Questions of Life and Death. Baccarini Elvio



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Questions of Life and Death Baccarini Elvio

Copyright 2000 Baccarini Elvio This research report was downloaded from the Research Support Scheme Electronic Library at http://e-lib.rss.cz. The work on the report was made possible by a grant from, and was published by, the Research Support Scheme of the Open Society Support Foundation. The digitisation of the report was supported by the publisher. Research Support Scheme Bartolomějská 11 110 00 Praha 1 Czech Republic www.rss.cz The digitisation and conversion of the report to PDF was completed by Virtus. Virtus Libínská 1 150 00 Praha 5 Czech Republic www.virtus.cz The information published in this work is the sole responsibility of the author and should not be construed as representing the views of the Research Support Scheme/Open Society Support Foundation. The RSS/OSSF takes no responsibility for the accuracy and correctness of this work. Any comments related to the contents of this work should be directed to the author. All rights reserved. No part of this work may be reproduced, in any form or by any means without permission in writing from the author.

Contents Introduzione...1 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico)...6 II - Il concetto di persona (Il dibattito etico) E l attribuzione di diritti...21 III - Il diritto all aborto inteso come diritto di poter disporre del proprio corpo...47 IV - La procreazione assistita...59 V- Genetica...74 VI - La definizione di morte...95 VII - Eutanasia e suicidio assistito dal medico... 101 VIII - Trapianto di organi... 130 Conclusione... 141 Bibliografia... 143

1 Introduzione Introduzione Quando inizia la vita umana? Da quale momento comincia ad avere valore? E fino a quando la vita dura? Quando invece finisce di avere valore? In quali situazioni è legittimo fare uso degli organi di un individuo per trapiantarli e aiutare un altro? Quali sono le possibilit dell ingegneria genetica che legittimo usare? E permesso fare uso di tecniche di riproduzione artificiale, laddove la natura non consente un responso gratificante? E proprio sempre illegittimo uccidere un essere umano, anche quando questo è l unico modo per liberarlo da atroci sofferenze? Una donna che ha concepito ha diritto (e in quali situazioni) di abortire? Queste sono le domande pi importanti alle quali questo libro cercher di dare una risposta. Si tratta di problemi legati a questioni fondamentali della vita (la sua origine e la sua fine), del suo valore, e della misura nella quale si pu intervenire per migliorarla. Nell affrontare questi problemi mi legher ad alcune posizioni etiche generali che ho difeso nella mia precedente ricerca, Realismo morale. In quel lavoro, dopo aver analizzato varie posizioni metaetiche presenti nel dibattito contemporaneo, sono arrivato ad accogliere una teoria etica particolare. Non trovo sia il caso di riprodurre qui l argomentazione, ma mi soffermer su alcuni punti essenziali. Il punto di partenza è l idea humeana per cui la morale èun insieme di norme che esistono per permettere una stabile cooperazione tra gli individui che compongono la societ. 1 L uomo è un animale sociale, nel senso che ha bisogno di vivere in societ per massimizzare i propri interessi. Considerando la scarsit di risorse nelle quali ci si trova, e considerando che ciascuno dispone di un altruismo solo limitato (che si estende fino a includere la ristretta quantit di persone con le quali proviamo un forte senso di identificazione), vi è la necessit di disporre di un insieme di regole che siano in grado di coordinare e bilanciare i diversi interessi degli individui che pur avendo l interesse comune di cooperare, hanno anche ciascuno la volont di profittare pi degli altri da questa cooperazione. La morale è l inseme di regole che deve rispondere a tale necessit. A questo punto si potrebbe pensare che la morale sia un insieme di regole arbitrarie, che dipendono solamente dalla convenzione con la quale le si stabilisce, o da un evoluzione dei sentimenti morali degli individui che nulla ha a che fare con una valutazione razionale, e che sta alla base delle diverse convenzioni sociali. Ma non è cos. La scelta di questo insieme di norme - se queste vogliono veramente soddisfare il loro fine di ottimizzare la collaborazione sociale -, non è arbitraria. E possibile valutare criticamente la convenzione sociale identificando regole che traggono ispirazione dall antropologia, sociologia, psicologia, ecc. e che indicano in quale forma si deve strutturare l elemento normativo di una comunit per renderla fruttuosa. Ho tentato di mostrare in Realismo morale che, dati pochi deboli assunti sulla natura umana, è possibile stabilire che alcune regole di giustizia sono pi appropriate di altre. In particolare, con una chiara ispirazione rawlsiana, mi è sembrato che le norme fondamentali di una societ politica stabile debbano essere: (i) l eguaglianza delle libert fondamentali tra i membri della societ politica, dove queste libert sono estese al massimo, fino al limite concesso a ciascuno dal rispetto di uguali libert per altri; (ii) l ideale di giustizia coordinato con un criterio di efficienza, per cui le risorse devono essere distribuite in modo tale da consentire ad ogni individuo di non nascere privo di possibilit di ambire a qualsiasi posizione sociale, e di essere tutelato da circostanze sfortunate nella vita, facendo in modo che le risorse da distribuire siano quanto maggiori. Ho giustificato questi principi di giustizia dicendo che garantiscono a ciascuno la soddisfazione di un minimo di interessi che lo motivano a perseguire nella cooperazione sociale, piuttosto che a orientarsi alla sovversione. Viceversa, se qualcuno si vedesse limitare le libert fondamentali trovandosi discriminato nei confronti degli altri, e non potendo perseguire i propri piani di vita, avrebbe una seria ragione per tentare di sovvertire l ordinamento, anche con la guerra civile. Lo stesso si pu dire di chi vedrebbe il proprio benessere e le proprie opportunit ridotti entro spazi limitatissimi, senza alcuna possibilit di progresso né per sé, né per i propri discendenti. La premessa metaetica e quella morale generale indirizzano le discussioni normative che si svolgono anche nella presente ricerca. In primo luogo, selezionando gli individui che sono soggetti 1 Queste sono quelle che Hume chiama virt artificiali, mentre trascuro quelle che chiama virt naturali.

2 Introduzione morali a pieno titolo. Si tratta di tutti coloro (esseri umani e altri esseri ipotizzabili) che possono disporre delle facolt che permettono di essere una parte attiva della collaborazione sociale (avendo dei fini che si vogliono perseguire, e comprendendo le norme necessarie per la cooperazione sociale e potendole seguire). Si vede da ci che non tutti gli esseri umani sono pieni depositari di diritti. Alcune conseguenze di questa posizione sono: il diritto all aborto (la madre potenziale è un depositario di diritti, tra i quali quello garantito dal primo principio di giustizia, che include il diritto all autonomia 2 ); la legittimit dell eutanasia (in primo luogo perché ciascuno pu modellare la propria vita a proprio piacimento, compreso nei propri attimi conclusivi); il diritto al sostegno medico e affettivo anche nella fase conclusiva della vita; il diritto alla scelta del modo di procreare; il diritto di usare i risultati raggiunti dall ingegneria genetica (purché non si creino sofferenze per alcun soggetto morale completo, non si interferisca con il diritto all autonomia dei soggetti morali, e non si creino sofferenze inutili per ciascun individuo senziente). Che cosa dire della possibilit di degenerazione di alcune pratiche incluse nella dimensione bioetica? Abusi sistematice dell eutanasia, o dell ingegneria genetica, o dell aborto eugenico, sono possibili in societ non governate da principi della giustizia liberale. Ma in una societ liberale e democratica, le istituzioni politiche dovrebbero essere una sufficiente misura di tutela. Si vede come i temi di bioetica e di giustizia politica si intrecciano ancora una volta. Alcune pratiche sono consentite, ma soltanto se si svolgono in una societ governata da principi di giustizia e istituzioni pubbliche che le controllino, e le mantengano entro limiti nei quali si applicano per il benessere e non per l oppressione della societ. I diritti dei soggetti morali a pieno titolo non sono l unica cosa che deriva dalla premessa generale di questo libro. Al fine di ottimizzare la cooperazione in una societ politica è necessario anche coltivare dei valori comuni, che rafforzino la stabilit della collaborazione tra individui diversi. Con questa idea sto aggiungendo una dimensione morale a quella difesa in Realismo morale, e intendo approfondirla in un prossimo lavoro. L idea è che una societ basata soltanto sulla percezione della convenienza reciproca, o comunque solo sull utilit di sospendere i conflitti, sar condannata comunque all instabilit. Gli individui tenteranno spesso di profittare di possibili vantaggi eludendo un equa collaborazione. Si presenta allora l esigenza di pensare a un educazione morale degli individui che compongono la societ, e a creare una forma di convivenza che non sia soltanto una societ per l interesse reciproco, ma un autentica comunit morale ispirata da valori comuni. L ispirazione è ancora una volta rawlsiana, anche se non pi riferentesi prevalentemente al Rawls di Una teoria della gisutizia. 3 Ma penso che un idea simile sia rintracciabile anche prima nei classici del pensiero liberale, come Mill e Tocqueville. Quella della quale parlo non potr essere una comunit che si raccoglie attorno a valori morali definiti nei dettagli. Presentare questo progetto non renderebbe conto del pluralismo morale, ormai innegabile - e, allo stato attuale del livello del dibattito etico, anche insuperabile -, nel mondo contemporaneo. Per trovare persone che condividono le sue opinioni morali nei dettagli, ciascuno dovr fare riferimento a comunit morali meno estese della societ politica. Per la societ politica pu trasformarsi in una comunit morale (che si pu chiamare di secondo livello) se gli individui che la compongono si raccolgono attorno a dei valori sufficientemente ampi da poter fondare un punto di consenso. Tali sono ad esempio quelli vincolati ai due principi della giustizia che ho gi indicato. Ma possono esserlo anche altri valori, di rilevanza per il dibatti bioetico. 2 Uso qui e successivamente in tutto il lavoro l espressione autonomia nel senso di possibilit di organizzare la propria vita in base a un modello di vita (sistema di valori, fini, desideri, preferenze) non imposto con costrizione da altri. Non è importante per il mio uso del concetto di autonomia in quale modo il soggetto sia arrivato ad accogliere il modello di vita (se con una propria riflessione razionale, con il condizionamento dell educazione e della comunit, semplicemente abbandonandosi ai propri impulsi spontanei, ecc.). L importante è che lo accolga, e che tralascerebbe di seguirlo soltanto in virt di una costrizione esterna esplicita 3 Ho cominciato a pensare con maggiore interesse a questa esigenza in seguito a una discussione avuta con colleghi a Fiume (Croazia), legata a una relazione sull idea dell overlapping consensus presentata dal prof. Miomir Matulovic.

