CERAMICHE CITTÀ E COMMERCIO IN SICILIA: IL CASO DI PALERMO

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1 Lucia Arcifa 89 CERAMICHE CITTÀ E COMMERCIO IN SICILIA: IL CASO DI PALERMO Lucia Arcifa Il quadro generale La rilevanza commerciale del manufatto ceramico, sia dal punto di vista della produzione e della circolazione interna, che da quello delle importazioni sfugge decisamente all analisi documentaria. La voce ceramica compare, così, assai di rado nei recenti lavori dedicati alla storia economica della Sicilia tardomedievale ( BR E S C 1986 : , ; EP S T E I N 1996). Un silenzio strettamente collegato al fatto che di rado la ceramica è oggetto di transazione regolata da contratto: se si escludono i rari accenni contenuti nei documenti della Geniza del Cairo (GO I T E N 1967 : 110; AB U L A F I A 1991: 93), la sua apparizione nei documenti notarili (inventari, contratti ecc.) è comunque tardiva e data dai primi del XV secolo (BRESC 1980; BRESC 1986: ). A fronte del silenzio delle fonti troppo spesso l interpretazione fornita dagli archeologi pecca di estremo semplicismo con una enfatizzazione del dato ceramico, al quale viene di sovente attribuito un ruolo di indicatore commerciale che tralascia il dato quantitativo e lo studio del contesto sociale di riferimento, dimenticando, soprattutto per i secoli del basso medioevo, l esistenza di fonti documentarie che consentono una ricostruzione delle reti dei traffici commerciali, all interno dei quali la ceramica assolve, semmai, un ruolo di carico di ritorno. Il contributo dell archeologia medievale in Sicilia a tal proposito è, in realtà, ancora esiguo: le ricerche di archeologia urbana, in particolare, stentano a fornire un quadro generale di comprensione del fenomeno. A tutt oggi conosciamo ben poco delle fasi medievali dei principali centri dell Isola quali Messina, Catania (GI U D I C E 1979 ; RI Z Z A 1985: ), Siracusa ( PE L A G A T T I 1981:707; VOZA 1985: 669); mentre solo di recente a Palermo sono stati intrapresi una serie di scavi che consentiranno una conoscenza non più mediata attraverso recuperi privi di contesto stratigrafico ( DI ST E F A N O 1989: ; D AN G E L O b ; ARCIFA 1995; PESEZ 1995). Di riflesso, le conoscenze di cui disponiamo, relative alle ceramiche medievali in Sicilia, non consentono oggi un discorso unitario e esaustivo. Se da una parte si comincia a disporre per le ceramiche invetriate di un sussidio cronologico molto più affinato ( MO L I- NARI 1992; MOLINARI 1995a), si è ancora lontani dal delineare il quadro dei caratteri distintivi dei diversi centri produttori (pensiamo agli scarichi di fornaci, fin qui conosciuti, e alle relative produzioni di Agrigento, Sofiana, Villa del Casale, Palermo, Mazara del Vallo) il loro raggio di diffusione, l organizzazione del sistema produttivo 1. Sulla base delle nostre conoscenze possiamo ipotizzare almeno fino al XII secolo inoltrato un sistema produttivo piuttosto frazionato che interessava sia centri urbani che abitati rurali (il caso delle fornaci di Sofiana e di quelle della villa del Casale è abbastanza indicativo, a tal proposito, trattandosi di siti che distano tra loro pochi Km). La presenza di ceramisti specializzati negli abitati rurali è, del resto, testimoniata anche dalle fonti di età normanna ( BE R C H E R 1979: ). Nell ambito delle produzioni di età islamica, e fino al XII secolo, sembra, comunque, emergere, nonostante l estrema frammentazione del sistema produttivo, una certa unitarietà e uniformità dei tipi che dovrebbe riguardare sia le ceramiche dipinte che le invetriate. Anche se gran parte delle nostre ipotesi sono sostanzialmente legate agli scavi e ricerche della Sicilia occidentale, appaiono evidenti alcune caratteristiche di tipo regionale; l olla, tipica dei contesti di X-primi XI secolo a Palermo (ARCIFA 1996b), trova ad esempio precisi riscontri nella Sicilia centro-meridionale ( FI O R I L L A : 137 n. 240; MC CONNELL 1991: 323, fig. 69b), così come la decorazione fortemente standardizzata della ceramica dipinta (con l alternanza tra bande verticale e tratti obliqui) caratterizza gran parte 1 Per le fornaci di S. Lucia ad Agrigento si veda, da ultimo, FI O- R I L L A 1995, pp ; per quelle nell area della necropoli paleocristiana BO N A C A S A CA R R A Per gli scarti di fornace di Palermo cfr. AR C I F A 1996a a cui si rimanda anche per la bibliografia relativa ai rinvenimenti di Sofiana e Villa del Casale. I ritrovamenti di Mazara del Vallo sono stati illustrati in MO L I N A R I

2 90 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE della produzione anforacea, almeno dal X fino alla prima metà del XII secolo, a Palermo, a Brucato (MA C C A R I PO I S S O N 1984: , pl ), a Caliata (AG) (CASTELLANA 1992: 48, fig. 24), Milocca (CL) (ARCIFA 1991 tav. XVII, 12), alla Muculufa (FIORILLA 1990: 137 n ), a Sofiana (FIORIL- LA 1990: 159 fig. 6). Analoghe osservazioni si possono fare nell ambito delle ceramiche invetriate per la produzione cosidetta della pavoncella, con una ampia diffusione in ambito regionale e oggetto di esportazione verso i mercati del nord- Africa (MOLINARI 1994b: ; KENNET 1995). È, verosimilmente, a partire dal pieno XII secolo che, in concomitanza con le profonde modificazioni dell abitato e del popolamento in Sicilia, si apre un nuovo capitolo nell organizzazione del sistema produttivo. Il processo di spopolamento dell abitato rurale, che caratterizza il territorio già alla fine del XII e per tutto il XIII secolo, è strettamente correlato con la fine della componente musulmana e con la progressiva latinizzazione della popolazione. La scomparsa dell elemento islamico determina, dal nostro punto di vista, la decadenza dell artigianato ceramico, che appariva già profondamente islamizzato almeno a partire dalla seconda metà-fine X secolo, in concomitanza con l introduzione della tecnica dell invetriatura. Non è un caso, dunque, che già nel corso del XII secolo si manifestano segnali di una progressiva semplificazione delle forme e del repertorio decorativo, di una decadenza degli aspetti tecnici connessi all uso dell invetriatura, che saranno poi evidenti con il XIII secolo. La sparizione dell abitato intercalare comporterà, inoltre, una sempre maggiore concentrazione delle attività produttive, legate all artigianato ceramico, all interno dei centri urbani, il cui ruolo sembra crescere sia relativamente alla produzione che alla commercializzazione, nel corso del bassomedioevo. È in questo periodo che si colgono i primi segni di una specializzazione delle aree produttive che porterà, in prosieguo di tempo, all emergere di centri con caratteristiche peculiari dal punto di vista morfologico o decorativo. Se dal punto di vista documentario è solo con il quattrocento che le fonti notarili consentono di intravedere l emergere di produzioni differenziate, riconoscibili per i loro caratteri distintivi e con aree di mercato piuttosto definite (Nicosia, Polizzi, Caltagirone, Sciacca ) ( BR E S C 1986: 202), dal punto di vista archeologico possiamo anticipare questo momento già al XII secolo, quando alcune produzioni sembrano acquistare una posizione predominante con un mercato interno anche piuttosto vasto. L esempio più interessante è, a questo proposito, quello delle pentole a orlo bifido prodotte probabilmente nella Sicilia nord-orientale ( PA T T E R S O N 1995: 222) che si ritrovano in grande quantità anche nei mercati occidentali dell Isola. Si tratta di una produzione