Oggetto: considerazioni sulla forma di un futuro sistema di vigilanza prudenziale



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COMMISSIONE EUROPEA DG Mercato interno ISTITUZIONI FINANZIARIE Assicurazioni MARKT/2535/02 IT Orig. FR Bruxelles, 28 novembre 2002 MARKT/C2/OF D (2002) NOTA ALL'ATTENZIONE DEL SOTTOCOMITATO SOLVIBILITÀ Oggetto: considerazioni sulla forma di un futuro sistema di vigilanza prudenziale Il progetto solvibilità II ha come obiettivo rivedere il quadro europeo di vigilanza prudenziale delle imprese di assicurazione. Al momento di decidere l'organizzazione dei lavori, nel maggio 2001, il progetto è stato suddiviso in due fasi. La prima fase ha lo scopo di determinare la forma generale del sistema di solvibilità, dopo aver passato in rassegna i principali temi legati a questa problematica. Una volta definito questo quadro generale, potranno essere avviati i lavori della seconda fase, che è volta a definire i dettagli del sistema. La prima fase del progetto volge oggi al termine. Come previsto inizialmente, il sottocomitato solvibilità ha discusso le questioni preparate dai servizi della Commissione ed ha preso conoscenza delle conclusioni dello studio commissionato a KPMG, nonché delle relazioni dei gruppi di lavoro che aveva costituito per l'assicurazione vita e non vita. Per seguire questa prima fase dal progetto, la Conferenza delle autorità di vigilanza europee aveva istituito un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti delle autorità di vigilanza ed incaricato di trarre gli opportuni insegnamenti dalle difficoltà incontrate dalle imprese di assicurazione nel recente passato: la relazione elaborata da questo gruppo è stata comunicata ai membri del sottocomitato. Commission européenne, B-1049 Bruxelles Belgique. Téléphone: +32-2-299.11.11. Bureau: C107 01/050. Téléphone: ligne directe +32-2-295.50.34. Télécopieur: +32-2-299.30.75. http://europa.eu.int/comm/internal_market/ E-mail: Henri-Olivier.FLICHE@cec.eu.int

I diversi documenti discussi dal sottocomitato sono stati anche divulgati, affinché presentassero le loro osservazioni, a tutte le parti interessate dal progetto (imprese di assicurazione ed associazioni professionali, attuari, consulenti). Queste ultime sono state invitate a comunicare le loro proposte relative al progetto 1. A loro volta, le osservazioni e le posizioni espresse sono state trasmesse al sottocomitato ed è stata data loro un'ampia diffusione. Obiettivo della presente nota è preparare la conclusione della prima fase del progetto. Sulla base dei lavori effettuati durante questa fase (ricordati nella prima parte), essa tenta di trarre gli insegnamenti del caso (seconda parte). In una terza parte sono esposte le grandi opzioni fra le quali sarà operata la scelta un sistema di vigilanza prudenziale europeo. Un indice figura alla fine della nota. 1 Oltre a questa consultazione scritta, gli operatori del settore sono stati invitati ad esporre la loro opinione nel corso di una riunione prevista per il 17 dicembre 2002. 2

1. PANORAMICA DEI LAVORI DELLA PRIMA FASE 1. La prima fase del progetto solvibilità II è cominciata 2 nel maggio 2001 e dovrebbe concludersi a fine 2002/inizio 2003. Nel corso di questo periodo, il sottocomitato ha, da un lato, condotto discussioni al suo interno su un certo numero di argomenti e, dall'altro, si è avvalso di studi e relazioni elaborati da altri organismi. 2. Appare utile ricordare brevemente in questa sede gli argomenti studiati dai vari partecipanti al progetto. 1.1. Gli studi generali (relazione KPMG e relazione Sharma) 3. Due relazioni generali devono essere citate in questa sede: la relazione commissionata dalla Commissione alla società di consulenza KPMG 3 ; la relazione elaborata da un gruppo di lavoro della Conferenza delle autorità di vigilanza degli Stati membri dell'unione europea 4. 1.1.1. La relazione KPMG 4. La relazione KPMG studia gli otto temi seguenti, definiti nel capitolato d'oneri della Commissione: rischi e modelli di rischio, passività tecniche (soprattutto per l'assicurazione non vita), valutazione delle attività e rischio d'investimento, riassicurazione, trasferimento alternativo dei rischi e tecniche di riduzione dei rischi, impatto potenziale delle modifiche delle norme contabili, ruolo delle agenzie di rating, analisi comparativa dei sistemi basati sul margine di solvibilità. 2 3 In precedenza si era avuta una fase di lavori preliminari. Si citerà in particolare la giornata "Porte aperte" del 28 giugno 2000, destinata a raccogliere le proposte e le idee del maggior numero possibile di interessati prima di dare avvio al progetto. KPMG, "Study into the methodologies to assess the overall financial position of an insurance undertaking from the perspective of prudential supervision" (Studio sulle metodologie di valutazione della situazione finanziaria globale delle imprese di assicurazione nel quadro della vigilanza prudenziale), maggio 2002. (Disponibile solo in inglese). Una relazione provvisoria è stata presentata al sottocomitato il 23 gennaio 2002. La relazione definitiva è stata presentata in occasione di una conferenza organizzata da KPMG il 24 e 25 giugno 2002. 4 Relazione sulla vigilanza prudenziale delle imprese di assicurazione. Al momento della redazione della presente nota, la relazione era stata approvata, ma non ancora pubblicata. Non è pertanto possibile fornire riferimenti più precisi. Una relazione provvisoria è stata presentata al sottocomitato dal presidente del gruppo di lavoro il 22 ottobre 2002. 3

