CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA CERAMICA INVETRIATA VENEZIANA TIPO SANTA CROCE, XIII SECOLO di FRANCESCA SACCARDO

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CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA CERAMICA INVETRIATA VENEZIANA TIPO SANTA CROCE, XIII SECOLO di INTRODUZIONE FRANCESCA SACCARDO In conseguenza dei legami politico-commerciali tra Venezia e l Impero d Oriente 1 e per l abbondanza nei ritrovamenti lagunari di ceramiche provenienti da Corinto e altri centri della Grecia (LAZZARINI-CANAL 1983 e LAZZARINI 1991), databili lungo il XII secolo, le produzioni fittili veneziane più antiche fino a pochi anni orsono apparivano strettamente ed esclusivamente correlate all area bizantina. La palese derivazione della graffita duecentesca veneziana a spirale-cerchio dalla Zeuxippus ware (LAZZARINI 1987), prodotta probabilmente nell area costantinopolitana 2, ha fatto addirittura ipotizzare un trasferimento di maestranze bizantine a Venezia, anche se il fenomeno non è ancora stato confermato da dati documentali (BERTI-GELICHI 1995, pp. 428, 439-440). Gli studi più recenti hanno in realtà rivelato esserci in Venezia un altro gruppo di prodotti ceramici, collocabile già nel secondo quarto del XIII secolo e denominato tipo S. Croce (GELICHI 1993), che imita nelle forme e nei decori la protomaiolica meridionale di tradizione islamica, smaltata e dipinta in policromia. Ciò non stupisce se si considera la presenza, ormai ben attestata nel territorio lagunare, di numerose protomaioliche provenienti dalle regioni meridionali (SACCARDO 1990, pp. 109-110; IDEM 1995 pp. 163-164 e pp. 172-173), giustificata dagli stretti rapporti che intercorrevano tra Venezia e i porti del Tavoliere, granaio della Padania e tappa obbligata di pellegrini e crociati diretti in Oriente. Per questa imitazione veneziana della protomaiolica si utilizzò, al posto dello smalto, la copertura a base di ingobbio e vetrina, evidentemente più congeniale ai vasai locali. Il colore rosso dell impasto è dovuto all impiego di argille ferruginose, a differenza di quelle meridionali ricche di calcare (GELICHI 1993, p. 282 e pp. 294-296, Appendice a cura di Helen Patterson). Risalendo nel tempo il quadro si fa ancora più complesso e problematico. Infatti, accanto alla graffita delle origini (SACCARDO 1991 p. 212), traduzione alquanto goffa degli stili bizantini sulla quale c è ancora molto da scoprire, è stato da chi scrive individuato un piccolo gruppo di ceramiche graffite, che definiremo per comodità tipo S. Ariano (vedi infra), del quale si dà notizia per la prima volta in questa sede. Questi manufatti presentano caratteristiche intermedie tra la tipo S. Croce e la graffita a spirale-cerchio, con affinità in taluni casi anche con la tipo S. Bartolo. Sono documentate esclusivamente forme aperte, piatti e scodelle per lo più di piccole-medie dimensioni, con orlo ingrossato e piatto che rimanda alla protomaiolica e alle sue imitazioni lagunari; l esterno è lasciato grezzo, com è tipico dei prodotti meridionali ma anche della Zeuxippus ware bizantina. Anche nei decori si osserva una contaminazione tra elementi di tradizione islamica e bizantina. La graffita S. Ariano è dunque un tipo di ceramica per così dire ibrido, probabilmente prodotto in scarsa quantità e per un periodo di tempo piuttosto limitato. CERAMICA TIPO S. CROCE La tipologia deriva la sua denominazione da una chiesa di Ravenna, d impianto bizantino, che è stata oggetto di indagini archeologiche. In particolare lo svuotamento di un antico pozzo ha restituito dei materiali la cui sequenza cronologica spazia tra il XII secolo e il terzo quarto del XIV (GELICHI 1993, pp. 232-236). Nel penultimo strato verso il fondo, databile al secondo-terzo quarto del XIII secolo, giacevano numerosi