3 Introduzione Tra questi vi è sicuramente il valore del rispetto dell integrit della vita umana, poiché gli esseri umani, come specie, sono gli unici che fino ad ora hanno esibito la capacit di essere parte attiva nella cooperazione sociale. Per questo motivo si deve avere rispetto anche per l embrione umano, per i bambini appena nati, per gli individui umani che non dispongono di facolt mentali evolute. Questo rispetto ha un forte valore educativo. Una conseguenza di questa idea è che si pu distinguere tra aborto fatto per motivi seri (quando è necessario per tutelare in modo serio il benessere della madre potenziale) e l aborto futile, che merita un giudizio morale diverso. L aborto rimane comunque sempre una scelta tragica. Inoltre, si pone una base forte per distinguere tra embrione e feto, e bambino appena nato. Mentre l aborto pu legittimo perché implica questioni legate all integrit della madre, un bambino gi nato, anche se appena nato, non contrasta con i diritti di nessun altro, perci non c è alcun fondamento per concludere la sua vita (tranne, come si vedr, in casi specifici di eutanasia, dove per il cirterio dell azione è il suo interesse, e non quello degli altri). Una terza conseguenza è che non si possono usare persone incapaci alla cooperazione sociale sacrificandole in modo rude per gli interessi dei soggetti morali a pieno titolo, ad esempio asportando loro degli organi allo scopo di trapianti. Questa pratica, inoltre, avrebbe l effetto di indebolire il senso di fiducia di tutti nella collaborazione sociale, perché si diffonderebbe il timore che ciacuno, non avendo la possibilit di difendersi (ad esempio, per un inabilit sopraggiunta temporaneamente o definitivamente), potrebbe essere sacrificato. Una cosa che si deve tenere presente è comunque il maggior peso dei principi di giustizia di quello dei valori morali. Il rispetto dei principi di giustizia è il minimo indispensabile per avere una cooperazione sociale. Non si pu andare mai al di sotto di questo limite. Quando vi è un contrasto tra un principio di giustiza e un valore morale si dovr sacrificare il secondo a vantaggio del primo. La costruzione di una comunit morale non pu certo avvenire in contrasto con i principi necessari a un modus vivendi, ovvero la convivenza di soggetti diversi fondata solo su una sospensione dei conflitti. E per questo motivo che non si deve limitare giuridicamente la libert di una donna di abortire (almeno entro limiti di tempo dati) indipendentemente dalle sue ragioni. Ma il suo diritto non vuol dire una rinuncia al valore della vita dell embrione. Questo valore potr comunque manifestarsi in altri modi, anche con divieti giuridici. Ad esempio, con il divieto di abortire dopo un certo limite di tempo (che ha permesso alla donna di riflettere sulla propria scelta), e soprattutto con il divieto dell uso (o sacrificio) dell embrione per motivi futili o commerciali (come potrebbe essere possibile facendo uso della pratica dell inseminazione artificiale). Il tipo di argomentazione morale che tento di sviluppare in questo libro dovrebbe poggiare su una struttura teorica, ovvero l impianto che ho esposto in precedenza in questa introduzione. Ovviamente da questo fondamento non si pu costruire un argomentazione deduttiva, con chiare e inappellabili derivazioni di conseguenze che abbiano la forza di teoremi. Una buona parte delle conclusioni che possono derivare dal fondamento metaetico che ho accolto hanno soltano la probabilit di essere vere. Non sono perci proposte come verit inappellabili. E per questo motivo che l argomentazione complessiva presente nel libro non aspira a essere lineare, con la derivazione di teoremi deduttivi da assiomi morali. Un aspetto del ragionamento morale che deve essere preso in considerazione con seriet sono le intuizioni morali, ovvero credenze o atteggiamenti morali spontanei e non derivati da teorie. Trovo la principale legittimazione delle intuizioni morali proprio nella mia proposta metaetica. Se la morale è un insieme di norme che devono garantire una stabile cooperazione sociale, la legittimazione prima facie delle intuizioni morali è che se si sono riprodotte nel tempo con l evolversi della societ, è ipotizzabile che abbiano contribuito alla stabilit della societ stessa, o almeno che non interferiscano con essa. Ovviamente, non tutte le intuizioni perduranti nel tempo possono essere ritenute valide in questo modo. Alcune, come la discriminazione delle donne, sono ovviamente del pregiudizi che hanno trovato la propria origine in un particolare rapporto di dominio. Questo vuol dire che il pensiero morale - proprio come in un metodo gi proposto da Rawls, e chiamato equilibrio riflessivo -, si deve fondare su un aggiustamento reciproco tra principi generali derivati da un ragionamento teorico su quelle che dovrebbero essere le regole di una stabile cooperazione sociale, e le intuizioni morali. Nella mia proposta, avendo le intuizioni morali stabili e perduranti una legittimazione prima facie, devono essere mantenute fino a quando non si rivelano in

4 Introduzione contrasto con i principi di giustizia. L intuizione per cui si deve essere solidali con i malati (se ci non richiede sacrifici molto pesanti) deve essere mantenuta perché non contrasta con alcuno dei principi di giustizia, e sembra, anzi, favorire un educazione morale al principio di giustizia dell equit nella distribuzione del benessere. L intuizione che hanno alcune comunit particolarmente conservatrici per cui le donne hanno primariamente il dovere di procreare, contrasta con il primo principio di giustizia - quello che implica che ciascuno ha diritto di costruire il proprio piano di vita privilegiato -, e perci deve essere abbandonata. Una conseguenza di questo valore delle intuizioni morali nell argomentazione morale è che non sempre sar necessario esibire prove rifacendosi direttamente all impianto metaetico generale. A volte, quando non c è motivo di pensare che un intuizione contrasta con i principi di giustizia, e quando è accolta con un consenso generale stabile nel tempo, questa pu servire da punto di riferimento, e altri casi possono essere valutati sulla base della coerenza con questa intuizione. Non sempre, per, sar cos. In alcune situazioni di rilevanza bioetica non vi sono intuizioni morali di riferimento che possono risolvere la discussione; in questi casi l appello all impianto teorico sar inevitabile. L approccio argomentativo che esibir nel libro è, perci, duplice. A volte far riferimento alla proposta metaetica sulla quale mi baso, altre volte l argomentazione andr alla ricerca di una coerenza tra intuizioni, facendo riferimento a quelle che si possono ritenere affidabili. Come ho gi indicato, la discussione di riferimento per la presente ricerca è uno sfondo metaetico che ho precedentemente messo principalmente in connessione con dibattiti sulla teoria della giustizia. Lo svolgimento del presente testo ne risente nei suoi limiti e nelle sue ambizioni. Lo scopo che mi pongo è di offrire un contributo nella bioetica intesa come parte dell etica pubblica, cioè di quella parte della dottrina morale che si occupa di doveri e diritti sanciti pubblicamente, dalla comunit verso gli individui, e tra questi reciprocamente. Le domande cruciali sono «Che cosa la comunit pu imporre agli individui, e quale spazio invece non deve infrangere, e che cosa gli individui possono imporsi reciprocamente, e che cosa invece non devono infrangere?». Alcuni comportamenti che saranno assunti come diritti - sui quali gli altri per lo meno non hanno la facolt di interferire -, non per questo rappresentano necessariamente anche comportamenti lodevoli. La proposta che sto offrendo non vuole affermare l inutilit di dibattiti morali su che cosa sia moralmente raccomandabile per l individuo indipendentemente dal fatto se altri abbiano il dovere di non impedirglielo, né voglio dire che queste discussioni debbano rimanere limitate nel loro ambito sociale invece di essere promosse con l intento di coinvolgere la comunit politica nell insieme. A differenza dell etica pubblica, in questo caso ci si potr richiamare anche a premesse metafisicamente controverse, e perci le risposte potranno essere pi pervasise. Ma fintanto che le premesse (e quindi anche le conclusioni) rimangono controverse non è lecito trasferire questo dibattito nella normativa del dominio pubblico. Fintanto che un consenso non è prossimo, si tratterebbe di un imposizione di alcuni individui su altri, una violazione del principio di libert che ritengo fondamentale per la tutela della comunit politica in quanto stabile sistema di cooperazione. Il libro inizia con un analisi del concetto di persona. Si tratta di definire il soggetto titolare di diritti. Nel primo capitolo affronto un approccio a questo problema, quello per cui si deve compiere uno studio empirico o metafisico (comunque descrittivo di una realt non normativa) per definire chi è una persona, e poi da questa analisi derivare la conseguenza normativa rilevante: la determinazione di chi gode di tutela normativa. Questo modo di affrontare la questione non riesce e non pu riuscire a dare alcun frutto. Il tentativo di derivare una conseguenza morale da una semplice definizione di un concetto descrittivo non normativo è gi stato condannato come un errore logico, la fallacia naturalistica. Per questo motivo, nel secondo capitolo mi dedico alla prospettiva inversa. Si parte da teorie etiche, per vedere chi sono i titolari di diritti. In questo capitolo il dibattito sul concetto di persona si intreccia con quello sull aborto. Concludo la mia discussione sul problema dell aborto nel terzo capitolo, dove mi occupo di una proposta per la quale si pu legittimare questa pratica anche senza dibattere su chi siano i titolari dei diritti. La madre avrebbe comunque sempre la facolt di interrompere la gravidanza. Respingo la proposta in questione, perché, come il lettore potr vedere, si