5. La principale conclusione della relazione è che un approccio a "tre pilastri", simile a quello adottato dal Comitato di Basilea, sarebbe adeguato anche per il progetto solvibilità II. Un primo pilastro conterrebbe le norme relative alle risorse finanziarie (in particolare quelle che sono attualmente denominate i "tre pilastri" del sistema: norme prudenziali sulle riserve, le attività ed il margine di solvibilità). Il secondo pilastro riguarderebbe le norme di controllo interno, di gestione dei rischi ed il loro controllo da parte dell'autorità di vigilanza prudenziale. Il terzo pilastro sarebbe costituito da un insieme di norme (principalmente norme sulla trasparenza) destinate a favorire la disciplina di mercato. 6. Per quanto riguarda i requisiti patrimoniali, la relazione raccomanda l'adozione di una formula di calcolo che tenga conto dei rischi tecnici ("underwriting risks"), del rischio di mercato e del rischio di credito. La relazione si mostra prudente quanto all'inclusione in tale formula di un requisito per il rischio operativo o per il rischio di incongruenza tra attività e passività. 1.1.2. La relazione Sharma 7. La seconda relazione generale elaborata nel quadro di solvibilità II è la relazione della Conferenza delle autorità di vigilanza europee 5 (denominata anche "relazione Sharma", dal nome del presidente del gruppo di lavoro). Questa relazione apporta al progetto il punto di vista indispensabile delle autorità di vigilanza, utilizzatori per eccellenza della normativa prudenziale. 8. Il gruppo di lavoro incaricato della redazione di questa relazione ha cercato innanzitutto di utilizzare al meglio l'esperienza concreta dei suoi membri. A livello nazionale, ciascuna autorità di vigilanza dispone di informazioni e di elementi di analisi che nessun altro operatore del settore può detenere nella loro interezza. La condivisione di questa conoscenza privilegiata dei problemi delle imprese di assicurazione ha permesso al gruppo di disporre di un materiale cospicuo, unico a livello europeo. 9. Il gruppo ha fondato la sua analisi dei rischi delle imprese di assicurazione su uno studio approfondito di imprese in grave difficoltà (questionario sui fallimenti e quasi fallimenti verificatisi nel corso degli ultimi sei anni, nonché numerosi studi dettagliati di casi concreti). In un secondo tempo, il gruppo ha individuato gli strumenti regolamentari a disposizione delle autorità di vigilanza ed ha discusso della loro adeguatezza ai problemi rivelati dalla sua analisi dei rischi. 5 La Conferenza delle autorità di vigilanza ha altresì consacrato a solvibilità II due seminari, uno a Bruges la scorsa primavera, l'altro a Copenaghen in novembre. 4

10. La principale conclusione della relazione è che il sistema prudenziale deve comportare tutta una serie di strumenti regolamentari, preventivi o correttivi, che permettano di intervenire a tutte le fasi in cui un problema possa manifestarsi: dalla fase più precoce (causa sottostante) quando, ad esempio, la cattiva gestione di un'impresa è percettibile soltanto nell'atteggiamento dei dirigenti o dei dipendenti dell'impresa, fino all'ultima fase, quando un concatenamento di cause e di effetti (eventi esterni, decisioni inadeguate, errori, ecc.) ha già determinato un grave deterioramento della situazione finanziaria recante pregiudizio agli assicurati. 11. In questa prospettiva, i requisiti patrimoniali sono soltanto uno dei necessari strumenti regolamentari, uno strumento certamente importante, ma che non basta da solo a costituire un sistema di vigilanza prudenziale. A tale riguardo, la relazione raccomanda una maggiore differenziazione delle soglie d'intervento in funzione delle caratteristiche finanziarie dell'impresa, ma non contiene proposte dettagliate per il calcolo di queste soglie d'intervento. In compenso, la relazione contiene una serie di raccomandazioni concrete per la creazione, lo sviluppo o l'armonizzazione di altri strumenti regolamentari. 1.2. I lavori del sottocomitato (note, scambio di esperienze) 1.2.1. Le note di discussione 12. Durante la prima fase, lo stesso sottocomitato ha discusso i principali argomenti relativi alla forma del futuro sistema di solvibilità sulla base di note di discussione preparate dai servizi della Commissione. 13. In primo luogo, il sottocomitato ha preso conoscenza delle grandi linee del progetto di Basilea, che è volto a riformare il sistema prudenziale bancario mondiale. La discussione che ha fatto seguito 6 intendeva determinare in quale misura questo progetto potesse costituire una fonte di ispirazione per il progetto solvibilità II, relativo al settore assicurativo. 14. In secondo luogo, il sottocomitato ha studiato soluzioni alternative per il calcolo del capitale minimo per le imprese di assicurazione. A tal fine, sono state discusse due note: una sui sistemi di tipo "Risk Based capital" esistenti negli Stati Uniti, in Canada ed in Australia 7, l'altra sui modelli interni di rischio delle imprese di assicurazione 8. 6 7 8 Nota di discussione MARKT/2056/01 del 12 giugno 2001. Il sottocomitato ha discusso tali questioni nel corso della sua riunione del 19 dicembre 2001. Nota MARKT/2085/01 dell'11 ottobre 2001, discussa in occasione della riunione del 19 dicembre 2001. Nota MARKT/2515/02 del 17 maggio 2002, discussa in occasione della riunione del 28 giugno 2002. 5

15. I legami tra le norme contabili (probabilmente destinate ad evolvere) e le norme prudenziali e i documenti richiesti a fini di vigilanza sono in seguito stati oggetto di una discussione specifica 9. 16. Infine, nell'ultima riunione, il sottocomitato ha preso in esame i lavori in corso a livello internazionale in materia di solvibilità 10 (Associazione internazionale delle autorità di vigilanza assicurativa 11, attuari). Il comitato ha anche preso conoscenza dei nuovi meccanismi di regolamentazione europea che potrebbero essere adottati per i servizi finanziari (approccio "Lamfalussy") 12. 1.2.2. Le presentazioni degli Stati membri 17. Il sottocomitato ha inoltre dedicato una riunione 13 alle presentazioni degli Stati membri riguardanti taluni aspetti del loro sistema prudenziale o progetti di riforma in corso. 18. La Finlandia ha ad esempio presentato i principi del suo sistema di vigilanza prudenziale e i meccanismi dei requisiti di solvibilità e della riserva di perequazione in vigore. La Francia ha quindi illustrato la sua concezione del controllo permanente delle imprese di assicurazione, che prevede una stretta combinazione di controllo su documenti e controllo in loco ed ha inoltre presentato i suoi nuovi strumenti di vigilanza (coefficiente di solvibilità e prospetto di controllo delle attività-passività). La Germania ha presentato le tre tappe della sua analisi annuale dei conti delle imprese di assicurazione ed il sistema di indicatori avanzati ("early warning system") associato." Essa ha anche evocato le principali disposizioni della legge sul controllo e la trasparenza delle società, che impone a tutte le società quotate 14 un adeguato controllo interno dei rischi. 9 10 11 12 13 14 Nota MARKT/2514/02 del 17 maggio 2002, discussa in occasione della riunione del 28 giugno 2002. Nota MARKT/2520/02 del 18 settembre 2002, discussa in occasione della riunione del 22 ottobre 2002. Abbreviazione francese: AICA. L'abbreviazione inglese, IAIS, è anch'essa usata correntemente. Nota MARKT/2519/02 del 27 settembre 2002, discussa in occasione della riunione del 22 ottobre 2002. Riunione del 29 aprile 2002. Questa legge non si applica solo al settore assicurativo. 6

