Il Regolamento dell Organismo di Vigilanza

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Il Regolamento dell Organismo di Vigilanza di Sonia Mazzucco e Daniele Sciardiglia Sommario 1 Premessa 2 L Organismo di vigilanza 3 Il Regolamento dell Organismo di Vigilanza 4 Conclusioni 1 Premessa Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto nell ordinamento giuridico italiano la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, prevedendo che possa essere imputata alla società una responsabilità diretta per la commissione di reati (tassativamente previsti dalla norma) commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da parte di soggetti, apicali o sottoposti, facenti parte della sua organizzazione. La società può esimersi dalla predetta responsabilità amministrativa, ma di fatto penale quando abbia adottato ed efficacemente attuato un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (di seguito anche Modello Organizzativo ) idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi, ed abbia altresì istituito un Organismo a cui sono affidati i compiti di vigilare sul funzionamento e l osservanza dei Modelli, nonché di curarne il loro aggiornamento (di seguito anche Organismo di Vigilanza o OdV ). 2 L Organismo di vigilanza I compiti di vigilanza ed aggiornamento del modello debbono essere, come detto, affidati ad un organismo dell ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (art. 6, comma 1, lett. b). Questo organismo non deve essere alle dirette dipendenze Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 1

del vertice aziendale, deve essere indipendente e dotato di un adeguata professionalità 1, oltre a possedere continuità di azione ed essere privo di mansioni operative. Detti requisiti dell Organismo di Vigilanza sono rinvenibili sin dalle prime decisioni giurisprudenziali, ed in particolare l Ordinanza 4-14 aprile 2003 del G.I.P. del Tribunale di Roma, la quale ha permesso di individuare gli elementi necessari (assieme poi ad altre fonti) dell Organismo di Vigilanza affinchè possa essere ritenuto validamente costituito ed efficacemente munito di poteri. Riporta testualmente la citata ordinanza che: tale organismo, per essere funzionale alle aspettative, deve necessariamente essere dotato di indispensabili poteri di iniziativa, autonomia e controllo ( ) l organismo di controllo non dovrà avere compiti operativi che facendolo partecipe di decisioni dell attività dell ente potrebbero pregiudicare la serenità di giudizio al momento delle verifiche ( ) appare auspicabile che si tratti di un organismo di vigilanza formato da soggetti ( ) forniti della necessaria professionalità che vengano a realizzare effettivamente quello organismo dell ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo ( ) per gli enti di dimensioni medio grandi la forma collegiale si impone così come si impone una continuità di azione. Le attività, o meglio i compiti, che l OdV deve assolvere, sostanzialmente sono: vigilanza sull efficacia ed effettività del modello, ovvero verifica della coerenza fra il modello previsto e i comportamenti concreti posti in essere; verifica dell adeguatezza e dell idoneità del modello, ovvero della sua sostanziale capacità di prevenire i comportamenti illeciti che nella specifica realtà dell ente possono, o si sono, realizzati; verifica dell adeguatezza del sistema sanzionatorio; analisi del mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello, in relazione all evoluzione dell ente; cura del necessario aggiornamento del modello, laddove le analisi precedenti lo richiedano, attraverso proposte di adeguamento ed attività di verifica dell attuazione e della funzionalità delle soluzioni proposte. 1 La professionalità richiesta all Organo di Vigilanza, e quindi la comprensione nello stesso di saperi diversi, fa preferire un organismo che sia collegiale, rispettoso dei requisiti di onorabilità, reputazione e imparzialità. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 2

