LE MICROSTRUTTURE DELLE ROCCE METAMORFICHE: CRITERI PER LA RICOSTRUZIONE DELLA LORO STORIA EVOLUTIVA

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Complementi di Petrografia N.O Scienze Geologiche, Lezione n. 5 LE MICROSTRUTTURE DELLE ROCCE METAMORFICHE: CRITERI PER LA RICOSTRUZIONE DELLA LORO STORIA EVOLUTIVA I processi a grande scala che generano le rocce metamorfiche muovono le rocce attraverso vari ambienti geologici: questi processi sono registrati da trasformazioni mineralogiche delle rocce che vengono riflesse da un percorso nello spazio pressione-temperatura (e tempo). I percorsi P-T sono condizionati dal tipo di assetto termico di una determinata regione e/o ambiente geologico (ad esempio zone di subduzione verso ambienti medio oceanici) e dal tipo di processo geologico, che determina le profondità a cui viene trasportato il materiale ed il tipo di traslazioni subite. Durante questi eventi le rocce possono ricristallizzare continuamente, e nuovi minerali possono sostituire vecchi minerali secondo complesse successioni temporali. I minerali (o le associazioni di minerali) più vecchi possono sopravvivere metastabilmente alla ricristallizzazione continua a causa di basse e/o sfavorevoli cinetiche di reazione. Diventa quindi importante studiare le relazioni geometriche tra i minerali costituenti le rocce metamorfiche per identificare gruppi di minerali che si sono sviluppati contemporaneamente all equilibrio tra loro (paragenesi mineralogica) e per identificare rapporti di reazione e/o disequilibrio tra differenti gruppi di minerali, in modo da ricostruire una successione temporale di paragenesi e quindi una serie di eventi metamorfici registrati dalle rocce durante la loro evoluzione. Il confronto tra queste osservazioni petrografiche con simulazioni sperimentali (riprodotte in laboratorio utilizzando sistemi chimici che si avvicinano alle composizioni delle rocce reali) permette di risalire alle condizioni di pressione e temperatura di formazione delle varie associazioni mineralogiche osservate nelle rocce, e quindi ad una valutazione quantitativa del processo metamorfico. Il Corso di Fondamenti di Petrografia ha introdotto e discusso diffusamente le caratteristiche fondamentali inerenti le strutture delle rocce metamorfiche deformate e non deformate. Strutture planari e lineari si formano dei domini dove sono attivi la deformazione plastica intracristallina ed i processi di ricristallizzazione dinamica, quali la migrazione dei confini di grano, la rotazione dei subgranuli, la riduzione delle superfici di confine di grano, sino allo sviluppo (in condizioni di alta temperatura e di presenza di fluido) di strutture granoblastiche. Le strutture massicce, caratterizzate dalla presenza di corone, pseudomorfosi caratterizzano invece i domini a bassa deformazione. Lo studio comparativo di rocce ad alta e bassa deformazione è uno strumento importante per capire i processi di reazione intervenuti nelle rocce e per ricostruire l evoluzione dei terreni metamorfici.

I criteri forniti nel Corso di Fondamenti di Petrografia per la distinzione dei minerali pre-, sin- e post-tettonici, dei bordi di reazione rappresentano gli elementi essenziali per la distinzione delle varie generazioni di minerali. In questa lezione verranno considerati gli aspetti inerenti le relazioni geometriche e temporali tra minerali nelle rocce metamorfiche, in modo da individuare e ricostruire una sequenza di associazioni mineralogiche nel tempo. Questi aspetti verrannno presi in esame sia in tettoniti che in rocce a bassa deformazione. Verrà infine presentato uno schema che illustra la ripartizione della deformazione durante un evento tettonico, per arrivare a definire come sia possibile lo sviluppo eterogeneo della deformazione e come possano formarsi differenti strutture e tessiture metamorfiche durante un unico evento di ricristallizzazione metamorfica. 1. Caratteristiche tessiturali e ordine di cristallizzazione nelle rocce metamorfiche. Nel descrivere le caratteristiche strutturali di una roccia occorre notare le variazioni di grana nei vari domini e le variazioni di taglia dei singoli minerali. Una prima distinzione in rocce a grana fine (< 0.1 mm), media (0.1 1 mm) e grossa (> 1 mm) viene fatta in base alle dimensioni dei granuli. Sebbene la grana di una roccia metamorfica è influenzata dalla grana della roccia di partenza, le dimensioni dei granuli possono riflettere sia i processi deformativi intercorsi, sia il grado metamorfico. A quest ultimo proposito la grana di una roccia metamorfica tende ad aumentare con il grado metamorfico. Da un punto di vista terminologico il suffisso blasto o blastico indica elementi di origine metamorfica (e.g. porfiroblasto). Una serie di termini tessiturali largamente usati è riportato in Figura 1.