fortemente connotata dal punto di vista tipologico, che riesce a invadere molti mercati sia urbani che rurali (Palermo, Marsala, Segesta, Monte Iato, Gela, Caltanissetta, Calathamet) ( MO L I N A R I 1995a: 197) 2. Ancora da chiarire è poi la diffusione all interno dell Isola delle produzioni di ceramiche solcate e invetriate in monocromia verde. Si tratta di una produzione certamente agrigentina, alla quale non è chiaro se si affiancano altri centri produttori e che pare essere diffusa soprattutto nella Sicilia occidentale ( MO L I N A R I 1995a: ; FI O R I L L A 1995: 210). Altrettanto evidente è per il secolo successivo la distribuzione poco omogenea della protomaiolica di Gela ( FI O R I L L A 1991: 137; MO L I N A R I 1994b: 108) e della protomaiolica monocroma in bruno con scarse attestazioni nell ovest dell Isola e una diffusione, di contro, orientata verso le aree centro-orientali (GUASTELLA 1976: ; RAGO- NA 1979). Sulla base di queste evidenze possiamo ipotizzare che tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo si siano accentuate le differenze tra le due parti dell Isola con centri produttori e aree di diffusione maggiormente connotate. Quanto detto fin qui non deve però fare dimenticare l esistenza di strutture produttive legate alle realtà feudali, la cui attività nel corso del XII secolo si sovrappone a quella dei centri urbani. Pensiamo, in particolare, al privilegio di Guglielmo II, del 1168, a favore di S. Maria la Latina, alla quale viene concessa facoltà di esportare manufatti ceramici (scutellas quingentas) verso i propri possedimenti in Oriente e a Gerusalemme, in particolare ( HO L T Z M A N N 1955: 70). Pur in mancanza di una precisa identificazione del tipo di produzione, il documento ci pare interessante perchè attesta l esistenza di una attività artigianale di una certa entità, orientata in modo specifico verso l esportazione. Questo esempio, l unico a nostra conoscenza documentato dalle fonti scritte, lascia intravedere l esistenza di una realtà piuttosto complessa, e ancora tutta da definire, in cui l ambito urbano non è l unico veicolo di modelli tecnologici e di commercializzazione della ceramica. Anche relativamente alle importazioni la fine del XII secolo vede la Sicilia entrare nell orbita di un mercato settentrionale con una netta inversione di tendenza delle principali linee di commercio ( MO L I N A R I 1994b: 115; D AN G E L O 1995a: 258). In realtà, una valutazione di questi aspetti resta ancora per molti aspetti controversa: la mancanza 2 Per una posssibile ipotesi sull area di provenienza di queste pentole, definite genericamente messinesi, penserei piuttosto all area di Patti ( AR C I F A 1996d), dove è attestata una importante produzione di ceramica da cucina fino al XX secolo (PET- TIGNANO 1995), con attestazioni documentarie a partire dal XV secolo, che consentono di ricostruire l ampio giro di esportazioni in molti centri del Mediterraneo.

3 Lucia Arcifa 91 di dati quantitativi provenienti dagli scavi e di indagini legate a precisi contesti sociali di riferimento ci priva degli strumenti indispensabili per una valutazione che esca dal generico e colga gli aspetti specifici: il ruolo della feudalità nel creare una domanda di ceramiche di pregio, la reale diffusione delle importazioni che non sappiamo se collegare alla massiccia presenza di immigrati dall Italia settentrionale o ad una domanda più diffusa che riguarda anche altri ceti urbani. Allo stato attuale possiamo dire che per tutto l XI e il XII secolo scarsamente documentate sono le importazioni dall Oriente ( OR S I 1915: ; D AN G E L O 1974; PE S E Z 1991: 326; GA B R I E L I : ); mentre più diffuse almeno in ambito urbano e occidentale, in particolare, sono le ceramiche provenienti dal Maghreb (ad esempio quelle cosidette a boli gialli ) che attestano l esistenza di un mercato unitario Sicilia -Nord Africa ( BE R T I 1991: ; MOLINARI 1994b: 105). È a partire dalla fine del XII secolo che gli scavi archeologici testimoniano una presenza più cospicua (ma quantità e distribuzione sono ancora dati largamente incompleti) di ceramica importata da mensa. Più evidente è il dato per quel che riguarda la Sicilia occidentale; ma lo stato degli studi non consente di sapere fino a che punto esso rifletta realmente una diversa situazione dei mercati tra le due aree dell Isola. Allo stato attuale sembra di potere affermare che una diffusione più omogenea ha la ceramica a cobalto e manganese ( FI O R I L L A 1991: 136). Largamente presente poi, soprattutto nei siti della Sicilia occidentale, è la ceramica a spirali, proveniente dalla Campania ( MO L I N A R I 1995a: 195). Nel corso del XIII secolo a queste produzioni si assommeranno le graffite liguri e le maioliche pisane, presenti soprattutto in area urbana, e a Palermo in particolare, che sembrano supplire allo scadimento dei prodotti locali. Nel XIV secolo e ancor più con il XV secolo il mercato delle importazioni sarà dominato dai prodotti spagnoli con attestazioni da scavo ( GU A S T E L L A : 237; FI O R I L L A 1991: 148; FA L S O N E 1993: 211), ma anche di tipo documentario (BRESC 1986: ). Lo scavo nel quartiere Castello-S. Pietro a Palermo Recenti scavi effettuati a Palermo consentono ora di precisare il quadro fin qui delineato, offrendo una visione più dettagliata delle produzioni in età bassomedievale. Si tratta pur sempre di una proposta preliminare, in considerazione, come vedremo, della marginalità di quest area a partire dalla seconda metà del XII secolo. La mancata edizione definitiva poi di contesti particolarmente significativi quali Palazzo Reale (CA M E R A T A SC O- Fig. 1) Pianta di Palermo con l ubicazione dei saggi archeologici nell area Castello - S. Pietro. VAZZO 1990) o lo Steri (TUSA 1973; FALSONE 1976; FA L S O N E 1993) ci priva di dati comparativi tanto più importanti in quanto legati, in quel caso, ad ambiti ben individuati e socialmente elevati. I saggi di scavo effettuati a partire dal 1987 a ridosso della Cala, l area portuale di Palermo ( AR C I- F A 1989; PE S E Z 1995; AR C I F A 1996c; AR C I F A d ), così come quelli ubicati più a sud, effettuati in occasione dei lavori della Nuova Pretura ( AR C I F A ), ricadono all interno di un grande perimetro che coincide grosso modo con il medievale quartiere del Seralcadi (fig. 1). Questi scavi hanno dimostrato l importanza e l estensione del primo momento di inurbamento dei quartieri esterni alle mura di età classica del Cassaro. Si tratta di una vasta area - all interno della quale ricadeva una piccola necropoli della prima età islamica (seconda metà IX secolo?) ( AR C I F A 1989: fig.8; DI SA L V O 1992)- che nel corso del X secolo venne interessata da un ampio fenomeno di urbanizzazione. Già con la prima età islamica, Palermo conoscerà, infatti, una forte crescita edilizia che darà vita a nuovi quartieri e x t r a m o e n i a (indicati nel medioevo con i nomi di Seralcadi e Albergheria, posti rispettivamente a nord e a sud del Cassaro) e che in prosieguo di tempo verranno recinti da mura 3. Le ricerche archeologiche hanno evidenziato la netta cesura che interviene con la seconda metà del XII secolo, a seguito di un esteso spopolamento che, salvo per realtà puntiformi, verrà colmato solo con il pieno XVI secolo. L evidenza archeologi- 3 La questione della datazione del circuito murario medievale, ritenuto comunemente di età islamica, è ora affrontata da BRU- NAZZI 1989, che lo attribuisce alla prima età normanna.

