A PROPOSITO DI MICHELE PANE di Antonio Furgiuele Quando nel 1980 l amico Cipriano Martire mi fece dono del volume Decollatura e Motta S. Lucia: Due comunità del Reventino, curato da Autori vari e stampato per i tipi della Grafica Reventino, ero stato già conquistato dalla poetica di Michele Pane, attraverso la lettura degli atti di una conferenza su La poesia idillica dialettale in Calabria, tenuta a Cosenza il 10 giugno del 1923 dal prof. Raffaele Gaudio, letterato e filosofo di scuola gentiliana che fu sodale e corrispondente del Pane. L ormai introvabile volumetto che reca il titolo Muse Neglette, dato alle stampe nel lontano 1924, mi fu donato dall amico Vincenzo Segreti, pronipote dell autore e, tramite la sua lettura ebbi modo di apprezzare il sentimento e l ispirazione che animavano la poesia del Pane, che fino ad allora non avevo ravvisato in altri autori calabresi. I primi accordi per pianoforte scritti dal maestro Cipriano Martire, che vedevano i versi del Pane incasellati sul pentagramma, mano a mano che fluivano sulla tastiera d avorio fecero sì che all iniziale innamoramento si sostiutisse una travolgente passione letteraria, che nonostante il trascorrere del tempo ancor non m abbandona. *** Ah, ss avèra ra pinna e Ddon Mmichele! Così ebbe a scrivere Vittorio Butera nella chiusa della sua poesia Pinne mastre, in omaggio a Michele Pane, uno dei maggiori poeti dialettali calabresi, di cui finanche Corrado Alvaro che fu suo estimatore, si rammaricava per non aver potuto apprezzare fino in fondo la sua opera poetica. Supportata dalla naturalezza e dai modi espressivi del dialetto, la poesia di Michele Pane è un canto che trasfigura la realtà, è un respiro lirico che si fà sempre più ampio quando il ricordo della sua terra diventa struggente nostalgia, quando i luoghi della sua infanzia e della sua giovinezza si popolano di quei personaggi che costituiscono quell aggregato di povertà in cerca di riscatto. Il tono dolcissimo della poesia del Pane, nella fluidità del ritmo, produce musica, è questo particolare non deve essere sfuggito al maestro Martire che ha scelto di musicare quelle liriche dove predomina l elemento romantico e sentimentale, maturate nelle atmosfere affettive del poeta di Adami, nate in un contesto povero con cui il Pane solidarizza fino in fondo, esprimendo, in altri componimenti, il suo impegno civile, in aderenza con le sue idee che a giusta ragione lo vedono uomo calato nel suo tempo. Ciò che domina la poesia del Pane, per dirla con Piromalli, è il sentimento di passione che deve essere espresso quanto più mimeticamente possibile: secondo i modi, cioè, della canzone napoletana che rispondeva alla forza naturale (e alla sua iperbole) e alla sostanza scenico-melodrammatica che si smorzano nella musica. 1
L opera di un musicista, a questo punto, era necessaria per cogliere e tradurre sul pentagramma tutta la forza espressiva che viene fuori dalla poetica del Pane. Questo il maestro Martire ha fatto, i suoi impossibili segni ci hanno ricondotti sulla vetta del Reventino, luogo di purezza, antropologicamente di memoria dove, la leggenda vuole che vi fossero le fate, ed in quell atmosfera sognante, il verso, musicalmente cullato ci ha rapito con quegli accordi lirici che ancora oggi sono in grado di sublimare l animo del lettore. Il linguaggio musicale si fonde con l innocenza e l immediatezza espressiva della poesia, cosicché ci appare riuscito lo scavo psicologico compiuto dal Martire, la cui melodia diviene messaggera dei sentimenti del Pane, canta la sua anima, il suo segreto soffrire, il palpito lirico evoca nostalgia per ciò che non è più. E ci piace osservare, come il verso e la musica, in una felice sintesi lirica, facciano nascere una entità melodica fortemente suggestiva, che insinua nei cuori di chi ascolta tutta la delicatezza delle immagini, vive e palpitanti, pura espressione d arte. 2
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