5 Introduzione fonda su intuizioni morali alquanto controverse e incapaci di assumere un ruolo fondazionale in una discussione morale. Il quarto capitolo è dedicato alla procreazione assistita. Una parte importante di questo capitolo si lega al secondo, poiché si tratta ancora di vedere quali diritti abbia l embrione (se ne ha), o quale valore gli sia attribuibile. Il capitolo successivo invece è dedicato all applicazione delle conoscenze sulla genetica. Si tratta di un tema ancora vincolato a quello precedente, nella misura in cui il problema è nuovamente stabilire fino a che punto si pu agire nei confronti di un essere umano nei primi momenti della sua vita. La mia conclusione è che è legittima ogni azione che vuole migliorare le sue potenzialit, ma che bisogna tenere presente in primo luogo l insieme di diritti della futura persona adulta, la quale potr dichiarare di aver subito un torto se altri avranno deciso che tipo di capacit selezionare per la sua vita. Il sesto capitolo è dedicato al problema della definizione di morte. Assumo un criterio per cui la morte equivale alla morte del tronco cerebrale, la parte del nostro organismo che serve da coordinatore per il funzionamento dell insieme. Ma come nella discussione sugli inizi della vita, ancora una volta la vita biologica e la vita di un individuo in quanto soggetto morale non corrispondono. Il soggetto morale si perde quando non dispone pi delle facolt mentali che possono farne un soggetto attivo in uno schema di collaborazione sociale. Ancora una volta, per, si deve attribuire un valore almeno prima facie all individuo fino a quando è in vita, per rispetto al soggetto morale che esisteva, ma anche per il motivo di educazione morale del quale si parlava sopra. L eutanasia è il tema del settimo capitolo. Il concetto dominante di questa discussione è quello di autonomia, l idea che ciascuno ha diritto di decidere sulla struttura della propria vita, compresi i momenti finali. E legitttimo per decidere per altri quando non hanno espresso (o non hanno mai avuto la possibilit di farlo) la propria volont sul modo di morire. In questo caso, è lecito applicare l eutanasia se c è la certezza che le sofferenze dell individuo sovrastano le sue possibili gioie. L individuo infatti non pu avere dei valori, e l unica cosa che pu contare per lui o lei sono le sensazioni empiriche immediate. Voler far proseguire una vita come quella descritta, in base a un sistema di valori o di diritti astratto, è solo un atto di crudelt. esta per l imperativo per la societ di organizzare un sistema di assistenza nel quale la scelta dell eutanasia sia veramente libera, e non la scelta della disperazione causata dal disinteresse della societ. L ultimo capitolo è dedicato al tema del trapianto degli organi. In parte questo dibattito si vincola a quello sulla definizione di morte, poiché è soprattutto dai corpi di individui non pi in vita che si possono estrarre organi per il trapianto. Ancora una volta, il concetto fondamentale è quello di autonomia. Sono gli individui in vita che devono stabilire se concedere, dopo la morte, i propri organi per il trapianto. La decisione della famiglia non pu dominare quella del soggetto stesso. Considerazioni che riguardano la giustizia distributiva, nella situazione di profonda ingiustizia nella quale si trova il mondo attuale, legittimano pure la vendita di organi. Sarebbe un caso di ipocrisia morale negare questa opportunit a chi non ne ha altre per sopravvivere. Ma rimane l imperativo di riformare la societ in modo che nessuno sia costretto a una pratica simile da necessit di sopravvivenza.

6 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) Recenti sviluppi del dibattito bioetico hanno assegnato un ruolo centrale al concetto di persona, poiché questo vincolerebbe l assegnazione di diritti morali. Essere una persona implicherebbe essere titolare di diritti morali originari (cioè, non derivati in quanto assegnati da chi ne è il depositario primario); chi non lo è ne sarebbe privo. Tale tematica è connessa a diversi aspetti della ricerca bioetica, quali la questione dell aborto (quando l ovulo fecondato inizia a essere una persona?), il trapianto di organi (quando un essere umano vivente cessa di essere una persona?), la ricerca (chi è una persona, e quindi un soggetto e non un oggetto che pu essere usato per esperimenti?). La discussione contemporanea pu godere di un notevole apporto da parte delle scienze empiriche che rendono note e inopinabili caratteristiche biologiche rilevanti degli individui umani in diverse fasi del loro sviluppo, in particolare nei momenti successivi al concepimento e in quelli che precedono la morte. La definizione di persona, per, non pu fondarsi soltanto sulla determinazione dei fatti biologici. Con il concetto di persona si entra nel dominio del dibattito filosofico, seppure supportato da conoscenze scientifiche approfondite. Ma gi in questo capitolo mostrer che né il dibattito scientifico né quello filosofico ontologico bastano a risolvere il problema di quando si inizi ad avere diritti. Per ora indicher questo problema evidenziando le difficolt del tentativo di fondare tutta l argomentazione su questa discussione, ma anche appellandomi ad alcune posizioni morali che riescono a mostrare che la questione ontologica e quella morale sono concettualmente e logicamente separate. 1.1. Alcuni pensano che la scienza dia forti ragioni per pensare che l essere umano possa essere individuato come persona sin dal momento successivo alla fertilizzazione dell ovulo: «È noto che sin dal momento della fertilizzazione è gi stato concepito tutto ci che dovr svilupparsi nel corso della vita all interno dell utero, il che vuol dire che l essere umano è sin dal proprio inizio - con il proprio corpo e con la propria anima - esattamente ci che diverr, e che successivamente a questo momento ci sar soltanto un ulteriore evoluzione del suo corpo e della sua anima». 4 L embrione sarebbe una nuova entit qualificabile come persona anche perché sin dal suo primo momento sarebbe un unit indivisibile, quindi un individuo compiuto. 5 Questa posizione è particolarmente cara alla dottrina cattolica, la quale sostiene il valore della vita gi dal primo istante dalla fertilizzazione, e cerca di trovare nell embriologia e nella genetica un sostegno alle proprie convinzioni. Idee molto simili a quelle presentate nella citazione precedente - ma pi elaborate - si trovano anche nel libro di un giovane teologo croato, Tonci Matulic, il quale ha l ambizione di dimostrare che l ovulo fecondato è una persona, appellandosi a due caratteristiche che sarebbero presenti sin da subito: l individualit (la nascita di un nuovo essere distinto dai genitori); e l identit (lo sviluppo di un ente che rimane sostanzialmente invariato per tutto il successivo corso della propria vita). Secondo Matulic, «la prova biologica indica che nel momento della fecondazione ha inizio un essere geneticamente del tutto diverso dai propri genitori» 6, il che proverebbe l individualit dell embrione. Inoltre, «l embrione umano sin dai primi momenti dopo la fecondazione rappresenta un processo nel quale vi è una coordinazione di tutti gli accadimenti e delle attivit delle componenti molecolari e cellulari nello stesso embrione. L esito della coordinazione molecolare e cellulare è il codice genetico (l insieme di tutte le caratteristiche ereditarie).» 7 L individuo creato con la fecondazione ha poi un suo sviluppo continuato: «si tratta sempre dello stesso embrione che, non perdendo la propria unitariet nel corso dei diversi stadi del proprio sviluppo, diviene sempre pi complesso qualitativamente e quantitativamente.» 8 E questo sviluppo continuato è dovuto a un 4 5 A. Frkovic, Rana trudnoca s etickog stajalista, Drustvena istrazivanja, 1996, pp. 23-24. Vedi: L. L. Vallauri, L embrione e le vite diversamente importanti, in S. Rodot (a cura di), Questioni di bioetica, Bari-Roma, Laterza, 1993, p. 361. 6 7 8 T. Matulic, Pobacaj. Drama savjesti, Zagabria, Filozofsko-teolosko institut Druzbe Isusove, 1997, p. 62. T. Matulic, Pobacaj. Drama savjesti, p. 37. T. Matulic, Pobacaj. Drama savjesti, cit., p. 38.