4 92 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE ca trova un preciso riscontro documentario nelle fonti di età federiciana che attestano i tentativi messi in atto dall imperatore per ripopolare i quartieri musulmani dopo le numerose stragi e deportazioni (PERI 1978: , ). La Palermo basso-medievale così non conoscerà più l estensione dell abitato di XI-XII secolo; si assisterà, anzi, ad un parziale restringimento della parte urbanizzata, caratterizzata da ampi vuoti, come si evince dai numerosi casalini, giardini e orti attestati all interno del circuito murario (BRESC 1972). L attività edilizia nel XIII e XIV secolo si indirizza piuttosto verso una sempre maggiore compenetrazione tra la Cala e l area del Borgo, chiamato dopo il 1250 Porta Patitelli, immediatamente a ovest del porto, dove si insediano Amalfitani, Pisani, Genovesi e, infine, Catalani. In questi stessi quartieri e nell area della Kalsa si assiste ad una massiccia costruzione di palazzi da parte dell aristocrazia feudale e del patriziato mercantile e amministrativo: via Alloro si sostituisce al vecchio Cassaro come centro della vita nobiliare ( BR E S C 1989: 292). Il processo qui delineato interesserà solo marginalmente l area della Terracina (così le fonti bassomedievali identificano la nostra area di scavo), nonostante la sua ubicazione a ridosso del lato nord della Cala; essa si trova, infatti, a scontare una posizione particolarmente delicata, ristretta tra due emergenze monumentali a carattere difensivo quali il muro di cinta e il Castello a Mare. Solo a seguito della costruzione del nuovo molo di S. Lucia, nel tardo cinquecento, quest area conoscerà un nuovo sviluppo urbanistico, determinato dalla funzione di collegamento tra la vecchia Cala e il nuovo bacino portuale, posto al di fuori della cinta muraria (ARCIFA 1996c). Come si diceva i dati di scavo dimostrano che il processo appena delineato ha il suo punto di snodo a metà circa del XII secolo. Se per la prima metà del XII secolo alcuni riempimenti testimoniano l esistenza di un impianto urbanistico ancora vivo, a partire dalla seconda metà del secolo l area risulta interessata solo in modo puntiforme da alcuni scarichi in giacitura primaria, mentre si moltiplicano i riempimenti che sigillano strati di distruzione e dimostrano dell avviato processo di spopolamento dell area. Essi sono tutti localizzati in prossimità di via Telarelli, asse viario che mantiene una lunga continuità di vita dal X secolo fino ai nostri giorni. Questi riempimenti consentono, comunque, a nostro parere, una prima valutazione delle tipologie ceramiche e del rapporto tra produzioni locali e ceramiche importate, tra XII e XIV secolo. Si tratta di una prima proposta che però deve tenere in considerazione il particolare contesto sopra illustrato e la mancanza di sequenze stratigrafiche che abbracciano in modo complessivo l arco cronologico qui preso in considerazione. a) prima metà XII secolo (Tav. I-II) I contesti relativi alla prima metà del XII secolo, qui presi in considerazione, sono relativi ad alcuni riempimenti di pozzi dei quali uno si configura come una sorta di discarica pubblica, in prossimità dell asse viario di via Telarelli, l altro in connessione con strutture murarie pertinenti ad abitazioni private. I diversi modi di formazione dei due contesti spiegano verosimilmente la loro differente composizione, caratterizzata da una parte da una predominanza di anfore e anforette (forse in connessione con la vicinanza di alcuni pozzi d acqua), dall altra da un alta percentuale di ceramica da cucina. I due contesti, strettamente connessi a livelli di occupazione, integrandosi a vicenda, forniscono una visione piuttosto chiara delle principali tipologie ceramiche presenti nella prima metà del XII secolo. Questa datazione, in mancanza di altri elementi datanti, si fonda su alcune associazioni significative: anzitutto la presenza di catini invetriati del tipo a breve tesa e calotta emisferica e del tipo con orlo a tesa ingrossato, lucerne a vasca aperta, pentole invetriate con orlo bifido. L assenza di produzioni quali cobalto e manganese o spiral ware consente, come si diceva, di circoscrivere l ambito cronologico alla prima metà del secolo, forse anche al primo quarto, considerata la totale assenza di ceramica solcata. Ceramica da fuoco Tra la fine dell XI e gli inizi del XII secolo si assiste nelle nostre stratigrafie ad un netto cambiamento nelle tipologie della ceramica da fuoco; appare evidente infatti il passaggio puttosto repentino dalle olle a corpo globulare caratteristiche del X e dell XI secolo (presenti con alcuni frammenti che vanno considerati residui) ( AR C I F A 1996d) a pentole del tutto differenti per tipologia e tecnica, invetriate sul fondo e sull orlo, con caratteristica incavatura per l alloggiamento del coperchio (Tav. I,1). I contesti qui esaminati consentono, infatti, di anticipare già agli inizi del XII secolo la diffusione di questo tipo, che sarà destinato ad ampia fortuna nei mercati dell Isola, fino alla prima metà del XIII secolo. Le caratteristiche tipologiche e le osservazioni macroscopiche relative all impasto consentono di assimilare queste pentole a quelle già individuate a Marsala ( KE N N E T 1989: 627) e in altri siti della Sicilia occidentale e centrale per le quali le analisi petrografiche, come si diceva, fanno ipotizzare una produzione localizzata nella cuspide nordorientale dell Isola. In associazione alla pentola invetriata, piuttosto diffuso è il pentolino monoansato caratterizzato da orlo diritto, anch esso invetriato sull orlo e sul fondo (Tav. I,2) con impasto affine, ad una analisi macroscopica, a quello delle pentole sopra illu-