Figura 1 (da Passchier e Trouw, 1996). 1.1. Ordine di Cristallizzazione: rocce a bassa deformazione Un esempio teorico di crescita di nuovi minerali (detti prodotti) a spese di vecchi minerali (detti reagenti) in seguito a una reazione metamorfica è stata mostrata nella Figura 4 della Lezione n. 3. La Figura è riportata qui sotto: in risposta ad un aumento di temperatura e pressione i minerali A(OH) e B reagiscono tra loro per formare i minerali C e D liberando acqua. Nell esempio è visualizzata la formazione di bordi di reazione costituiti simplectiti di C + D tra i minerali reagenti A e B. Questo tipo di relazioni ha permesso di ricostruire il senso progrado della reazione e di ricostruire il percorso evolutivo della roccia nel campo pressione- temperatura (cammino P-T). Pressure P2 P1 1 A(OH) + B 2 C + D + H O 2 C E 1 2 C A(OH) E C B T1 Figura 4, Lezione 3 T2 Temperature

Rapporti di sovrapposizione tra minerali in una zona di reazione di una roccia reale, del tutto analoghi a quelli riportati nella Figura 4 della Lezione 3, sono mostrati in Figura 2. In questo esempio un granato (a sinistra della foto) e un orneblenda (a destra) sono separati da una doppia corona costituita da una simplectite lamellare a grana grossa, fatta di ortopirosseno (grigio più scuro) e plagioclasio (grigio più chiaro), e da una simplectite a grana più fine disposta sul granato e fatta di ortopirosseno, plagioclasio e spinello. Figura 2. I minerali costituenti le simplectiti lamellari mostrano bordi netti e contatti tra loro regolari, indicativi di sviluppo all equilibrio, le simplectiti lamellari mostrano invece bordi lobati e frastagliati al contatto con granato e anfibolo. In alto a destra nella foto, l anfibolo appare di forma irregolare e sostituito dal plagioclasio della corona. La simplectite a grana più fine al contatto col granato ha bordi irregolari verso il granato e appare in disequilibrio microstrutturale con questo minerale. Tale simplectite si forma anche in microfratture nel granato. Queste osservazioni permettono di definire un rapporto temporale tra i vari minerali e permette di stabilire che granato e anfibolo pre-datano la formazione delle simplectiti lamellari. Granato e anfibolo sono i reagenti, rimasti preservati (relitti) dalla reazione, mentre invece le simplectiti sono i prodotti (neoblasti) che si sviluppano dalla reazione. La corona a grana più grossa riflette la reazione Orneblenda + granato = ortopirosseno + plagioclasio (+ acqua) La corona più fine sul granato indica la reazione Granato = ortopirosseno + plagioclasio + spinello. Il processo di formazione è esemplificato in Figura 2. La microstruttura di Figura 2 indica pertanto una transizione da un associazione mineralogica a granato + anfibolo (facies anfibolitica), ad

un associazione a ortopirosseno, plagioclasio e spinello (caratteristici della facies granulitica) in base alle reazioni metamorfiche suddette, in risposta a reazioni di riscaldamento e disidratazione della roccia di partenza. Una situazione simile è riportata in Figura 3, che illustra una eclogite retrocessa. I due granati al centro della foto, sono circondati da una corona di plagioclasio e anfibolo. Il granato appare di forma irregolare e corroso ai bordi. Il plagioclasio e l anfibolo concresciuti insieme nei bordi del granato e nella matrice della roccia, appaiono sostituire il granato. Il granato è quindi un relitto, sopravvissuto alla crescita dei neoblasti di plagioclasio e anfibolo. Nella roccia sono presenti anche relitti di pirosseno sodico. Figura 3. Eclogite retrocessa La roccia registra quindi la transizione da associazioni a pirosseno + granato (facies eclogitica) ad associazioni a plagioclasio + anfibolo (facies anfibolitica) mediante la reazione Pirosseno + granato + acqua = anfibolo + plagioclasio Tale reazione è molto diffusa nelle rocce eclogitiche e indica una diminuzione di pressione e di accesso di acqua, indice della risalita di queste rocce da grandi profondità sino alla superficie terrestre.