19. Successivamente sono stati presentati diversi progetti di riforma. Quello del Regno Unito si fonda sul principio della trasposizione dei "tre pilastri" di Basilea al settore assicurativo. In particolare, sono stati sviluppati gli aspetti che riguardano il controllo del comportamento dei dirigenti, l'informativa al pubblico e i test basati su scenari sfavorevoli ("test di stress")." Il progetto presentato dai Paesi Bassi è volto a promuovere una migliore comprensione dei rischi: per valutare se il capitale è sufficiente, introduce tre orizzonti temporali diversi, che corrispondono a tre livelli di capitale diversi; in questo contesto, il ricorso ai modelli interni di rischio sarà probabilmente incoraggiato. Il progetto svedese si inserisce nella creazione di un sistema di vigilanza di tutti i settori finanziari: comporterà metodi quantitativi e qualitativi di valutazione della solidità finanziaria delle principali imprese del settore finanziario svedese. Infine, il Liechtenstein ha proposto un metodo di limitazione dell'esposizione al rischio delle imprese di assicurazione. 1.3. I gruppi di lavoro vita e non vita 20. In concomitanza con queste discussioni, il sottocomitato aveva costituito due gruppi di lavoro, composti da esperti di diversi Stati membri e da un rappresentante del Groupe Consultatif Actuariel Européen. Questi gruppi dovevano studiare questioni più tecniche, l'uno in materia di assicurazione non vita, l'altro in materia di assicurazione vita. 21. I lavori di questi gruppi si sono protratti per un anno, dal settembre 2001 al settembre 2002. Le loro relazioni 15 sono state presentate e discusse nel corso della riunione del sottocomitato del 22 ottobre 2002. 1.3.1. Gruppo di lavoro non vita 22. Il primo gruppo di lavoro ha dedicato i suoi lavori a due tipi di riserve tecniche dell'assicurazione non vita: le riserve sinistri e le riserve di perequazione. La questione posta al gruppo riguardava il livello di armonizzazione di queste riserve in Europa. Il gruppo si è strettamente limitato a considerare tale questione, ritenendo che gli altri aspetti relativi alle riserve tecniche non vita, come la loro definizione regolamentare, i metodi attuariali di calcolo, lo sconto ecc.. erano già trattati da altri studi 16. 15 16 MARKT/2528/02 e MARKT/2529/02. In particolare, il rapporto della Conferenza delle autorità di vigilanza europee "Gli accantonamenti tecnici nelle assicurazioni danni" del maggio 2002 ("rapporto Manghetti") ed il punto 4 dello studio KPMG. 7

23. In materia di riserve sinistri, il gruppo ha constatato, in particolare attraverso lo studio di indicatori statistici, che esisteva una grande diversità di pratiche in materia di accantonamento, non soltanto tra diversi mercati europei, ma talvolta anche all'interno di uno stesso mercato nazionale. Il gruppo ritiene che le autorità di vigilanza europee dovrebbero favorire la convergenza di queste pratiche per pervenire ad un livello comune di prudenza nella costituzione di riserve: a tal fine, esse potrebbero definire principi in materia di sane pratiche di accantonamento ed adottare una base comune per il controllo effettivo delle riserve (in particolare dati statistici). Il gruppo ha anche esaminato con interesse il metodo australiano, che consiste nel fissare un valore di riferimento numerico per il livello minimo di prudenza nella costituzione di riserve: tuttavia, l'attuazione pratica di tale norma presenta un certo numero di problemi ancora da esaminare. 24. La mancanza di armonizzazione è ancora più netta per quanto riguarda le riserve di perequazione. Il gruppo ha sottolineato l'interesse dei meccanismi di perequazione per il settore assicurativo e propone di estendere il loro campo d'applicazione a tutti i rami d'assicurazione particolarmente volatili. Il gruppo ha d'altra parte osservato che le riserve di perequazione potrebbero essere aggiunte ai fondi propri nel calcolo del margine di solvibilità costituito: questa soluzione permetterebbe di armonizzare maggiormente gli obblighi legati al margine di solvibilità. 1.3.2. Gruppo di lavoro vita 25. Il secondo gruppo di lavoro ha esaminato questioni proprie dell'assicurazione vita studiando, da un lato, le norme di calcolo delle riserve matematiche, dall'altro, le tecniche di asset-liability management delle imprese e la possibilità di utilizzarle a fini regolamentari. Lo studio effettuato da questo gruppo si è distinto da quello del gruppo non vita perché il campo delle questioni esaminate era più vario e perché non esisteva uno studio di sintesi recente che servisse come base per i lavori del gruppo. Questi lavori hanno quindi riguardato il raffronto dei mercati nazionali e dei problemi prudenziali incontrati, per passare quindi ad una valutazione dei requisiti regolamentari previsti dalle direttive. 26. Il gruppo ha individuato cinque grandi temi ai quali tutte le autorità di vigilanza prestano attualmente un'attenzione particolare: i tassi d'interesse garantiti, il rischio di mortalità legato alle rendite vitalizie, le clausole di partecipazione ai profitti, i prodotti in unità di conto, le opzioni incluse in taluni contratti. Per ciascuno di questi temi, la relazione avanza proposte per migliorare la normativa europea, sia al livello dei principi (che si tratta prevalentemente di completare), che al livello, più tecnico, dei metodi di quantificazione. La relazione raccomanda anche requisiti regolamentari minimi in materia di asset-liability management, quale possibile base per parte dell'attività delle autorità di vigilanza (test di stress, in inglese "stress test"). 27. Numerose proposte avanzate dal gruppo richiedono studi tecnici supplementari, che potrebbero rientrare nella seconda fase del progetto solvibilità II. 8

