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Ovvero: LA PROFONDITA DI CAMPO NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE PARTE II Pubblicazione tecnica #05 2016 Distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

2 LA PROFONDITA DI CAMPO NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE INDICE SECONDA PARTE 1. INTRODUZIONE... 3 2. LA PROFONDITA DI CAMPO NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE... 4 2.1 PECULIARITA DELLA FOTOGRAFIA DIGITALE... 4 2.2 TABELLA DEI VALORI DEL CDC PER VARIE FOTOCAMERE DIGITALI IN COMMERCIO... 7 2.3 LA PDC NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE: LA STAMPA... 9 APPENDICE 1 - IL SENSORE DIGITALE... 12 BIBLIOGRAFIA... 14

3 LA PROFONDITA DI CAMPO NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE PARTE II 1. INTRODUZIONE Nella prima parte di questa pubblicazione tecnica abbiamo messo a punto, in una sequenza logica organica e completa, tutti i concetti basilari e vari esempi pratici che si trovano dispersi qua e là sul web e che offrono i necessari fondamenti tecnici a chi volesse comprendere bene l argomento della Profondità di Campo in Fotografia. Abbiamo visto quindi che la PdC non è una realtà fisica determinata, ma un concetto che deriva dalle approssimazioni che ruotano attorno alla rilevazione e percezione dell'immagine prodotta da una fotocamera, giungendo anche a descrivere i vari fattori da cui essa dipende. In questa seconda parte ci proponiamo di rispondere alla domanda: cosa avviene nel caso della fotografia digitale? Più di qualcuno si sarà accorto che le tradizionali regole del calcolo della PdC e iperfocale semplicemente non funzionano con le nuove Reflex digitali specialmente quelle con tanti Megapixel! Vediamo quindi, attraverso approfondimenti tecnici che tengono conto delle caratteristiche reali dei sensori digitali e degli algoritmi di formazione dell'immagine digitale, quali sono le peculiarità della fotografia digitale e come vanno gestiti i diversi fattori in gioco, arrivando a determinare opportuni valori del "circolo di confusione" e le formule più adatte a stimare la PdC per le fotocamere attuali, con particolare riferimento ai modelli più diffusi sul mercato: Nikon D5, D4s, Df, D810, D750, D610 Nikon D500, D7200, D7100, D5500, D3300 Canon 5D Mk.IV, 1D X Mk.II, 5DS, 7D Mk.II, 80D, 7D, 6D Pentax K1, K3, K5-II Sony, Fujifilm, ecc. per i quali sono riportate delle tabelle che tengono conto delle caratteristiche reali del sensore di ciascuna di esse. Inoltre, una volta individuato il valore del cdc consigliato per la fotocamera che stiamo utilizzando, vediamo come possiamo tenere conto delle condizioni di stampa (ovvero anche di uscita su display digitale) e della distanza da cui sarà osservata l immagine. Procediamo!

4 2. LA PROFONDITA DI CAMPO NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE Veniamo quindi al motivo per cui ho intitolato questa pubblicazione una, nessuna e centomila Profondità di campo. Abbiamo risposto alla domanda: da cosa dipende veramente la PdC? Abbiamo compreso che la PdC dipende dall assunzione del cdc, la quale a sua volta non è assoluta, ma va posta in relazione a: mezzo di rilevazione dell immagine (caratteristiche costruttive e risoluzione del sensore, caratteristiche dell ottica utilizzata, effetti di diffrazione e aberrazione dell'ottica) parametri distanza di messa a fuoco e diaframma; mezzo di riproduzione (stampa o display digitale); caratteristiche di fruizione dell immagine (distanza dell osservatore e sua acutezza visiva). Quindi è proprio vero che la PdC non esiste e che ne esistono una o centomila a seconda delle ipotesi in cui si opera. Vediamo adesso come rispondere alle altre nostre domande: quanto è realistica la PdC valutata con i metodi classici precedentemente esposti? Cosa caratterizza la PdC nella fotografia digitale e quali sono le differenze rispetto al passato? Per esperienza sappiamo che la PdC valutata con i metodi classici precedentemente esposti non ci soddisfa più, non è sufficientemente vicina a quanto otterremo in realtà nelle nostre foto, perché non tiene conto delle peculiarità della fotografia digitale. Vediamo quindi come rispondere anche alla seconda domanda. 