7 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) principio teleologico determinato, «tutto è ben organizzato e prestabilito, oltre che guidato da un principio teleologico suo proprio che lo condurr allo stato di feto pronto alla nascita.» 9 Questo varrebbe a sostenere che gi l ovulo fecondato possiede una sua identit personale. Su questo tema si è espresso recentemente anche un testo pastorale, l enciclica Evangelium vitae. 10 Anche se la scienza da sola non pu dare una risposta definitiva sull individuazione di una persona, per la quale è necessaria l identificazione di un anima razionale nel soggetto, l indicazione è tuttavia forte. In considerazione di questa plausibile evidenza, l embrione e il feto dovrebbero essere trattati come una persona, poiché è troppo importante e grave il rischio morale che si corre danneggiandoli: quello di danneggiare una persona. I problemi etici di fronte a questa linea argoemntativa sono due. Se ci si vuole appellare soltanto all evidenza della scienza, che indicherebbe inequivocabilmente la presenza di un individuo umano sin dal concepimento, ci si trova di fronte al problema di stabilire se si sia trovata una condizione sufficiente per l attribuzione di diritti. Molti pensano che un individuo umano allo stato di poche cellule incapaci di alcuna prestazione sensitiva, cognivita ed emotiva non meriti questa attenzione. Il dibattito è complesso e lo riprender in seguito. Se invece si prende la scienza come un indicatore di qualcosa di importante - la presenza di un anima razionale -, si introduce nel dibattito un elemento poco adatto a servire da criterio per scelte normative pubbliche. L idea stessa di anima razionale è quanto meno metafisicamente controversa, e come tale inabile a servire allo scopo morale che ho indicato gi nell Introduzione, quello di trovare un insieme di regole che garantiscono una stabile cooperazione sociale. Non si pu pretendere di orientare il comportamento di qualcuno, anche su scelte che riguardano fortemente la sua autonomia, in base a ragionamenti comunque destinati a rimanere controversi. L ultimo tentativo che potrebbe rimanere alla dottrina cattolica è quello di dire che la sola probabilit di avere una persona è una ragione sufficiente per proteggere un individuo. Ma anche questo ragionamento appare dubbio. C è un primo luogo un nodo da sciogliere in un argomento offerto da Snjezana Prijic. La Prijic assimila l argomentazione sulla comparsa di una persona al tradizonale problema dei concetti indefiniti (quando un individuo inizia a essere calvo?, quando il centrocitt diviene periferia?), e afferma che in questi casi c è un unica certezza: l estensione semantica del concetto non copre una situazione radicale iniziale. Un individuo sicuramente non è calvo dopo aver perso un unico capello, la periferia non inizia dopo che si è compiuto il primo passo da Piazza Duomo. Di conseguenza, non ci sarebbe neppure la probabilit di avere una persona nell attimo stesso dopo la fecondazione, quando mancano quasi tutte le condizioni necessarie per la definizione di persona (un minimo di autocoscienza, sensititivta, ecc.). 11 Ma il problema maggiore è che a volte tutelando la (ammesso che lo sia) probabile persona si dannegger una persona sicura. Ad esempio, impedendo alla madre di abortire si potrebbe compromettere la sua vita, o salute, o le prospettive di vita. In questo caso si dovrebbero soppesare le alternative con un calcolo bayesiano, la comparazione dei possibili esiti usando la probabilit di un evento (che si danneggi una persona) e la gravit morale dell atteggiamento verso questo soggetto (uccisione, omissione di soccorso, ecc.), e non è per niente certo che l esito del ragionamento sia la tutela della probabile persona. 1.2. Nel dibattito alcuni si appellano a importanti aspetti di indeterminatezza della presunta nuova persona che sono presenti prima che sia passato il quattordicesimo giorno dalla fertilizzazione. Una sistematizzazione critica dei vari problemi inerenti tale dottrina è stata presentata da Karen 9 10 11 T. Matulic, Pobacaj. Drama savjesti, cit., p. 90. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, Casale Monferrato, Piemme, 1995, pp. 121-122. S. Prijic, Je li embrio osoba?, Vladavina prava, 1999, pp. 7-16.

8 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) Dawson. La Dawson individua tre tipologie argomentative: a) l argomento genetico; b) l argomento della discontinuit -continuit ; c) l argomento dell individualit. 12 a) L argomento genetico sostiene semplicemente che al momento della fertilizzazione è creato un nuovo essere umano, in virt della formazione di un genotipo 13, che non subirebbe cambiamenti significativi nel corso del proprio sviluppo. L affermazione incontra due tipi di difficolt. La prima è rappresentata dal definire in che cosa consista la condizione dell essere geneticamente umano, la seconda nello stabilire che cosa indichi l espressione cambiamento genetico significativo. Nell'affrontare la prima difficolt, è possibile constatare che il genoma umano 14 pu essere considerato a livelli, diversi. Se la condizione di essere geneticamente umano è definita a livello cromosomico, 15 un prerequisito essenziale dell argomento è di appellarsi alla una struttura cromosomica tipica che comprende 46 cromosomi. In tal caso, peraltro, sorge il problema di considerare la presenza di esseri creati da genitori umani, ma in possesso di 45 oppure 47 cromosomi (come nei casi di bambini che soffrono della Sindrome di Down). Gli esempi pi noti riguardano le situazioni nelle quali entrano nell ovulo e partecipano alla fecondazione due spermatozoi, invece di uno solo. In questo caso pu risultare la nascita di un bambino con 69 cromosomi. Ma se è possibile che da genitori umani nascano bambini con una struttura cromosomica che non comprende 46 cromosomi, appare difficile determinare la presenza di un essere umano soltanto con la determinazione della struttura cromosomica. È difficile stabilire la presenza di un essere umano anche analizzando gli altri livelli. Problemi appaiono a causa di possibili variazioni della composizione chimica, o a causa della possibilit di animali transgenici. Un animale transgenico è un animale portatore di un gene di un altra specie. Si immagini che geni animali siano introdotti in un embrione umano, ad esempio per motivi terapeutici. Sar legittimo concludere che l essere che si svilupper da questo embrione non sar un essere umano? La conclusione appare assurda. La prima difficolt dell argomento genetico, quindi, non è risolta. A proposito della seconda difficolt dell argomento genetico in che senso dopo la fertilizzazione non avvengono altri significativi cambiamenti, la questione è relativa a cosa vuol dire significativi. Alcuni cambiamenti genetici avvengono o possono avvenire dopo la fertilizzazione, e addirittura dopo la nascita, e possono influire sullo sviluppo dell embrione e addirittura sulla sua sopravvivenza. Di conseguenza è difficile non ritenerli significativi. In mancanza di una determinazione precisa di significativo neppure la seconda difficolt trova soluzione. b) L argomento della discontinuit -continuit asserisce che la fertilizzazione rappresenta un momento di discontinuit nella storia delle cellule riproduttive coinvolte, mentre successivamente alla fertilizzazione avviene uno sviluppo continuo. È proprio cos? Un problema per il sostenitore della tesi della continuit successiva alla fertilizzazione sono i grandi mutamenti che possono accadere entro il quattordicesimo giorno di sviluppo dell embrione. 16 Entro questo periodo è possibile che da un unico embrione si sviluppino due gemelli. 17 Non vi è quindi una continuit tra la cellula fecondata e la fase successiva. Perché vi sia continuit un determinato bambino dovrebbe nascere da un unica cellula 12 K. Dawson, Fertilization and Moral Status. A Scientific Perspective, in P. Singer, H. Kuhse, S. Buckle, K. Dawson e P. Kasimba (a cura di), Embryo Experimentation. Ethical, Legal and Social Issues, Cambridge, Cambridge University Press, 1990 (1993), pp. 43-52. 13 14 15 16 Il genotipo è il complesso dei caratteri genetici di un individuo. Il genoma umano è l insieme di informazioni genetiche portate dal DNA nella specie umana. Il cromosoma è la struttura sede del patrimonio genetico. L embrione è l individuo nei suoi primi stadi di sviluppo dopo la fecondazione dell ovulo. Qui si prender in considerazione l insieme di caratteristiche particolari nei primi quattordici giorni di tale sviluppo, in virt delle quali si parler, quando una distinzione si riveler necessaria, di pre-embrione. L embrione è una fase di sviluppo che si protrae fino a otto settimane dalla fecondazione. 17 Secondo altri, questo cambiamento sarebbe possibile per soltanto entro il quinto giorno (vedi: J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, Oxford, Blackwell, 1996, p. 104).