1.4. Le proposte sulla forma del sistema (Stati membri, operatori del settore) 28. Ai documenti di lavoro del progetto solvibilità II è stata data ampia diffusione: sui diversi argomenti esaminati sono quindi pervenute numerose osservazioni, che sono state prese in considerazione nei lavori dei servizi della Commissione. 29. Inoltre, gli Stati membri e i vari operatori del mercato sono stati invitati a formulare per iscritto la loro concezione della forma generale del futuro sistema di solvibilità. I principali contributi ricevuti sono brevemente riassunti in appresso. 30. Per completare il processo di consultazione, i servizi della Commissione organizzano una giornata durante la quale i diversi operatori del mercato (rappresentanti delle imprese di assicurazione, degli attuari, consulenti) potranno esporre la loro opinione sul progetto solvibilità ai membri del sottocomitato solvibilità (17 dicembre 2002). 1.4.1. Gli Stati membri 31. Tre Stati membri hanno finora fatto pervenire spunti di riflessione sulla forma del futuro sistema di solvibilità: i Paesi Bassi, la Francia e l'italia. Senza pretendere di riassumere con precisione queste note molto dense, ci si limita a richiamarne le grandi linee. 32. Per i Paesi Bassi, un sistema prudenziale adeguato ai rischi deve trattare i rischi identici in maniera identica (che siano essi incorsi da un'impresa di assicurazione o da una banca) e deve stimolare lo sviluppo dei modelli interni di valutazione dei rischi. Inoltre, esso non deve essere talmente complesso da avere un costo proibitivo per le imprese di assicurazione, né essere soggetto a modifiche troppo frequenti ed infine, in caso di crisi, non deve determinare comportamenti che possano destabilizzare ulteriormente i settori finanziari (effetti "prociclici"). Il contributo olandese comporta anche una serie di proposte specifiche che potranno essere utili per il seguito del progetto solvibilità II. 33. La Francia individua da parte sua alcune possibilità per migliorare il sistema prudenziale: una migliore considerazione dei rischi nel margine di solvibilità (rischio delle attività, rischi tecnici con l'adozione di un coefficiente sulle riserve non vita, rischio di catastrofe e programma di riassicurazione); il mantenimento dei margini di prudenza nelle attività e passività, resi tuttavia più trasparenti; infine, un rafforzamento della valutazione qualitativa dei rischi e la creazione di un "livello di controllo" superiore al requisito di margine. La Francia si pronuncia contro l'adozione pura e semplice di un sistema di tipo "RBC" e mette in guardia contro il rischio che i progetti dello IASB non tengano sufficientemente conto dei requisiti prudenziali per fornire una base contabile accettabile per le autorità di vigilanza assicurativa. 9

34. Il contributo italiano enuncia gli obiettivi di un nuovo sistema prudenziale: costituire un insieme completo e coerente di strumenti di controllo che garantisca condizioni di concorrenza eque. Gli obiettivi di convergenza con altri settori o altri paesi dovrebbero essere subordinati alla necessità di definire una normativa adeguata all'attività assicurativa e considerata soddisfacente in primo luogo dalle autorità di vigilanza europee. L'Italia approva l'idea di una struttura a tre "pilastri" ripresa dal progetto di Basilea e precisa che il primo pilastro deve contenere norme prudenziali sulle riserve tecniche e la loro copertura con attività. Riserve simili a quelle della Francia sono formulate sul progetto dello IASB. 1.4.2. Gli altri soggetti 35. Si tratta essenzialmente di organizzazioni rappresentative, a livello nazionale o europeo, di imprese di assicurazione, che hanno inviato contributi generali sulla forma del sistema di solvibilità. 36. Nell'agosto 2002, il CEA 17 ha illustrato le sue prime conclusioni sulla forma del sistema di solvibilità 18. Il CEA si pronuncia in favore di una struttura a tre pilastri. Il primo pilastro deve contenere disposizioni sulle riserve tecniche, le attività, la riassicurazione ed il margine di solvibilità. Quanto al terzo pilastro, dovrebbe essere sufficiente che comprendesse gli obblighi di pubblicazione dello IASB. Il CEA precisa che talune informazioni destinate alla vigilanza prudenziale dovrebbero restare confidenziali. 37. Il CEA si schiera inoltre in favore di una armonizzazione massima delle norme di solvibilità, che elimini, o riduca quanto più possibile, le opzioni per gli Stati membri. 38. Per quanto concerne le norme tecniche, il CEA non si esprime ancora sulle riserve tecniche, ma desidera limitare al minimo le norme quantitative sugli investimenti e delinea un sistema di requisito di margine che renderebbe possibile derogare ad un "approccio standard" mediante l'utilizzo di modelli interni. 39. Tre federazioni nazionali hanno inoltre inviato le loro proposte per il progetto solvibilità II, esprimendo filosofie alquanto diverse. 40. La GDV 19 ha inviato una descrizione di un sistema fortemente ispirato ai sistemi di tipo "RBC" utilizzati da Standard & Poors. Il sistema è stato adattato al mercato tedesco, sia per l'assicurazione vita, che per l'assicurazione non vita. La descrizione inviata è completata da un elenco di criteri di convalida dei modelli interni. 17 18 19 Comitato europeo delle assicurazioni. Il CEA ha nel frattempo precisato che avrebbero fatto seguito altre note di riflessione, in funzione dei lavori in corso in seno ai suoi gruppi di lavoro. Gesamtverband der Deutschen Versicherungswirtschaft (Germania). 10

41. Nel suo contributo, la FFSA 20 si pronuncia invece contro i sistemi di tipo RBC e mette in evidenza le distorsioni che questi sistemi, a suo avviso, comportano. Riprendendo lo schema a "tre pilastri" del progetto di Basilea, la FFSA precisa la sua posizione sulle norme del primo pilastro. Le riserve tecniche devono tenere conto di tutti i rischi misurabili e prevedibili, essere deducibili fiscalmente ed essere notevolmente armonizzate. Le norme sulle attività devono essere unificate e le restrizioni quantitative essere limitate al minimo necessario. Infine, il calcolo del requisito di margine deve avvenire secondo un metodo semplice; nel caso dell'assicurazione non vita, esso potrebbe includere un coefficiente applicato alle riserve. Dovrebbero essere possibili deroghe ai requisiti di margine, sulla base dei calcoli dei modelli interni. 42. La FFSA evoca infine due soglie di fondi propri che definiscono tre regimi di vigilanza: un regime di vigilanza ridotta, un regime di controllo intensificato ed un regime d'intervento nella gestione con possibilità di revoca dell'autorizzazione. 43. In un contributo piuttosto breve, la VVO 21 afferma, da parte sua, la necessità di valutare le riserve tecniche in funzione dei rischi - e secondo criteri uniformi a livello europeo - e di gestire gli investimenti corrispondenti con prudenza. 44. Le osservazioni dell'acme 22 sono incentrate su due messaggi chiave. Innanzitutto, l'influenza delle norme bancarie non deve indurre a sopravvalutare il ruolo dei fondi propri come garanzia della solvibilità delle imprese di assicurazione; al contrario, le riserve tecniche devono conservare un posto centrale nel dispositivo prudenziale. In secondo luogo, non si deve neppure sopravvalutare il ricorso ai modelli interni: tali modelli sono costosi e l'acme propone che i vari mercati elaborino "modelli standard" sotto l'egida delle autorità di vigilanza nazionali. 45. Da parte sua, l'aisam 23 richiama l'attenzione sulle particolarità delle mutue e sul rischio di "demutualizzazione" che comporterebbero requisiti patrimoniali eccessivi ricalcati su quelli delle società per azioni. 46. Il CTIP 24 sottolinea infine le incertezze legate al progetto di riforma dello IASB ed esprime preoccupazione per le ripercussioni di questo progetto sulle norme di solvibilità. 20 21 22 23 24 Fédération française des sociétés d assurance. Verband der Versicherungsunternehmen Österreichs (Austria). Association des assureurs coopératifs et mutualistes européens. Association internationale des sociétés d assurance mutuelle. Centre technique des institutions de prévoyance (Francia); 11