boccali frammentari invetriati, decorati o in semplice monocromia, che sono stati classificati in quattro gruppi (Ibidem, pp. 236-252): Gruppo 1. Ingobbiata policroma, dipinta principalmente nei colori verde e bruno, talvolta con aggiunta di giallo e/o rosso, sotto vetrina incolore o giallo chiara. Gruppo 2. Ingobbiata e dipinta a macchie o striature in solo verde. Gruppo 3. Invetriata monocroma su ingobbio, con sottogruppi A/verde, B/giallo-bruna; C/incolore (l esistenza di questo sottogruppo è proposta solo in via ipotetica a causa della estrema frammentarietà dei pezzi). Gruppo 4. Invetriata monocroma. La classificazione di Gelichi tratta più estesamente il Gruppo 1, prendendo in considerazione anche materiali di altra provenienza (Rimini, Ferrara, Pomposa, Bologna, Brescia), oltre a reperti veneziani e padovani. Sono documentate per la maggior parte forme chiuse, in particolare boccali. L esigua quantità di forme aperte nel Gruppo 1 e la scarsità di forme ricostruibili pertinenti agli altri gruppi ha determinato il carattere preliminare della classificazione, soprattutto per quanto riguarda i Gruppi 2, 3 e 4. I più recenti ritrovamenti archeologici veneziani e una revisione dei depositi museali apportano nuovi dati relativi alle ceramiche tipo Santa Croce ampliando così il panorama delle forme e dei motivi. Esaminiamo ora la ceramica tipo Santa Croce dai ritrovamenti veneziani: Gruppo I. Ingobbiata policroma L unico boccale quasi interamente ricostruibile (Fig. 1.1; Tav. I.8), ad eccezione dell imboccatura e dell ansa, ha base piuttosto slanciata, spalla bombata, stretto collo troncoconico, piede leggermente espanso. Le proporzioni sono simili alla Forma 5 di Gelichi (P. 272 fig. 32). Proviene dall isola di S. Leonardo in Fossa Mala, insediamento monastico fondato intorno all anno Mille e definitivamente abbandonato nei primi decenni del XIV secolo (FERSUOCH 1995). Diversi altri frammenti di forme chiuse non sembrano discostarsi dalla classificazione di Gelichi: i recipienti più documentati sono i boccali di Forma 2-3 (GELICHI 1993, p. 272, fig. 32). Ritrovamenti presso le vestigia di antichi conventi nelle isole della laguna nord, a S. Lorenzo in Ammiana (CANAL 1995, pp. 213-221) e nella vicina S. Maria di Gaia e uno sterro a Malamocco hanno invece restituito svariate forme aperte, che abbiamo così raggruppato: 1. Scodella con lieve carenatura bassa, parete leggermente ingrossata sotto orlo arrotondato, piede ad anello (Fig. 1.2; Tav. I.1). dell imboccatura cm. 17-18 circa. Forse di forma simile è un bordo di sottile spessore con decorazione a griglia puntinata in nero (Tav. I.2). Un frammento di parete di scodella dallo scavo di San Lorenzo a Castello (DE MIN- SACCARDO in stampa) documenta una variante con orlo accentuato verso l esterno. 2) Scodellone o bacino con orlo ingrossato e piatto (Tav. I.5), cm 24-30. 3) Piattello a corpo troncoconico poco profondo, fondino quasi piatto o appena umbonato, intorno a cm. 20; il bordo si presenta in due varianti: A) con orlo arrotondato leggermente introflesso (Fig. 1.3, Tav. I.3); B) con orlo a spigolo smussato (Tav. I.4). L unico pezzo interamente ricostruibile proviene da San Lorenzo in Ammiana: ha perso del tutto il rivestimento e la decorazione, salvo poche tracce della doppia linea dipinta in manganese sotto l orlo. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