9 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) fecondata, e non si dovrebbe verificare l eventualit che entro il quattordicesimo giorno due bambini possano svilupparsi da un unica cellula fecondata. Il momento iniziale dello sviluppo dei gemelli è sicuramente un evento di grande discontinuit. c) La possibilit dello sviluppo di due bambini da un unica cellula fecondata compromette anche l argomento dell individualit. Tale questione è stata evidenziata da Peter Singer, che supporta le critiche all argomento dell individualit con l esposizione di un paradosso. Si immagini che il preembrione sia un individuo, chiamiamolo Marion. Immaginiamo anche che dallo stesso pre-embrione si sviluppino due individui diversi (due gemelli). Che ne è stato di Marion in questo caso? Dovremmo concludere che siamo di fronte ad un nuovo individuo, Marion 2 (chiamiamola Ruth)? O dovremo concludere che sono sorti due nuovi individui? Entrambe le risposte presentano profili problematici. Nella prima eventualit la difficolt consiste nel determinare quale individuo sia Marion e quale sia il nuovo individuo. Ma se invece diciamo che entrambi sono individui nuovi, dovremo essere in grado di spiegare che cosa sia avvenuto di Marion: è sparita? 18 L argomentazione che si basa sulle caratteristiche presenti entro il quattordicesimo giorno si appella pure alla caratteristica di totipotenzialit delle cellule entro questo periodo. Ciascuna cellula del pre-embrione, staccandosi da esso, ha la possibilit di far sviluppare un intero essere umano. Sicché, dopo che lo zigote 19 si sia diviso in due cellule, il pre-embrione ha la possibilit di dare origine a due individui separati (e allo stesso modo, dopo la divisione in quattro e otto cellule). 20 Riprender l argomento del 14. giorno per ridimensionare la sua importanza in II.5.2.2. 1.3. Qualcuno a questo punto potrebbe dire che l embrione non è una persona entro i primi quattordici giorni di vita, ma lo diviene subito dopo. In realt, l argomento non è privo di problemi. Se fino ad ora si è ritenuto di aver mostrato che l ovulo fecondato non pu ottenere l individualit prima del quattordicesimo giorno, non è affatto detto che la raggiunga dopo questo momento. La Dawson indica come anche in un periodo successivo sia possibile la costituzione di pi individui da un embrione. Il riferimento è al caso dei gemelli siamesi. Questi hanno delle parti del proprio corpo in comune, ma è assurdo considerarli come un unico individuo, soprattutto se non condividono il cervello. Nel caso dell esistenza di due cervelli separati, si hanno due coscienze separate, due mondi intellettuali separati, e diviene decisamente non plausibile considerarli come di un unico individuo. 21 Difficolt analoghe alla presenza di una persona sin dal concepimento, riguardano anche chi la vuole presente dopo il quattordicesimo giorno. 1.4.1. Un altro modo di segnalare la creazione di una nuova persona è il raggiungimento della vitalit del feto 22, cioè la sua possibilit di vivere autonomamente al di fuori del corpo della madre. Si tratta del punto di vista adottato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti d America, che ha sentenziato conseguentemente nel famoso caso Roe vs. Wade, nel quale sono stati stabiliti i criteri legittimi dell aborto a livello federale. Invero, non sembra trattarsi di una prospettiva molto fondata dal punto di vista teorico. John Noonan ha sostenuto che l argomento non pu funzionare poiché non vi è una chiara identificazione di quando inizia la vitalit del feto. Esistono differenze che dipendono da fattori individuali, ma altres variazioni tra diverse razze - è dimostrato che i feti delle persone di colore si sviluppano pi 18 P. Singer, Ripensare la vita, Milano, Il Saggiatore, 1996, p. 105 (Rethinking Life and Death. Melbourne, Text Publishing Company, 1994). 19 20 Lo zigote è la cellula risultante dalla fusione delle cellule riproduttive maschile e femminile. H. Kuhse e P. Singer, Individuals, Humans and Persons. The Issue of Moral Status, in P. Singer, H. Kuhse, S. Buckle, K. Dawson e P. Kasimba (a cura di), Embryo Experimentation. Ethical, Legal and Social Issues, cit., pp. 67-68. 21 K. Dawson, Segmentation and Moral Status. A Scientific Perspective, in P. Singer, H. Kuhse, S. Buckle, K. Dawson e P. Kasimba (a cura di), Embryo Experimentation. Ethical, Legal and Social Issues, cit., pp. 57-59, 61. 22 Il feto è la fase di sviluppo che subentra all embrione e dura fino alla nascita.

10 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) rapidamente rispetto ai feti dei bianchi, e quindi raggiungono prima il momento della vitalit. 23 A questo argomento Singer aggiunge il fatto che la vitalit dipende anche dal supporto tecnico per la sopravvivenza del feto al di fuori del corpo della madre, il che conduce a situazioni paradossali: «Supponiamo che una donna alla venticinquesima settimana di gravidanza viva a Melbourne, citt che dispone di eccellenti unit di terapia intensiva per bambini prematuri, ma che a un certo punto decida di recarsi in una zona remota del deserto. [ ] Dobbiamo pensare che il feto che portava era un essere umano vivente finché lei era a Melbourne, ma che ha cessato di esserlo quando è andata nel deserto? Che cosa gli è accaduto? È morto? Ha cessato di essere umano?» 24 L argomento è valido. È controintuitivo far dipendere il concetto di persona da fattori esterni all individuo stesso (come ad esempio il livello di sviluppo tecnologico). Noonan espone un altro argomento contro il criterio della vitalit (si tratta di una reductio ad absurdum). Tale criterio non sarebbe soddisfatto neppure nel momento successivo alla nascita. Anche a partire da questo avvenimento il bambino continuer a necessitare di un ampio supporto per poter sopravvivere. Questo argomento, peraltro, non è convincente, poiché si fonda su significati diversi del concetto di vitalit. Nel primo caso vitalit significa disporre delle necessarie funzioni fisiologiche per poter sopravvivere. Nell esempio di Noonan vitalit indica la possibilit di compiere tutte le azioni esterne che sono necessarie alla sopravvivenza. Probabilmente, nessuno nel corso della propria vita è del tutto vitale nel secondo senso. Di conseguenza, tale criterio appare inutilizzabile. Un altra obiezione in forma di reductio ad absurdum potrebbe essere che numerose persone (usualmente riconosciute tali) non dispongono delle funzioni necessarie per sopravvivere (ad esempio, l ammalato di cuore che fa uso del pace-maker). L obiezione appare fondata. Infatti, il sostenitore del principio di vitalit potr solo dire che il feto, a differenza di chi fa uso di un pace-maker, non pu sopravvivere con alcun supporto tecnico, in quanto pu farlo soltanto all interno del corpo della madre. Questa risposta, tuttavia, riporta all obiezione di Singer, perché si ritorna a far dipendere la determinazione reale e concettuale di persona da un fatto esterno quale la possibilit di disporre di strumenti tecnici per poterla far vivere. In sintesi: la vitalit non pu essere ritenuta un criterio valido al fine di definire il concetto di persona poiché si appella a fattori esterni alle caratteristiche dell individuo. Harold Morowitz e James Trefil si sforzano di mostrare che le obiezioni indicate non hanno un grande peso. 25 Vi sarebbe un reale muro che impedisce alla medicina di consentire la vitalit ai feti pi giovani di venticinque settimane. I problemi principali riguardano i polmoni, ancora insufficientemente sviluppati per assicurare al feto la quantit di ossigeno necessaria. Un altro problema è costituito dal sistema circolatorio, in particolare in relazione alla trasmissione di sangue al cervello. Infine, la pelle è troppo sottile, cosicché una grande quantit di acqua si perde nell evaporazione quando il corpicino viene esposto all aria in un incubatore; il risultato è uno sforzo insopportabile per i reni. Questi problemi composti, e il fatto che le soluzioni ipotizzabili presentano effetti collaterali dannosi, fanno dire a Morowitz e Trefil che il muro sia reale e non fittizio, e che sia destinato a rimanere tale in ogni futuro ipotizzabile. Ammettendo che vi sia un reale muro per la vitalit del feto (ammissione comunque gi compromessa da uno spostamento del limite dalla 25. settimana di cui parlano Morowitz e Trefil ad almeno 23 settimane), la forza dell argomento di Morowitz e Trefil consiste nel mostrare che vi è un limite dove non vi sono variazioni dovute al diverso sviluppo tecnologico attualmente presente in parti diverse del pianeta. Il limite sembra essere universalmente opprimente. Ma l argomento non finisce con l essere del tutto convincente. Vi sono state malattie nel corso della storia dell umanit la cui estirpazione appariva del tutto impossibile (o per lo meno non ipotizzabile), ma ora sono guaribili. 23 J. T. Noonan, An Almost Absolute Value in History, in J. T. Noonan (a cura di), The Morality of Abortion, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1970. 24 P. Singer, Ripensare la vita, cit., p. 112. Per un argomento simile vedi: J. Harris, Wonderwoman and Superman. The Ethics of Human Biotechnology, Oxford, Oxford University Press, 1992 (1993), p. 38-39. 25 H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, Oxford, Oxford University Press, 1992, pp. 133-147.