2.1 PECULIARITA DELLA FOTOGRAFIA DIGITALE La Fotografia digitale è soggetta alle stesse leggi dell ottica fisica di quella analogica, quindi anche il concetto e le regole che descrivono la PdC sono le stesse. Va detto però che alcune assunzioni convenzionali che sono state applicate sin dagli albori della Fotografia per valutare la PdC ed in particolare le convenzioni assunte per il cdc devono essere riviste, se non altro a fronte dell'odierna sempre più elevata risoluzione dei sensori digitali e delle tecniche di riproduzione, tra stampa e display digitali. Vedremo che la fotografia digitale richiede l assunzione di valori del cdc decisamente più restrittivi. Le tacche della PdC stampigliate sugli obiettivi vintage purtroppo non sono più utilizzabili, come non lo sono le iperfocali e le tabelle che risalgono ai tempi dell'anteguerra, basate su assunzioni valide solo di fronte alle limitate tecnologie e materiali sensibili allora disponibili. E' pur vero che, di fronte a tutti i fattori che influiscono sulla nitidezza e sulla PdC, quali quelli che ho elencato sopra, la sola assunzione di un valore del cdc più stringente non sarà di per se sufficiente a garantire un risultato deterministico e perfetto; l'immagine finale sarà inevitabilmente meno nitida di quanto progettato e ciò perchè il metodo del cdc è intrinsecamente limitato e la PdC... inesistente o sfuggevole. Una pellicola fotografica è un supporto sensibile di tipo analogico nel senso che è in grado di produrre il fenomeno della scrittura attraverso la luce in maniera continua, proprio in contrapposizione al sistema digitale in cui una certa realtà o fenomeno fisico è descritta attraverso un insieme discreto di punti e dati numerici associati.

5 Nella realtà un sensore digitale è costituito da recettori della luce detti fotositi o fotodiodi (per approfondimento, cfr. Appendice 1 - il sensore digitale), sono dei trasduttori che rilevano la luce che li raggiunge e attraverso l elettronica del sensore stesso e gli algoritmi gestiti dal processore d immagine, consentono di generare gli elementi unitari dell immagine digitale stessa: i PIXEL. Sebbene, come spiegato in Appendice 1, ogni fotodiodo non raccolga da solo tutte le informazioni sul colore e luminosità necessarie nel sistema RGB a generare 1 pixel, essendo presente un filtro colore detto matrice di Bayer, ai fini della presente trattazione tra fotositi e pixel generati si può considerare un rapporto 1:1, in particolare per stimare le dimensioni dei fotositi stessi presenti sul sensore. La dimensione media equivalente di un pixel (detta anche pixel pitch), ovvero anche la densità media equivalente dei pixel sul sensore, si può stimare conoscendo le dimensioni fisiche del sensore e la sua risoluzione espressa in numero di pixel (il numero di pixel effettivi dell immagine che andranno a formare l'immagine digitale dichiarato dal costruttore), spesso indicata in Milioni di Pixel o Megapixel (MPx). Ecco due esempi in cui sono calcolati la densità ed il pixel pitch di due sensori attuali: 24x36 A (mm) 35,9 B (mm) 23,9 C (mm) 43,128 Mpx a (px) 5568 b (px) 3712 MPx 20,67 vs. Aps-c 1,00 1,00 1,00 Px density px/mm 155,10 155,31 155,21 Px density Mpx/cm2 2,41 Px pitch micron 6,45 NIKON D5 NIKON D500 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,7 C (mm) 28,262 crop 1,53 1,53 1,53 Mpx a (px) 5568 b (px) 3712 MPx 20,67 Px density px/mm 236,94 236,43 236,68 Px density Mpx/cm2 5,60 Px pitch micron 4,22 fig.1 Supponiamo ora di avere un sensore d immagine che è in grado di risolvere, in modo digitale e quindi discreto, punti di dimensione non inferiore a (per pura ipotesi) 10 micron. Ogni punto del soggetto che produrrebbe attraverso il sensore d immagine un disco di sfocatura più piccolo di 10 micron verrà confuso con un punto e come tale riprodotto. E evidente come in questo caso il circolo di confusione in fase di cattura dell immagine non abbia senso che venga assunto inferiore a 10 micron. In altre parole, se due punti dell immagine fossero proiettati sul sensore distanti meno della dimensione di 1 pixel del sensore, essi saranno resi come un unico punto (pixel) dell immagine restituita dal sensore stesso. Rivediamo dunque la definizione di cdc nel caso di un sensore digitale: Il circolo di confusione (cdc) è definito come la dimensione massima del diametro del disco di sfocatura entro la quale il disco viene riprodotto con un pixel, alla stregua dei punti perfettamente a fuoco. Ma completiamo il ragionamento, perchè occorre ragionare in termini di potere risolutivo, ossia la possibilità del sensore di risolvere (distinguere) due punti molto vicini tra loro; occorre determinare la dimensione massima ammissibile per il disco di sfocatura prodotto dalla luce che colpisce il sensore affinché due punti distinti del soggetto posti a una certa distanza siano codificati dal sensore come pixel distinti. Ebbene, occorrono almeno 3 pixel sul sensore per distinguere due punti adiacenti! (nella fig.2 si è cercato di rappresentare graficamente e rendere più intuitivo questo concetto. Ai fotositi idealizzati come caselle di una scacchiera sono stati sovrapposti i dischi di sfuocatura prodotti da due punti dell immagine del soggetto proiettata sul sensore. E ovvio che la geometria costruttiva di un sensore reale è molto più complessa, si veda per questo l Appendice 1). Nella situazione limite quindi, affinché i due punti siano resi come distinti, il disco di sfocatura prodotto può avere al massimo il raggio pari alla dimensione di 1 pixel, ovvero pari al pixel pitch. Se il disco di sfocatura fosse più grande i due punti sarebbero rilevati come sovrapposti e non più separati.