Si tratta, come è agevole rilevare, di una serie di attività specialistiche, prevalentemente di controllo, che presuppongono la conoscenza di tecniche e strumenti specifici, oltre che una elevata continuità d azione. Per effetto di quanto detto, possono individuarsi i seguenti principali requisiti dell Organismo di Vigilanza: 1) Autonomia ed indipendenza. Le attività poste in essere dall organismo di vigilanza non possono essere sindacate da alcun altro organismo o struttura aziendale, dovendosi, inoltre, garantire che la sua collocazione assicuri l autonomia dell iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza e/o di condizionamento. In sostanza tale autonomia è ottenibile con l inserimento dell organismo in una posizione gerarchica di staff elevata che preveda la non attribuzione di compiti operativi e il rapporto diretto con i massimi vertici dell ente (quale ad esempio il Presidente, il Consiglio di Amministrazione nel suo complesso, il Collegio Sindacale); 2) Professionalità. L organismo di vigilanza deve essere dotato degli strumenti e delle tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività ispettiva o consulenziale: tecniche di analisi, valutazione e misure per il contenimento dei rischi, tecniche di intervista e di elaborazione di questionari, elementi di psicologia, metodologie per l elaborazione delle frodi, campionamento statistico, etc.; 3) Continuità di azione. La continuità d azione dell OdV è la caratteristica sostanziale che deriva dal suo essere formalmente un organismo dell ente. D altra parte, è proprio tale requisito la prerogativa che consente all organismo di svolgere una corretta ed adeguata vigilanza, che lo rende realmente parte attiva del flusso di informazioni indispensabile per l adempimento dei propri compiti ed in particolare dell esercizio del potere di controllo, secondo una significativa autonomia di iniziativa e di azione. La continuità d azione comporta la conoscenza e la vicinanza alle aree sensibili in modo da poter verificare prontamente l efficacia del sistema di controllo adottato dall ente ed espresso nel Modello Organizzativo. A questo punto si pongono diversi interrogativi. Ma quale deve essere la struttura dell Organismo di Vigilanza? da chi è nominato e da chi è composto? a chi riferisce dell attività svolta? Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 3

Per quanto riguarda il primo interrogativo, le alternative riguardano i sindaci, le strutture di controllo interno e eventuali strutture esterne nella prospettiva di outsourcing. La legge di Stabilità 2012 (L.183/2011- pubbl. su G.U. del14/11/2011 n. 265 S.O. n. 234) ha previsto l inserimento nell art. 6 del D.Lgs. 231/2001 del comma 4- bis, il quale ha previsto che nelle società di capitali, il Collegio Sindacale, il Consiglio di Sorveglianza ed il Comitato per il Controllo della Gestione, possano svolgere le funzioni dell Organismo di Vigilanza. In sostanza, tali organi sono considerati dal legislatore organismi dell ente dotati di autonomi poteri di iniziativa e di controllo ai fini dell esimente di cui all art. 6 del Decreto. A tal riguardo si rileva che l altra e finora unica previsione contenuta nel Decreto individuante i soggetti che possono svolgere all interno dell ente i compiti dell OdV è quella di cui al comma 4 dell art. 6, la quale dispone che negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente. Tale attribuzione non risulta aver avuto esiti positivi nella prassi aziendale, soprattutto perché non garantisce sufficienti garanzie in termini di autonomia ed indipendenza della vigilanza svolta dall organo dirigente. Tale novità ha sollevato non poche perplessità e critiche da parte degli addetti alla materia. Tale tematica verrà approfondita in un successivo specifico articolo della Commissione. Analoghe perplessità sussistono relativamente alle strutture di controllo interno, cui invece spesso si fa riferimento: l opzione di affidare i compiti dell organo di vigilanza a funzioni aziendali già attive (quali ad esempio, l ufficio legale o l internal auditing) ci pare presentare la controindicazione per cui tali funzioni potrebbero non avere il grado di indipendenza rispetto ai <<soggetti in posizione apicale>>, né la stabilità necessaria al fine di garantire l efficace applicazione del <<modello>> 2. Tale orientamento negativo è ribadito con riferimento alle imprese bancarie: del pari è dubbio che l organismo de quo possa coincidere con l attuale internal audit (Revisione Interna) il quale, nonostante quanto precisato dalle istruzioni di vigilanza, 2 Frignani, Grosso, Rossi, I modelli di organizzazione previsti dal d.lgs. n. 231/2001 sulla responsabilità degli enti, in Le Società, n. 15, 2002, 149. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 4