5 Lucia Arcifa 93 strate. L analisi del nostro contesto suggerisce che, almeno in ambito urbano, in concomitanza con la diffusione di questi tipi, si sia verificata una diminuizione delle pentole del tipo a parete verticale ( MO L I N A R I A: 363) e di scaldavivande, il cui uso sembra strettamente legato a quel tipo di pentola a fondo piano. Ceramica acroma Appartengono a questa classe anfore di medie dimensioni e vasi da noria, anche se nel caso di frammenti l attribuzione non sempre è facile perchè si tratta di esemplari a pareti cordonate e con impasti del tutto simili. Anche la distinzione rispetto alla coeva produzione dipinta è resa difficoltosa dal medesimo trattamento delle pareti, sempre cordonate, e di alcuni elementi morfologici, quali il fondo sempre umbonato. Appare comunque evidente che in questo arco cronologico comincia ad affermarsi una produzione di anfore, simile a quelle dipinte, prive però di alcun tipo di decorazione, che risulterà poi predominante nei contesti di seconda metà/fine XII secolo. Piuttosto vicina ai tipi decorati è l anfora con corpo ovoidale, spalla poco sviluppata, e collo cilindrico, fondo umbonato (Tav. I, 10). Segnaliamo poi l esemplare con stretto collo cilindrico e bordo a fascia che sembra già piuttosto affine ai tipi diffusi nella seconda metà del secolo anche se di proporzioni minori (Tav. I, 8). Ancora numerosi in questi contesti sono i vasi da noria (fig. 4; tav. I,7) che mostrano una sostanziale affinità con gli esemplari di X-XI secolo ( AR C I F A 1996d), di forma cilindrica, espansa inferiormente, in prossimità del puntale, corto, a cilindro pieno, con base umbonata. Il bordo, a sezione triangolare, è aggettante rispetto alla parete, in modo tale da creare un alloggiamento per la corda che lo teneva legato alla ruota della senia. Il trattamento delle pareti, in tutto simile a quello delle anfore, presenta costolature lungo tutta la superficie, che si arrestano in prossimità del puntale. L impasto di colore rosso, grigio in superficie, duro, con frequenti inclusi di calcite, fa ritenere che si tratti di una produzione locale. Ceramica dipinta Anfore - È la classe in assoluto maggiormente rappresentata, all interno del pozzo 184, i cui materiali consentono una buona ricostruzione delle principali tipologie in uso nei contesti della prima metà del XII secolo. Il trattamento delle superfici, sempre cordonato, e la decorazione fortemente standardizzata accomunano i diversi tipi; il motivo decorativo ripropone quello caratteristico dei contesti di XI secolo, con la tipica alternanza tra bande verticali e tratti obliqui paralleli. Rispetto agli esemplari del secolo precedente la decorazione appare, comunque, affrettata e corsiva e più spaziata; in particolare, è evidente la tendenza a sostituire la banda verticale a fascia larga, tipica degli esemplari di XI secolo, con due tratti paralleli più sottili. Due i tipi principali: l anfora a corpo ovoidale (fig. 2; tav. I, 5) e l anfora a spalla ribassata dal profilo globulare (fig. 3; tav. I, 4). La prima, sicuramente la forma più frequente, si caratterizza per una assoluta costanza nelle misure e proporzioni, senza variazioni significative (h cm; diam. orlo 9 cm; diam. fondo 7 cm); presenta una spalla poco sviluppata e corto collo con bordo a fascia, fondo umbonato; anse a sezione ovale, con attacco al collo e alla base della spalla. L anfora a spalla ribassata è presente in almeno due differenti moduli (h. 30 cm; h cm); ha collo più sviluppato e orlo articolato distinto da una gola. Le anse sono caratterizzate da una marcata solcatura lungo la faccia superiore. Anche in questo caso il fondo è umbonato 4. Si tratta di due tipologie che mostrano una precisa distinzione anche di impasti; il primo di colore rosso mattone, duro, con numerosi inclusi di calcite di medie e piccole dimensioni, caratterizza le anfore ovoidali; di colore rosso arancio, più depurato e tenero è invece l impasto delle anfore globulari. Scarsamente rappresentata è l anfora a corpo allungato, con corta spalla e collo cilindrico, simile al tipo di anfora ovoidale acroma sopra illustrata (Tav. I, 10); mentre piuttosto diffusa è la piccola anforetta con fondo piano o ad anello distinto solo internamente e con orlo a fascia ribattuta (Tav. II, 1), che sembra costituire una misura dimensionalmente differente rispetto all anfora ovoidale. Poco chiara la funzione di questi recipienti adibiti forse, almeno nel caso dell anfora ovoidale, al trasporto dell acqua dai pozzi comuni, per i quali mancano al momento attestazioni che facciano pensare ad anfore da trasporto. Dimensionalmente più grandi sono ad esempio le anfore ritrovate a Salerno di probabile produzione palermitana o siciliana (PEDUTO 1994: 294). Ricordiamo infine la presenza di un unico frammento riferibile alle anforette di forma allungata (tav. I, 3) del tipo 4 Per quanto il tipo di decorazione e il trattamento delle pareti sembrano accomunare gran parte delle anfore siciliane di XI e XII secolo, i due tipi qui illustrati non trovano confronti stringenti con quanto sin qui pubblicato, ad eccezione di alcuni tra gli esemplari conservati a Palazzo Abatellis (GA B R I E L I : 171, fig. 189). Sembrano tuttavia riconnettersi al tipo globulare alcuni frammenti provenienti da Brucato (MACCARI POISSON 1984: 269, pl. 13,6; 270, pl. 14 b,f; 272, pl:15,e,h), da Casale Nuovo (MOLINARI 1995b: 420, Tav. III, 16). Mentre più vicino al tipo ovoidale, con larga imboccatura è l esemplare, più tardo, proveniente dalla Zisa, tipo D1 (D ANGELO 1976: 60, fig.8).