4) Piatto con tesa obliqua, orlo arrotondato (Fig. 1.5, Tav. I.6). Il frammento proviene da S. Maria di Gaia, cm 26. Alcuni fondi pertinenti a forme aperte di piccole-medie dimensioni (cm 7-10) sono tutti caratterizzati da piede ad anello indistinto dal fondino, che si presenta scarsamente umbonato (Tav. I.7)). I motivi non si discostano molto da quelli già descritti da Gelichi: sagome zoomorfe campite a puntini, a graticcio, a squame (Fig. 1.2-5) oppure a scacchiera, come si vede in una probabile raffigurazione di pesce (Fig. 1.4) di frequente riscontro nella protomaiolica. Un uccello dal corpo tondeggiante è disegnato sul fondo di una scodella (Tav. I.7), secondo una stilizzazione che rimanda, ad esempio, ai reperti di San Lorenzo a Napoli (VENTRONE VASSALLO 1980, Tavv. XCVI n. 352, CI a, CXXIII a-b e CXXV n. 540). Il motivo della treccia (Fig. 1.6) si trova anche nella protomaiolica tipo Brindisi (PATITUCCI UGGERI 1990 p. 39, Tav. IVc). Gruppo 2. Ingobbiata e dipinta in verde sotto vetrina incolore Svariati frammenti provengono da contesti duecenteschi individuati nelle isole di S. Leonardo in Fossa Mala, San Lorenzo in Ammiana (SACCARDO in stampa/1) e da ritrovamenti a La Cura. Nel centro storico, scavi archeologici nelle chiese di S. Giovanni Elemosinario a Rialto e di San Lorenzo a Castello (rispettivamente BASSO-DE MIN, in stampa) hanno restituito ceramiche pertinenti a questo gruppo. Sono stati recuperati soprattutto fondi di boccali di medie dimensioni, caratterizzati da grosso spessore, tornitura irregolare, basso piede cilindrico distinto; ansa a bastoncello o a sezione ovale, impostata sotto il bordo, decorata da striatura longitudinale in verde (Tav. I.9); interno grezzo; corpo ceramico di colore rosso, rosa cupo o aranciato; frammenti di imboccatura documentano la forma dell olpe a collo stretto e bocca trilobata (Tav. I.10). Le forme aperte non sono in alcun caso interamente ricostruibili. Vi sono fondi frammentari con piede ad anello tornito irregolarmente (FERSUOCH 1986, Classe E), pareti ricurve con bordo a tesa (sul tipo di Tav. 1.21), oppure orlo ingrossato e ripiegato (Tav. I.11 ). L esterno è privo di rivestimento. La forma rimanda alla graffita veneziana delle origini (SACCAR- DO 1991, p. 212 e Tav. I.2-3) e ai bacini di S. Maria della Commenda a Faenza e di S. Cassiano in Decimo a Campiano (RA) (GELICHI 1984 p. 358, Tav. III. 1-4; p. 356, Tav. II.1-2) 4. Gruppo 3. Ingobbiata monocroma A/verde, B/giallobruna o C/incolore A S. Lorenzo in Ammiana sono state recuperate un discreto numero di ceramiche invetriate monocrome su ingobbio, per la maggioranza del sottogruppo A, di colore verde. Sulle forme aperte il rivestimento esterno si arresta appena sotto il bordo. Tra le forme chiuse, segnaliamo un vasetto biconico con superficie percorsa da scanalature longitudinali (Tav. I.12), probabilmente d ispirazione islamica orientale (GRUBE 1993, pp. 223-224, n. 108). Quattro le forme aperte documentate: 1) Scodella con lieve carenatura bassa, orlo assottigliato, piede ad anello, cm 15,8 (Tav. I.13). 2) Scodella con orlo ingrossato e piatto (Tav. I.14), cm 16,4. 3) Piatto con carenatura alta, orlo ingrossato e piatto, piede ad anello (Tav. I.15). Un pezzo quasi integro (cm 18,5) è stato rinvenuto a S. Giacomo in Paludo (SACCARDO-LAZZARINI 1988, p. 49 n. 9); un altro, frammentario, a S. Leonardo. 4) Piatto con parete ricurva e tesa (Tav. I.21), cm da 26 a 34 ca. La forma è attestata a S. Govanni Elemosinario, a S. Leonardo e in numerosi ritrovamenti lagunari. Gruppo 4. Invetriata monocroma non ingobbiata Per quanto riguarda le forme chiuse, numerosi fondi di boccale dai più antichi contesti documentano forme piuttosto massicce (Tav. II.1), tornitura irregolare, esterno interamente rivestito, compreso il fondo, interno grezzo con gocciolature di vetrina. Corpo ceramico rosso cupo o aranciato. Un frammento di parete di boccale da San Lorenzo in Ammiana (Tav. II.2) potrebbe corrispondere alla Forma 3 di Gelichi (p. 272, fig. 32), cioè a corpo globoso e collo cilindrico, ma con spessore più sottile; ha decorazione incisa a linee lisce e ondulate sulla spalla, vetrina di colore verde oliva, molto brillante e ben aderente 3. Tra i frammenti è