11 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) L impossibilit di intervento rimane contingente, a volte, anche quando in un epoca non è ipotizzabile una sua precisa modalit. Nel caso specifico, all argomento della vitalit - anche nella formulazione di Morowitz e Trefil - si pu replicare dicendo che rimane comunque vincolato a un elemento contingente, dipendente dallo sviluppo tecnologico dell umanit nell insieme, e non intrinseco connesso al feto in quanto tale. Certamente, le caratteristiche interne del feto rendono pi difficile (o, con le conoscenze attuali, impossibile) il sostegno alla sua vita. Ma fino a quando non viene dimostrata l impossibilit assoluta di garantirgli la vita (pi chiara ed evidente di quanto apparise nel passato la possibilit di guarire da alcune malattie ritenute allora letali, o la possibilit per l uomo di arrivare sulla Luna), l argomento di Morowitz e Trefil non trova un fondamento autentico nella natura delle cose. 1.4.2. Un diverso tentativo di affermare il periodo temporale coincidente con quello della comparsa della vitalit del feto (circa il sesto mese di esistenza) - e quindi con la sentenza nel caso Roe vs. Wade - è stato esposto dagli stessi Morowitz e da Trefil. I due autori si concentrano primariamente sulla comparsa della corteccia cerebrale come dato significativo per la creazione di una nuova persona. Il criterio che ispira i due autori è che la corteccia cerebrale umana è ci che distingue la nostra specie dalle altre. Fino alla comparsa di questa parte del nostro corpo, non vi sarebbero differenze fondamentali tra noi e altri animali. Per giustificare la propria teoria, Morowitz e Trefil presentano un analisi delle speci diverse, confrontandola con un analisi di singoli individui umani. La tesi di Morowitz e Trefil non deve essere confusa con quella per cui l ontogenesi ricapitolerebbe la filogenesi. Non si afferma che un individuo umano, nel proprio sviluppo, ricapitola tutta la storia dell evoluzione, ma soltanto che le diverse fasi di uno sviluppo dell embrione e del feto (fino alla comparsa della corteccia cerebrale) sono funzionalmente comparabili a quelle dell evoluzione delle speci verso quella umana. Si riesce cos a vedere che al livello pi basilare, «gli esseri umani sono funzionalmente indistinguibili da altre cose viventi. [ ] E questa basilare identit biochimica dell umanit con il resto della vita non si ferma agli animali». 26 Rimane per l evidenza delle grandi differenze che separano gli esseri umani dagli altri esseri viventi: «Pu esserci un ampia intersezione tra i nostri processi molecolari volti alla produzione di energia con quelli presenti nel lievito di birra, ma il lievito di birra non produce navicelle spaziali e non scrive novelle». 27 Morowitz e Trefil sono convinti che sia possibile stabilire quale sia la qualit specifica che distingue l umanit, e che sia possibile stabilire quando questa qualit sia posseduta dal feto. L approccio proposto da Morowitz e Trefil per identificare questo momento caratterizzante è di affrontare un indagine a ritroso nella storia della vita, allo scopo di identificare il momento quando i nostri antenati hanno acquisito i tratti distintivi che li condussero all umanit. E la risposta alla ricerca di questa caratteristica cruciale è che il tratto decisivo è l evoluzione della corteccia cerebrale. Tutte le funzioni dell organismo, ad esclusione di alcune delle funzioni della corteccia cerebrale, sono condivise con altri esseri viventi. Con le amebe condividiamo il funzionamento chimico cellulare basilare. Con i parameci la capacit di riproduzione sessuata. Con le strutture comparse circa 600 milioni di anni fa, condividiamo la differenziazione delle funzioni cellulari. Con i cordati, comparsi circa 500 milioni di anni fa, condividiamo il possesso di un sistema nervoso centrale. 50 milioni di anni dopo comparve il midollo spinale, che possediamo assieme agli altri vertebrati. Con i rettili abbiamo in comune uno stile di vita terrestre, e la strategia di tutelare l embrione invece di lasciarlo soltanto al destino dettato dall ambiente circostante. Condividiamo il sangue caldo con gli altri mammiferi. Un cambiamento decisivo si ebbe con la comparsa dei primati. Da questo momento le differenze che separano i diversi rappresentanti si fanno sempre pi minute. A un certo punto dello sviluppo dei primati inizia anche lo sviluppo degli esseri umani. I primi umani si distinsero dai primati anteriori primariamente per due caratteristiche. La prima novit è la possibilit di camminare su due gambe, il che consente l utilizzo dei rimanenti arti soltanto per il lavoro. La seconda novit, invece, è il cervello pi ampio, in 26 H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 8. Per una spiegazione pi dettagliata della non particolarit dello svolgimento delle attivit a livello cellulare e mollecolare necessarie al mantenimento della vita, vedi: pp. 23-39. 27 H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 61.

12 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) particolare, la corteccia cerebrale. Questo sviluppo ha condotto alle attuali abilit specificamente umane: «Si pu pensare all aggiungere una corteccia cerebrale allargata come all angiungere un hard disk a un computer. In entrambi i casi, la maggioranza dei meccanismi operativi rimane inalterata, ma la loro sofisticatezza è ampiamente estesa.» 28 La nostra vita intellettuale dipende esattamente dalla corteccia cerebrale. Il successivo passo argomentativo di Morowitz e Trefil consiste nell identificare le diverse fasi di crescita dell embrione e del feto in corrispondenza alla storia evolutiva indicata precedentemente. Nel primo momento di esistenza, la cellula fecondata dispone di propriet attuali equivalenti e quelle delle cellule primordiali, condividendo con queste gli aspetti chimici basilari. Una differenziazione importante si ha quando la cellula fecondata inizia a dividersi, dando origine a 2, 4,..., n cellule. A questo punto lo sviluppo inizia a divergere in un modo essenziale da quello delle piante. Una nuova pianta, sin dalla prima divisione dello zigote, è gi una pianta matura in miniatura. Viceversa, il preembrione umano è una struttura di cellule contraddistinte da plasticit. Si pu, perci, dire, che in questo momento il pre-embrione acquista l animalit. Alla fine della seconda settimana, si ha un inizio di sistema nervoso centrale. L embrione, in questo momento, è assimilabile allo stadio evolutivo costituito dai cordati. Alla fine della quarta settimana si presenta una struttura che potr ospitare il midollo spinale; è raggiunta, pertanto, la fase evolutiva dei vertebrati. Nel corso del secondo mese l embrione acquista le caratteristiche che corrispondono a quelle dei primati (si formano chiaramente le mani e i piedi, inizia lo sviluppo degli occhi che entro la fine del secondo mese si pongono sulla fronte). Fino a questo punto, non si sono riscontrate le caratteristiche tipiche dell umanit, e il motivo è che «ci che distingue gli esseri umani dagli altri animali non va ritrovato nella struttura chimica delle cellule né nella struttura fisica, bens nella struttura e nelle funzioni del cervello». 29 Dalla quarta settimana ha inizio la formazione del cervello. In questa fase, il cervello di un embrione umano e quello di un pulcino sono molto simili. Si pu dire che sia stata raggiunta la fase evolutiva dei vertebrati. Dall undicesima settimana il cervello dell embrione è chiaramente identificabile come il cervello di un mammifero. E gi presente la struttura che si svilupper nella corteccia cerebrale. A questo punto, Morowitz e Trefil comparano lo sviluppo del cervello con la costruzione di una casa. La struttura generale è stata posta, ma necessitano i lavori di rifinitura che fanno dell edificio una cosa funzionalmente utilizzabile. In nessun caso, per, è possibile dire che il cervello formato a livello di somiglianza generale con l organo funzionalmente compiuto sia gi assimilabile a questo. Affinché questa assimilazione sia presente è necessario che siano attivate tutte le funzioni superiori dell intellettualit umana. Questo si realizza soltanto quando le cellule che compongono il cervello sono cresciute nel modo indispensabile, e quando le dovute connessioni si stabiliscono tra queste. Le cellule nervose comunicano tra loro grazie alle sinapsi: «Prima che le sinapsi si siano formate, il cervello del feto è soltanto una collezione di cellule nervose. Il feto è incapace di coscienza o volizione. Dopo che le sinapsi si sono formate, il cervello diviene funzionale». 30 La domanda: quando il cervello umano acquista l umanit? corrisponde perci alla domanda: quando si fornano le sinapsi? Queste connessioni iniziano a formarsi a partire dalle venticinquesima settimana di gestazione, e si compiono nella trentaduesima settimana. In base a questo dato, Morowitz e Trefil sostengono che «il periodo dalla venticinquesima alla trentaduesima settimana, quindi, è ci che noi identificheremo come il periodo nel corso del quale il feto acquista la propriet di umanit». 31 Non mi è possibile addentrarmi nei dettagli del dibattico biologico di Morowitz e Trefil. Mi soffermer su soltanto due obiezioni che mi appaiono ovvie. La prima è che descrivendo la similarit tra le caratteristiche possedute dall embrione e dal feto con quelle possedute da diversi esseri viventi nel corso dell evoluzione della vita, i due autori tralasciano un dato che secondo molti è invece importante. La cellula fecondata umana, sin dal primo momento, possiede comunque gi una 28 29 30 31 H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 72. H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 89. H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 116. H.J. Morowitz e J.S. Trefil, The Facts of Life. Science and the Abortion Controversy, cit., p. 119.