2. INSEGNAMENTI TRATTI DAI LAVORI DELLA PRIMA FASE 47. Prima di affrontare le proposte concrete sulla forma del sistema di solvibilità, appare utile sintetizzare i principali contributi degli studi e delle discussioni condotti nel corso della prima fase del progetto. Questi hanno infatti apportato nuovi punti di vista sugli obiettivi inizialmente assegnati 25 a solvibilità II. L'interpretazione di questi obiettivi merita dunque oggi di essere precisata. 48. Di seguito sono affrontate tre grandi problematiche che coprono la totalità degli obiettivi enunciati inizialmente: quale deve essere il campo d'applicazione del progetto solvibilità II? che cos'è un sistema prudenziale adeguato ai rischi? come tenere conto della necessità di armonizzazione o di convergenza delle norme, a livello europeo ed internazionale? 2.1. Che cosa deve riguardare il progetto solvibilità II? (Che cos'è un sistema di solvibilità?) 2.1.1. Le varie accezioni del termine "solvibilità" 49. Il termine "solvibilità" si applica a tre nozioni distinte, più o meno restrittive. 50. La prima nozione alla quale si riferisce direttamente il termine è quella del "margine di solvibilità" delle direttive europee: si tratta di un insieme di norme per il calcolo di un requisito patrimoniale minimo (margine minimo), da un lato, e dei fondi propri ammissibili per tale requisito (margine disponibile), dall'altro. La riforma solvibilità I ha riguardato le norme inerenti al margine di solvibilità. 51. La seconda nozione, più generale, riguarda l'insieme delle norme destinate a garantire la solidità finanziaria dell'impresa. Generalmente, queste norme riguardano il calcolo delle riserve tecniche, le attività di contropartita, nonché il requisito di margine di solvibilità già citato. Si tratta dei "tre pilastri" attuali del sistema prudenziale europeo, nonché della definizione del "regime di adeguatezza patrimoniale e di solvibilità 26 " presa in considerazione dall'aica. 25 26 MARKT/2095/99. "Capital adequacy and solvency regime". AICA : Principles on capital adequacy and solvency, gennaio 2002. Principio n. 6. 12

52. La terza nozione, a volte denominata "solvibilità globale 27 " per distinguerla dalle altre due, non può più essere riassunta in un insieme di norme applicabili ad un dato momento al bilancio dell'assicuratore. Essa corrisponde alla solidità finanziaria di un'impresa, tenuto conto delle condizioni di esercizio (prodotti e tariffe, organizzazione amministrativa, qualità dei dirigenti, ecc.), nonché del contesto esterno in cui opera (cicli economici, condizioni di concorrenza, qualità degli azionisti ecc.). Rispetto alla nozione precedente, che include, questa concezione implica una visione più a lungo termine della situazione finanziaria e costringe a prendere in considerazione fattori non soltanto finanziari. Per il controllo della solvibilità globale, le autorità di vigilanza devono effettivamente disporre di una gamma molto più differenziata di strumenti. 2.1.2. L'attuale concezione dei sistemi di solvibilità 53. Le direttive attuali definiscono la portata della vigilanza prudenziale nel modo seguente: "la vigilanza finanziaria comprende in particolare la verifica, per l'insieme delle attività dell'impresa di assicurazione, dello stato di solvibilità e della costituzione di riserve tecniche e delle attività di contropartita in conformità delle norme o della prassi stabilite nello Stato membro d'origine, ai sensi delle disposizioni adottate a livello comunitario 28." 54. Inoltre, "le autorità competenti dello Stato membro d'origine prescrivono che qualsiasi impresa di assicurazione sia dotata di una buona organizzazione amministrativa e contabile e di adeguate procedure di controllo interno 29." 55. Le direttive non hanno dunque limitato la portata della vigilanza prudenziale a requisiti finanziari applicabili al bilancio degli assicuratori, anche se hanno evidentemente privilegiato quest'aspetto. 56. La stessa impostazione si ritrova nei principi adottati dall'aica sull'adeguatezza patrimoniale e la solvibilità. Nel suo principio 13 ("valutazione della solvibilità") è precisato che, nel giudicare la solvibilità di un'impresa, l'autorità di vigilanza deve verificare il carattere sufficiente delle riserve e delle attività, il rispetto dei requisiti di margine, ma anche la qualità dei processi di valutazione dei rischi e dei sistemi di gestione dei rischi. Si afferma infatti che se non sono presenti sistemi di controllo per seguire le esposizioni al rischio, l'assicuratore non potrà adattarsi con sufficiente rapidità ai cambiamenti del mercato. 57. Nelle definizioni attuali dei sistemi di solvibilità, pertanto, sebbene sia data priorità alle norme finanziarie, viene sempre menzionata una dimensione supplementare del controllo della solvibilità. Questa dimensione supplementare merita di essere precisata. 27 28 29 Si potrà ad esempio fare riferimento alla relazione dell'ocse "Misura della solidità finanziaria delle imprese di assicurazione: norme di solvibilità". Articolo 13 della direttiva 73/239/CEE, modificato dall'articolo 9 della direttiva 92/49/CEE, secondo comma. Il testo della direttiva vita è identico, con la sola differenza che cita esplicitamente tra le riserve tecniche le riserve matematiche. Articolo 13 della direttiva 73/239/CEE, modificato dall'articolo 9 della direttiva 92/49/CEE, terzo comma. 13

