occidentale più o meno industrializzato, è dato in linea di massima come pacifico e implicito a fronte di una prassi di insegnamento invece strutturata, organizzata e agita in maniera tale nella pratica quotidiana anche di insegnanti capaci da mancare clamorosamente l'obiettivo. Si dovrebbe ambire ad una educazione liberale che è di per sé nonostante il richiamo ai classici della Nussbaum difficile da definire e ancor più difficile da perseguire. In questa sede si ipotizza che un valido aiuto alla coltivazione dell umanità possa provenire all uomo dal teatro. Teatro inteso come arte dell incontro e della relazione fra l io e l altro, arte della rappresentazione del/i mondo/i, dal teatro inteso come metafora e al tempo stesso prova generale di vita, esperienza del come se che coniuga realtà e immaginazione in maniera attiva. Si prevede di organizzare un percorso di ricerca basato su criteri di scientificità, individuando i contesti teorici di riferimento, motivando il perché della scelta di un approccio e di un paradigma pedagogico fra gli altri, di una definizione e di una teoria teatrale fra le altre, prendendo in considerazione i modelli, le pratiche e le tecniche teatrali che nel corso degli anni si sono rivelate più opportune a fini pedagogici, e viceversa riconoscendo le influenze 15M. C. Nussbaum, Coltivare l'umanità. I classici, il multiculturalismo, l'educazione contemporanea, Carocci, Roma 2011, p. 23. 13

pedagogiche che hanno determinato precise modalità di lavoro, produzione e fruizione del teatro nell'epoca contemporanea. Rinunciando, per riconosciuti limiti spaziali e temporali attribuibili ad una tesi di dottorato, ad ogni pretesa esaustività ma cercando di arrivare, in maniera coerente, alla delineazione di un quadro generale di rapporti possibili fra pedagogia e teatro attraverso una ricostruzione di documenti, interviste, esperienze e soprattutto attraverso una bibliografia attinente agli studi di settore. 14

I CAPITOLO La pedagogia e l'esperienza dell'arte La pedagogia che mette in crisi se stessa, pronta a mettersi in discussione ed a pensarsi come sapere aperto può rappresentare un punto di partenza ideale. Nel tracciare un quadro di riferimento teorico di questo complesso sapere, definito nei secoli in maniera articolata e considerato talvolta da angolazioni contrastanti e opposte, si ambisce a individuare e verificare l'efficacia di un suo possibile raccordo con le discipline dello spettacolo, in particolare con quelle del teatro. Tale raccordo deve sempre tenere presente che la pedagogia e il teatro sono due domini, del sapere l'uno e dell'arte il secondo, che implicano, necessariamente, il mantenere vivo e irrisolto il confronto interno fra teoria e prassi, un confronto che è dissidio inesausto ma anche coesistenza virtuosa e rinvigorente, che contraddistingue e accomuna il pensare/fare formazione e il pensare/fare teatro. L irresolubilità di tale confronto non deve essere percepito come un limite, ma come una possibilità di aggiornamento continuo e di adeguamento alle nuove conquiste dei linguaggi del sapere e dell arte, linguaggi sempre meno fossilizzati nella distinzione fra teorie e pratiche. In uno studio d'impronta specialistica e parziale, come questo, diventa di primaria importanza tracciare un quadro teorico, il più possibile preciso, concernente definizioni, argomentazioni e ambiti di interesse, in cui inquadrare ed esplicitare l'ipotesi di ricerca. Di fatto l'operazione intrapresa non è lineare: si sta prendendo una scienza che, in quanto tale, come molte altre ma molto più di altre, presenta forti criticità identitarie, ovvero la pedagogia, e la si sta mettendo in relazione con un'arte, il teatro, di tutte le arti la più effimera e problematica, per comprendere in che misura trattandone prospettive, obiettivi, punti di forza e limiti possano contribuire reciprocamente, dal punto di vista sia metodologico sia progettuale, e nel rispetto delle proprie caratteristiche specifiche, alla formazione dell'uomo nell'epoca della contemporaneità. L obiettivo complessivo, che non deve mai essere perso di vista, è parziale nel senso che interroga la pedagogia e il teatro, attraverso una selezione bibliografica anch essa parziale, per individuarne e misurarne le convergenze, per cui esclude di fatto 15