6 fig.2 Questa rappresentazione grafica è conforme al Teorema del campionamento di Nyquist che definisce il limite di frequenza spaziale entro cui un sensore digitale può catturare correttamente un segnale in ingresso avente una sua frequenza, rappresentata da una sequenza di punti neri e bianchi alternati (o meglio coppie di linee nere spaziate da linee bianche, lp/mm). Detta frequenza di Nyquist è data da 1/(2 * pixel pitch), ovvero per distinguere la sequenza di N punti originari occorre un numero doppio di campioni, ossia 2xN pixel. Ne consegue che il cdc da assumere è pari al diametro del disco di sfocatura ossia: cdc = 2 * pixel pitch Per passare dalla dimensione del pixel pitch del sensore al circolo di confusione da assumere nel calcolo della Profondità di campo, si tiene conto della risoluzione spaziale effettiva applicando un fattore moltiplicativo 2x. Poiché nella restituzione dell immagine operata attraverso un sensore digitale intervengono numerosi altri meccanismi (sul sensore sono presenti lo strato di microlenti, lo strato della matrice colore di Bayer e, in molti casi, anche il filtro anti-aliasing, cfr. Appendice 1), si tratta comunque di un valore convenzionale del cdc, tanto che nulla vieta di assumere un fattore di 1,5x o addirittura di assumere il cdc pari al pixel pitch. Tutte le assunzioni che riducono il valore del cdc sono a vantaggio di nitidezza nel senso che portano a valori di Pdc più ridotti. Tornando ai nostri esempi, un generico sensore di formato Full Frame 36x24 cm con 24 MPx effettivi avrà un pixel pitch di 6 micron ed un cdc di 12 micron, ovvero 0,012 mm. Ben altro valore rispetto ai 30 micron tradizionalmente assegnati alle fotocamere 35mm come base per il calcolo della PdC! un generico sensore di formato Aps-c 24x16 cm anch essa con 24 MPx effettivi avrà un pixel pitch di 4 micron un cdc di 8 micron, ovvero 0,008 mm, molto più ridotto rispetto ai 20 micron tradizionalmente assegnati alle fotocamere Aps-c! 24x36 A (mm) 36 B (mm) 24 C (mm) 43,267 APS-C A (mm) 24 B (mm) 16 C (mm) 28,844 crop 1,50 1,50 1,50 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 vs. Aps-c 1,00 1,00 1,00 Px density px/mm 166,67 166,67 166,67 Px density px/mm 250,00 250,00 250,00 Px density Mpx/cm2 2,78 Px density Mpx/cm2 6,25 Px pitch micron 6,00 Px pitch micron 4,00 CdC micron 12,00 CdC micron 8,00 fig.3 La PdC valutata attraverso questi valori del cdc è normalmente a vantaggio di nitidezza, nel senso che essa è a prova del cosiddetto "pixel peeping" dove si esaminano i più minuti dettagli ad ingrandimenti elevati sui moderni display digitali! Occorre comunque sempre tenere conto, nella valutazione del cdc da adottare, della Pdc necessaria in relazione alle modalità di riproduzione dell'immagine, sia essa ancora digitale che su stampa. Se si riproduce l immagine digitale su un supporto che ha una risoluzione dimezzata rispetto a quella iniziale, vuol dire che l'immagine occuperà una superficie 4 volte più piccola, ciò obbliga gli algoritmi di interpolazione a fondere 4 punti adiacenti