comune la bottiglia (olpe) dal collo tozzo e stretto, con bocca trilobata e ansa a bastoncello (sul tipo di Tav. I.10). La forma rimase in uso, nel Veneto, fino a tutto il XIV secolo o poco oltre (COZZA 1988; p. 208, IDEM 1995 pp. 90-91; MUNARINI 1990, p. 22), ma evolvendosi in alcuni particolari: adottando l ansa a nastro, assottigliando lo spessore delle pareti e spostando il baricentro verso il basso. Un albarello da S. Giacomo in Paludo, interamente ricoperto da vetrina verde chiara, (SACCARDO-LAZZARINI 1988, p. 46 n. 23) potrebbe rientrare nel Gruppo 4, anche se non si esclude una datazione leggermente più tarda. Alcuni esemplari da San Lorenzo in Ammiana hanno forma simile in dimensioni miniaturizzate (Tav. I.16-17). Un piccolo vasetto troncoconico con vetrina di colore verde scuro aveva probabilmente funzione di calamaio (Tav. I.18) 5. Non si conoscono forme aperte che possano rientrare con sicurezza in questo gruppo, di datazione così alta; mentre un abbondante produzione di scodelle, piatti e bacini invetriati direttamente sul corpo in verde o in giallo-bruno si colloca tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV, con forme simili a quelle della graffita a spirale-cerchio (Tav. II.12-14) e della tipo S. Bartolo (SACCARDO 1991, Tav. III.3 e 6). Queste stoviglie sono sempre rivestite su entrambe le superfici, al contrario della tipo S. Croce/Gruppo 3 che all esterno è nuda. Vi sono inoltre alcune forme che non hanno le caratteristiche peculiari della tipo Santa Croce, ma non rientrano neppure nella classificazione di Gelichi delle invetriate venete bassomedievali (GELICHI 1988). A questi pezzi risulta difficile assegnare una collocazione cronologica, che potrebbe anche situarsi in pieno XIV secolo: bacino con carenatura alta a spigolo vivo, bordo ripiegato verso l interno desinente con piccola tesa scanalata (Tav. I.19). Frammenti da S. Lorenzo in Ammiana e da Malamocco hanno invetriatura bruna o fulva; scodellone a corpo emisferico, bordo a tesa con spigolo superiore a tacche (Tav. I.20). Frammenti da Malamocco hanno vetrina bruno-chiara; altri da S. Arian e da S. Lorenzo in Ammiana sono invece verdi; nell ultimo caso vi è traccia del fondo, che è piatto. Graffita tipo S. Ariano La denominazione deriva da un antico convento situato in una delle isole di Costanziaco, nella laguna nord (CANAL 1995, pp. 206-210), dove un saggio di scavo 6 ha messo in luce parte delle fondazioni dell edificio e ha permesso il rinvenimento di alcuni frammenti di questo tipo di ceramica. Alcune di queste graffite rinvenute nelle isole della Laguna, già assegnate da chi scrive alla tipologia San Bartolo, si devono più opportunamente accostare, per affinità tecniche, formali e stilistiche, alla tipo Santa Croce, pur con elementi riferibili alla graffita a spirale-cerchio. Si tratta di forme esclusivamente aperte, caratterizzate da assenza di rivestimento sulla superficie esterna, ingobbiatura uniforme di discreto spessore, vetrina incolore o giallina che spesso si presenta uniformemente abrasa o con zone distaccate; impasto di colore rosso o aranciato Le forme documentate sono: 1) Scodella emisferica con orlo assottigliato, piede ad anello (Tav. II.3). Un pezzo quasi integro (cm 14,5) proviene dall isola di 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 2