2.1.3. I contributi delle discussioni condotte nel quadro di solvibilità II 58. Un contributo fondamentale in questo settore è stato lo studio del progetto di riforma prudenziale nel settore bancario (nuovo Accordo di Basilea). Infatti, in questo progetto, il sistema prudenziale non è più visto come una semplice enunciazione di coefficienti finanziari regolamentari. Esso comprende ormai altri due "pilastri" che vengono a completare questi requisiti quantificati: il "secondo pilastro", che formalizza il processo di vigilanza prudenziale, ed il "terzo pilastro", che intende rafforzare la disciplina di mercato attraverso una maggiore trasparenza. Questa nuova struttura mette in luce, per il settore bancario, gli aspetti del controllo della solvibilità globale che, per il momento, sono affrontati in misura limitata nelle direttive europee sull'assicurazione. 59. La relazione KPMG raccomanda l'adozione di una simile struttura, adeguata al settore assicurativo. Nell'approccio proposto 30, il "primo pilastro" raggrupperebbe le norme prudenziali sulle riserve, le attività ed i fondi propri minimi richiesti, nonché eventuali requisiti supplementari a livello di gruppo. Il "secondo pilastro" conterrebbe i principi per la valutazione della solvibilità da parte delle autorità di vigilanza e prevederebbe la possibilità di aumentare il requisito patrimoniale in casi particolari. Infine, il terzo "pilastro" incoraggerebbe le imprese, o a seconda dei casi le costringerebbe, a pubblicare informazioni sui loro rischi. 60. La nuova struttura del progetto di Basilea (ancor più dei dettagli relativi al calcolo dei requisiti patrimoniali del settore bancario) ha suscitato anche molto interesse nei membri del sottocomitato, nel corso della riunione dedicata a questo argomento. 61. Di fatto, essa corrisponde alle attuali preoccupazioni e riflessioni delle autorità di vigilanza. Le relazioni presentate dagli Stati membri hanno ad esempio mostrato chiaramente l'importanza attribuita dalle autorità di vigilanza al processo di vigilanza prudenziale: controllo su documenti (indicatori d'allarme precoce), controllo in loco, incoraggiamento di una migliore gestione dei rischi da parte delle imprese. In particolare, le relazioni hanno illustrato gli sforzi attualmente compiuti dalle autorità di vigilanza, volti, da un lato, a dare una dimensione più prospettiva al controllo della solvibilità e, dall'altro, a tenere maggiormente conto dei fattori di rischio non finanziari (qualità dei dirigenti, organizzazione amministrativa, ecc.). 30 Cfr. tabella del punto 2.1.77 (sintesi della relazione). 14

62. Anche la relazione Sharma sottolinea, con decisione, l'importanza del processo di vigilanza prudenziale: ne illustra i molteplici aspetti e conclude 31 che le autorità di vigilanza devono disporre di un vasto insieme di strumenti regolamentari e che "anche la revisione della normativa e della vigilanza prudenziale dev'essere di ampia portata". 63. La conclusione che i servizi della Commissione traggono da questa prima fase di solvibilità II è che occorre estendere la portata del progetto al controllo della "solvibilità globale" delle imprese di assicurazione e riconoscere maggiormente l'importanza del processo di vigilanza prudenziale nel sistema di solvibilità 32. Una struttura ispirata al progetto di Basilea sembra costituire una buona base per condurre a termine questo lavoro. 2.2. Che cos'è un regime prudenziale adeguato al rischio? 64. Uno degli obiettivi del progetto solvibilità II è pervenire ad un sistema di solvibilità più adeguato ai rischi di ciascuna impresa di assicurazione 33. Appare indispensabile analizzare il significato di questo obiettivo alla luce delle discussioni della prima fase. 2.2.1. I rischi osservabili dal bilancio dell'assicuratore 65. Spesso, la questione dell'adeguamento al rischio è stata affrontata soltanto in termini di requisito di margine di solvibilità 34. Sotto questo aspetto, il sistema europeo, soprattutto in materia di assicurazione non vita, può lasciare a desiderare: il requisito di margine, ad esempio, non riflette affatto il rischio di catastrofe incorso dall'assicuratore; il sistema è stato anche criticato per non tenere conto del rischio delle attività. Al contrario, i sistemi di tipo "Risk-based capital" hanno suscitato interesse per via dell'approccio "per rischi" proposto per il calcolo del requisito di margine. Più recentemente, i modelli interni di rischio sono apparsi come un'ulteriore alternativa per determinare il fabbisogno di capitale. 66. Lo studio e la discussione di questi argomenti hanno permesso di chiarire alcuni punti. 31 32 33 34 Sintesi della relazione, paragrafo 1.4.1. Citiamo il testo inglese integralmente: "Our need to tackle the full causal chain means that as well as considering solvency it is important that we have tools to focus on management and how they manage risk. Our toolkits will therefore need to be wide and include informal and subjective tools to deal with management, internal controls etc, and our more detailed findings and recommendations cover solvency and many other areas. We believe that the whole review of prudential regulation and supervision needs to be similarly broad, although this does not necessarily mean that it all needs to be included in Directives." Il documento originale MARKT/2095/99 riconosceva che tutti gli elementi evocati "privilegiano gli aspetti finanziari della vigilanza prudenziale" (riserve, attività, riassicurazione, requisito di margine, sistema contabile) ed escludeva dall'esercizio solvibilità II gli altri aspetti della vigilanza prudenziale. Oggi, questa posizione deve probabilmente essere sfumata. Il perseguimento di questo obiettivo deve essere compatibile con altri due obiettivi citati nel documento, che sono il mantenimento di un certo grado di semplicità nella regolamentazione e la parità delle condizioni di concorrenza. Il documento MARKT/2095/99 si esprime del resto in questi termini: "fissare un margine di solvibilità obbligatorio che sia più adeguato ai rischi realmente assunti". 15