7 in un solo punto. Ciò vuol dire che il cdc in fase di riproduzione può essere raddoppiato e conseguentemente aumenterà la PdC disponibile. Lo vedremo meglio nel paragrafo dedicato alla risoluzione di stampa. Il valore del "circolo di confusione deve quindi essere non tanto il frutto di una convenzione, bensì una scelta mirata in funzione delle condizioni di ripresa e di restituzione e fruizione delle immagini, ma anche e soprattutto in ragione del target che desidera ottenere il fotografo. 2.2 TABELLA DEI VALORI DEL CDC PER VARIE FOTOCAMERE DIGITALI IN COMMERCIO Applicando i concetti precedenti alle fotocamere digitali più recenti e diffuse, possiamo ricavare le seguenti tabelle nelle quali sono indicati i valori consigliati per il circolo di confusione in relazione al pixel pitch del sensore utilizzato: NIKON D5 FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 23,9 C (mm) 43,128 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,7 C (mm) 28,262 crop 1,53 1,53 1,53 Mpx a (px) 5568 b (px) 3712 MPx 20,67 Mpx a (px) 5568 b (px) 3712 MPx 20,67 vs. Aps-c 1,00 1,00 1,00 Px density px/mm 155,10 155,31 155,21 Px density px/mm 236,94 236,43 236,68 Px density Mpx/cm2 2,41 Px density Mpx/cm2 5,60 Px pitch micron 6,45 Px pitch micron 4,22 CdC micron 12,90 CdC micron 8,44 NIKON D500 NIKON D4s - NIKON Df FullFrame A (mm) 36 B (mm) 23,9 C (mm) 43,211 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,6 C (mm) 28,207 crop 1,53 1,53 1,53 Mpx a (px) 4928 b (px) 3280 MPx 16,16 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 vs. Aps-c 0,82 0,82 0,67 Px density px/mm 136,89 137,24 137,06 Px density px/mm 255,32 256,41 255,86 Px density Mpx/cm2 1,88 Px density Mpx/cm2 6,55 Px pitch micron 7,31 Px pitch micron 3,92 CdC micron 14,61 CdC micron 7,83 NIKON D7200 - D7100 NIKON D750 FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 24 C (mm) 43,183 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,7 C (mm) 28,262 crop 1,53 1,53 1,53 Mpx a (px) 6016 b (px) 4016 MPx 24,16 Mpx a (px) 5568 b (px) 3712 MPx 20,67 vs. Aps-c 1,08 1,08 1,17 Px density px/mm 167,58 167,33 167,45 Px density px/mm 236,94 236,43 236,68 Px density Mpx/cm2 2,80 Px density Mpx/cm2 5,60 Px pitch micron 5,97 Px pitch micron 4,22 CdC micron 11,93 CdC micron 8,44 NIKON D500 NIKON D810 FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 24 C (mm) 43,183 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,6 C (mm) 28,207 crop 1,53 1,54 1,53 Mpx a (px) 7360 b (px) 4912 MPx 36,15 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 vs. Aps-c 1,23 1,23 1,51 Px density px/mm 205,01 204,67 204,84 Px density px/mm 255,32 256,41 255,86 Px density Mpx/cm2 4,20 Px density Mpx/cm2 6,55 Px pitch micron 4,88 Px pitch micron 3,92 CdC micron 9,76 CdC micron 7,83 NIKON D7200 - D7100

