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Esplorare fenomeni elettrici per interpretare la carica e la sua energia: il potenziale. Marisa Michelini e Alessandra Mossenta Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell Università di Udine Introduzione I fenomeni elettrici sono da sempre parte della vita quotidiana, ma oggi sono anche elemento essenziale del mondo tecnologico. E facile quindi che nei più disparati contesti ricorrano termini legati ad essi, spesso sintetizzati sotto la parola elettricità. Con essa si vuole spesso far riferimento tanto al concetto di corrente elettrica quanto a quello di energia elettrica, senza comprenderne i ruoli diversi. Una comprensione adeguata dei fenomeni elettrici è invece necessaria per produrre ragionamenti fondati in ambito energetico, oggi così centrale, e presuppone di affrontare in un primo tempo il concetto fondamentale di carica elettrica e di individuare il potenziale come grandezza che presiede al suo movimento. L importanza dell acquisizione di modelli interpretativi scientifici dell elettrostatica è sottolineata anche da numerose ricerche sugli apprendimenti, che vedono nelle difficoltà in questo settore l origine di mancata comprensione di tutto il settore dei circuiti (Benseghir et al 1996). La carica come ente a cui è riconducibile la natura elettrica della materia Utilizzare la semplice fenomenologia del quotidiano per costruire i concetti alla base di tutti i fenomeni elettrici, quali quello di carica e di potenziale, permette di accompagnare chi impara nella costruzione graduale della conoscenza che realizza il passaggio da una visione di senso comune ad una scientifica. L interpretazione dei fenomeni di base dell elettrostatica quali elettrizzazione, polarizzazione e induzione è riferita da studenti di scuola media superiore a quattro modelli di elettricità, il più frequente dei quali risulta essere quello che vede la carica come un fluido (Guisasola et al 2004). Viene operata una distinzione tra isolanti e conduttori che attribuisce ai primi soltanto la capacità di elettrizzarsi per strofinio e ai secondi quella di presiedere a tutti i fenomeni interessati da movimento di carica. Non viene riconosciuta la natura elettrica della materia e fenomeni quali l induzione sono fraintesi. Dal punto di vista macroscopico la più evidente fenomenologia elettrica è la produzione di modifiche ai corpi che li mettono in grado di interagire. Si sperimenta quindi il modo di elettrizzarsi/caricarsi dei corpi e l insorgere di forze di interazione. Si osservano interazioni tra coppie formate da oggetti preparati in diversi modi, quali strisce di nastro adesivo strappato e cannucce strofinate, (vedi fig. 1e 2) per individuare all origine dell interazione osservata una modifica dello stato degli oggetti a seguito delle azioni compiute su di essi. Fig.1

Fig.2 Si riconoscono due possibili modalità di interazione, repulsiva e attrattiva, riferite a stati uguali o diversi nei due elementi di ciascuna coppia, dopo aver individuato la repulsione come indicatore di interazione tra oggetti nello stesso stato (in quanto preparati nello stesso modo). Dall ampiezza variabile della divergenza delle strisce di nastro adesivo strappato si ricava la dipendenza dell intensità dell interazione tanto dalla distanza quanto dalla misura diversa con cui la proprietà viene acquisita, ad esempio strappando da superfici diverse. Si osserva anche l assenza di interazione nel caso in cui un solo oggetto venga modificato e l elettrizzazione di entrambi gli oggetti coinvolti nello strappo/strofinio, sempre eteronoma. Ciò permette di costruire un semplice rivelatore di elettrizzazione costituito da strisce di nastro adesivo strappate tra loro, utilizzato sia per scoraggiare l interpretazione elettrica della fenomenologia magnetica, sia per individuare come l elettrizzazione per strofinio sia possibile per tutti gli oggetti, in particolare per i metalli. A questo proposito si possono utilizzare una lattina metallica e una bottiglia di plastica collocate su sostegni isolanti, che, strofinate, manifestano elettrizzazione avvicinando alla zona strofinata l indicatore a nastro. Se all estremità opposta dei due oggetti vengono fissate delle striscioline leggere si nota che esse hanno un comportamento diverso nei due casi: si sollevano se attaccate al metallo. (vedi fig. 3) Fig.3. Ascritto il movimento delle strisce alla repulsione e dunque ad un loro stato elettrizzato si ricava che i metalli, diversamente dagli isolanti, consentono il trasferimento degli enti responsabili dell elettrizzazione. Dopo aver individuato un altro procedimento di elettrizzazione, quello per contatto (realizzato ad esempio toccando la lattina con un oggetto precedentemente strofinato e osservando la repulsione delle strisce all estremità opposta) si osserva che lo stesso effetto si raggiunge anche solo per avvicinamento: ciò porta a ritenere che la fenomenologia sia riferibile ad entità interne agli oggetti e non fornite dall esterno e che le interazioni macroscopiche siano il risultato di interazioni tra tali enti. Sulla base di questo si possono unificare metalli e isolanti: due pendolini, uno metallico e uno di polistirolo, in presenza di una cannuccia strofinata si comportano allo stesso modo, ovvero vengono attratti verso quest ultima, vengono a contatto con essa e infine se ne allontanano, respinti; la sola differenza riguarda i tempi, più lunghi nel secondo caso (vedi fig. 4). Si interpreta quindi questa differenza come limitazione nella distanza che gli enti responsabili dell elettrizzazione, le cariche, possono percorrere.