molti aspetti pure importanti delle discipline in questione che però non partecipano di tali convergenze. Né è detto che le convergenze individuate siano le sole o le principali, piuttosto in questa sede si rende conto di quelle emerse dalla ricerca condotta. È apparso interessante, ad un certo punto, comprendere in che misura e con quali modalità la pedagogia e il teatro possano relazionarsi l'una all'altro, partecipando entrambi della formazione dell'uomo; ed è sembrato valido individuare nell esperienza il motore principale che avvia e mantiene viva la formazione dell uomo. L esperienza ha una centralità significativa considerata in diverse accezioni: da strumento di conoscenza di sé a chiave di lettura e interpretazione del mondo e degli altri; da verifica materiale di processi mentali immaginari a meccanismo regolativo del dispositivo dicotomico di teoria/prassi. Grazie all esperienza umana che rende l uomo partecipe e attivo nei saperi (e nella condivisione dei saperi) e creativo nella produzione e fruizione dell arte (e in particolare in quella teatrale), emerge come questi due territori di natura diversa presentino qua e là coltivazioni comuni, piccoli spazi di sovrapposizione, condivisione e addirittura, attraverso l'attivazione di specifici progetti interdisciplinari dalla tradizione ormai abbastanza consolidata, dimostrino di sapere e potere attivare in contesti diversi spazi di mutuo soccorso, di prossimità proficua, di reciprocità produttiva. Pedagogia e teatro, nello stare separati soprattutto nel nome delle finalità, hanno comunque sviluppato, nel nome dell esperienza, metodologie, pratiche e percorsi comuni. Nel corso di questo primo capitolo si è scelto di privilegiare alcune definizioni tratte dalla letteratura di riferimento, di tracciare un quadro, seppure a grandi linee, relativo al dibattito in corso, poiché si ritiene di non poter procedere all'individuazione e alla descrizione di un rapporto se non si individuano e si descrivono prima i due soggetti del preteso rapporto, se non si parte dai s-oggetti pre-esistenti verso le relazioni che li interessano e che verranno in seguito. Dal rapporto che a mano a mano prende forma, scaturiscono diverse problematiche, ed è per questo che la scelta di alcune definizioni, paradigmi e concetti riferibili al pedagogico è stata messa in evidenza con una certa forza e con rigore, in modo che la centralità dell esperienza, il paradigma della cura e la relazione pedagogica io-altro, agiscano come fari per diradare le ombre che si prevede sorgano numerose lungo la strada intrapresa. 16

16 1. 1. Un sapere problematico. Condizione teorica ineludibile è partire dalla definizione di pedagogia nella consapevolezza di essere nell'ambito di un sapere problematico. La condizione di problematicità si articola su due ordini di motivi: il primo, più generale ed esterno, attiene lo statuto ontologico dei cosiddetti saperi umanistici, i quali devono costantemente rapportarsi con il fatto che hanno al centro della loro riflessione e come oggetto privilegiato d'osservazione l'uomo con quel che ne consegue; il secondo, specifico ed interno, rende conto dello stato dell'arte concernente la più recente discussione su cosa sia la pedagogia e su come si debba intenderla oggi. Per ragioni di pertinenza si prenderà in considerazione soltanto lo statuto specifico della pedagogia, con gli opportuni riferimenti alle questioni ontologiche ed epistemologiche che la riguardano. Quella della pedagogia si caratterizza come un'ontologia complessa/dinamica, per riprendere una esaustiva definizione di Franco Cambi. Lo studioso sintetizza in quattro punti principali un ragionamento abbastanza articolato che tiene conto di un'importante tradizione di studi: «L'ontologia pedagogica si declina quindi: 1) come un'ontologia il cui ente è un processo e un processo plurale e aperto; 2) ha in sé un fascio di enti da correlare; 3) che vanno correlati nella libertà e per l'autenticità e per l'organicità o totalità del sé; 4) necessita di una interpretazione e regolamentazione intenzionale/critico/regolativa di cui la pedagogia è la custode, come sapere riflessivo, ma funzionale alla comprensione di quell'ente e alla sua tutela, come fine-sempre-invita e come struttura-processo complesso, (anzi ipercomplesso), in cui ogni semplificazione e/o diminutio può esser fatale, se non esercitata con un'ottica di rilancio e di comprensione costante della sua complessità. Se così è (e lo è) all'ontologia spetta un ruolo-chiave nella pedagogia: sì epistemico, ma anche critico e perfino regolativo, a cui va assegnato il compito di pensare la complessità dell'educare e di coordinarne l'integrazione, dinamica sempre pensata nell'apertura, poiché soggetta alla sua realizzazione solo e sempre nella libertà, per l'autenticità e per la totalità del soggetto medesimo di cui l'educazione è atto vitale; sì anche gestito con altri, ma sempre e alla fine proprio» 16. F. Cambi, Sull'ontologia pedagogica: riflessioni minime in L'inquietudine della ricerca. Bilanci e frontiere di un itinerario pedagogico, Edizioni della fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 2011, p. 124. 17