Le rocce con strutture coronitiche preservano quindi le testimonianze dei minerali e delle tessiture delle rocce di partenza. In queste rocce minerali reagenti e prodotti si affiancano e questa caratteristica consente di individuare le reazioni di trasformazione e di ricostruire i percorsi metamorfici pressione-temperatura delle rocce. 1.2. Ordine di Cristallizzazione: inclusioni nei porfiroblasti Le relazioni tra minerali inclusi e matrice delle rocce metamorfiche sono generalmente utilizzate per risalire all ordine di cristallizzazione dei minerali metamorfici (sin, pre o post tettonici). Talora la forma e la distribuzione dei minerali inclusi (minerale 1) e dei minerali ospiti (minerale 2) possono dare un idea dell'intervallo di tempo intercorso tra la formazione dei due minerali. Figura 4. Inclusioni nei minerali (da Bard, 1986) Ad esempio: (A) 1 e 2 sono idiomorfi e sono della stessa specie. Ciò suggerisce che 1 si è sviluppato in condizioni prossime all'equilibrio negli stadi iniziali di un processo di cristallizzazione. (B) 1 è xenomorfo e 2 è idiomorfo. Si verificano due casi: 1 è incluso in 2 e non c'è connessione tra i singoli cristalli e i cristalli hanno differente orientazione (Fig. 4B). In questo caso 1 può essere molto vecchio se si tratta di inclusioni non presenti nella

matrice della roccia. Se 1 è fatto di microblasti che compaiono nella matrice della roccia 1 è di poco precedente, o pressochè contemporaneo, a 2. (C) 1 è distribuito in 2 mantenendo continuità cristallografica e ottica. 1 è un relitto vecchio (un pirosseno magmatico in un'anfibolite, o un minerale magmatico alterato durante il metamorfismo). 2 puo' sostituire 1 mantenendo lo stesso volume e può costituire aggregati policristallini o monocristalli la cui forma esterna è ereditata da quella del minerale 1 relitto. In entrambe i casi si parla di pseudomorfosi (Fig. 4.C). (D) In alcuni casi 1 e 2 possono essere contemporanei (Fig. 4D) ma dal taglio della sezione sottile puo' risultare che 1 e 2 si includono a vicenda. Esempi di come i porfiroblasti possano svilupparsi inglobando porzioni della matrice sono stati forniti durante il Corso di Fondamenti di Petrografia nell ambito della formazione dei cristalli sin e post tettonici. In Figura 5 è riportato un ulteriore esempio: in questo caso, i granuli costituenti la matrice ed in disequilibrio tra loro, reagiscono per formare un neoblasto che comincia a crescere e a svilupparsi. Con il progredire della crescita il minerale di neoformazione isola tra loro i granuli reagenti, che rimangono così preservati come micro-inclusioni all interno dei profiroblasti di neoformazione. Le inclusioni all interno del porfiroblasto rappresentano porzioni preservate della vecchia matrice della roccia e danno indicazione sulla storia metamorfica precedente la genesi del porfiroblasto. Figura 5. Sviluppo di porfiroblasti con inclusioni (da Best, 1982)

Alcuni porfiroblasti di granato nelle eclogiti del Gruppo di Voltri (Alpi Liguri) contengono inclusioni di glaucofane, mica ed epidoto, la cui associazione è tipica di un metamorfismo in facies scisti blu. Questi minerali sono assenti nella matrice eclogitica della roccia (a pirosseno + granato), sono quindi più vecchi dell associazione mineralogica eclogitica e testimoniano la transizione della roccia in un campo scisti blu prima della sua ricristallizzazione eclogitica. Ciò indica un processo di metamorfismo progrado durante l evoluzione subduttiva di queste rocce. 1.3. Ordine di cristallizzazione in rocce deformate. I criteri di sovrapposizione tra pieghe e foliazioni sono normalmente usati in geologia strutturale per defirnire l evoluzione tettonica dei terreni coinvolti in deformazioni. Nel caso di terreni metamorfici, le foliazioni sono spesso marcate dalla blastesi di minerali metamorfici, le cui relazioni con il fabric dominante di una roccia sono usate per distinguere generazioni di minerali precedenti, contemporanei e posteriori a un determinato evento tettonico. Le strutture possono essere usate come elementi geometrici fondamentali per la ricostruzione delle generazioni di minerali che si sono sviluppati in una roccia e/o in un terreno metamorfico. In figura 6 è mostrato lo sviluppo di una nuova foliazione durante un evento deformativo che porta alla deformazione di una precedente scistosità. Durante i primi incrementi di deformazione e di raccorciamento si forma la crenulazione della vecchia foliazione con la parziale riorientazione dei cristalli (Fig. 6A). Per ulteriori raccorciamenti i granuli disposti lungo i fianchi delle micropieghe vengono a riorientarsi parallelamente a una nuova foliazione (Fig. 6B), detta clivaggio di crenulazione. In questo modo si creano due superfici geometricamente sovrapposte e legate a due diversi eventi tettonici. Figura 6. Crenulazione di una vecchia foliazione e sviluppo di una nuova foliazione (da Passchier e Trouw, 1996).

