CAPITOLO 4 LA PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO FRANA

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CAPITOLO 4 LA PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO FRANA

155 LA PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO FRANA 4.1 Definizioni Il presente paragrafo riporta quanto convenzionalmente stabilito a livello internazionale per le terminologie utilizzate nello studio e nella valutazione del rischio. Si ritiene utile porre l attenzione sul concetto di rischio, poiché è soprattutto da esso che dipende la numerosa e diversificata produzione di metodologie tecnico-operative che sono state e sono in corso di sviluppo da parte della comunità scientifica nazionale ed internazionale. Nel concetto stesso di rischio sono presenti diverse componenti: l evento, la probabilità che tale evento si verifichi, il contesto ambientale, gli elementi coinvolti dall evento ed il danno che può essere prodotto. Quando si parla di rischio si fa convenzionalmente riferimento al suo significato in termini di rischio totale così come definito anche nella formula di calcolo dall UNESCO, che fin dal 1976 ha promosso la costituzione di una Commissione Frane presso lo IAEG (International Association of Engineering Geology). L IAEG attualmente è confluita nella Commissione delle Società Geotecniche Internazionali per il censimento mondiale dei fenomeni franosi. Sempre presso l UNESCO, a seguito della designazione dell ultimo decennio (1990-2000) da parte dell ONU come decennio internazionale per la riduzione dei disastri naturali, è stata creata l UNDRO (United Nations Disaster Relief Office). Oltre alla definizione di rischio (totale), si riportano anche le definizioni fornite sempre dal WP/WLI di frana, elementi a rischio, vulnerabilità, e rischio specifico. Rischio totale (Risk=R T ): è il numero di perdite (vite umane, edifici, strade, attività economiche, ec.) conseguenti ad un particolare fenomeno

156 Capitolo 4 naturale. È ottenuto dal prodotto della pericolosità per la vulnerabilità per gli elementi a rischio ed è generalmente espresso monetariamente > R=H x V x E Rischio specifico (Specific Risk = R S ): è il grado di perdita atteso per una singola categoria di elementi a rischio in conseguenza di un particolare fenomeno naturale di data intensità. È espresso dal prodotto tra pericolosità e vulnerabilità e può variare tra 0 e 100% > R S =H x V. Vulnerabilità (Vulnerability = V): è il grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno di instabilità di una data intensità. È espressa in una scala percentuale tra 0% (nessuna perdita) e 100% (perdita totale). Elementi a rischio (Element at Risk = E): è l insieme degli elementi a rischio all interno dell area esposta all evento di instabilità, costituito dalle categorie dei soggetti distinte per caratteristiche intrinseche (popolazione, proprietà, attività economiche, etc.). Gli elementi a rischio si quantificano in termini relativi (valore venale) o assoluti (numero di persone, di edifici, di strade, etc.), comunque raggruppandoli per grado di omogeneità. Pericolosità (Hazard = H): è la probabilità che un dato fenomeno di instabilità (potenzialmente distruttivo) si verifichi in un determinato intervallo di tempo ed in una certa area. È espressa in una scala percentuale tra 0% (nessuna probabilità di accadimento) e 100% (certezza dell accadimento). Frana (Landslide): un movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante (Cruden 1991). Come appare evidente dall esame dei termini sopra elencati, la determinazione del Rischio totale è un operazione abbastanza complessa. In particolare le maggiori difficoltà si incontrano in relazione a: Determinazione della pericolosità In essa è racchiuso l elemento di probabilità temporale (vi è anche quello di probabilità spaziale - Canuti 1994) che l evento si verifichi. Tale previsione risulta di estrema difficoltà di valutazione; infatti il calcolo della probabilità temporale che si verifichi un evento franoso, viene legato sovente (ma non sempre) all interazione tra la distribuzione temporale delle precipitazioni, la loro intensità (soglia di precipitazione) e la conseguente risposta geomeccanica dell area in dissesto e non ultimo dalla sismicità della zona. Risulta evidente che mentre è possibile statisticamente analizzare l andamento e l intensità delle precipitazioni, i parametri da prendere in considerazione per l area in dissesto, detti anche fattori passivi, sono estre-