Fig.4 Governare il movimento della carica Le esplorazioni effettuate portano all idea che due tipi di carica sono presenti all interno di tutti gli oggetti, tuttavia sono in grado di sollevare le striscioline solo se opportunamente spostate: le cariche all interno della lattina, ad esempio, producono un cambiamento della disposizione delle strisce, sollevandole, solo se spostate dall interazione con quelle presenti nell oggetto strofinato. Il trasferimento di carica, aspetto che lega l elettrostatica ai circuiti, è un altro ambito in cui emergono numerose difficoltà di apprendimento (Barbas et al 1997; Guruswamy et al 1997). In particolare, ragionamenti basati sulla forza, fanno ritenere che esso avvenga solo tra oggetti carichi in modo diverso, fino al neutralizzarsi di uno di essi. Al contrario ragionamenti basati su un modello a fluido vedono nella quantità di carica il fattore determinante nel trasferimento, fino alla sua uguaglianza all equilibrio, indipendentemente dalle caratteristiche dei corpi e senza riferimenti al potenziale. L indagine sperimentale studia quindi le modalità di distribuzione della carica tra oggetti metallici che vengono a contatto: su oggetti delle stesse dimensioni e forma (ad esempio due sfere uguali) la situazione d equilibrio è raggiunta con una pari quantità di carica; se le dimensioni degli oggetti su cui si vuol trasferire carica sono diverse, a parità di situazione di partenza, l equilibrio si raggiunge con minor carica sull oggetto di dimensioni minori (la sfera più piccola), ad indicare che qui la condizione della carica sull oggetto è meno favorevole all accumulo ulteriore rispetto alla carica sull oggetto di dimensioni maggiori. (vedi Figura 5: i picchi più lunghi sono relativi alla carica su una sfera precedentemente al contatto, gli altri alle cariche sulle due sfere dopo di esso: il primo contatto è ripetuto, l ultimo viene effettuato con una sfera più piccola della precedente) Fig. 5 Il contatto tra due oggetti con carica e dimensioni diverse può provocare un trasferimento che ha l effetto di aumentare la differenza di carica presente sui due oggetti, nel verso cioè dal meno elettrizzato al più elettrizzato; ad esempio, in fig.6, due sfere di dimensioni diverse, entrambe elettrizzate, mostrano dopo il contatto di aver accentuato la differenza tra le cariche presenti su di esse.

Fig. 6 Dopo aver individuato la necessità di trovare riferimenti diversi dalla carica per l analisi del suo trasferimento restano aperte due questioni: In che senso e come avviene il trasferimento di carica? Cosa caratterizza e regola l equilibrio che si raggiunge? Il fatto che nei sistemi di uguali dimensioni la grandezza che regola il trasferimento risulta essere la carica, fino alla disposizione della stessa quantità sui due sistemi, porta a pensare che la grandezza cui riferirsi per il trasferimento dipenda dalla carica, in senso direttamente proporzionale; il comportamento nelle sfere di dimensioni diverse evidenzia l influenza di queste ultime nel trasferimento: sfere di dimensioni minori consentono alla carica presente su di esse maggiore capacità di trasferimento. La grandezza che lo regola prende il nome di potenziale, rapporto tra la carica sulla sfera e una grandezza che tiene conto della geometria del sistema, detta capacità. Un generatore mantiene la sfera cui è collegato ad un potenziale costante. Al variare del potenziale su ciascuna sfera si osserva una variazione della carica che si trasferisce su di essa, in modo tale da mantenere costante il rapporto q/v; tale rapporto cresce al crescere delle dimensioni della sfera stessa, e indica la quantità di carica che può trasferirsi sulla sfera sotto un determinato potenziale, ovvero la capacità C. Il movimento di carica che si realizza nel trasferimento richiede che venga impiegata dell energia: tale risulta essere la natura della grandezza il potenziale- che lo regola; esso tiene conto sia della carica, l ente che effettua gli spostamenti, che della sua disposizione, attraverso le dimensioni degli oggetti su cui si colloca. Bibliografia Barbas & Psillos, 1997, Research in Science Education, 27 (3) 445 459 Benseghir & Closset, 1996, Int. J. Sci. Educ., 18 (2) 179-191 Furió, Guisasola & Almudì, 2004, Can. J. Sci. Math. and Tech. Educ., 4 (3) 291-313 Guruswamy, Somers & Hussey, 1997, Physics Education, 32 (2) 91 96 NOTE SUGLI AUTORI Marisa Michelini è professore ordinario di Didattica della Fisica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell Università di Udine, Direttore del Dipartimento di Fisica e responsabile della linea di ricerca in Didattica della Fisica nel Dottorato di ricerca in Matematica e Fisica della stessa Università. Ha coordinato la partecipazione dell Unità di Ricerca in Didattica della Fisica (URDF) dell Università di Udine a 5 progetti europei, a 18 di rilevanza nazionale ed a 10 di rilevanza regionale su ricerche inerenti l educazione informale e la costruzione del pensiero formale in ambito scientifico, il ruolo delle tecnologie della informazione e della comunicazione nel superamento dei nodi concettuali in fisica, l innovazione didattica nella scuola secondaria con particolare riguardo alla meccanica quantistica, modelli e metodi per la formazione degli insegnanti. Oltre 400 sono le pubblicazioni in tali settori di ricerca.

Alessandra Mossenta. Laureata in fisica, insegna nella scuola superiore. Attualmente sta seguendo un corso di Dottorato in Didattica della fisica presso il Dottorato in Matematica e Fisica dell Università degli studi di Udine. Da anni svolge ricerche didattiche nell ambito dell Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell Università di Udine sulla comunicazione, il linguaggio, l educazione informale in fisica e la ricaduta di ricerche scientifiche nell ambito dell insegnamento secondario.