13 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) caratteristica non posseduta da alcun altro essere vivente, cioè la capacit di svilupparsi in un essere umano compiuto. Se è vero che il processo specifico che d origine alle sinapsi ha inizio in un particolare momento molto avanzato, è tuttavia vero che il programma di dar origine a queste è presente sin dal momento della fecondazione. Non appare, pertanto, per nulla ovvio che l umanit sia acquisita soltanto quando il processo specifico ha inizio. Perché non ritenere invece che essa sia acquisita sin da quando ha inizio il processo di crescita generale? Dall altro lato, non è neppure ovvio che l umanit corrisponda al possesso attuale delle potenzialit biologiche per svolgere determinate attivit. Vi sono autori, come si vedr in maggiori dettagli in seguito, che ritengono che ancora qualcosa sia necessario. Se è vero, come dicono Morowitz e Trefil, che è visibile che chi è privo della corteccia cerebrale non pu produrre opere d arte, è altrettanto visibile che non sono in grado di farlo neppure i neonati. Morowitz e Trefil si trovano costretti a rendere maggiormente plausibili i loro argomenti, tanto in relazione a chi trova l umanit in una fase anteriore a quella stabilita dai due autori, come pure in risposta a chi l identifica in fasi di crescita successive. 1.5. A parte le difficolt specifiche, vi è un unica obiezione comune contro una prospettiva generale che ho tenuto abbastanza implicita fino ad ora, ovvero l idea che l appartenenza a una particolare specie, quella umana, darebbe titolo a particolari privilegi. Ma quest affermazione non è un ovvia credenza autoevidente, e lo appare ancor meno in considerazione del seguente esperimento mentale. Si immagini di incontrare degli esseri provenienti da un altro pianeta, i quali hanno le stesse caratteristiche intellettuali ed emotive che abbiamo noi, ma hanno un codice genetico diverso. Saremmo pronti a negare loro uno status di persone identico al nostro? Non credo che vi possa essere alcuna intuizione morale a sostegno di una risposta affermativa. 32 Anche se l esperimento mentale mostra soltanto che la condizione di essere umano non è una condizione necessaria per essere una persona, ma non che non sia una condizione sufficiente, intuitivamente non si vede perché dovrebbe essere una condizione sufficiente se non è una condizione necessaria. La semplice appartenenza genetica a una determinata specie non sembra definire la personalit. Affermare che l attributo di persona spetta agli esseri umani in quanto tali significa peccare di specismo, un atteggiamento non pi giustificabile del razzismo, del nazionalismo, del sessismo, ecc. Con le parole di John Harris: «Dovremmo essere allarmati di fronte all asserzione per cui la preferenza nei riguardi di una specie non abbia bisogno di alcuna giustificazione tranne il fatto che noi stessi siamo umani, non fosse altro che la stessa preferenza impenetrabile è stata sostenuta in relazione alla razza, al genere, e alla nazionalit, con le ben note conseguenze disastrose e ingiustificabili.» 33 La dottrina cattolica ha esibito difese specifiche alla particolare dignit dell essere umano (e quindi del possedere un codice genetico umano). In Evangelium vitae 34 si dichiara che la vita che Dio dona all uomo sarebbe diversa e originale rispetto a quella degli altri esseri viventi, poiché esprimerebbe la sua presenza e la sua gloria. La creazione dell uomo è il risultato di una particolare decisione da parte di Dio. Tutto il resto del mondo è indirizzato all uomo e alla sua responsabilit, mentre l uomo mai pu essere ridotto allo statuto di oggetto. Peraltro, rimane ancora da capire perché questa particolare dignit appartenga proprio all uomo. Senza questa spiegazione dovremmo concludere che Dio stesso è uno specista. La risposta è che «la capacit di attingere la verit e la libert sono prerogative dell uomo in quanto creato ad immagine del suo Creatore, il Dio vero e giusto. Soltanto l uomo, fra tutte le creature visibili, «è capace di conoscere e amare il proprio Creatore» 35. Questa affermazione sfortunatamente non risolve il problema. In primo luogo, è indubbio che l essere umano negli attimi successivi alla fertilizzazione (e poi per parecchi anni) non ha la 32 S. Prijic, Pobacaj. Za i protiv, in S. Prijic (a cura di), Pobacaj za i protiv, Fiume, Hrvatski kulturni dom, 1995, pp. 3-4. 33 J. Harris, Wonderwoman and Superman. The Ethics of Human Bioetechnology, cit., p. 34; vedi anche: E. Lecaldano, Questioni etiche sui confini della vita, in A. Di Meo e C. Mancina (a cura di), Bioetica, Bari-Roma, 1989, pp. 29-31; P. Singer, Practical Ethics, Cambridge, Cambridge University Press, 1979 (1989), pp. 48-59. 34 35 Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, cit., p. 88. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, cit., p. 89.

14 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) capacit di attingere la verit e la libert, e non è in grado né di riconoscere né di amare il proprio Creatore (o quantomeno non vi è alcun fondamento per poter affermare il contrario). Tutte le conoscenze che si possono avere suggeriscono semmai che sono molto pi vicini a questa condizione taluni animali evoluti, come alcune scimmie, i delfini, le orche marine. Quindi, se la condizione di particolare dignit morale - la condizione di persona - deriva dalle condizioni indicate, allora si deve concludere che tale dignit è raggiunta dall uomo solo dopo un periodo relativamente distante dalla fertilizzazione, laddove purtroppo non potr mai essere raggiunto dagli individui con difetti nell uso dell intelletto. La dottrina cattolica, nella formulazione autorevole che si è vista, quindi, non riesce a identificare un preciso fondamento razionale e scientifico alla convinzione sulla particolare dignit dell essere umano sin dalla fertilizzazione. Vari autori hanno voluto esprimere anche argomenti che non si appellano a uno sfondo religioso per difendere una particolare dignit morale degli esseri umani in quanto umani. Uno di questi autori è Jenny Teichman. Tra i suoi argomenti sono esposti anche un argomento ad hominem (i critici dello specismo non sarebbero coerenti nelle proprie credenze, perché per esserlo dovrebbero essere sempre del tutto vegetariani), e un argomento che si fonda sulle conseguenze negative dell antispecismo (l accettazione di un sistema morale dove gli esseri umani non avrebbero un ruolo privilegiato comprometterebbe gravemente gli interessi dell intera specie). Non discuter questi argomenti, poiché anche l antispecista pu dire che vi sono buone ragioni conseguenzialiste per privilegiare i membri della nostra specie (e quindi anche per evitare il cannibalismo senza imporre il vegerarianismo). In questo caso i diritti di alcuni membri della nostra specie sarebbero derivati, sarebbero implicati da un migliore rispetto dei diritti di chi ne è primariamente beneficiario. La discussione diviene pi interessante quando lo specismo vuole mostrare che ci sono buone ragioni di principio per privilegiare gli esseri umani. Esporr tre di questi argomenti presentati dalla Teichman. 36 (i) Lo specismo è accolto da tutte le speci, e universalmente accolto dalla specie umana. (ii) Rifiutando che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti si è in contraddizione con l idea universalmente accolta sull uguaglianza dei diritti umani. (iii) Ogni differenza che tentiamo di stabilire tra gli esseri umani (ad esempio appellandoci ai diversi livelli di intelligenza) sarebbe arbitraria e non precisa e chiara. Gli argomenti (i) e (ii) riducono semplicemente la moralit a un sistema di pregiudizi. Il fatto che ogni specie accoglie lo specismo è un argomento molto flebile, perché lo scopo dell argomentazione morale è quello di trovare un insieme di norme che possano essere in un certo modo diverse da semplici reazioni istintive, che caratterizzano invece le altre speci. Inoltre, usando questo argomento, la Teichman si scorda di uno dei principali argomenti invocati a favore dello statuto particolare della specie umana, cioè il fatto che gli esseri umani sono gli unici capaci di sviluppare un sistema morale critico. Infine, l argomento della Teichman conduce realmente alla possibilit di legittimare il razzismo, il sessismo e l etnocentrismo, attraverso la legittimazione dello specismo. La Teichman dice che «è naturale per creature gregarie preferire i membri della propria specie, e gli esseri umani non sono un eccezione a questa regola». 37 Rimane per il problema di determinare chi siano le creature gregarie. Qualcuno potrebbe sentire (e di fatto fa cos ) che le creature gregarie di riferimento non sono gli altri esseri umani, bens i membri del suo sesso, nazione o razza. Seguendo la logica argomentativa della Teichman, non ci sarebbe alcuna possibilit di replicare a questi, se avessero una forte propensione (sentita da loro con la forza di un sentimento naturale) in questa direzione. Lo sciovinista educato metodologicamente dalla Teichman potrebbe dire: «E naturale per le creature gregarie preferire i membri della propria nazione, e gli italiani non sono un eccezione a questa regola». Accettando il ragionamento della Teichman non vedo alcuna possibilit di replica a questa espressione di etnocentrismo. Neppure l appello all usuale accettazione dell universalit dei diritti umani riesce a essere di aiuto. La Teichman sembra seguire in modo dogmatico le formulazioni di varie dichiarazioni sui 36 37 J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, cit., pp. 29-50. J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, cit., p. 44.