La perimetrazione delle aree a rischio frana 157 mamente variabili e poco uniformemente conosciuti (litologia, acclività, assetto strutturale, caratteristiche geomeccaniche, spessore della coltre sciolta, profondità della superficie di scivolamento, permeabilità). A questi vanno aggiunti altri fattori antropici (scavi, carichi, disboscamenti) e non (sismi, azioni erosive). Le difficoltà aumentano ancora qualora non si tratti di aree già mobilizzate, ma di eventi di neoformazione. Tutto questo è ancora oggetto di studio: tuttavia i dati necessari per la determinazione della pericolosità sono così numerosi che, laddove non disponibili, occorre procedere per opportune semplificazioni. Determinazione degli elementi a rischio Tale attività presuppone una conoscenza approfondita ed aggiornata degli elementi antropici la cui presenza determina l insorgenza del rischio. Spesso il grado di approfondimento della conoscenza del territorio non è tale da consentire una schedatura puntuale delle situazioni a rischio esistenti anche a causa del mancato aggiornamento delle basi cartografiche. Determinazione della vulnerabilità degli elementi a rischio Essa dipende essenzialmente dalla tipologia di evento e dalla sua intensità che è funzione della massa mobilizzata e della velocità della stessa. Anche in questo caso bisognerebbe procedere per opportune semplificazioni. Riconoscimento della tipologia di fenomeno È frequente la difficoltà interpretativa nel riconoscimento di una tipologia di evento. Al fine di assicurare una lettura omogenea e armonizzata, a scala regionale, dei fenomeni franosi, è auspicabile un lavoro coordinato e soggetto a verifiche periodiche. 4.2 L approccio metodologico In questo paragrafo vengono descritte le principali fasi operative di ogni singola area di studio che hanno consentito la perimetrazione delle aree a rischio frana sul territorio dell Autorità di Bacino della Basilicata. I punti essenziali del percorso metodologico adottati nella prima stesura del presente Piano, sono di seguito riportati: a) acquisizione delle cartografie in scala 1:2000 e 1:5000 dei PRG e degli strumenti di pianificazione comunale, prodotte o aggiornate a seguito del terremoto del 1980, con le eventuali indicazioni della entità dei

158 Capitolo 4 fenomeni verificatisi, nonché delle attività di consolidamento; b) acquisizione di studi di settore (Università, Enti locali strutture pubbliche e private) contenenti cartografia tematica e segnalazioni, di ausilio alla valutazione dei fenomeni, alla loro estensione ed attività. Più in particolare sono state acquisite le segnalazioni trasmesse da: - Dipartimenti regionali, attraverso gli elaborati del Piano Straordinario per le Aree a elevato Rischio Idrogeologico nonché le schede compilate in riferimento alla L. 365/2000 art. 2 comma 3 (attività straordinaria di Polizia Idraulica); - Province, per quanto concerne i dissesti da frana interessanti la rete viaria di competenza provinciale; - Comuni, attraverso l analisi dei documenti già prodotti in riferimento alla L. 267/98 ed ulteriori segnalazioni; - Comunità Montane, attraverso studi specifici; - Corpo Forestale della Stato, con segnalazioni puntuali di aree con problemi di natura idrogeologica; - Altra documentazione fornita da Enti ed Amministrazioni operanti sul territorio; c) acquisizione di dati cartografici presso le Autorità di Bacino Regionali a seguito della loro attività di pianificazione. Prima della istituzione dell AdB della Basilicata, le preesistenti AdB, in particolare quella del Sinni e del Bradano, hanno prodotto una serie di documenti cartografici che sono stati tenuti in considerazione ai fini della individuazione e perimetrazione delle aree a rischio frana; d) acquisizione di cartografie e schede di censimento del GNDCI relative al Progetto AVI. Si tratta di cartografie in scala 1:25.000 sulle quali sono riportate le perimetrazioni di corpi di frana o elementi geomorfologici significativi di alcuni centri urbani della Basilicata. Inoltre sono stati recepiti gli eventi censiti ed individuabili riportati nello stesso progetto in parte diffuse su supporto informatico (database MS-Access); e) acquisizione di dati cartografici prodotti dalle strutture regionali. Sempre al fine di creare una completa banca dati territoriale relativa ai bacini dell AdB, sono stati acquisiti tutti gli studi realizzati dalle diverse strutture della Regione Basilicata che hanno attinenza con le tematiche del Piano Stralcio. Queste ulteriori informazioni sono state utilizzate dalla Segreteria Tecnica Operativa dell AdB a supporto delle attività di analisi e valutazione dei dati e delle cartografie utilizzate per la individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico;