presenta un grado di indipendenza inferiore rispetto a quello previsto dal D.Lgs. n. 231/2001 per l organismo per cui si discute, laddove esso debba colloquiare con i vertici aziendali 3. Analogamente le Linee Guida di Confindustria sconsigliano espressamente che funzioni e strutture aziendali già esistenti (Personale e Organizzazione, Legale, Amministrazione e Controllo di Gestione) si facciano carico delle attività proprie dell Organismo di Vigilanza, sia perché di solito sono prive delle competenze necessarie, sia perché a queste funzioni sono di solito affidati poteri decisori che potrebbero configgere con il requisito dell indipendenza e dell obiettività di giudizio richiesto. Si è chiesto se tale organismo possa essere affidato in outsourcing, come avviene per le funzioni di controllo legale dei conti e certificazione affidate alle società di revisione, che non appartengono alla struttura del soggetto controllato, ovvero dell ente. La risposta è stata negativa anche in questo caso sostenendosi che la legge parla di un organismo dell ente e che il suo carattere interno è espressamente richiamato nella norma, nonchè nella Relazione al decreto. Alcune interessanti proposte per l identificazione di tale organo possono essere sviluppate a partire dai contenuti delle Linee Guida di categoria, in particolare quelle dell ABI 4, le quali, pur non escludendo che l OdV possa e debba, ove necessario, servirsi della collaborazione di soggetti esterni alla banca, quali la società di revisione, esprime parere negativo sull affidamento di tale funzione in via permanente a soggetti esterni all ente. In particolare, si considera come il riferimento espresso presente nel D.Lgs. n. 231 del 2001 ad un organismo dell ente porti a ritenere che esso non possa essere identificato tout court con un soggetto esterno all ente medesimo. Sull inopportunità di attribuire la funzione dell Organismo di Vigilanza ad un soggetto esclusivamente esterno, pur in presenza di un evidente vantaggio quale l accentuazione dell indipendenza e delle possibilità operative dell organo di controllo, questa soluzione potrebbe presentare notevoli costi di attuazione anche in termini 3 F.Maimeri, Controlli interni delle banche tra regolamentazione di vigilanza e modelli di organizzazione, in Rivista di diritto commerciale, I, 2002, 624. 4 Linee Guida dell Associazione Bancaria Italiana per l adozione di modelli organizzativi sulla responsabilità amministrativa delle banche. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 5

organizzativi che ne limitano l adozione, quanto meno per gli enti non dotati di discrete dimensioni. L istituzione di un organismo ad hoc solleva poi il problema se la relativa previsione debba avvenire nello statuto dell ente. La risposta sul punto deve essere negativa, come sembra essere l orientamento espresso dall ordinanza G.I.P. Tribunale di Roma 4.4.2003-14.4.2003 in Cassazione penale, che ha ritenuto che tutto il modulo previsto dall art. 6 del decreto debba essere adottato con delibera dell organo amministrativo e dunque in assenza di qualsivoglia modifica statutaria. D altra parte l Organismo di Vigilanza previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001 non costituisce una novità riguardo a quelli di sistema di controllo interno conosciuti dall ordinamento vigente. L esigenza di stabilire controlli interni e introdurre organi che possano espletare queste funzioni all interno dell impresa si è manifestata in altre occasioni con riguardo a specifiche attività e momenti dell impresa. 3 Il Regolamento dell Organismo di Vigilanza L Organismo di Vigilanza viene nominato mediante delibera dell organo amministrativo, che ne stabilisce contestualmente il numero e la qualifica dei componenti, siano essi interni od esterni, oltre che la durata dell incarico conferito ed il compenso. I compiti, i doveri ed i poteri, e le caratteristiche che l OdV deve avere, sono contenute all interno del Modello di Organizzazione. L atto con il quale, poi, l Organismo disciplina il suo funzionamento è il Regolamento. Quindi, affinchè un OdV sia dotato di un proprio Regolamento, è necessario che il Modello contenga quanto meno le linee guida concernenti i criteri di nomina, le cause di decadenza ed ineleggibilità, le eventuali sostituzioni, le mansioni, i poteri, i doveri, le responsabilità, la composizione, la revoca e la cessazione, nonché la modalità di flusso di informazioni tra esso e gli altri organi societari 5. 5 E.De Sabato, Irresponsabilità penale ex lege 231/01 a fronte di condotte penalmente rilevanti dei suoi soggetti apicali, in Giurisprudenza commentata, 2011, 3, 677. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 6