Fig. 1 Ceramica tipo S. Croce /Gruppo 1 ;1) da S. Leonardo in Fossa Mala; 2-3) da S. Lorenzo in Ammiana; 4) provenienza ignota; 5-6) da S. Maria di Gaia; 7) dal Lido di Venezia. S. Giacomo in Paludo; altri frammenti, da S. Lorenzo in Ammiana e S. Maria di Gaia. 2) Scodella o scodellone con orlo: A) ingrossato e piatto (Tav. II.4); B) leggermente svasato (Tav. II.5), cm 18-19. Diversi frammenti sono stati recuperati a S. Lorenzo in Ammiana, S. Maria di Gaia, Lio Piccolo. La variante A è quella che si conta in maggior numero nei ritrovamenti veneziani e che sembra più risentire dell influenza della protomaiolica. Si trova anche nella tipo Santa Croce/Gruppi 1 e 3 (Tav. I.5 e 14) e, in rari casi, nella graffita a spirale-cerchio, dove è invece molto comune l orlo esoverso e leggermente scanalato della variante B) (Tav. II.13). 3) Piattello con corpo troncoconico poco profondo, parete ingrossata sotto ad orlo arrotondato, piede da anello, cm 20 ca. L unico pezzo ricostruibile è stato rinvenuto a S. Ariano (Tav. II.6); 4) Piattello a corpo troncoconico con orlo a spigolo esterno smussato (Tav. II.7), cm 18-20. Frammenti di bordo provengono da Malamocco e da S. Maria di Gaia. Questa forma è attestata anche nella tipo Santa Croce/Gruppo 1. 5) Piattello con carenatura alta, breve bordo diritto, orlo arrotondato (Tav. II.8). Un frammento di parete (cm 18) è stato ritrovato a S. Ariano. È una forma comune anche nelle ceramiche invetriate nonché smaltate veneziane di pieno XIII e di XIV secolo: graffite a spirale-cerchio (Tav. II.14), S. Bartolo (GELICHI 1988 fig. 18.5b) e maiolica arcaica (SACCARDO 1990, p. 111 e p. 119, fig. 16). 6) Bacino emisferico con orlo ingrossato e piatto, cm 28-35 ca. Un frammento da Lio Piccolo (Tav. II.9) è anche decorato con rotellatura all esterno. Stesso decoro a dentelli e forma analoga presenta un esemplare conservato a Rimini (GELICHI 1984, Tav. X.1), che, anche per la disposizione del decoro (vedi infra), potrebbe essere una graffita tipo S. Arian 7. Questa forma è documentata anche nella tipo Santa Croce/Gruppo 1 (GELICHI 1993, p. 292, figg. 37.1 e 38). La decorazione, spesso suddivisa in: motivo centrale entro medaglione-spirale, fascia a risparmio, banda lungo la pa- Fig. 2 1) Piatto graffito a spirale-cerchio da S. Maria di Gaia; 2) Frammento di piatto tipo S. Ariano da S. Ariano in Costanziaco. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 3

Tav. 1 1-8) Ceramica tipo S. Croce/Gruppo 1 ; 9-11) Ceramica tipo S. Croce/Gruppo 2 ; 12-15) Ceramica tipo S. Croce/ Gruppo 3 ; 16-18 e 21) Ceramica tipo S. Croce/Gruppo 4 ; 19-20) Ceramica invetriata monocroma bassomedievale. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 4

Tav. 2 1-2) Ceramica tipo S. Croce/Gruppo 4 ; 3-11) Ceramica graffita tipo S. Ariano ; 12-14) Ceramica graffita a spirale cerchio. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 5

rete, è ravvivata da qualche tocco di colore giallo ferraccia e verde ramina. Una caratteristica pressoché costante è la presenza di una doppia linea graffita che corre sotto l orlo che, in versione dipinta, si riscontra anche nella protomaiolica e nella veneziana tipo Santa Croce- Gruppo 1, ad essa ispirata. La campitura a squame di sagome zoomorfe, di ascendenza islamica, tipica dei prodotti smaltati meridionali e mediterranei in generale (VENTRONE VASSALLO 1980, pp. 249-252), risulta nelle ceramiche veneziane disegnata in due varianti: a graffito (Fig. 1.3 e 5; Tav. II.5-6 e 10) oppure dipinta in bruno manganese, in entrambi i casi con puntinatura centrale in verde 8. Questo motivo, fra l altro, si trova utilizzato anche nella più tarda graffita San Bartolo (SAC- CARDO 1991, p. 218 e tav. IV. 5; p. 229, fig. 17, nn. 81-82; COZZA 1988, p. 227 n. 61). Il piccolo piatto da S. Ariano (Fig. 2.2 Tav. II.6) è decorato sulla parete con una banda a triangoli alternativamente pendenti e salienti, campiti a squame con puntino verde; un decoro del tutto simile si osserva in frammenti rispettivamente da S. Maria di Gaia e da Lio Piccolo, entrambi di spessore molto sottile (Tav. II.5 e 10). La già citata scodella da San Giacomo in Paludo (Tav. II.3), con rivestimento del tutto abraso e tracce di pigmento verde, porta invece graffita sul cavetto la conchiglia pecten detta anche capasanta, in quanto