La definizione proposta da Cambi ricorda come la questione ontologica sia, a tutti gli effetti, una questione aperta in seno alla pedagogia, ma non perché essa non sia stata abbastanza indagata o perché presenti aporie insolubili, ma perché è strutturalmente incentrata sulla libertà del soggetto, realizzata su questa stessa libertà e quindi anche, in nome di essa, può essere messa e rimessa in discussione. È un approccio che caratterizza la questione ontologica in pedagogia in maniera diversa rispetto agli altri saperi umanistici, poiché la introietta e la rende parte della stessa definizione. Ciò che sembra prevalere, nella concezione di Cambi è il definire la pedagogia come sapere riflessivo. È questo un tassello fondamentale, l'individuazione di uno stemma, di una cifra costitutiva che si rivelerà particolarmente utile. L'autoriflessività è caratteristica che accomuna e identifica tanto la ricerca scientifica quanto quella artistica nell epoca della postmodernità. Se l autoriflessività nell ambito della speculazione scientifica da una parte ha determinato il chiudersi verso l autoanalisi e l isolamento difensivo dei saperi in special modo umanistici concentrati sulla difesa dei propri oggetti di studio e dei propri territori di appartenenza dall espropriazione e dalla contaminazione da parte di nuove e più accattivanti settori disciplinari è anche vero che l autoriflessività ha permesso alla pedagogia di intraprendere dei percorsi di sana autocritica, diventando così più cosciente dei propri limiti ma anche consapevole e forte nel poter accedere a nuove prospettive di superamento di quegli stessi limiti. Sin dalle sue origini greche, nel suo differenziarsi, articolarsi, problematizzarsi teorico rispetto la più consolidata e lineare pratica dell'agire educativo, la pedagogia mostra la sua polisemia, la sua non pacificata né pacificabile pluridimensionalità di significati incarnata dal concetto di formazione, sufficientemente ampio da includere ogni forma di esperienza umana in special modo di tipo relazionale e sufficientemente ristretto da escludere ogni forma di limitazione della libertà umana, auspicando una libertà nutrita dalla ragione e dal ragionamento. «Con la cultura greca la pedagogia si sviluppa come la teorizzazione di quel processo rivolto a educare, istruire e formare i soggetti, individualmente e socialmente intesi. In particolare, Socrate e Platone inaugurano una stagione radicalmente rinnovata e assai fertile che concepisce la paideia: la formazione dell'uomo che giunge fino a noi, eredi diretti di quella cultura» 17. La paideia, allora come ora, nomina e in-forma una scienza che 17A. Mariani, Struttura e funzione della pedagogia, in F. Cambi, M. Giosi, A. Mariani, D. Sarsini (a cura di), Pedagogia generale. Identità, percorsi, funzione, Carocci, Roma 2009, p. 104. 18