8 NIKON D610 FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 24 C (mm) 43,183 APS-C A (mm) 23,5 B (mm) 15,6 C (mm) 28,207 crop 1,53 1,54 1,53 Mpx a (px) 6016 b (px) 4016 MPx 24,16 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 vs. Aps-c 1,00 1,00 1,01 NIKON D5500 Px density px/mm 167,58 167,33 167,45 Px density px/mm 255,32 256,41 255,86 Px density Mpx/cm2 2,80 Px density Mpx/cm2 6,55 Px pitch micron 5,97 Px pitch micron 3,92 CdC micron 11,93 CdC micron 7,83 CANON 5D Mk.IV FullFrame A (mm) 36 B (mm) 24 C (mm) 43,267 APS-C A (mm) 22,4 B (mm) 15,0 C (mm) 26,958 crop 1,61 1,60 1,60 Mpx a (px) 6720 b (px) 4480 MPx 30,11 Mpx a (px) 5472 b (px) 3648 MPx 19,96 vs. Aps-c 1,23 1,23 1,51 Px density px/mm 186,67 186,67 186,67 Px density px/mm 244,29 243,20 243,74 Px density Mpx/cm2 3,48 Px density Mpx/cm2 5,94 Px pitch micron 5,36 Px pitch micron 4,09 CdC micron 10,71 CdC micron 8,19 CANON 7D Mk.II CANON 1D X Mk.II FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 23,9 C (mm) 43,128 APS-C A (mm) 22,3 B (mm) 14,9 C (mm) 26,820 crop 1,61 1,60 1,61 Mpx a (px) 5472 b (px) 3648 MPx 19,96 Mpx a (px) 6000 b (px) 4000 MPx 24,00 vs. Aps-c 0,91 0,91 0,83 Px density px/mm 152,42 152,64 152,53 Px density px/mm 269,06 268,46 268,76 Px density Mpx/cm2 2,33 Px density Mpx/cm2 7,22 Px pitch micron 6,56 Px pitch micron 3,72 CdC micron 13,12 CdC micron 7,43 CANON 80D CANON 5DS FullFrame A (mm) 36 B (mm) 24 C (mm) 43,267 APS-C A (mm) 22,3 B (mm) 14,9 C (mm) 26,820 crop 1,61 1,61 1,61 Mpx a (px) 8688 b (px) 5792 MPx 50,32 Mpx a (px) 5184 b (px) 3456 MPx 17,92 vs. Aps-c 1,68 1,68 2,81 Px density px/mm 241,33 241,33 241,33 Px density px/mm 232,47 231,95 232,21 Px density Mpx/cm2 5,82 Px density Mpx/cm2 5,39 Px pitch micron 4,14 Px pitch micron 4,30 CdC micron 8,29 CdC micron 8,60 CANON 7D CANON 6D FullFrame A (mm) 36 B (mm) 24 C (mm) 43,267 APS-C A (mm) 22,3 B (mm) 14,9 C (mm) 26,820 crop 1,61 1,61 1,61 Mpx a (px) 5472 b (px) 3648 MPx 19,96 Mpx a (px) 5184 b (px) 3456 MPx 17,92 vs. Aps-c 1,06 1,06 1,11 Px density px/mm 152,00 152,00 152,00 Px density px/mm 232,47 231,95 232,21 Px density Mpx/cm2 2,31 Px density Mpx/cm2 5,39 Px pitch micron 6,58 Px pitch micron 4,30 CdC micron 13,16 CdC micron 8,60 CANON 7D PENTAX K1 FullFrame A (mm) 35,9 B (mm) 24 C (mm) 43,183 APS-C A (mm) 23,7 B (mm) 15,7 C (mm) 28,429 crop 1,51 1,53 1,52 Mpx a (px) 7360 b (px) 4912 MPx 36,15 Mpx a (px) 4928 b (px) 3264 MPx 16,08 vs. Aps-c 1,49 1,50 2,25 Px density px/mm 205,01 204,67 204,84 Px density px/mm 207,93 207,90 207,92 Px density Mpx/cm2 4,20 Px density Mpx/cm2 4,32 Px pitch micron 4,88 Px pitch micron 4,81 CdC micron 9,76 CdC micron 9,62 PENTAX K5-II Le tabelle sono riportate sul seguente foglietto Excel (Circolo di Confusione e Fotositi - Web.xls), con cui ricavare i valori per una qualunque fotocamera digitale di caratteristiche note.