La perimetrazione delle aree a rischio frana 159 f) verifica delle perimetrazioni acquisite e della loro estensione cartografica, mediante attività di aerofotointerpretazione. Le informazioni acquisite sono state verificate attraverso la fotointerpretazione geomorfologica utilizzando le foto aeree, fornite dal Dipartimento di Scienze della Terra dell Università degli Studi della Basilicata (volo 1991; scala 1:33.000) e delle ortofotocarte AIMA (1997) al fine di focalizzare gli elementi necessari alla individuazione della estensione e tipologia di movimento (cinematismo, area di propagazione) e alla attribuzione della relativa classe rischio o di pericolosità ad un determinato areale, nonchè al fine di individuare la eventuale necessità di eseguire verifiche in situ; g) azione di coordinamento dei Comuni coinvolti, per l acquisizione, omogeneizzazione e verifica dei dati; h) verifiche sul terreno, anche con il supporto del Dipartimento di Scienze Geologiche dell Università degli Studi della Basilicata; i) costruzione della Carta Inventario dei movimenti franosi su base cartografica informatizzata in scala 1:10.000 e relativa cartografia di dettaglio; j) redazione delle schede informative sintetiche sul movimento franoso e sullo stato e qualità degli elementi a rischio, rispetto ai dati a disposizione. Tali schede riportano le caratteristiche dell elemento franoso e gli elementi a rischio sulla base delle informazioni disponibili ed acquisite; k) perimetrazione delle aree a rischio da frana; l) attribuzione della pericolosità da frana ad una determinata area. 4.3 Le procedure per la redazione della carta inventario delle frane Nel presente paragrafo vengono illustrate le modalità utilizzate per il trasferimento dei dati cartografici derivanti dalle fonti descritte in precedenza sulla base cartografica I.G.M. 1:50.000 riprodotta in scala 1:25.000 come richiesto dalla L. 365/2000, secondo una legenda unificata. Le principali fasi per la stesura della Carta Inventario delle frane sono state: 1) scannerizzazione delle cartografie acquisite (scala 1:2000-1:5000-1:10.000); 2) georeferenziazione della cartografia disponibile dei Piani Urbanistici (scala 1:2000-1:5000); 3) validazione dei dati attraverso fotointerpretazione;