include in sé l'educazione ma non coincide con essa, che è teoria ma non può fare a meno della prassi, che possiede un'identità filosofica senza però risolversi nella filosofia, che accoglie il metodo scientifico pur continuando a metterlo in discussione e pur continuando ad aprirsi a ragionamenti, influenze, ispirazioni che di scientifico nulla pretendono. Per tutte queste cause originarie, la pedagogia si caratterizza da subito come problematica: la più umana fra le scienze, la più scientifica fra le filosofie. L'accezione di problematicità che contraddistingue la pedagogia oggi è caratterizzata da una doppia natura: prevede sia una presa d'atto dei suoi limiti interni, sia una sorta di rivendicazione esterna delle sue specificità in un quadro complessivo occupato dalla disciplina fra le altre discipline. La riflessione si articola quindi su una dimensione che ne interroga e ne ridefinisce lo statuto epistemologico (in direzione quindi di una nuova riappropriazione identitaria) 18, ma anche una dimensione di maturità acquisita e consolidata che ne rivendica il carattere di criticità, e quindi la capacità autoriflessiva di pensarsi come sapere che introietta la critica nel suo sistema teorico 19. Non a caso è sempre l'ontologia la questione chiave della pedagogia critica, essa ne rinnova costantemente le problematiche basilari inducendo gli studiosi da una parte ad abitare un luogo dai confini incerti e inafferrabili, dall'altro li costringe ad individuare principi, strumenti e modalità che contribuiscono a mettere in sicurezza il terreno, a creare nuovi e più saldi punti fermi a cui affidarsi. Infatti: «L'ontologia sta alla base anche della pedagogia critica, poiché ne è un po' il centro motore e filtro determinante. È da quel filtro e motore che nasce una pedagogia-scientifico-riflessiva, come già mostrava Dewey nel suo testo (breve ma decisivo) su Le fonti di una scienza dell'educazione, ancora oggi attualissimo e da rileggere e interpretare meglio. L'ontologia empirico-critica si dispone precisamente proprio in questo orizzonte, così centrale (ancora oggi) nel fare-pedagogia e ad ogni livello (dalla riflessività cognitiva all'operatività sociale e posta in situazione : specifica e determinata)» 20. La questione epistemologica, quella ontologica e quella più meramente applicativa della pedagogia, sono questioni che possono apparire irresolubili, soprattutto mettendole in relazione alla vasta bibliografia di riferimento, e soprattutto 18Cfr. G. Spadafora, Verso l'emancipazione. Una pedagogia critica per la democrazia, Carocci, Roma 2010. 19 Cfr. R. Fadda e E. Colicchi in Per una pedagogia critica. Dimensioni teoriche e prospettive pratiche, Carocci, Roma 2009. 20F. Cambi, L'inquietudine della ricerca. Bilanci e frontiere di un itinerario pedagogico, Edizioni della fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 2011, p. 126. 19

mantenendole in un'ottica storicistica. Si tratta di questioni ineludibili che caratterizzano questo sapere sin dalla sua nascita e che ne hanno definito, nel corso dei secoli, la sua stessa identità. Bisogna accettare queste problematiche nelle loro linee principali e tenerle sempre presenti, bisogna provare ad orizzontarsi al loro interno per non rischiare di restarne strettamente invischiati. Le questioni succitate non possono essere omesse né ignorate, si devono piuttosto considerare seminali e devono essere usate come riferimento costante, sforzandosi di mantenere nei loro riguardi una certa e lucida distanza. Un simile atteggiamento scientifico si può attuare accettando la responsabilità che proviene dall'avere a che fare con un sapere reticolare e complesso; occorre non lasciarsi scoraggiare dalle mancanza di regole date una volta per tutte, né dalla mancanza di rigidità di metodi, definizioni, applicazioni; occorre piuttosto sfruttare la flessibilità che lo contraddistingue per adattarlo ai sempre diversi contesti e situazioni in cui l'uomo è calato, in una società in evoluzione, in un mondo in evoluzione. Occorre leggerne tutta la problematicità e complessità in una luce positiva e proficua, una luce in cui la pedagogia appare come «[...] una scienza dotata di un sapere organico, meglio, di un sistema di saperi organizzati intorno alla formazione e all'educazione dell'uomo» 21. L'estensione, la frantumazione 22, la parzialità dei saperi che la compongono e contraddistinguono non deve essere considerata limite che conduce all'inafferrabilità, all'ampiezza incontrollabile, ma deve stimolare a guardare l'assieme del sistema e a non perdere di vista quel cuore pulsante che irrora tutto il sistema, ovvero la formazione e l'educazione dell'uomo. Riconoscendo la centralità della formazione, e prendendo coscienza della problematicità che permea tale sistema complesso ma organico, per riprendere ancora Gennari, si può scoprirne la struttura reticolare ma omogenea, frammentaria ma coerente. Gli approcci delineati, giustamente complementari, anticipano e rendono conto, dal punto di vista ontologico, anche della difficile questione del rapporto fra teoria e prassi all'interno dei tratti fondamentali e caratterizzanti della pedagogia. Lo stato dell'arte ci consegna infatti un corposo dibattito, serio e puntuale, relativo al nesso teoria/prassi nelle scienze umane e in pedagogia, nesso che attiene primariamente al suo statuto ontologico. A emblema di una discussione vasta, complessa e ancora in corso, si 21M. Gennari, Trattato di pedagogia generale, Bompiani, Milano, 2006, p. 97. 22«Il rischio della frantumazione dei saperi pedagogici e della correlativa dissoluzione della pedagogia nelle varie e differenti scienze dell'educazione richiede una sempre più puntuale riflessione epistemologica, affinché l'identità della pedagogia generale non ne esca turbata o intaccata con grave danno per la sua specifica identità di scienza e di scienza umana» (Id., op. cit., p. 123). 20