9 2.3 LA PDC NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE: LA STAMPA Abbiamo affermato che il valore del cdc deve essere frutto di una scelta mirata in funzione delle condizioni di ripresa e di restituzione e fruizione delle immagini. In effetti, una volta noto il valore del cdc consigliato per la fotocamera che stiamo utilizzando, occorre vede come possiamo tenere conto delle condizioni di stampa (ovvero anche di uscita su display digitale) e della distanza da cui sarà osservata l immagine. Mentre nel paragrafo precedente il cdc è derivato unicamente dalle caratteristiche elettroniche e fisiche del sensore, nel momento in cui si passa alla riproduzione dell immagine ovviamente rientra in gioco il potere risolutivo dell occhio umano. Su questo argomento esiste ampia letteratura tecnica, mi limiterò a riportare che il potere risolutivo viene espresse attraverso l angolo minimo sotto cui l occhio è in grado di distinguere (risolvere) due punti adiacenti ad una distanza di osservazione prefissata. Normalmente, si considera un potere risolutivo dato da un angolo tra 35 e 60 secondi di arco ad una distanza di osservazione di 10 pollici (25,4 mm). Di questo si è già discusso a proposito proprio della convenzione classica utilizzata per individuare il valore del cdc. Nel seguito assumerò il valore di riferimento di 40 di arco. A questo valore corrispondono i seguenti parametri con cui si rappresenta il potere risolutivo e la risoluzione di un immagine: 40 in radianti sono pari a =0,000194. Da una distanza r=10 pollici significa che i punti (o meglio le linee che l occhio deve risolvere) sono spaziate di s = r = 0.049257 mm, che corrispondono a circa 20 linee/mm. Poiché è necessario considerare in realtà un alternanza di linee nere e bianche (criterio di Nyquist), si utilizzano le line pairs per mm (lp/mm) che sono pari alla metà, ossia circa 10 lp/mm. Passando alla densità di punti per pollice (dpi) usata in stampa, questi equivalgono a circa 516 dpi. Ricordate il magico numero di 300 dpi che troviamo in quasi tutti i testi, per indicare la risoluzione consigliata per buone stampe? In effetti esso corrisponde a circa 6 lp/mm (12 linee/mm = 306 dpi) che è considerato il valore che un occhio umano normale mediamente riesce a risolvere; un valore vicino ai 10 lp/mm che abbiamo ricavato prima, considerando un potere risolutivo di 40" di arco, più alto dei circa 60" che porterebbero a 6 lp/mm. Occorre infatti tenere presente che il potere risolutivo dell occhio umano non è un dato fisso uguale per tutti, ma assolutamente variabile ed anche per un occhio emmetrope (ossia in condizioni ottiche ideali) esso può assumere valori in un range piuttosto ampio e il visus può benissimo essere superiore ai 10/10 considerati normali e arrivare anche a 20/10. L acutezza visiva di un osservatore può dunque anche arrivare a valori molto elevati, tali rendere cautelativo, ai fini della risoluzione di stampa, assumere il valore di 10 lp/mm ovvero 516 dpi calcolato in precedenza. Veniamo dunque al problema pratico della stampa: ci chiediamo quale risoluzione utilizzare nella stampa digitale al variare del formato di stampa e della distanza di visione. Per rispondere a questa domanda, ho considerato cautelativamente un acutezza visiva elevata, quindi ho assunto questi parametri: 516 dpi consigliati per una visione a distanza di 25,4 cm Cosa succede al variare della distanza? E piuttosto semplice: si potranno ridurre proporzionalmente i dpi consigliati. Teniamo infine conto che l occhio umano inquadra normalmente un campo la cui larghezza è pari circa alla distanza di osservazione e questa potrebbe definirsi la distanza normale minima di fruizione del'immagine. In altri termini una stampa di 30x20 cm sarà osservata interamente con lo sguardo da una distanza di 30 cm.