Per meglio comprendere la portata di tale documento, il suo contenuto e l iter approvativo che lo stesso debba seguire per la definitiva adozione, appare opportuno risalire alla fonte che ne ha determinato l esistenza. Il D.Lgs. 231/2001 nulla dice rispetto al Regolamento dell OdV, l esigua sezione relativa alla individuazione dell Organismo, infatti, si sofferma solo su alcune caratteristiche che lo stesso debba possedere 6. La prima menzione al Regolamento la troviamo nelle prime Linee Guida emanate da Confindustria 7 che, all interno del paragrafo riguardante la continuità d azione, specifica che la definizione degli aspetti attinenti alla continuità dell azione dell Organismo, quali la calendarizzazione dell attività, la verbalizzazione delle riunioni e la disciplina dei flussi informativi dalle strutture aziendali all Organismo, potrà essere rimessa allo stesso Organismo, il quale in questi casi dovrà disciplinare il proprio funzionamento interno. A tale proposito è opportuno che l Organismo formuli un regolamento delle proprie attività (determinazione delle cadenze temporali dei controlli, individuazione dei criteri e delle procedure di analisi, ecc.). Non è, invece, opportuno che tale regolamento sia redatto ed approvato da organi societari diversi dall Organismo di cui ci occupiamo giacché questo potrebbe far ritenere violata l indipendenza dello stesso Vale la pena precisare che tali indicazioni non sono state modificate nei successivi aggiornamenti delle Linee Guida del 2004 e 2008. Analizzando congiuntamente sia la loro collocazione all interno del documento che il loro contenuto, le raccomandazioni di Confindustria individuano la redazione del Regolamento dell OdV come uno degli atti necessari per verificare il requisito della continuità di azione ed, allo stesso tempo, danno una indicazione sull auspicato iter approvativo che lo stesso debba seguire. 8. 6 Art. 6 comma 1, lettera b) D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. 7 Linee Guida per la redazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, Confindustria, 7 marzo 2002. 8 Dello stesso avviso, tra gli altri, è Assobiomedica che ha ribadito la posizione nell ultimo aggiornamento del novembre 2013 delle sue Linee Guida per la costruzione di modeli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 7

Dal testo emerge, inoltre, quale debba essere la ratio volta ad individuare il contenuto del documento; questo dovrebbe, infatti, fissare le regole di funzionamento dell operare quotidiano dell Organismo. A ben vedere, anche l indicazione fornita sulla redazione ed approvazione interna all Organismo di Vigilanza del documento, parrebbe sottolineare che gli aspetti strutturali e quindi non ricompresi nel Regolamento dell OdV siano di esclusiva competenza dell organo amministrativo. Relativamente al contenuto poi del Regolamento, nella prassi si è teso a ricomprendere elementi quali: a) la durata in carica, b) le regole relative alla eventuale rieleggibilità, c) le ipotesi di revoca. Ad avviso di chi scrive, anche alla luce di quanto sopra esposto, una tale interpretazione del contenuto potrebbe comportare una duplicazione di quanto già statuito nella parte del Modello dedicata all Organismo di Vigilanza; inoltre, nel caso in cui nel Modello tale sezione non fosse prevista, secondo quanto stabilito nelle Linee Guida Confindustria, un siffatto Regolamento dovrebbe essere approvato dall organo amministrativo con il rischio di veder minata l autonomia dell Organismo di Vigilanza. Ed infine, una tale duplicazione potrebbe comportare, in caso di inadeguata manutenzione del Modello e del Regolamento, ad incongruenze tra i documenti rischiando di minare il potere esimente da responsabilità del Modello nel suo complesso. Nella direzione originariamente tracciata da Confindustria sembra essersi indirizzato anche l Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili il quale, nelle recenti Linee Guida emanate 9, ha elaborato un esempio di Regolamento del funzionamento dell OdV volto a disciplinare esclusivamente l operatività dell Organismo, rimandando ai contenuti del Modello per quanto concerne poteri, doveri e compiti. L impostazione seguita dall IRDCEC, in pratica, prevede che il Regolamento debba contenere i seguenti aspetti 10 : 9 Linee guida per l organismo di vigilanza ex D.Lgs. 231/2001 e per il coordinamento con la funzione di vigilanza del collegio sindacale, IRDCEC, Documento n. 18, maggio 2013, in www.irdcec.it. 10 Op.Cit. pag. 33. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 8