67. In primo luogo, una formula standard per il calcolo di un requisito di margine non può sostituirsi a norme per la valutazione prudente delle riserve. La ragione principale è che la valutazione delle riserve di un'impresa di assicurazione dipende in massima parte dalle caratteristiche dei contratti e dei sinistri registrati: essa è il frutto di un processo complesso ed integrato al resto dell'attività e non può essere sostituita da un processo di valutazione standardizzato. È quanto ha rivelato innanzitutto l'esame dei sistemi RBC 35, ed in particolare il progetto australiano (assicurazione non vita), che fissa valore di riferimento numerico per il livello di prudenza nella costituzione di riserve. È in questo stesso senso che si orientano le conclusioni dei gruppi di lavoro. 68. Per l'assicurazione non vita, il gruppo di lavoro ha ad esempio discusso la possibilità di fissare un requisito di margine in funzione delle liquidazioni delle riserve sinistri osservate: il gruppo ritiene che questo metodo non sarebbe realizzabile, poiché, se non è completata da altre verifiche, l'analisi meccanica delle liquidazioni delle riserve può giungere a conclusioni erronee 36. Il gruppo ritiene al contrario che il principio di una costituzione di riserve prudente presenti dei vantaggi e permetta di arrivare ad un margine di prudenza più adeguato alla situazione dell'impresa: è dunque in una migliore definizione ed in un migliore controllo della prudenza delle riserve che risiede il potenziale di miglioramento delle direttive in questo settore. 69. Analogamente, sebbene il gruppo di lavoro sull'assicurazione vita abbia condotto discussioni per stabilire se il livello di prudenza delle riserve dovesse essere definito globalmente o, come avviene attualmente, parametro per parametro (tasso d'interesse, tavola di mortalità, spese di gestione), il principio di una costituzione di riserve prudente non è stato rimesso in discussione. 70. Nel caso delle riserve, un migliore adeguamento del sistema di solvibilità al rischio non può essere ottenuto mediante la definizione di un requisito di margine standard più complesso. Queste considerazioni non escludono la definizione di un requisito di margine, al di là di riserve prudenti, per tenere conto in maniera forfettaria delle incertezze sussistenti in materia di costituzione di riserve 37. 71. In uno stesso ordine di idee, e senza voler sviluppare questo punto, si osserverà che un requisito patrimoniale non sostituisce sempre in modo ottimale le misure di riduzione dei rischi, come un'opportuna diversificazione degli investimenti o un programma di riassicurazione adeguato. 72. Un secondo insegnamento può essere tratto dalla prima fase di solvibilità II. Come dimostrano i modelli globali di rischio sviluppati dai grandi gruppi assicurativi, quantificare un fabbisogno di capitale economico che risponda ad una definizione matematica precisa è un processo estremamente complesso. In questo processo, la scelta delle ipotesi, dei parametri adeguati all'impresa, dei metodi d'aggregazione influenza in maniera determinante il risultato. 35 36 37 Cfr. MARKT/2085/01, punti da 87 a 97. È anche l'opinione di KPMG, che raccomanda l'utilizzazione di diversi metodi statistici, nonché di controlli in loco per la verifica delle riserve (punti 2.1.23 e 2.1.25 della sintesi della relazione). Cfr. punto 114 della relazione del gruppo di lavoro non vita. 16

73. Se si ritiene giustificata questa ricerca di una costruzione di modelli sempre più sofisticata, qualsiasi tentativo di quantificare efficacemente il rischio finanziario globale di un'impresa di assicurazione con una formula standardizzata sembra un'impresa dall'esito dubbio: le approssimazioni determinate da una formula standard genereranno sempre errori, che sarà impossibile misurare, poiché varieranno secondo le caratteristiche delle imprese. 74. Di fatto, i vari studi esistenti dimostrano la bassa capacità di previsione dei fallimenti dei sistemi RBC, mentre questa capacità dovrebbe essere buona se il coefficiente di margine riflettesse effettivamente una probabilità di rovina 38. I sistemi di indicatori avanzati di rischi, basati sul controllo incrociato delle informazioni fornite da molteplici coefficienti finanziari e sull'analisi della documentazione richiesta a fini di vigilanza, sembrano strumenti più efficaci per individuare queste imprese a rischio. 75. Si pone allora un altro interrogativo: i modelli interni di rischio costituiscono un'alternativa? A questo proposito devono essere fatte alcune osservazioni. In primo luogo, attualmente i modelli di rischio globali, in grado di quantificare il fabbisogno di capitale economico, hanno scarsissima diffusione. Anche i grandi gruppi sono soltanto alla prima generazione di modelli globali; la loro esperienza è dunque limitata. In secondo luogo, la verifica di tali modelli richiederà da parte delle autorità di vigilanza risorse assolutamente non paragonabili rispetto a quelle richieste dalla verifica di una formula standardizzata. In particolare, molti commentatori considerano che se si autorizzano le imprese a valutare il loro fabbisogno di capitale mediante il loro modello interno, occorre mantenere un minimo assoluto di fondi propri. 76. La maggior parte dei membri del sottocomitato ha tuttavia mostrato un grande interesse per i modelli interni e ritiene che sia necessario favorirne lo sviluppo. Infatti, un modello interno di rischio struttura naturalmente l'analisi dei rischi che deve intraprendere un'impresa di assicurazione o un gruppo assicurativo. Esso va quindi al di là di una quantificazione del fabbisogno di capitale globale e costituisce anche una base eccellente per un dialogo tra l'impresa e l'autorità di vigilanza. 2.2.2. I rischi sottostanti ai rischi di bilancio 77. Le considerazioni precedenti mostrano che (almeno in un approccio standard) il fabbisogno di fondi propri non può costituire l'unico elemento di misura dei rischi dell'impresa e che per essere veramente adeguato ai rischi del settore assicurativo un sistema di solvibilità deve comportare altre norme di misura e di limitazione dei rischi che gravano sul bilancio dell'assicuratore. 38 Questi studi riguardano gli RBC vita e non vita americani, vale a dire sistemi RBC relativamente datati. Non è escluso che sistemi più recenti, che utilizzano approcci basati maggiormente sulla teoria del rischio, diano risultati migliori. 17

78. Neanche quest'approccio più completo è tuttavia sufficiente. Esistono atteggiamenti rischiosi o fonti di rischio che tali norme non prendono sufficientemente in considerazione, o non con sufficiente anticipo. Un classico esempio, ben noto empiricamente, è il particolare rischio che presentano le imprese in forte crescita: questo rischio non è facilmente rilevato dalle norme tradizionali poiché, come già sottolineato dalla relazione Müller 39, questo rischio "non si manifesta indipendentemente dagli altri rischi, ma appare piuttosto come un fattore che innesca o aggrava altri rischi (correnti)". Quando la NAIC ha definito la sua formula di RBC, ha anch'essa riconosciuto l'importanza di questo rischio ed ha applicato una maggiorazione forfettaria alla sua formula di base per quanto riguarda le imprese in forte crescita. Ma il rischio di crescita non è il solo rischio di questo tipo e si può sostenere che una competenza limitata dei dirigenti, messa più o meno in luce a seconda delle circostanze (ricerca di diversificazione, mutamenti delle condizioni economiche), è una fonte di rischio che influenza tutti gli altri rischi dell'impresa. 79. La relazione Sharma apporta un contributo fondamentale a tale proposito. L'analisi dei rischi effettuata dal gruppo di Londra si distingue infatti dalle analisi classiche, di tipo "RBC", su due punti essenziali. In primo luogo, i rischi individuati non sono solo quelli la cui realizzazione è osservabile dal bilancio dell'assicuratore. In secondo luogo, il gruppo di lavoro, considera essenziale analizzare i rischi in una catena di causalità (poiché la realizzazione di alcuni rischi è determinata da altri). 80. Secondo questo approccio, non si possono isolare i rischi quantificabili, che potrebbero essere oggetto di una misurazione quantitativa e di un fabbisogno di margine "fondato sul rischio", da un lato, ed i rischi non quantificabili, che potrebbero essere oggetto di un trattamento qualitativo (e che verrebbero classificati in un "secondo pilastro"), dall'altro: questi rischi di natura diversa sono infatti interdipendenti. 81. Se si segue quest'analisi, pertanto, un sistema di solvibilità adeguato al rischio è innanzitutto un sistema che incoraggia una buona gestione dei rischi, poiché è la stessa direzione dell'impresa ad essere nella posizione migliore per ridurre i rischi agendo sul concatenamento delle cause e degli effetti che ne determina la realizzazione. 82. È inoltre un sistema che offra all'autorità di vigilanza una varietà soddisfacente di strumenti, preventivi e correttivi: i singoli strumenti, compreso il requisito di margine, hanno una portata limitata, ma essi si completano e si inseriscono in un processo coerente di vigilanza prudenziale. 39 La relazione Müller classificava questo rischio in una categoria a parte : i "rischi speciali". 18