10 Sulla base delle ipotesi suddette, ho tabellato la risoluzione in PIXEL necessaria per una stampa di un certo formato (ho preso in considerazione i formati più diffusi con rapporto 3:2), in funzione del formato e della distanza di osservazione. Seguendo il ragionamento esposto, sarà possibile ricavare la risoluzione necessaria per qualsiasi formato e distanza d di osservazione: dpi = 516 * (25,4/d) PxL = dpi * L * (1/2,54) PxH = dpi * H * (1/2,54) Si nota che, per tutti i casi in cui la distanza di osservazione è assunta pari alla diagonale del formato di stampa, la risoluzione necessaria è sempre intorno a 12 MPx! Se ci avviciniamo alla distanza pari alla dimensione massima del lato del formato, la risoluzione necessaria aumenta a 17-18 MPx. Ecco le tabelle numeriche: FORMATO DI STAMPA DISTANZA VISIONE dpi MIN necessari PIXEL necessari risoluzione L (cm) H (cm) d (cm) dpi pxl pxh MPx 15 10 10 1309,9 7735 5157 39,892 15 10 15 873,3 5157 3438 17,730 15 10 18 726,6 4291 2861 12,274 30 20 20 654,9 7735 5157 39,892 30 20 30 436,6 5157 3438 17,730 30 20 36 363,3 4291 2861 12,274 45 30 30 436,6 7735 5157 39,892 45 30 45 291,1 5157 3438 17,730 45 30 54 242,2 4291 2861 12,274 75 50 50 262,0 7735 5157 39,892 75 50 75 174,7 5157 3438 17,730 75 50 90 145,3 4291 2861 12,274 90 60 60 218,3 7735 5157 39,892 90 60 90 145,5 5157 3438 17,730 90 60 108 121,1 4291 2861 12,274 210 140 140 93,6 7735 5157 39,892 210 140 210 62,4 5157 3438 17,730 210 140 252 51,9 4291 2861 12,274 In definitiva, una stampa di qualità richiede di partire da un file di circa 18 MPx, che in RGB a 8 bit per canale colore (non compresso) occuperà circa 50 MB, mentre a 16 bit occuperà ben 100 MB ca. sul nostro supporto di memorizzazione. I valori di dpi "minimi necessari" ricavati nella precedente tabella sono teorici e valori bassi non daranno origine a stampe di qualità fotografica, che di solito richiede sempre almeno 240 dpi. Occorre sempre conoscere la risoluzione in dpi ottimale a cui lavora la stampante o il plotter e cercare di produrre un file di risoluzione adeguata. Se per esempio la stampante ha come valore ottimale 240 dpi, una volta fissato il formato di output L*H desiderato, occorre preparare il file in fase di editing digitale, scalandone la risoluzione sino ai valori per cui esso assume esattamente le dimensioni L*H a 240 dpi. In alternativa, partendo da un file ad una data risoluzione pxl * pxh, possiamo passarlo alla routine di stampa imponendo la dimensione di output finale L*H; sarà il driver della stampante a utilizzare una densità minore per produrre la stampa ovvero a effettuare un ricampionamento dei pixel.

11 E' ovvio che il ridimensionamento in riduzione della risoluzione iniziale dell'immagine non produrrà artefatti, mentre il ricampionamento in aumento si, perchè l'algoritmo deve generare dei pixel interpolati, aggiungendo fittiziamente informazioni che non esistono nell'immagine di partenza. Consiglio di utilizzare per le stampe di qualità fotografica un file Tiff a 16 bit, non compresso o con compressione LZW. Se il vostro service di stampa accetta in input solo il formato Jpeg, meglio lavorare sul file Tiff a 8 (o meglio a 16 bit) per tutte le operazioni di post-processing e infine salvare in Jpeg (forzatamente a 8 bit) con massima qualità. Circa lo spazio colore, va usato almeno AdobeRGB., ma se la stampante è in grado di gestire spazi colore più ampi, come ad esempio ProPhoto RGB, usate quelli. Un file destinato alla sola pubblicazione sul web, quindi ad essere solo visualizzato sui comuni display del computer, potrà tranquillamente essere salvato in Jpeg (8 bit) con alta/media qualità e spazio colore srgb. In questo caso, la risoluzione del file (in PxL * PxH) e la densità fisica dei pixel sul display (espressa in ppi = pixel per inch e a volte confusa con i dpi) determineranno la dimensione fisica dell immagine sullo schermo. Non ha nessuna influenza su questo il valore dei dpi che potrete impostare nel programma di fotoritocco: è ovvio che ad esempio un immagine di risoluzione 1920 x 1080 pixel sarà sempre rappresentata su qualunque display con quel numero di pixel (a meno di operazioni di scaling operate a livello del software di visualizzazione) e le sue dimensioni fisiche saranno determinate solo dalla densità fisica dei pixel sul display. Comunemente, un display LCD per computer ha una densità di 96 ppi, per cui l immagine suddetta avrà le dimensioni a schermo seguenti: L = PxL / (96 * 2.54) = 50,8 cm L = PxH / (96 * 2.54) = 28,6 cm che sono proprio le dimensioni fisiche a tutto schermo di un generico monitor full HD 16:9. Per gestire correttamente tutta la catena sviluppo RAW -> post processing digitale -> stampa occorre prendere in esame la teoria degli "spazi colore", di cui abbiamo citato i più comuni AdobeRGB e srgb, trattazione che esula dallo scopo di questa pubblicazione.