160 Capitolo 4 4) digitalizzazione delle aree di dissesto validate; 5) classificazione delle aree validate; 6) classificazione dei fenomeni di dissesto ed alimentazione del database con la definizione degli attributi; 7) associazione dei dati cartografici ai dati alfanumerici; 8) scannerizzazione e georeferenzazione dei fogli I.G.M. 1:50.000 9) riduzione dei dati cartografici di dettaglio alla scala 1:25000. Tale metodologia, rispondente al dettato normativo, ha consentito di produrre tavole tematiche a scala diversa in modo da rendere disponibili sia cartografie di sintesi che di dettaglio. Le attività sopra descritte hanno portato alla redazione della Carta Inventario delle Frane, normalizzata dalla attività di verifica dell AdB. 4.4 Le procedure per la stima degli areali di pericolosità da frana Nel concetto di pericolosità si possono distinguere: una previsione temporale, ossia la valutazione della probabilità di riattivazione di un fenomeno di seconda generazione (frana) nel tempo. Tale valutazione è strettamente legata alla conoscenza del tempo di ritorno dell evento innescante: il criterio generale che può essere adottato, per le frane di cui è nota l evoluzione nel tempo, fa corrispondere una pericolosità estremamente elevata ad un tempo di ritorno basso (inferiore ai due anni). La pericolosità diventa molto elevata se i tempi di ritorno sono nell ordine dei 2-10 anni, mentre diventa moderata se i tempi di ritorno sono nell ordine dei decenni/secoli; una previsione spaziale, ossia la individuazione di un area di probabile occorrenza del fenomeno. Tale individuazione empirica viene fatta principalmente sulla base della carta inventario e pertanto è rivolta, attualmente, ai movimenti di seconda generazione e secondariamente è rivolta alle aree non interessate da fenomeni franosi ma la cui presenza di fattori predisponenti potrebbe dar luogo a fenomeni di prima generazione. La definizione della pericolosità per frane di prima generazione è estremamente complessa ma l importanza della previsione di tale tipo di frane giustifica ogni sforzo reso in tale direzione; una previsione tipologica, ossia la tipologia di movimento atteso. La disponibilità di una buona Carta inventario dei fenomeni franosi consente di prevedere la tipologia di frana che può verificarsi con più alta probabilità in ogni parte dell area oggetto di studi;

La perimetrazione delle aree a rischio frana 161 una previsione evolutiva, ossia la previsione dell evoluzione che consente di trattare un fenomeno franoso nell ambito di un ambito di pericolosità, ovvero nell ambito di un area nella quale sono riunite tutte le condizioni che stanno alla base del meccanismo di instabilità. La previsione dell evoluzione prevede l individuazione dei limiti di retrogressione, della distanza di propagazione e della possibile espansione areale; una previsione dell intensità, ossia la previsione dell intensità di un fenomeno franoso in funzione della qualità delle informazioni reperite in fase di redazione della Carta inventario. Il prodotto tra intensità di un fenomeno (massa mobilizzata) e probabilità di occorrenza nel tempo fornisce la pericolosità. Tale risultato non è però in linea con quanto contenuto nel documento UNESCO. La pericolosità di un evento di piccola intensità, ma molto frequente, è pari a quella di un evento di grossa intensità ma meno frequente. Per areale di pericolosità si intende una porzione di territorio delimitata comprendente il movimento franoso o l insieme dei movimenti franosi, di qualunque tipologia, fra di loro accorpati o meno unitamente alle aree di espansione prevedibili sulla base dei dati acquisiti, nonché ad evidenti elementi indicatori desumibili dall analisi fotointerpretativa, grazie alla quale è possibile individuare cinematismi di riattivazione. L individuazione degli areali di pericolosità è stata eseguita tenendo conto, il più possibile di tutti i seguenti dati disponibili: - presenza di fenomeni attivi o già storicamente riattivati; - presenza di fenomeni quiescenti o storicamente inattivi: - presenza di caratteri litologici, clivometrici, giaciturali e fisiografici predisponenti il movimento; - presenza di elevati spessori di coltri superficiali sciolte; - presenza di elementi geomorfologici che possono verosimilmente essere segni precursori del movimento; - esistenza di serie storiche attendibili dalle quali desumere gli intervalli temporali di riattivazione del fenomeno franoso.