Un esempio reale dello schema di Figura 6 è illustrato in Figura 7, mentre la Figura 8 illustra l intersezione tra due foliazioni Figura 7. Clivaggio di crenulazione in una fillite. Si distinguono due domini: 1) il clivaggio (fianchi delle micropieghe con fitta riorientazione delle miche); 2) microlithons (aree di cerniera con le miche disposte ad alto angolo rispetto alle predenti) (Da Passchier e Trouw, 1996). Figura 8. Clivaggio a domini, dove si distinguono una nuova foliazione (fini superfici con isoorientazione delle miche) e domini clorite orientata ad alto angolo (microlithons) (Da Passchier e Trouw, 1996).

Se si verificano variazioni delle condizioni metamorfiche durante il processo deformativo, si vengono a formare due differenti associazioni mineralogiche: i) una più vecchia disposta lungo le cerniere delle crenulazioni, oppure lungo domini della roccia (lithons) occupati dalle vecchie foliazioni; ii) una più giovane disposta lungo la nuova foliazione tettonica. Questi criteri geometrici sono quindi usati come guida per la ricostruzione dell evoluzione metamorfica di una roccia. Altre situazioni di sovrapposizione geometrica riguarda la genesi di pieghe sovrapposte riportata in Figura 9. Anche in questo caso le strutture sovrapposte (Una vecchia superficie S0, deformata da un evento D1 associato a pieghe scistogene S1, a sua volta deformata da un nuovo evento scistogeno D2, con sviluppo di S2) possono svilupparsi a condizioni pressione-temperatura significativamente diverse ed essere quindi marcate da differenti paragenesi metamorfiche. Figura 9. Sequenza di sviluppo di due eventi plicativi scistogeni sovrapposti (Da Passchier e Trouw, 1996). Le foliazioni S1 ed S2 possono avere associazioni metamorfiche diverse. 2. Vene e sistemi di vene Lo sviluppo di vene nelle rocce metamorfiche è associato alla circolazione di fluidi. I processi che portano a fratturazione e a formazione delle vene, portano a variazioni significative nella permeabilita' delle rocce e consentono la canalizzazione dei fluidi lungo le zone in cui si concentrano le vene. Gli studi di terreno sulle vene danno l'informazione di base sull'orientazione, la cronologia di vari gruppi di vene (Fig.10) legate a specifici eventi deformativi. I minerali che riempiono le vene possono dare indicazioni importanti sulle condizioni di pressione e temperatura di formazione delle vene. Quarzo e calcite hanno un vasto campo di stabilità e sono poco utili per questo scopo, ma esistono vene riempite da minerali con un campo di stabilità specifico e ristretto (es. onfacite, cianite, andalusite, prehnite, attinolite) che danno informazioni preziose sulla dinamica dei fluidi e sulla reologia dei materiali in presenza di fluidi in eccesso e in varie porzioni della litosfera.