6 94 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE ritrovato nel relitto A di Marsala e in quello di Capo S. Vito ( PU R P U R A 1985:132, fig. 9; FA C E N N A 1993: 186, fig. 2). -Anforette e brocchette sovradipinte - P i u t t o s t o diffuse, ancora agli inizi del XII secolo, sono le anforette e brocchette con filtro e beccuccio versatoio, di chiara ascendenza islamica (fig. 5; tav. II, 2,3). Questa tipologia comincia ad apparire, a Palermo, in concomitanza con le prime invetriate e mostra una lunga continuità di vita che comprende ancora la prima metà del XII secolo; all interno di questo ampio arco cronologico si nota comunque un certo scadimento nei motivi decorativi. I frammenti più antichi mostrano maggiore accuratezza nella decorazione, tracciata con linee sottili e, sovente, di derivazione epigrafica 5 ; una maggiore semplificazione dei tratti si nota in questi esemplari più tardi. Si tratta di una produzione forse considerata meno raffinata rispetto alle coeve e più rare brocchette e anforette con filtro invetriate. La consistenza numerica e l omogeneità del materiale, anche dal punto di vista dell impasto, consente di avanzare l ipotesi di una produzione palermitana, confortata ora dal recente ritrovamento di scarti di cottura in prossimità dell ex monastero dei Benedettini Bianchi ( AR C I F A 1996a). I numerosi esemplari ricostituiti consentono di definire bene i caratteri formali: all interno di questa produzione si distingue la brocchetta con beccuccio e versatoio e l anforetta priva di beccuccio. Piuttosto simile è nei due tipi lo sviluppo del corpo, panciuto, privo di cordonature, con spalla ribassata, alto collo a tronco di cono rovesciato, con filtro alla base costituito da semplici fori, disposti in modo casuale, molto semplificato e senza alcuna pretesa decorativa rispetto ai coevi filtri degli esemplari invetriati o a semplice schiarimento superficiale. Estremamente caratteristico è il motivo decorativo, sovradipinto in bianco sopra vernice rosso scuro, che risparmia sempre la parte inferiore della parete, interessata da ampie colature: esso prevede pennellate orizzontali sul collo; sulla spalla un motivo a virgola o a treccia o a elementi vegetali stilizzati, sempre inquadrato tra doppi filetti orizzontali; nell area sottostante, in corrispondenza del diam. max., ritroviamo costantemente una sequenza di sottili pennellate disposte obliquamente. Forse da considerare residui sono i due esemplari l uno con decorazione che ricorda quella delle anfore dipinte più antiche (fig.6) e l altro con decorazione di derivazione epigrafica, tracciato in modo accurato e dai contorni netti che si rifà alle decorazioni degli esemplari più antichi. Il tipo sembra avere una diffusione soprattutto urbana e comunque limitata all area occidentale (ARCIFA 1989: 38, fig. 9 d; LESNES 1993: 577, fig. 5, 29-31; D ANGELO 1976: 61, fig. 10); non numerose le attestazioni da altri contesti di scavo, anche se bisogna ricordare che gran parte dei contesti fin qui editi si colloca nella seconda metà/fine XII secolo, momento in cui le attestazioni vanno considerate residue 6. Ceramica a schiarimento superficiale È ormai ampiamente attestata la circolazione di esemplari sia catini che anforette e brocchette, del tutto simili a quelli invetriati, per forma e dimensioni, ma privi di invetriatura e con semplice schiarimento superficiale. Relativamente alle forme chiuse si ritrovano sia anforette con filtro che brocchette con beccuccio-versatoio (fig. 7; tav. II, 4,5). Si tratta di forme relativamente poco standardizzate più o meno globulari, o, in alcuni casi, con spalla distinta e corpo cuoriforme, a pareti lisce e sottili (gli spessori non superano i 4 mm), con forte schiarimento superficiale, uniforme, che in alcuni casi interessa entrambe le superfici. Le anse sono a doppio bastoncello o a sezione circolare, spesso sormontate da apici di forma triangolare o a tromba. I filtri sono resi con motivi decorativi articolati, geometrici o floreali. I fondi presentano piede anulare con anello sottile e poco rilevato e fondo esterno alcune volte bombato. I ritrovamenti sono piuttosto frequenti sia a Palermo (GABRIELI 1989: 170, fig. 185; D ANGELO 1984: 32-34, nn ), che in altri siti dell Isola, con varianti locali: Agrigento ( FI O R I L L A 1990: 28, 8-9), Sofiana ( FI O- RILLA 1990: 160, 9-14), la Muculufa (FIORILLA 1990: , ). Ceramica invetriata La ceramica invetriata nei contesti qui descritti non è predominante; la classe è rappresentata in modo frammentario da catini e forme chiuse quali brocchette e anforette. Tra le forme aperte il tipo predominante è quello a calotta ribassata con orlo a tesa ingrossato e leggera carena sulla parete esterna (Tav. II, 8). In associazione a questi tipi si mantiene ancora il catino a tesa appiattito e calotta ribassata che dovrebbe essere leggermente più antico (Tav. II, 7). I motivi decorativi si presentano semplificati con bande verdi contornate in bruno sulla 5 A questa tradizione decorativa sembrano raccordarsi le anfore provenienti da S. Giovanni degli Eremiti che mostrano una decorazione di tipo epigrafico, complessa, distante dal tema decorativo ricorrente delle anfore dipinte di medie dimensioni (D ANGELO 1976: 61, fig.10). 6 Esso è presente a Monte Iato (ISLER 1984: 121, tav. 39, 6; , tav. 45, ; 142, tav. 46, ; 146, tav. 47, 145); sporadiche attestazioni a Brucato (MACCARI POISSON 1984: 252, pl. 8, b, c, d, e, f); non compare tra i materiali pubblicati, dall area gelese o agrigentina. La presenza di alcuni frammenti provenienti dagli scavi di Tropea in Calabria mi è stata gentilmente segnalata da C. Lebole e G. di Gangi (DI GANGI 1994).