162 Capitolo 4 4.5 Le procedure per la determinazione delle aree a rischio di frana Ai fini della determinazione del rischio da frana si riporta uno schema illustrante i rapporti tra l elemento franoso cartografato e la perimetrazione delle aree a rischio. Movimento franoso cartografato e verificato tramite aereofotointerpretazione Area di probabile riattivazione Area a rischio R4 Area a rischio R3 Casa Strada provinciale La determinazione dell attribuzione o meno di un area dissestata alle classi di rischio è stata effettuata sulla base delle seguenti attività: - esame dell estensione del movimento franoso riportato sui Piani Urbanistici comunali e/o su qualsiasi altro documento cartografico interessante specificatamente l area indagata dal punto di vista geologico, geotecnico, geomorfologico, idrogeologico e di uso del suolo, nonché di aree a rischio idrogeologico; - esame delle aerofoto volo Italia ed ortofoto AIMA riguardanti l area in oggetto, tese a verificare l estensione del movimento franoso cartografato, la sua probabile area di propagazione e la presenza di elementi geomorfologici indicatori del dissesto; - determinazione della quantità e qualità degli elementi a rischio nell area di dissesto perimetrata e nella sua probabile area di espansione e la individuazione di eventuali variazioni infrastrutturali ed urbanistiche dell area intervenute negli anni successivi all esecuzione delle foto aeree e delle ortofoto; - attribuzione della classe di rischio (R4, R3, R2, R1 e P). R4 = area in cui è possibile l instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio ambientale e culturale, la distruzione di attività socio-economiche

La perimetrazione delle aree a rischio frana 163 R3 = area in cui è possibile l instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione delle attività socio-economiche, danni al patrimonio ambientale e culturale R2 = area in cui è possibile l instaurarsi di fenomeni comportanti danni minori agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, che non pregiudicano le attività economiche e l agibilità degli edifici R1 = area in cui è possibile l instaurarsi di fenomeni comportanti danni sociali ed economici marginali al patrimonio ambientale e culturale P = area che, pur presentando condizioni di instabilità o di propensione all instabilità, interessano aree non antropizzate e quasi sempre prive di beni esposti e, pertanto, non minacciano direttamente l incolumità delle persone e non provocano in maniera diretta danni a beni ed infrastrutture ASV = (aree assoggettate a verifica idrogeologica) aree nelle quali sono presenti fenomeni di dissesto e instabilità, attivi o quiescenti, da assoggettare a specifica ricognizione e verifica Sulla scorta della suddivisione e sulla definizione delle classi di rischio e dalla analisi degli elementi a rischio già descritta, il Sistema Informativo Geografico, attraverso un algoritmo di calcolo, ha attribuito il rischio R4 agli areali in frana all interno dei quali sono presenti delle strutture residenziali di vario tipo (agglomerati urbani, strutture ricettive, case sparse, opifici, etc.) attraverso i quali si presume la permanenza di persone. Attraverso lo stesso approccio, la presenza di infrastrutture nell area in frana ( rete viaria, rete ferroviaria, etc.) è stata valutata per l attribuzione delle aree a rischio R3. In base alle considerazioni riportate nel paragrafo precedente, unitamente alle aree a rischio R3 ed R4, sulla cartografia allegata Carta del Rischio -, sono state riportate quindi le aree classificate come aree pericolose P, in quanto non interessanti elementi a rischio ma che presentano movimenti gravitativi in atto o potenziali. Si è ritenuto necessario qualificare come aree soggette a verifica idrogeologica (ASV), e come tali individuate nelle tavole del Piano Stralcio, quelle aree da sottoporre ad ulteriore approfondimento e verifica e per le quali valgono le prescrizioni riportate nell art.16, comma 3 delle Norme di Attuazione. Una volta effettuata la riclassificazione delle aree, la stessa costituirà integrazione al Piano Stralcio.