Il meccanismo di crack-seal (rottura e sigillatura) spiega la formazione di molte vene metamorfiche a bassa temperatura. Il crack-seal prevede l'apertura il riempimento in più stadi di una frattura (Fig. 10) in risposta a fluttuazioni nella pressione dei fluidi (Pf). Molte reazioni metamorfiche comportano il rilascio di fluidi che portano ad aumento della Pf e a fratturazione. L' aumento della permeabilità ed il flusso dei fluidi all'interno delle fratture causano la diminuzione della Pf. Una volta sigillata la frattura mediante la deposizione del soluto trasportato dal fluido, si riduce nuovamente la permeabilità. Se i processi di produzione di fluido continuano, si ha un nuovo aumento della Pf e nuova fratturazione in corrispondenza delle vene già esistenti che rappresentano zone di debolezza. In questo modo si sviluppano le vene di Fig. 10. Le linee mediane (M) delle vene sono le superfici lungo cui si sono verificate le rotture e spesso inglobano inclusioni solide provenienti dalla roccia incassante e inclusioni fluide. Nei vari incrementi di crescita della vena, i minerali di vena spesso crescono come fibre orientate parallelamente alla direzione di massima estensione. Figura 10. Formazione di una vene per crack-seal (da Barker, 1990) La mineralogia delle vene e le relazioni con le foliazioni nelle rocce incassanti danno quindi informazioni sui processi metamorfici. In Liguria, ad esempio affiorano serpentiniti che hanno ricristallizzato a condizioni di alta pressione in facies eclogitica. Durante questo evento, accompagnato da reazioni di disidratazione delle serpentiniti, si sviluppano vene a olivina che tagliano le serpentiniti (Fig. 11).

Figura 11. Vena di olivina in una serpentinite. La formazione di olivina in una serpentinite richiede disidratazione durante un processo di riscaldamento attraverso la reazione: 1 Antigorite + 1 brucite = 34 forsterite + 51 H2O dove Antigorite = Mg48Si34O85(OH)62; Brucite = Mg(OH)2 e Forsterite = Mg2SiO4. Il processo di riscaldamento libera fluido in equilibrio con l olivina. Il fluido viene drenato in vene metamorfiche e precipita l olivina con cui è all equilibrio. Queste relazioni di terreno e la mineralogia di vena e roccia, indicano pertanto che la roccia ha subito una storia prograda con riscaldamento e liberazione di fluido. Le condizioni a cui è avvenuta la reazione sono riportate nel diagramma P-T di Figura 12. 25 Pressure ( kbar) 20 15 10 5 atg + brc ol + H2O atg ol + tlc + H2O 300 400 500 600 700 T emperature ( C) Figura 12. Curva di reazione responsabile della prima formazione di olivina metamorfica in una serpentinite

3. Localizzazione della deformazione ed informazioni derivanti dallo studio comparato di rocce a differente grado di deformazione. Nei paragrafi precedenti si è più volte accennato allo sviluppo eterogeneo della deformazione. Esistono fattori che facilitano e consentono la localizzazione della deformazione in domini ben precisi e lo sviluppo di strutture deformative in alcune zone (zone di shear) piuttosto che in altre. I fattori sono: 1) la presenza di discontinuità e/o debolezze primarie insite nei materiali, la presenza di dominii a grana diversa; 2) lo sviluppo di aggregati metamorfici a grana fine a spese di minerali originarie più resistenti e a grana più grossa (reaction softening); 3) la presenza di domini più idrati e quindi più duttili; 4) i contrasti di competenza. La localizzazione e la ripartizione della deformazione (strain partitioning) avviene a tutte le scale e la Figura 13 esemplifica la distribuzione della deformazione tra porfiroblasti e matrice, ma può essere applicata anche a scala più grande per esemplificare il comportamento di domini a differente competenza, grana, contenuto in acqua ecc. Gli schemi di Figura 13 mostrano la distribuzione della deformazione in materiali eterogenei (costituiti da porzioni con differente comportamento durante la deformazione, ad. esempio matrice soffice e porfiroblasti rigidi) e nel caso di deformazione per taglio puro (Fig. 13 A) e per taglio semplice (Fig. 13B). In entrambe le situazioni si vengono a creare nelle rocce domini altamente deformati corrispondenti alla matrice duttile (contrassegnata dal n. 3 in Fig. 13), e domini meno deformati, corrispondenti ai profiroblasti rigidi (numeri 2 di Fig. 13). L'esistenza questi domini fa in modo che il grosso della deformazione per shear si localizzi nei dominii più duttili, mentre gli altri domini si comportano come cuori più resistenti. La deformazione sarà sempre meno intensa avvicinandosi ai cuori dei corpi rigidi (n. 1 di Fig. 13), che registreranno scarsa deformazione; i bordi delle zone indeformate vengono coinvolti nella deformazione che si riduce a zero in corrispondenza dei cuori di questi corpi. Si imposta pertanto un'associazione spaziale di zone ad alta e bassa deformazione caratterizzate da una distribuzione bimodale delle tessiture. Nei domini ad alta deformazione la distorsione e la traslazione cancellano le tessiture pre-esistenti, portano allo sviluppo di tessiture foliate, e facilitano la diffusione degli elementi, il trasporto di massa mediante flusso plastico di materiale e il raggiungimento dell'equilibrio chimico e paragenetico. Nei domini a bassa deformazione le strutture e le tessiture preesistenti vengono preservate; la minor diffusione porta allo sviluppo di reazioni incomplete che preservano i relitti mineralogici degli stadi evolutivi precedenti e consente la ricostruzione di una serie di reazioni metamorfiche indicative di una storia evolutiva registrata dalle rocce. Questo genere di relazioni tra distribuzione della deformazione e delle tessiture, e grado di trasformazione delle rocce è comunemente descritto in letteratura. Nei granitoidi eclogitizzati della