attributo del protettore dei pellegrini (SACCARDO-LAZZARINI 1988, p. 52 n. 16). Motivo di facile riscontro nella protomaiolica (MORGAN 1942, pl. XXXIVa) costituisce un unicum nella ceramica veneziana medievale. Anche in un terzo manufatto, un fondino con simbolo di incerto significato (croce di S. Andrea con doppi archetti su settori alterni) (Tav. II.11), il motivo centrale è racchiuso in una sorta di spirale, che rimanda alla graffita a spiralecerchio, la quale è caratterizzata da decoro quasi invariabile (semplice spiraletta centrale contornata da una o più linee fin sotto il bordo), invetriatura monocroma giallo-bruna o, meno comunemente, verde; esterno accuratamente ricoperto, compreso spesso anche il fondino. Da S. Maria di Gaia proviene un piattello di questo genere (Fig. 2.1), ma con caratteristiche atipiche: vetrina molto chiara e brillante, ingobbio di buon spessore ed esterno non uniformemente rivestito. La forma appare intermedia tra le Nn. 4 e 5 della tipo S. Ariano (Tav. II.7-8). A S. Lorenzo in Ammiana, nella fossa-discarica più antica, presso l Edificio O (FERSUOCH-CANAL et al. 1989, p. 75, fig. 2), le tre tipologie appena citate si trovano in associazione; risultano contestuali anche a S. Maria di Gaia, dove i resti di un focolare furono eliminati in un lasso di tempo probabilmente molto breve 11. Nella Tabella II riassumiamo la nostra proposta di datazione: considerando i dati di S. Giovanni Elemosinario, assegnamo al tipo Santa Croce/Gruppi 2, 3 e 4 una datazione sullo scorcio del XII secolo, dunque leggermente più alta rispetto a quella del Gruppo 1 con decorazione policroma, assente in quel contesto. Al Gruppo 4 si possono a nostro avviso accorpare materiali più tardi come alcune forme chiuse (boccali, olpai, albarelli), che sembrano attestate senza soluzione di continuità fino alla fine del XIII secolo-inizi del XIV e oltre. Per la tipo Santa Croce/ Gruppo 1 e le graffite S. Ariano e spirale-cerchio ci sembra verosimile una collocazione cronologica quasi contemporanea, intorno al secondo-terzo quarto del XIII secolo, probabilmente con una comparsa anteriore di qualche decennio per le prime due. Infatti alcuni rari esempi di graffita a spirale-cerchio mostrano, come già accennato, caratteristiche intermedie: uso della forma con orlo ingrossato piatto e parziale assenza del rivestimento esterno. In seguito le forme più comuni saranno la scodella con carenatura bassa, quella emisferica con orlo svasato e il piatto con carenatura alta (Tav. II.12-14). Queste osservazioni portano a concludere che intorno alla metà del Duecento i ceramisti veneziani si trovarono sotto l influsso di stili e tecniche molto diversi, la cui contaminazione diede origine a tipi ibridi o sperimentali. Tali tipologie furono talvolta destinate ad una rapida estinzione, come nel caso della tipo S. Croce, oppure si convertirono in tipi di più duraturo successo, come accadde alla graffita tipo S. Ariano che ebbe nella tipo S. Bartolo la sua più fortunata evoluzione. Contemporaneamente, motivazioni a noi sconosciute, di tipo pratico, estetico oppure suggerite dall arrivo di maestranze forestiere, indussero i ceramisti veneziani ad adottare alcune innovazioni tecniche che rimarranno invariate per oltre un secolo, fino al penultimo quarto del XIV secolo: l uso del rivestimento vetroso su tutta la superficie esterna delle forme aperte e la nuova preferenza accordata alla pigmentazione giallo-bruna, anziché verde, della vetrina. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Osservando la Tabella I sulla distribuzione delle varie tipologie in ogni ritrovamento, notiamo come a S. Leonardo in Fossa Mala, identificabile tra i contesti più antichi con oltre un centinaio di reperti ceramici bizantini di XII secolo (SACCARDO in stampa/1), si trovino in discreta quantità ceramiche tipo S. Croce/Gruppi 2-3 e graffita delle origini (SACCARDO 1991, p. 212; Tav. I nn. 2-6 e fig. 3), che hanno peraltro caratteristiche tra di loro affini per forma e per colore dell impasto e del rivestimento. Queste invetriate potrebbero costituire un esempio dei primi prodotti ceramici bassomedievali veneziani 9. A S. Giovanni Elemosinario sono state evidenziate le medesime associazioni, ma non sono peraltro presenti né ceramica Santa Croce/Gruppo 1, né graffita a spiralecerchio attestate in poche unità anche a S. Leonardo né tipo S. Arian, che risulta assente in entrambi i contesti. Un informazione particolarmente interessante di questo saggio di scavo sta nel fatto che questi materiali erano sigillati sotto ad un pavimento databile tra l ultimo decennio del XII secolo e i primi anni del XIII 10. Al Forte di Malamocco, al Lido di Venezia, sono state recuperate, accanto ad alcune migliaia di ceramiche rivestite trecentesche, mezzo centinaio di graffite a spiralecerchio e rari pezzi di Santa Croce/Gruppo 1 e di graffita S. Ariano (SACCARDO 1993, p. 370, Tav. VIII) Tab. I Distribuzione delle tipologie nei contesti archeologici lagunari. Tab. II Datazione di tipologie medioevali da contesti veneziani. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 6

NOTE 1 Basti solo ricordare che nel XII secolo la colonia veneziana a Costantinopoli raggiungeva, secondo alcuni cronisti, dieci o addirittura ventimila membri (LUZZATTO 1961, p. 61). 2 Oltre agli studi che hanno permesso la definizione della tipologia Zeuxippus (MEGAW 1968 e IDEM 1987) recenti ricerche hanno portato all individuazione di ceramiche derivanti da tale ware, prodotte da altri centri bizantini, tra i quali Sparta (ARMSTRONG 1992). 3 Un campione sottoposto ad analisi mediante termoluminescenza è stato datato al 1333 + 72 anni. 4 Esiste tuttavia il rischio di confondere queste ceramiche con prodotti bizantini delle aree periferiche sul tipo della Aegean ware (PHILOTHEOU-MIKAELIDOU 1991). Solo con l aiuto delle indagini archeometriche sarà possibile risolvere la questione. 5 Provengono dall Edificio O2 (FERSUOCH-CANAL et Al. 1989, p. 75 fig. 2), dove una fossa-discarica ha restituito centinaia di frammenti ceramici di epoca per lo più duecentesca: graffita a spiralecerchio, invetriata monocroma giallo-bruna, tipo S. Croce/Gruppi 1 e 4, Zeuxippus ware bizantina, protomaiolica pugliese, maiolica magrebina a cobalto e manganese (SACCARDO 1991, pp. 205-206). 6 Effettuato nel 1985-86 dall Ispettore onorario Ernesto Canal. 7 Il decoro infatti è diviso in medaglione centrale/fascia a risparmio/banda a triangoli con puntino centrale sotto il bordo del tutto simile al nostro frammento di piatto da S. Ariano (Fig. 2.2). Il motivo sul cavetto consiste in una spirale entro pentagono a lati ricurvi alternati a doppi triangoli. 8 Frammenti di graffita S. Ariano con decoro a squame, (Forme 2 e 6), sono stati rinvenuti in un saggio di scavo presso l isola di Torcello, nell area dietro al campanile, diretto nella primavera del 1996 dal dr. Luigi Fozzati della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto. 9 Vedi nota 5. 10 Nel pavimento in pastellone è stato trovato incluso un denaro veneziano in lega d argento (sullo scavo, BASSO in stampa), databile tra il 1178 e il 1205 (comunicazione privata dei dott. Asolati e Crisafulli). 11 Si tratta, secondo dell Ispettore Ernesto Canal che ha curato il saggio di scavo, di reperti provenienti da un deposito molto omogeneo di primo butto. BIBLIOGRAFIA ARMSTRONG P. 1992, Zeuxippus derivative bowls from Sparta, in Philolakon. Laconian studies in Honour of Hector Catling, Oxford, pp. 1-9. BASSO A.D. c.s. in Riscoprire restaurando, catalogo della mostra, Venezia, 1997. 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