2.2.3. Quale funzione svolge il requisito patrimoniale in un sistema di solvibilità? 83. Queste considerazioni inducono a sollevare una questione ulteriore: quale deve essere la funzione dello strumento "requisito patrimoniale" nel sistema di solvibilità? 84. Una delle critiche mosse ai sistemi di solvibilità esistenti è che non esprimono chiaramente gli obiettivi del requisito patrimoniale 40. Infatti, se i considerando delle direttive europee affermano che il margine di solvibilità richiesto (al di là di riserve sufficienti) è destinato a "far fronte al carattere aleatorio dell'esercizio", talune autorità di vigilanza considerano il requisito di margine come la soglia che fa scattare un intervento pesante delle autorità di vigilanza, mentre altre ritengono che il rapporto margine costituito/requisito di margine debba svolgere un ruolo d'indicatore d'allarme precoce 41. 85. Le diverse osservazioni pervenute durante la prima fase di solvibilità II mettono in evidenza tre possibili funzioni del requisito patrimoniale. 86. In primo luogo, il requisito di fondi propri può costituire una soglia minima obbligatoria per restare nel mercato senza subire restrizioni sostanziali della libertà imprenditoriale. In questo caso, la soglia di margine deve essere fissata ad un livello sufficientemente basso, affinché le imprese che infrangono il requisito di margine presentino effettivamente un rischio di insolvenza chiaramente troppo elevato per l'autorità di vigilanza 42. 87. Sebbene sia auspicabile che questa soglia sia proporzionata alle principali esposizioni al rischio delle imprese di assicurazione, la formula di calcolo del requisito di margine non deve necessariamente essere troppo sofisticata, né eccessivamente adeguata ai rischi dell'impresa: non si tratta di misurare il rischio di rovina delle imprese di assicurazione del mercato, ma di fissare una soglia oltre la quale l'autorità di vigilanza ha la quasi certezza che questo rischio è troppo elevato. Al contrario, la portata dell'intervento determinato dall'inosservanza di questo requisito minimo induce a scegliere criteri di calcolo quanto più semplici e più oggettivi possibile per mantenere condizioni di concorrenza eque. Sempre in considerazione delle possibili conseguenze dell'intervento, questa soglia deve essere definita imperativamente al livello dell'impresa. 40 41 42 Questa critica formulata nella relazione KPMG vale sia per il sistema europeo, che per il sistema RBC americano (cfr. tabella del punto 10.5.4). Queste due concezioni emergono chiaramente nella relazione Sharma (parte 5.5 sul ruolo del capitale in un sistema prudenziale). Se le riserve sono valutate con prudenza, vi è almeno la possibilità che l'insolvenza non determini conseguenze troppo pesanti per gli assicurati (o per il fondo di garanzia, qualora esista). 19

88. Le due soglie attuali del sistema europeo, fondo di garanzia minimo e margine di solvibilità minimo, svolgono questa funzione. Altrettanto vale per i livelli del RBC americano che rendono possibile o comportano automaticamente il collocamento dell'impresa sotto il controllo dell'autorità di vigilanza (rispettivamente "authorised control level" e "mandatory control level") 43. 89. La seconda funzione che si può attribuire ad un margine minimo è quella di costituire una soglia d'allarme precoce delle difficoltà di un'impresa. Il superamento verso il basso di questa soglia non giustificherà da solo un intervento pesante e costrittivo da parte dell'autorità di vigilanza, ma comporterà piuttosto un controllo approfondito dell'impresa e la prescrizione di correttivi più leggeri o più scaglionati nel tempo. 90. Per una simile funzione, può sembrare più giustificato cercare di riflettere esattamente il profilo di rischio globale dell'impresa, per avere un indicatore efficace. Tuttavia, come dimostrato dall'esame dei sistemi RBC, indipendentemente dalla sofisticazione di una formula standard di requisito di margine, la sua efficacia come indicatore avanzato di difficoltà sembra limitata. L'analisi della documentazione richiesta a fini di vigilanza e l'analisi comparata di un insieme di coefficienti finanziari 44 sembrano svolgere questa funzione con maggiore efficacia. 91. La norma del margine di solvibilità non svolge questa funzione: ma questa lacuna è in linea con la più generale mancanza d'armonizzazione, nelle direttive attuali, degli strumenti e dei metodi di controllo (ed in particolare di altri possibili indicatori d'allarme precoce). 92. Il terzo approccio possibile consiste nel determinare il capitale necessario per "fare fronte al carattere aleatorio dell'esercizio", cioè per mantenere un rischio di fallimento molto basso, quasi nullo. Questo livello di capitale è forse più un capitale obiettivo che un capitale minimo 45. Esso è in ogni caso molto più elevato della soglia che determina un intervento automatico e costrittivo da parte delle autorità di vigilanza. Non sembra inimmaginabile che il capitale di un'impresa scenda temporaneamente sotto questo livello (in occasione di un "cattivo anno"), senza che sia necessario intervenire 46 : il rischio di rovina resterebbe infatti sufficientemente basso per attendere che risultati positivi reintegrino la temporanea "inadeguatezza" dei fondi propri. 43 44 45 46 Cfr. MARKT/2085/01. Quale quella presentata dalla Germania in occasione della riunione del 29 aprile, o quale il sistema FAST utilizzato dalla NAIC. La nota MARKT/2515/02 ha già evocato questa nozione riferendosi in particolare alla nozione di "area obiettivo" del sistema finlandese o al terzo principio del secondo pilastro del progetto di Basilea. È naturalmente necessario verificare che si tratti di un "cattivo anno" (e che non vi sono ragioni particolari che si ripresenti). 20