7 Lucia Arcifa 95 calotta e con barrette in bruno sulla tesa 7. Accanto a questi tipi si segnala la presenza di alcuni bacini a calotta con orlo indistinto e arrotondato o leggermente estroflesso, con invetriatura monocroma verde che in alcuni casi risparmia la parte inferiore della parete esterna e il piede (Tav. II, 9-11). Le forme chiuse sono invece relative ad anforette o brocchette in genere con filtro, con invetriatura verde monocroma da verde chiara a verde scura (Tav.II, 6). Le lucerne trovate in associazione a questi esemplari sono del tipo a larga vasca aperta, con beccuccio appena accennato e mantengono ancora una presa triangolare, complanare all orlo. Ritrovate anche tra gli scarti di fornace presso l ex monastero dei Benedettini Bianchi, in un contesto databile tra la fine dell XI e i primi del XII secolo ( AR C I F A 1996a), esse consentono di seguire in modo più dettagliato l evoluzione dalla lucerna chiusa tipica dell XI secolo a quella a vasca aperta bassomedioevale, più piccola, priva di presa e con orlo trilobato più marcato. Importazioni Come già anticipato nei contesti qui esaminati le importazioni non sono cospicue. Tra le anfore si segnala l esemplare con largo collo cilindrico che presenta un tipo di impasto non compatibile con quelli dell area palermitana (Tav. I, 9); l analisi macroscopica dell impasto e il forte schiarimento superficiale suggeriscono una possibile provenienza dall area nord-africana per l anfora a corpo ovoidale, con spalla poco pronunciata e collo cilindrico. Anche il quadro delle importazioni dall area orientale è abbastanza esiguo: di probabile importazione orientale sembra il bacino a calotta, con piede ad anello, con spessa invetriatura monocroma marrone (Tav. II, 12), piuttosto interessante perchè richiama i coevi bacini invetriati monocromi sopra illustrati, dei quali costituisce forse il tramite. Da riempimenti posteriori viene un frammento di graffita bizantina, appartenente allo Spiral Style (fig. 8, 1), databile al pieno XII secolo ( MO R G A N 1942: pl. XLIa), e un frammento di Zeuxippus Ware, classe 1A (?) (fig. 8, 3) (MEGAW 1968: 69-71; MEGAW 1989: fig. 2). Residua in questo contesto deve essere considerata la brocchetta a vetrina sparsa, con beccuccio a mandorla e decorazione incisa (fine X- XI secolo), il cui impasto suggerisce una provenienza dall area campana (SFRECOLA 1992: 590, n. 376). Le relazioni privilegiate con l area campana, già in questa fase, sono peraltro ampiamente confermate dagli esemplari di brocche, dipinte in rosso, con impasto colore beige-rosato, duro, compatto, piuttosto depurato e con radi inclusi micacei e neri di piccole dimensioni. Siamo di fronte a forme, dimensionalmente differenti, di brocche con carena più o meno accentuata, decorate in rosso con semplici pennellate curvilinee sulla spalla (Tav. II, 13-14). I motivi decorativi e le forme presentano strette analogie con le brocche trilobate ritrovate in contesti napoletani e a Capaccio (ARTHUR 1986: 550, fig. 5, 22), databili al XII secolo. Segnaliamo, poi, oltre ad alcuni fondi piani, il frammento di larga ansa a nastro, con andamento ad angolo retto, complanare all orlo, decorato con banda rossa verticale, che ci pare possa confrontarsi con alcuni frammenti provenienti dal castello di Salerno (MAETZKE 1977: tav.i, fig. 4). Essi costituiscono un significativo precedente rispetto ad un fenomeno che, a partire dalla fine del secolo, con l attestazione massiccia di ceramica a spirali in molti siti siciliani, acquista il volto di una vera e propria commercializzazione di prodotti ceramici. Del resto, i recenti rinvenimenti di anfore dipinte di probabile produzione siciliana (palermitana?) ritrovate nel castello di Salerno, sulla costiera amalfitana, a Napoli, a Capaccio ( PE D U T O 1994: ), testimoniano concretamente gli stretti rapporti commerciali che nel corso dell XI secolo intrattenevano Campania e Sicilia 8. b) metà XIII secolo - fine XIII/inizi XIV secolo (Tav. III). Come si diceva, la stratigrafia dell area di Castello-S. Pietro presenta un notevole iato per l arco di tempo che va dalla seconda metà del XII alla prima metà del XIII secolo. È a partire dalla metà/seconda metà del secolo che, a ridosso del tracciato viario di via Telarelli (in uso fino alla ripresa urbanistica di pieno cinquecento), sono attestati una serie di riempimenti, non direttamente legati a strati di occupazione, che determinano un notevole rialzamento del piano di calpestio, in un arco cronologico che va dalla metà del XIII ai primi del XIV secolo. In questa sequenza stratigrafica i contesti della metà/seconda metà del XIII secolo si caratterizzano per una alta percentuale di frammenti residui (si tratta del resto di strati a diretto contatto con i livelli di XI e XII secolo), che diminuiscono notevolmente nei livelli superiori; la scarsa conoscenza delle produzioni locali, all interno delle quali non sembrano registrarsi cambiamenti di rilievo in questo arco cro- 7 Si tratta di due tipi ormai ampiamente noti e piuttosto diffusi nei contesti dei primi del XII secolo; per i confronti e i problemi relativi alla durata si rimanda ai contributi di MO L I N A R I 1992, MOLINARI 1995: Essi si inseriscono in quel clima di profondi scambi economici e culturali tra la Sicilia normanna e l area campana con importanti riflessi ormai ampiamente documentati dal punto di vista artistico e architettonico: GA B R I E L I 1989: ; CI O T T A 1993.

8 96 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE nologico, impone una datazione che tenga conto soprattutto delle attestazioni di ceramica importata. Significativa risulta a questo proposito, negli strati inferiori, la presenza, anche se in quantità ancora non elevate, di cobalto e manganese, di maiolica arcaica pisana, di graffita ligure, insieme a sporadici frammenti della cosidetta Roulette ware. Un aumento cospicuo di ceramiche fini da mensa, importate dall Italia settentrionale, si registra nei livelli immediatamente superiori ascrivibili alla fine del secolo, in associazione a numerosi frammenti di ceramiche ingubbiate e decorate sotto vetrina in verde e bruno o verde rosso e bruno, la cui provenienza va ricercata tra i centri produttori dell Italia meridionale. Ceramica da fuoco I frammenti di ceramica da fuoco attestano la quasi completa sparizione in questo periodo della pentola con orlo bifido, caratteristica come si è visto a Palermo già nella prima metà del XII secolo. Essa appare ora sostituita da pentole a parete curvilinea, con orlo semplicemente arrotondato, qualche volta leggermente estroflesso, privo di scanalatura per il coperchio; anse a nastro sotto l orlo e nel punto di massimo diametro; fondo piano, leggermente bombato (Tav. III, 1). L invetriatura è sempre limitata al fondo e all orlo con ampie gocciolature sulla parete interna e sulla faccia superiore dell ansa. Rispetto alla produzione di età sveva essa è spessa e brillante e raramente assorbita. Si tratta di un tipo che presenta una certa analogia con le produzioni messe in luce a Brucato nei livelli di vita relativi al periodo finale ( MA C C A R I PO I S S O N 1984: 289, pl. 24 b,c,d), anche se gli orli sono qui meno distinti e estroflessi. Attestati anche se in misura minore i tegami, con orlo arrotondato o bifido, invetriati internamente (Tav. III,2). Ceramica acroma schiarita Le anfore della seconda metà del XIII secolo fanno registrare una netta cesura nei confronti delle produzioni di