12 APPENDICE 1 - IL SENSORE DIGITALE Approfondiamo con qualche cenno tecnico su come è fatto un sensore digitale. Mi riferirò ai sensori ampiamente più diffusi, quelli che utilizzano il cosiddetto filtro di Bayer per determinare i colori della terna fondamentale RGB (Red, Green, Blue), tralasciando i sensori Foveon. Un sensore è formato da milioni di elementi a semiconduttore sensibili alla luce, chiamati photodetector (fotodiodi). Ognuno di essi è collocato in un luogo fisico detto photosite (fotosito) che è l'elemento base da cui si formerà il pixel digitale. Ecco un esempio di schema costruttivo di un sensore (in sezione): Questi sensori hanno dunque davanti ai fotodiodi (anche) un filtro a mosaico (color filter array, CFA) che ha il compito di separare le componenti cromatiche sui diversi fotositi adiacenti del sensore, in modo che ogni fotosito possa registrare solo il segnale (luminosità) relativo ad una delle tre componenti RGB che comporranno le informazioni di un pixel RGB. Il mosaico è composto da due pixel verdi per ogni pixel blu e rosso. Questo perché la sensibilità dell'occhio umano è più alta proprio nelle frequenze della luce verde dello spettro visibile e si vuole avvicinare la risposta del sensore al comportamento dell'occhio umano (... siamo purtroppo ancora molto lontani dal possedere la tecnologia necessaria ad eguagliarne le capacità e la gamma dinamica...). Quindi al 50% dei fotositi arriva la componente verde (G), al 25% arriva la componente blu (B) e al 25% la componente rossa (R). Nella figura, una matrice di Bayer "classica": I segnali prodotti da un fotosito sono analogici e sono relativi ad R, G o B a seconda del fotodiodo. I segnali analogici devono essere digitalizzati attraverso la campionatura (conversione A/D) a 10, 12, 14 o 16 bit per canale colore. Ciò significa che, per esempio nella campionatura a 16 bit, l'intera scala di luminosità possibile dal nero alla massima luminosità viene suddivisa in 65.536 livelli di intensità (2^16) e ad ogni fotosito viene assegnato un numero binario a 16 bit che rappresenta il livello di luminosità da esso rilevato, compreso all'interno di questo intervallo di gradazione (dal nero al valore massimo luminosità di ogni specifico colore primario "R" o "G" o "B"). Ovviamente, maggiore è la profondità colore, maggiore sarà il numero dei livelli di intensità distinguibili su ognuno dei tre canali RGB e di conseguenza maggiore il dettaglio cromatico, ma con conseguente aggravio di potenza elaborativa e dimensioni del file digitale necessari.

13 A questo punto i dati possono essere registrati su un file digitale (detto RAW). Il file RAW non è ancora propriamente un file "immagine": esso è un insieme di dati "grezzi" del sensore che riportano le informazioni sulla luminosità per i tre canali colore, verde (50% dei dati), rosso (25%) e blu (25%) assieme a tutta una serie di metadati su altri parametri di scatto presenti nella fotocamera e ai dati di header che permettono l'identificazione del file. Questo file non ha nemmeno uno "spazio colore" RGB associato, ma presenta tutte le informazioni che il sensore è stato in grado di catturare. La dimensione di un file RAW (non compresso) sarà data dal numero di fotositi (che si assume pari al numero di pixel effettivi di risoluzione del sensore) per la dimensione in byte della campionatura. Per esempio in un sensore da 9 Mpx il file RAW a 16 bit (2 byte) sarà di circa 9x2 = 18 MB Per poter ottenere un file "immagine", è necessario che intervenga un altro software con il suo algoritmo di interpolazione (demosaicizzazione), con il quale si ricostruiscono le due componenti colore mancanti su ogni fotosito per giungere alle informazioni complete sulle tre componenti RGB per ciascun "pixel", l'unità di informazione dell'immagine digitale (una stringa numerica) che comprende le informazioni di cromaticità e luminosità di quel punto dell'immagine. Il software di sviluppo RAW (demosaicizzazione) è incorporato nelle fotocamere che sfornano direttamente file immagine di tipo Jpeg, mentre nelle fotocamere professionali viene salvato sulla scheda di memoria il file RAW e, opzionalmente, direttamente anche un file Jpeg. Il file RAW viene caricato sul PC in un software di sviluppo dedicato ed in questa fase è possibile rielaborare tutti i dati "grezzi" del sensore con una grande flessibilità. In questa fase viene anche deciso sia lo "spazio colore" RGB da associare al file immagine e la profondità colore da utilizzare, che tipicamente sarà di 8 bit per canale colore (Jpeg o Tiff, 24 bit per pixel) o 16 bit per canale colore (Tiff).

14 BIBLIOGRAFIA Potere risolutivo dell'occhio umano: http://www.normankoren.com/tutorials/mtf.html#human_visual_acuity Elementi di ottica: https://en.wikipedia.org/wiki/lens_(optics) https://en.wikipedia.org/wiki/thin_lens Profondità di campo https://it.wikipedia.org/wiki/profondit%c3%a0_di_campo