15 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) diritti umani. 38 Ma in relazione a queste formulazioni è legittimo chiedersi se seguano le richieste distinzioni. Quando leggiamo le discussioni che cercano di identificare un supporto razionale per le dottrine dei diritti umani, frequentemente troviamo condizioni per l attribuzione di diritti umani diverse dalla sola appartenenza alla specie umana. Bruce Ackerman, ad esempio, nel suo La giustizia sociale nello stato liberale, parla esplicitamente di condizioni il cui soddisfacimento attribuisce diritti (nella sua terminologia, che conferisce la cittadinanza ). 39 Alan Gewirth, nel suo Reason and Morality, parla dell abilit di essere un agente che ha dei fini come della condizione che d titolo a diritti. 40 Di conseguenza, l appello della Teichman all universalit dei diritti umani non appare sufficientemente giustificato. Ci conferma esattamente quello che i critici dello specismo vogliono sostenere, cioè che in questo paradigma vi è un infondato privilegio attribuito all umanit. Inoltre, nell argomento della Teichman possiamo trovare anche una fallacia naturalistica. Sostenendo che dobbiamo seguire una pratica perché lo fanno tutte le speci (o almeno tutta l umanit ) si deriva una conclusione normativa da una conclusione descrittiva, anche se c è un salto logico che le due affermazioni. L argomento (iii) della Teichman dice che è arbitrario stabilire delle divisioni tra gli esseri umani appellandosi alle differenze nelle propriet che possiedono, ovvero che le differenze alle quali si appellano gli anti-specisti non seguono chiare distinzioni naturali: «Le differenze tra i livelli di intelligenza, tra l avere ricordi coerenti e non coerenti tra l essere mentalmente sani e non sani, e via dicendo, sono questioni di grado non di specie. Peggio ancora, queste differenze hanno spesso una dimensione sociale, sono definite in modi che riflettono fatti culturali oltre che biologici. [ ] Infine, le differenze, anche quando sono considerate naturalisticamente, non sono reciprocamente commensurabili. Un individuo di elevata intelligenza che soffre di amnesia è pi o meno una persona di un altro che ha un intelligenza bassa, ma una buona memoria?» 41 Questo argomento per è scorretto, perché i filosofi che identificano le caratteristiche che attribuiscono diritti possono fondare le proprie proposte su qualit non particolarmente problematiche. Ackerman e Gewirth, ad esempio, per attribuire diritti, si riferiscono a un livello di razionalit che include tutti gli esseri umani adulti normalmente sviluppati. Ackerman dice che «i nostri diritti di cittadinanza devono essere garantiti da una regola che sia la pi chiara possibile: bisogna presumere che chiunque abbia raggiunto l et in cui generalmente un essere umano riesce a soddisfare le prove dialogiche e comportamentali sia un cittadino a pieno diritto dello stato liberale. [ ] Raggiunta questa et, i diritti di cittadinanza possono essere soggetti a restrizioni speciali solo in base a una inconfutabile esibizione di prove, analoga a quella richiesta dai principi liberali di procedura penale». 42 Discutendo l argomento di chi vuole attribuire i diritti in proporzione ai talenti posseduti dagli agenti (distinguendo cos anche tra chi ha comunque le qualit per essere un agente), Gewirth dice che «l essere attualmente un agente in prospettiva il quale ha propositi che vuole raggiungere è una qualit assoluta, che non varia di grado. La propositivit stessa in questione non varia di grado; non è influenzata, ad esempio, dal fatto che qualcuno abbia un maggiore o minore numero di propositi, dal fatto che questi siano pi o meno intensi, dal fatto che siano organizzati sotto alcuni propositi guida, ecc.». 43 Una volta che l agente possiede la capacit di avere propositi, secondo Gewirth, non vi sono pi gradazioni nell attribuzione di diritti, bens è sostenuta una perfetta attribuzione uguale. L analogia è con il diritto al voto. Una volta raggiunte le condizioni di maturit intellettuale per accedere a questo diritto, non vi sono pi 38 Per un atteggiamento simile, vedi: B. Scarlett, The Moral Uniqueness of the Human Animals, in D.S. Oderberg e J.A. Laing (a cura di), Critical Essays in Consequentialist Bioethics, London, Macmillan Press, 1997, p. 79. 39 B. A. Ackerman, La giustizia sociale nello stato liberale, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 122-137 (Social Justice in the Liberal State, New Haven, Yale University Press, 1980) 40 41 42 43 A. Gewirth, Reason and Morality, Chicago, Chicago University Press, 1978, pp. 119, 140. J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, cit., p. 39. B. A. Ackerman, La giustizia sociale nello stato liberale, p. 153. Vedi anche p. 128. A. Gewirth, Reason and Morality, cit., 123. Vedi anche: pp. 120-125.

16 I - Il concetto di persona (Il dibattito empirico e metafisico) gradazioni, il diritto è uguale e non vi sono persone che in virt di una maggiore intelligenza (o altri attributi) avrebbe un maggiore diritto al voto. Che questa prospettiva non sia particolarmente problematica è confermata anche dal fatto che questi criteri sono gi applicati in situazioni usuali, ad esempio nelle situazioni nelle quali si deve decidere chi pu scegliere per sé stesso un trattamento medico, o a chi pu essere legittimo imporlo. Di conseguenza, tutte le distinzioni sottili indicate dalla Teichman non sono necessarie e le complicazioni sono evitate. Sembra esserci una distinzione che attribuisce diritti sufficientemente chiara. Inoltre, l argomento della Teichman ancora una volta spalanca le porte al razzismo e al sessismo. Entrambe queste prospettive si fondano su chiare distinzioni biologiche. E infatti possibile dire che «la distinzione tra [razze (o generi)] è naturale, non arbitraria, e non difficile da stabilire né in principio né in pratica». 44 I seguaci del sessismo e il razzismo possono dire, allo stesso modo della Teichman che «non possiamo semplicemente decretare che da ora in poi la giustizia inizier a consistere in regole fatte nell interesse» 45 di tutti gli esseri umani in modo eguale. Per il razzista o il sessista questo potrebbe voler dire rompere una tradizione stabile e ampiamente accettata che si fonda su chiare distinzioni biologiche. La logica dello specismo impedisce di replicare al razzismo e al sessismo. Non è sufficiente avere una distinzione che sia biologicamente chiara e supportata da intuizioni morali ampiamente accolte. E richiesta una distinzione che sia moralmente chiara e razionalmente difendibile. L argomentazione della Teichman deve spiegare perché non è arbitrario stabilire una differenza morale tra gli esseri umani e gli altri animali, cioè deve trovare delle ragioni che rendano gli esseri umani e gli altri animali moralmente diversi. Soltanto trovando tale criterio sar possibile dire che c è un chiaro modo per distinguere moralmente tra gli esseri umani e gli altri animali. La Teichman pu dire che vi è una chiara distinzione tra le due categorie, cioè la determinazione genetica. Ma anche assumendo che qui vi sia una chiara distinzione (che cosa dire degli individui che soffrono di Sindrome Down, i quali hanno una struttura genetica modificata?), il massimo che si pu dire è che si tratta di una chiara distinzione biologica. Ma perché questo rappresenterebbe anche una chiara distinzione morale? La Teichman non esibisce il criterio richiesto, e questa è la ragione per cui la sua posizione è ingiustificata. Spesso anche gli specisti sono coscienti dei problemi della loro teoria quando si presenta in una forma semplice come nel caso della proposta della Teichman. Per questo motivo, anche se sostengono l intrinseca superiorit della specie umana, cercano tuttavia dei principi oltre alla sola appartenenza alla specie, per attribuire dei diritti particolari agli esseri umani. In questo modo creano una doppia contraddizione. In primo luogo, di fatto accettano la posizione rivale, per la quale delle ragioni diverse dalla sola appartenenza alla specie sono richieste. In secondo luogo, finiscono con il dover dire che non tutti gli esseri umani possono avere gli stessi diritti. Si è gi visto come si presenta il tentativo di Giovanni Paolo II. Un altro esempio è rappresentanto da Brian Scarlett. Nel replicare alla reductio ad absurdum esposta dagli anti-specisti che vogliono mostrare come lo specismo sia comparabile al razzismo, etnocentrismo, sessismo, ecc. Scarlett dice che «qualcuno potrebbe argomentare che le donne non devono avere la possibilit di votare o di essere piloti militari o professori universitari - qualunque sia il tema dibattuto - perché non sarebbero qualificate per farlo, allo stesso modo dei cani e dei gatti. La replica semplice a questa affermazione sarebbe che essa è dimostrativamente fattualmente errata. Sappiamo che le donne sono capaci di svolgere queste attivit, perché ci sono testimonianze del loro adempimento. E sappiamo che i cani e i gatti non possono fare alcunché di neppure remoto rispetto ai fini nominati». 46 Scarlett propone una graduatoria nell attribuzione dei 44 J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, cit., p. 39. La parentesi quadra sostituisce l espressione speci dell argomento della Teichman. 45 46 J. Teichman, Social Ethics. A Student s Guide, cit., p. 40. B. Scarlett, The Moral Uniqueness of the Human Animals, cit., p. 78.