Le "neviere" degli Iblei TRATTO DA I SIRACUSANI NUMERO 51 ANNO IX SETTEMBRE OTTOBRE 2004 Giuseppe Piccione Fotografie di Salvatore Bagheri

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Le "neviere" degli Iblei TRATTO DA I SIRACUSANI NUMERO 51 ANNO IX SETTEMBRE OTTOBRE 2004 Giuseppe Piccione Fotografie di Salvatore Bagheri la "neviera" di contrada Pozzanghera con lo sfondo dell'etna innevata. L'altopiano degli Iblei, noto dal punto di vista paesaggistico per le profonde cave scolpite dall'azione trascinante delle acque che scorrono nell'armonioso calcare, conserva ancora oggi i segni di un rapporto bilanciato ed equilibrato tra uomo e natura. Nella cornice ininterrotta dei muretti a secco, le antiche masserie ed i mulini segnavano i tempi dell'attività umana tra la falciatura del grano e la raccolta delle olive; la tonda iblea in particolare dalla cui spremitura nasce un olio dai sapori forti ed intensi. Una delle attività ormai scomparse, anche perché in tempi di desertificazione ed aumento della temperatura è scomparsa la materia prima, è quella della raccolta, conservazione e commercializzazione della neve.

In una guida alla città ed al territorio di Buccheri, Luigi Lombardo descrive in maniera veramente approfondita e documentata la presenza delle neviere nel territorio di Buccheri e la particolarità di una attività economica che a partire dai primi del '600 sino alla seconda guerra mondiale ha caratterizzato l'economia del paese più alto e più freddo della nostra provincia. Le prime neviere erano in genere delle grotte e servivano a conservare la neve per usi collegati particolarmente alla medicina. Nei primi del '600, quando, specialmente, l'uso del sorbetto al gelsomino o al limone divenne di moda nei pranzi nobiliari, la neviera cambiò struttura e forma trasformandosi da grotta in costruzione in muratura a cupola per successivamente evolversi in una costruzione a dammuso con le pareti interne rivestite di conci squadrati di pietra lavica. La "neviera" all'ingresso di Buccheri. La realizzazione delle neviere rispondeva inoltre a precisi criteri costruttivi frutto della esperienza; venivano infatti edificate agli inizi di un pendio degradante verso nord in modo che risultava facile salire sulla cupola e scaricare all'interno la neve e sempre sul lato nord veniva collocata una porticina che si apriva ogni volta che doveva estrarsi la neve.

Struttura interna della "neviera" all'ingresso di Buccheri. Una delle "neviere" del bosco di "Santa Maria".

La posizione a nord della neviera, i materiali di costruzione impiegati ed il modo particolare di conservarvi la neve, impedivano lo scioglimento della stessa durante il caldo periodo estivo. Le neviere erano circondate da un muretto a secco detto "zaccanu" che delimitava il terreno di pertinenza anche se la neve poteva essere raccolta pure nei terreni adiacenti. Luigi Lombardo nella citata guida documenta come che nel periodo di maggiore attività si contavano, nel territorio di Buccheri, circa trenta neviere che però negli anni '30 del secolo scorso erano ridotte solo a quattro e descrive anche gli aspetti giuridici e fiscali delle neviere e della raccolta della neve, estremamente interessanti e particolari, sui quale forse sarebbero opportuni più approfonditi studi, a dimostrazione della particolare rilevanza economica della attività di raccolta della neve. Con quest'ultima, che veniva immessa nella neviera sotto forma di grosse palle, venivano formati diversi strati in alternanza con strati di paglia, che ne conservava la temperatura e ne impediva lo scioglimento. Quando gli strati "paglia-neve" raggiungevano un determinato spessore, la neviera veniva chiusa (cioè si otturava il foro alla sommità e la porticina di accesso dell'addetto alla stratificazione) in attesa dell'apertura all'inizio della stagione estiva e dello utilizzo della neve, diventata ormai un unico blocco di ghiaccio. Il tetto visto dall'interno con il buco dal quale venivano buttate le palle di neve. Da questo si tagliava una grande quantità di piccole porzioni, per lo più a forma di parallelepipedo, da distribuire ai bar, ai ristoranti e a chi ne aveva necessità; e non soltanto nel luogo di produzione, ma anche a grande distanza, nei paesi e nelle città più basse, dove la neve non fioccava.

Scorcio della grande "neviera" rupestre di Buscemi (in basso a sinistra si nota la porta dalla quale si calavano gli addetti alla sistemazione della neve, e in alto a destra il buco. Il sorbetto al gelsomino con la neve di Buccheri, il cui sapore e profumo rimane solo nelle parole dei libri e nella fantasia di chi legge, è sostituito oggi da un gelato confezionato sempre dello stesso sapore e senza alcun odore e le magiche fotografie di Salvatore Baglieri diventano testimonianza, assolutamente da conservare e tutelare, di una attività per sempre perduta e di una civiltà che era in piena armonia con l'ambiente naturale. Particolare del buco della "neviera" di Buscemi.

La "neviera" di Palazzolo Acreide nell'area del parco archeologico.