164 Capitolo 4 A titolo esplicativo si riporta di seguito la tabella contenente le classi di uso del territorio e la relativa attribuzione delle classi di rischio. Tabella delle classi di uso del territorio classi d uso del territorio descrizione classe 1 Aree urbane ad alta densità abitativa Area chiaramente connesse ai centri urbani con tipologia edilizia prevalente palazzi o palazzine comunque multipiano 2 Aree urbane a bassa densità abitativa Aree separate dai centri urbani o con tessitura chiaramente più rada ancorché regolare, borghi, zone residenziali periferiche con tipologia edilizia prevalente a ville o villini R4 3 Aree con case sparse e strutture Confini catastali o aree di stretta pertinenza di casolari, fattorie, case sparse con corti, opifici 4 Edifici pubblici Edifici pubblici di particolare importanza strategica (ospedali, caserme, municipi, opere d arte) 5 Aree infrastrutturate Aree di stretta pertinenza di impianti di depurazione, stoccaggio RSU o similari, campi pozzi, grandi tralicci reti aree, parchi attrezzati, camping, aree archeologiche attrezzate, verde pubblico attrezzato, ecc. 6 Aree produttive industriali Confini catastali o aree di stretta pertinenza di opifici, centrali idroelettriche o di trasformazione, magazzini, ecc. R3 7 Aree produttive agricole Serre, aree irrigate con impianti fissi, ecc. 8 Rete viaria e ferroviaria Autostrade, strate provinciali, comunali, FF.SS., FAL 9 Aree pericolose Areali in frana non intercettanti elementi a rischio esistenti P 10 Aree assoggettate a verifica idrogeologica Aree che presentano fenomeni di dissesto o instabilità, attivi o quiescenti, da assoggettare a misure di salvaguardia fino al momento della ricognizione e verifica ASV

La perimetrazione delle aree a rischio frana 165 4.6 Gli aggiornamenti del Piano Stralcio 4.6.1 Premessa Ai sensi dell art. 25 delle Norme di Attuazione, il PAI è stato annualmente aggiornato in base allo stato di realizzazione delle opere programmate, alle variazioni della situazione morfologica ed ambientale dei luoghi ed in funzione di nuovi studi conoscitivi intrapresi e degli approfondimenti delle conoscenze relative alla geometria, allo stato di attività e dei beni coinvolti, delle aree in frana già censite sulla base degli elementi disponibili e consolidati durante la prima stesura del PAI. La metodologia adottata per la perimetrazione e la classificazione delle aree in frana ha fatto riferimento alla più recente letteratura specializzata, ed in particolare alle linee guida redatte dal Servizio Geologico Nazionale ai fini della redazione dell Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI). Finora sono stati effettuati 5 aggiornamenti del PAI relativi agli anni 2002, 2003, 2004, 2005 e 2006, che hanno riguardato il territorio di 103 comuni sul totale di 118 (vedi tabella A, cap. 1, paragrafo 1.4). 4.6.2 L approccio metodologico L approccio metodologico per la determinazione del rischio frana seguito, ha ripercorso quello già utilizzato nella prima stesura del PAI che, partendo dalla Carta inventario delle frane, attraverso valutazioni sulla pericolosità e sulla presenza di elementi di valore sulle stesse aree, ha permesso, ove necessario, una migliore definizione della classe di rischio associato. CARTA INVENTARIO DELLE FRANE L aggiornamento della Carta inventario delle frane, ha costituito la fase più delicata dell intero percorso posto in essere. Tale attività è stata svolta di concerto con l Ufficio Geologico regionale e con la collaborazione del Dipartimento di Geologia dell Università della Basilicata. Si è scelto di utilizzare la metodologia standardizzata attraverso l interpretazione e la nomenclatura dei dissesti, assunta nell ambito del Progetto IFFI già citato. I gruppi di lavoro incaricati hanno potuto rilevare, attraverso dirette ricognizioni in sito, tutte le informazioni necessarie, riportate nelle tabelle 1 e 2. Queste informazioni, codificate attraverso schede, sono state successivamente elaborate e inserite nel SIT, processate e rappresentate negli allegati cartografici del PAI.