Zona Sesia-Lanzo (monte Mucrone) è stata descritta in modo esauriente e puntuale la transizione tra rocce granitoidi indeformate con tessiture coronitiche a ortogneiss transizionali a gneiss. Questi tre tipi di rocce sono incontinuità spaziale e derivano dallo stesso protolite dioritico, ma lo sviluppo eterogeneo di metamorfismo e deformazione in queste rocce ha portato a prodotti finali caratterizzati da strutture e paragenesi diverse. Nei dominii indeformati le preservazione di strutture e minerali magmatici ha però permesso di risalire a una diorite originaria. Analogamente, nelle ofioliti della Zona Piemontese è stata descirtta descritto per la prima volta Figura 13. Distribuzione della deformazione tra corpi rigidi (parti più scure) e matrice più duttile in rocce porfiroblastiche (da Bell et al., 1983). la transizione da strutture coronitiche a strutture foliate in metagabbri eclogitici legata a differente stile e distribuzione della deformazione. Lo sviluppo in queste rocce di strutture coronitiche e foliate spazialmente associate ha permesso di riconoscere i protoliti gabbrici di queste rocce e di ricostruire una storia metamorfica a partire dalla loro intrusione nella litosfera oceanica. Nelle peridotiti dell'unità Erro-Tobbio del Gruppo di Voltri, la localizzazione della deformazione Alpina lungo shear zones corrispondenti a originari domini idrati, ha determinato l'associazione spaziale di serpentiniti milonitiche Alpine e di dominii chilometrici a bassa deformazione alpina che preservano le tessiture e la mineralogia di un'originario protolita di mantello. Il caso meglio studiato concerne ancora il basamento cristallino della Norvegia Occidentale. In questi terreni rocce granulitiche pre-cambriane con foliazioni granulitiche a ortopirosseno, vengono preservate dal metamorfismo eclogitico Caledoniano che si sviluppa in zone di taglio

duttile. All interno delle zone di taglio si formano associazioni eclogitiche sin-tettoniche, mentre fuori dalle zone di taglio la foliazione granulitica pre-eclogitica rimane indeformata e le paragenesi eclogitiche si sviluppano come corone e bordi di reazione tra minerali granulitici instabili. La ripartizione della deformazione è quindi il processo che consente la preservazione di domini a tessiture relitte accanto a zone altamente deformate. Nei domini indeformati le rocce ricordano la loro storia piu' vecchia e consentono la ricostruzione della loro evoluzione nel tempo. Nei domini ad alta deformazione la quantità di relitti mineralogici e tessiturali è molto minore, ma a causa di deformazione e diffusione elevate questi domini sviluppano le paragenesi all'equilibrio che permettono un calcolo accurato delle stime P-T (e quindi degli ambienti litosferici) cui si è sviluppata la deformazione. L'analisi comparata delle rocce in questi domini associati è quindi un metodo molto potente per risalire alle origini delle rocce di basamento e per ricavarne la loro storia nel tempo dando delle stime P-T quantitative che consentono di decifrare la storia termica delle rocce nel tempo e quindi risalire agli ambienti geodinamici e litosferici in cui le rocce si sono equilibrate. Bibliografia Bard J.P. 1986 Microtextures of igneous and metamorphic rocks. D. Reidel Publishing Company, Dordrecht, Holland, 264 pp. Barker A.J. 1990 Introduction to metamorphic textures and microstructures. Blackie, Glasgow and London. Bell T.H. 1983 Deformation partitioning and porphyroblast rotation in metamorphic rocks: a radical reinterpretation. Journal of Metamorphic Geology, 3, 109-118. Passchier CW, Trouw RAJ 1996 Microtectonics. Springer Verlag, 288 pg. Wilson M.R. 1971. On syntectonic porphyroblast growth. Tectonophysics, 11, 239-260.