Scopo e ambito di applicazione; Composizione e sostituzione dei membri dell Organismo; Presidente dell Organismo; Riunioni Convocazioni e ordine del giorno; Consultazioni per iscritto; Audizioni; Verbali; Risorse finanziarie; Voto e decisioni dell Organismo; Segreteria dell Organismo; Consulenti esterni; Obblighi di riservatezza; Modifiche del Regolamento. Tale impostazione dovrebbe contribuire al verificarsi del requisito della continuità di azione richiamato nelle Linee Guida Confindustria 11. Ci si chiede, infine, quale debba essere l iter approvativo del Regolamento. Come anticipato, le Linee Guida Confindustria parrebbero escludere la possibilità che lo stesso venga approvato dall organo amministrativo. Le richiamate Linee Guida dell IRDCEC, riconoscendo l onere della sola redazione del documento in capo all OdV, prevedono che venga comunicato all organo amministrativo e da esso approvato 12 ; inoltre, in merito alle regole per la modifica del Regolamento, viene asserito che può essere modificato con il consenso della maggioranza dei sui componenti e, in tal caso, deve essere portato nuovamente all approvazione dell organo amministrativo 13. Nella prassi, si assiste alla stesura, alla approvazione 14 ed alle successive modifiche del documento a cura dell OdV con la previsione di un mero recepimento da parte 11 Op.cit. pag. 39. 12 Op.cit. pag. 34. 13 Op.cit. pag. 39. 14 In una survey sull attuazione dei Modelli Organizzativi, è risultato che la maggioranza degli OdV delle società partecipanti aveva approvato un proprio Regolamento di funzionamento, Modalità di Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 9

dell organo amministrativo; ad opinione di chi scrive, è ammissibile, nel rispetto dell autonomina dell Organismo, ed in considerazione del fatto che lo stesso espleta la propria funzione nell interesse dell ente riferendo all organo amministrativo che lo ha nominato, che quest ultimo possa dare suggerimenti sul Regolamento, ma non impedire l approvazione del documento. 4 Conclusioni Alla luce delle riflessioni svolte, si può delinare una doppia disciplina volta a regolare da un lato la composizione, i poteri ed i doveri dell Organismo di Vigilanza, dall altro l operatività dello stesso. La prima, di competenza dell organo amministrativo dell ente generalmente contenuta all interno del Modello Organizzativo, la seconda, di esclusiva pertinenza dell OdV, che si identifica nella redazione ed approvazione ad opera dello stesso di un Regolamento che disciplini il suo funzionamento 15. Nonostante dottrina e prassi stiano delineando lo scenario appena descritto, il tema del Regolamento dell Organismo di Vigilanza continua a rappresentare una delle tante aree grigie che la normativa di riferimento ha creato, lasciando il campo alla interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale. Ci si chiede allora se, alla luce delle possibili conseguenze che potrebbero emergere a seguito di una condanna di un ente per uno dei reati presupposto, sia giunto il momento per il legislatore di intervenire con aggiornamenti non esclusivamente riguardanti l ampliamento del catalogo degli illeciti, ma volti invece a chiarire definitivamente le zone d ombra di taluni degli aspetti generali che rendono ancora oggi (a distanza di ben 13 anni dalla sua entrata in vigore) non sempre di facile applicazione la normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001. Ed in particolare, in merito all argomento in esame, è opportuno dare maggiori chiarimenti su quale debba essere il funzionamento dell Organismo di attuazione dei modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/01 nelle società italiane ; I risultati dell indagine, ComplianceAziandale.com, Gruppo ODV, Ernst & Young, Novembre 2010. 15 Dello stesso avviso, N.Abriani, F.Giunta, L organismo di vigilanza previsto dal D.Lgs. 231/2001. Compiti e funzioni, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, marzo 2012. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 10

Vigilanza, il cui operato è condizione indispensabile ed imprescindibile al fine dell esimente dalla responsabilità dell ente. Dott.ssa Sonia Mazzucco e Dott. Daniele Sciardiglia Pag. 11