età sveva fin qui conosciute, le cui caratteristiche morfologiche e formali potevano ancora ricondursi alla tradizione di età normanna. Le numerose tipologie e le varianti dimensionali dei contesti di XII secolo lasciano il posto a una produzione meno variegata, nella quale al momento non si riconoscono anfore certamente adibite al trasporto. Molto comune è l anfora a larga imboccatura con orlo a fascia, alcune volte sagomato, corpo ovoidale con fondo piano, appena convesso, anse a nastro, impostate sotto l orlo e sulla spalla (Tav. III, 6-7). Le pareti sono prive di cordonatura e in alcuni casi presentano una decorazione incisa a pettine a fasci paralleli. L impasto è di colore rosso, qualche volta grigio al nucleo, con frequenti inclusi bianchi di medie e piccole dimensioni, e presenta uno schiarimento superficiale omogeneo e molto accentuato. Nei livelli ascrivibili alla fine del XIII secolo numerosi sono i pitali a larga tesa obliqua verso l interno, con pareti cilindriche e fondo piano, simili agli esemplari presenti a Brucato ( MA C C A R I POISSON 1984: pl. 55 c,d). Ceramica invetriata monocroma Piuttosto diffusi sono i boccali di produzione locale, con fondo piano, profilo cilindrico o a clessidra e ansa nastriforme impostata presso il fondo, orlo trilobato (Tav. III, 3-4). La vetrina che può presentarsi in diverse gradazioni dal verde chiaro al verde bottiglia, risparmia in genere la parte inferiore della parete e il fondo esterno. Si tratta di un tipo già ampiamente conosciuto in Sicilia nei contesti bassomedievali ( MA C C A R I PO I S S O N 1984: 307, pl. 29 a,b,c,d). Meno frequenti sono invece le scodelle dal cavetto poco profondo, con tesa obliqua (Tav. III, 5), che nel complesso tendono ad essere sostituite dalla ceramica importata. Le caratteristiche dell impasto di colore rosso mattone, con presenza di inclusi bianchi ricordano piuttosto da vicino quelle di gran parte dei materiali di XI e XII secolo di produzione locale. Differenti risultano però le dimensioni degli inclusi nonchè l aspetto della pasta di fondo, meno compatta, grossolana; se da una parte poi la presenza costante dello schiarimento superficiale dimostra il perdurare di una tecnica di tradizione islamica, il tipo di vetrina, che non raggiunge mai la brillantezza e l uniformità degli esemplari di XI e XII secolo evidenzia il netto decadimento dei prodotti più recenti. Invetriate in verde sono le lucerne a vasca aperta con beccuccio trilobato piuttosto marcato, di dimensioni più piccole rispetto alle precedenti È già attestato in questo periodo, sia pure sporadicamente, l uso di grandi bacili dal fondo piano, pareti svasate e orlo articolato, molto ingrossato, forse poliansati, invetriati solo internamente con vetrina giallina o incolore. Protomaiolica siciliana La scarsa attestazione di protomaioliche di Gela nei contesti di Castello S. Pietro riflette in modo puntuale un dato che riguarda al momento tutto il centro urbano ( D AN G E L O 1977: 143, 149, fig. 3; D ANGELO 1980: 180, F1; LESNES 1993: 558). Anche la sporadicità di protomaiolica a decorazione monocroma ( D AN G E L O 1975: 114, Tav. I,6; LESNES 1993: 591, n. 82) sembra del resto confermare nel corso del XIII secolo l esistenza di aree produttive e di circolazione dei materiali ceramici nettamente differenziate. Dal punto di vista cronologico l associazione di alcuni frammenti con

9 Lucia Arcifa 97 ceramica importata quale Roulette Ware, maiolica arcaica pisana, ingubbiata chiara savonese sembra un ulteriore elemento a favore di un rialzo della datazione di questa classe già ipotizzato da alcuni studiosi (GUASTELLA 1976: ; FIORIL- LA 1991: 140). I pezzi più significativi sono due scodelle l una con cavetto emisferico, decorata con il motivo del nodo di Salomone, l altra carenata con decorazione di tipo vegetale e campiture a graticcio. Gli impasti di colore avana-rosato, depurati e compatti, molto differenti dalle argille ferriche del palermitano, trovano confronto con quelli degli esemplari rinvenuti nella Sicilia orientale (GUASTELLA 1976: 227; RAGONA 1979). Importazioni Anche se le nostre osservazioni sono limitate allo studio di pochi contesti appare evidente che le importazioni ancora alla metà del XIII secolo non sono molto numerose. Tuttavia l analisi delle poche sequenze stratigrafiche disponibili mostra una notevole crescita di ceramica importata nei livelli immediatamente superiori, ascrivibili alla fine del secolo. Bisogna, d altra parte, avvertire che la scarsa conoscenza delle produzioni di questo periodo, datate essenzialmente sulla base delle associazioni di ceramiche importate, non consente la formulazione di un giudizio più articolato. Segnaliamo anzitutto la presenza di ceramica a spirale e di cobalto e manganese che ci pare possa essere considerata ancora coeva, anche in considerazione dell attestazione piuttosto cospicua negli strati superiori collocabili alla fine del XIII - inizi XIV secolo. Del resto la necessità di dilatare ulteriormente il termine finale per la ceramica a cobalto e manganese, a comprendere tutta la seconda metà del XIII secolo, è stata già affermata sulla base degli scavi recenti a Pisa e Lucca. I frammenti pertinenti a questa classe sono relativi al tipo di bacino carenato con orlo ingrossato, appiattito superiormente ( BE R T I 1972: 168, fig.2). La tesa è decorata a semicerchi campiti in nero; sulla parete filetti paralleli orizzontali o decorazione di derivazione epigrafica (Tav. III, 16). Dagli strati superiori provengono invece alcuni tipi finora scarsamente attestati: il catino a base piana e pareti svasate (PESEZ 1995: fig. 4) e il catino ad alta parete cilindrica, entrambi con decorazione di tipo pseudoepigrafica (Tav. III, 15; fig. 8, 8). Nel caso dei frammenti di ceramica a spirale essi presentano decorazione in bruno a tre spirali o a quattro spirali alternativamente in bruno e verde (PESEZ 1995: 320, P20) (fig. 8, 9). Le attestazioni ancora cospicue negli strati di fine XIII secolo oltre che fare ipotizzare un uso prolungato di questa classe, sono forse da mettere in relazione all esistenza di una imitazione locale, alla quale dovrebbero essere riferiti gli impasti di colore rosso con inclusi bianchi, molto differenti da quelli ritenuti tipici dell area campana ( MO L I N A R I, 1994b: 107). I frammenti riferibili a maiolica arcaica pisana sono relativi al boccale con corpo subcilindrico, con forte strozzatura tra base e corpo, orlo trilobato e ansa tubolare (Tav. III, 9) ( BE R T I 1977: 31; B E R T I 1986: 485 fig. I, tipi 1e 3). Il motivo decorativo in ramina e manganese, sopra smalto bianco poco coprente e spesso opaco, risparmia la parte terminale del corpo e il piede. Ai lati dell ansa è sempre presente il motivo a coda di rondine, compreso tra tratti verticali, mentre il repertorio delle decorazioni che interessano il corpo comprende motivi geometrici, a squame di pesce, a catenella, a elementi embricati ( PE S E Z 1995: 323, P30-32) (fig. 8, 5). I ritrovamenti di ceramica graffita ligure possono ricondursi al tipo di scodella a tesa con diam. tra i 18 e i 22 cm. Nel repertorio decorativo si registra con particolare frequenza il motivo circolare a reticolo, sul fondo sulla tesa (PESEZ 1995:323, P28) ( LA V A G N A 1986: 123, 2, 127,1) e la decorazione a carattere vegetale stilizzata (Tav. III, 8; fig. 8, 4) ( LA V A G N A 1986: 124,5, 127,2, 128, 3). Numerosi sono anche i frammenti di ingubbiata chiara sempre di produzione