166 Capitolo 4 Oltre alla carta inventario della frane, le schede compilate dai geologi impegnati nella fase di rilevamento, hanno permesso di avere a disposizione, dove possibile, altri tipi di informazioni (interventi di consolidamenti eseguiti, danni esistenti, geologia, geomeccanica, idrogeologia, etc.) consultabili attraverso il data base creato in Access e collegato al Sistema Informativo Territoriale (SIT) dell AdB. DETERMINAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ L approccio metodologico adottato ha considerato quei fattori che determinano l intensità del fenomeno gravitativo quali ad esempio la velocità di movimento prevista e le dimensioni del fenomeno franoso in termini di massa mobilizzabile. Per quanto attiene la tipologia del movimento franoso, è stata utilizzata la classificazione sotto riportata. Tabella 1 - Classificazione eventi franosi (da schede di rilevamento) CLASSIFICAZIONE DELL'EVENTO FRANOSO 1 2 Movimento n.d O O crollo O O ribaltamento O O scivolamento rotazionale O O scivolamento traslativo O O espansione O O colamento lento O O colamento rapido O O sprofondamento O O DGPV O O aree soggette a sprofondamenti diffusi O O aree soggette a frane superficiali diffuse (creep o soliflussi) Sono state quindi determinate 5 classi a pericolosità crescente da P1 a P5, in relazione alla tipologia del movimento, alle dimensioni ed ai volumi interessati, alla velocità del movimento ed allo stato di attività. Questo ultimo parametro, la cui valutazione non è sempre di facile determinazione, ha tenuto conto, ove disponibili, di informazioni relative ad opere di consolidamento e di bonifica realizzate.

La perimetrazione delle aree a rischio frana 167 DETERMINAZIONE DEGLI ELEMENTI VULNERABILI Così come accennato nei precedenti paragrafi, il lavoro sul terreno ha consentito di acquisire tutte le informazioni relative agli elementi vulnerabili presenti sulle singole aree in frana e su quelli posti nelle aree di possibile influenza del fenomeno stesso. Di seguito si riporta la scheda di rilevamento con la indicazione degli elementi di valore considerati. Tabella 2 - Individuazione dei beni presenti (da schede di rilevamento) BENI PRESENTI SULL'AREA IN DISSESTO Centri abitati Strade Beni culturali Strutture servizio pubblico centro maggiore centro minore nucleo rurale case sparse ruderi Attività economiche nucleo commerciale nucleo artigianale impianto manifatturiero impianto chimico impianto estrattivo impianto zootecnico Terreno agricolo seminativo seminativo arborato [ colture specializzate [ ] ] prato/pascolo bosco rimboschimento [ [ [ ] ] ] autostrada statale provinciale comunale altro Opere sistemazione reg. fluviale cons. versante op. protezione monumenti beni storici archeologici musei opere d arte Infrastrutture di servizio acquedotti fogne linee elettriche linee telefoniche gasdotti oleodotti canalizzazioni impianti a fune Ferrovie alta velocità 2 o più binari 1 binario rete urbana ferrovia nd ospedale caserma scuola biblioteca sedi P.A. chiesa impianto sportivo cimitero centrale elettrica porto ponte o viadotto galleria condotta forzata stazione ferroviaria bacino idrico diga inceneritore discarica depuratore DETERMINAZIONE DEL RISCHIO La determinazione del rischio rappresenta l elaborazione di sintesi dell interazione tra il fenomeno naturale (frana esistente) e l elemento vulnerabile. Le classi di rischio considerate sono le seguenti: R4 = rischio idrogeologico molto elevato R3 = rischio idrogeologico elevato. R2 = rischio idrogeologico medio R1 = rischio idrogeologico moderato

168 Capitolo 4 L attribuzione delle classi di rischio è stata effettuata attraverso due fasi distinte: prima fase: attribuzione della classe di rischio attraverso un algoritmo di calcolo impostato all interno del SIT, sulla base delle informazioni codificate o codificabili; seconda fase: verifica puntuale della corrispondenza tra il rischio attribuito ed il contesto morfologico ed insediativo all interno del quale il fenomeno franoso risulta inserito. Durante questa fase, ad esempio, sono state classificate a rischio molto elevato, aree al momento non interessate da fenomeni franosi ma che comunque presentano effettive condizioni di rischio (scoscese pareti rocciose molto fratturate, già oggetto di fenomeni di crollo, gravanti su insediamenti abitativi o infrastrutture; aree ubicate immediatamente a monte di fenomeni gravitativi in evoluzione, etc.). Allo stesso modo sono state declassificate quelle aree ove è stato possibile quantificare gli effetti di opere di consolidamento o di recupero statico del dissesto.