savonese (PESEZ 1995: 320, P17). È soprattutto per queste due classi (maiolica arcaica pisana e graffita ligure) che l analisi delle poche sequenze stratigrafiche di cui disponiamo evidenzia un aumento cospicuo delle importazioni tra la metà del secolo e la fine del XIII secolo. Il rapporto con le produzioni locali e segnatamente con le invetriate monocrome è a questo proposito particolarmente significativo. Nel caso dei boccali importati la presenza per quanto numerosa non eguaglia quella degli esemplari cilindrici o troncoconici di produzione locale. È invece nell ambito delle forme aperte che la presenza di graffite savonese e ingobbiate chiare sembra in prosieguo di tempo sostituire le scodelle monocrome. Questo progressivo aumento delle importazioni nel corso della seconda metà del XIII secolo non riguarda le produzioni dell area adriatica e segnatamente quelle veneziane rappresentate solo sporadicamente da frammenti di cosidetta Roulette Ware (fig. 8, 2) (GELICHI 1984; GELICHI 1986: ). Elemento significativo negli strati della fine del XIII secolo è invece la comparsa sia pure in quantità limitate di ceramica decorata su ingobbio, in bruno verde e rosso (Tav. III, 10; fig. 8, 6) ( PE S E Z 1995: 322, P27) o bruno e verde (Tav. III, 11-13; fig. 8, 7). Si tratta per lo più di scodelle a tesa e di alcuni frammenti pertinenti a boccali con pareti cuviline La mancanza di analisi petrografiche rende al momento difficile una precisa attribuzione per questo gruppo di ceramiche che ad una analisi macroscopica presentano almeno due diversi impasti: il primo di colore beige-rosato, con inclusi neri, che potrebbe riportarsi ad area cam-

10 98 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE pana; il secondo di colore rosso arancio, depurato e duro che presenta notevoli affinità anche per quel che riguarda il repertorio decorativo e tipologico con alcune ceramiche ritrovate a Vibo Valentia e ritenute locali 9. Segnaliamo, infine, una serie di frammenti decorati su ingobbio in monocromia bruna (Tav. III, 14; fig. 8, 10) che sembrano proporsi, anche il relazione al repertorio decorativo (motivi araldici, nodo di Salomone), come una precisa imitazione della protomaiolica monocroma prodotta nella Sicilia orientale. Anche in questo caso riteniamo trattarsi di importazioni dall Italia meridionale, anche in considerazione della sostanziale estraneità della tecnica dell ingobbio in Sicilia in questo periodo. Conclusioni La marginalità dell area da noi indagata nei secoli del bassomedioevo non consente, come si diceva una valutazione dettagliata dei processi innescatisi alle soglie del XII secolo e dei cambiamenti nella produzione e nella circolazione delle ceramiche, intercorsi tra XII e XIII secolo. Si possono tuttavia individuare alcune linee di tendenza anche grazie all apporto dei numerosi ritrovamenti che a più riprese hanno interessato il centro urbano (D ANGELO 1975; D ANGELO 1976; D ANGE- LO 1977; D ANGELO 1980; D ANGELO 1986; LESNES 1993). La mancanza di contesti certamente attribuibili alla seconda metà del XII secolo rende problematica una valutazione di quello che al momento appare come un distacco netto tra le produzioni di età normanna e quelle del pieno XIII secolo. Certamente nel corso del XII secolo si assiste, così come più in generale nella Sicilia occidentale, ad una progressiva semplificazione delle ceramiche invetriate con l apparizione delle prime invetriate monocrome.non possiamo non registrare, tra l altro, la totale assenza di ceramica solcata dai nostri contesti di scavo; una classe complessivamente poco rappresentata tra i ritrovamenti del centro urbano e per la quale mancano evidenze archeologiche che facciano pensare ad una produzione palermitana. Ci pare di potere ipotizzare che già in questa fase deve essere cominciato il progressivo isolamento dell artigianato ceramico palermitano, che appare evidente con il secolo successivo. Con il pieno XIII secolo ci troviamo di fronte ad una produzione piuttosto differente sia per quel che riguarda le ceramiche da cucina e utilitarie in genere che le ceramiche fini da mensa. Le anfore ritrovate nei nostri contesti mostrano di appartenere ad una tradizione morfologica e tecnica che non trova i suoi presupposti nella produzione di età normanna; residui vanno considerati i frammenti di pentole con orlo bifido, rispetto alle quali si afferma la pentola con orlo semplicemente ingrossato, forse di produzione locale. Anche nell ambito delle produzioni rivestite sia pure in assenza di analisi degli impasti possiamo attribuire a produzione palermitana solo le ceramiche invetriate in monocromia; non è attestata, invece, alcuna produzione in protomaiolica. E poco documentate sono in generale le protomaioliche prodotte nell area orientale dell Isola sia la Gela Ware che le protomaioliche monocrome decorate in bruno, diffuse a Siracusa, Caltagirone, Gela, Catania. In altri termini i dati di cui disponiamo ci inducono a ritenere che proprio in questo arco di tempo si sia andato accentuando il distacco tra l area occidentale e quella orientale della Sicilia (al momento la ripartizione non può che essere piuttosto generica), rispetto al panorama più unitario che abbiamo ipotizzato per i secoli precedenti. Un distacco che non riguarda solo la produzione di singole classi ceramiche ma anche la loro circolazione, legata a circuiti commerciali differenziati. Una forte cesura tra XII e XIII secolo si coglie anche in relazione alla presenza di ceramiche importate. I nostri contesti di XII secolo, così come quelli di XI, non restituiscono grandi quantità di ceramiche importate. Ad esclusione delle ceramiche cosidette a boli gialli e di altri esemplari invetriati provenienti dall area del Maghreb, sporadiche sono le ceramiche di area orientale: a tutt oggi provengono dai nostri contesti di scavo due soli frammenti di graffita bizantina. Questo dato è ulteriormente avvalorato dai ritrovamenti editi che non segnalano frequenti ceramiche importate sino a età normanna. Anche se il dato è certamente parziale, in considerazione della mancata edizione dei ritrovamenti provenienti da Palazzo Reale o dallo Steri, si ha l impressione che il ruolo alcune volte ipotizzato per Palermo, quale porto di passaggio in cui rifornirsi di ceramiche esotiche ( MO L I N A- R I 1994: 115) debba essere fortemente ridimensionato. Nè siamo in grado di istituire un confronto con i porti di Messina, sede dell Arsenale in età normanna, e di Siracusa, che anche per la loro posizione geografica e per la funzione svolta ebbero un ruolo privilegiato nei rapporti con l oriente ( AB U L A- F I A 1991: 92-93). Al momento l evidenza archeologica fornisce un supporto solo parziale alle ricostruzioni rese possibili dalle fonti documentarie. La presenza nei contesti della prima metà del 9 Ci riferiamo in particolare ad alcuni frammenti presentati da SO G L I A N I 1995; cfr. anche SO G L I A N I 1994: fig. 3. Ancora una volta, così come per le attestazioni di ceramiche provenienti dall area campana, questi frammenti si inquadrano all interno degli stretti contatti tra Sicilia e Calabria, ripresi in particolare dopo la guerra del Vespro e particolarmente intensi nel primo Quattrocento, quando, ad esempio, manodopera stagionale si recava dalla Calabria nel palermitano a lavorare nell industria dello zucchero. Su questi aspetti si rimanda a EPSTEIN 1996, in particolare il cap. V.

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