Rivelazione di un complesso di inclusione. mediante tecniche di risonanza magnetica nucleare



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Rivelazione di un complesso di inclusione mediante tecniche di risonanza magnetica nucleare Introduzione. La chimica delle interazioni non-covalenti o supramolecolare. Il percorso di apprendimento della Chimica passa attraverso lo studio dapprima delle particelle costituenti la materia, gli atomi, poi alla descrizione di come gli atomi si uniscano per formare legami di vario tipo (ionici, covalenti), dando origine a molecole. Da diversi decenni la Chimica si è occupata non più solo della formazione e della trasformazione delle molecole, ma anche della capacità di queste di legarsi le une alle altre mediante la interazioni non-covalenti (legami a idrogeno, interazioni dipolo-dipolo, ione-dipolo, forse di dispersione), che sono singolarmente più deboli di quelle implicate nei legami covalenti, ma che collettivamente possono dare origine a strutture e complessi (cioè insiemi di più molecole) di stabilità anche elevata. Un notevole esempio che ci viene dalla Natura ci insegna che la somma di piccole interazioni di tipo legame a idrogeno porta nelle proteine alla formazione di strutture di tipo elicoidali (alfa eliche come quella riportata in Figura 1 a) o a foglietto ripiegato (foglietti beta) molto stabili, che a loro volte determinano quale funziona avrà quella proteina nei sistemi biologici. Lo studio sistematico di queste interazioni è stato compiuto utilizzando dei modelli semplificati in cui le singole interazioni fossero chiaramente identificabili, utilizzando molecole semplici che siano in grado di legarsi ad altre molecole per formare un complesso o supramolecola (vale a dire l insieme di più molecole, come illustrato in Figura 1 b). Uno degli aspetti più interessanti di questa disciplina, denominata Chimica Supramolecolare, sta nel fatto di poter individuare in quali condizioni una molecola sia in grado di dare interazioni forti soltanto con alcune molecole in maniera selettiva, realizzando un riconoscimento molecolare. Anche di questo concetto esistono esempi molto efficaci in natura: l interazione fra un recettore e un farmaco avviene in maniera spesso molto selettiva (il farmaco interagisce solo con il recettore e non con altre proteine, il recettore interagisce con il farmaco ma non con altre molecole anche simili). In molti sistemi biologici le molecole che interagiscono si comportano come una chiave e una serratura: ci vuole la giusta chiave e la giusta serratura per innescare un determinato processo (per esempio un impulso nervoso). La Chimica Supramolecolare si è sviluppata a partire da modelli più semplici, quali ad esempio la formazione di complessi fra eteri corona e ioni di metalli alcalini quali Na + e K + (figura 1 c), per arrivare ai giorni nostri all uso delle interazioni non covalenti per realizzare sistemi che mimino o addirittura superino quelli naturali. Le basi della Chimica Supramolecolare servono oggi per la fabbricazione di oggetti di dimensione nanometrica (cioè di grandezza di alcuni miliardesimi di metro, le supramolecole) e sono quindi uno dei fondamenti delle moderne Nanotecnologie.

a) b) Interazioni non covalenti + Legami a idrogeno Molecola Molecola Supramolecola o Complesso c) + K + Cl - + Cl - K + Etere Corona (18-corona-6) Sale solubile in acqua Complesso Solubile in solventi organici Figura 1. Interazioni non covalenti e chimica supramolecolare. a) Esempio di strutture ad alfa elica in una proteina (emoglobina) stabilizzate dalla presenza di numerosi legami a idrogeno. b) Schema di formazione di una supramolecola mediante interazioni non-covalenti. c) Uno dei primi esempi di Chimica Supramolecolare: la complessazione di ioni potassio da parte di eteri corona: ioni più piccoli quali Li + o più grandi quali Ru + non vengono inclusi allo stesso modo nell etere corona a causa delle loro dimensioni inappropriate. Formazione di complessi di inclusione in ciclodestrine Uno degli esempi di formazione di supramolecole noti da più tempo è quello dei cosiddetti complessi di inclusione. Alcune molecole, dotate di una forma cava (ad anello, a tubo o con cavità) sono in grado di inglobare al loro interno altre molecole, formando una specie complessa in cui una molecola funge da ospite (in inglese guest ) e un altra funge da ospitante (in inglese host ). Una classe di composti in grado di funzionare come host per molte molecole organiche è quella delle ciclodestrine, molecole cicliche costituite da diverse unità (6-8 nelle ciclodestrine più diffuse) di uno degli zuccheri più comuni, il D- glucosio, tenute assieme da legami α-1,4-glicosidici (figura 2). Le ciclodestrine hanno una forma tridimensionale a tronco di cono, con una cavità interna che è in grado di ospitare molecole organiche di bassa polarità. Le dimensioni delle due molecole (host e guest) devono essere adatte le une alle altre perché il complesso che si forma sia stabile: molecole troppo piccole non verrebbero efficacemente intrappolate, mentre molecole troppo grandi non riuscirebbero a entrare nella cavità e quindi non potrebbero formare questo tipo di complessi. In questo modo si realizza un riconoscimento molecolare che è basato sulla dimensione e sulla polarità della molecola guest.

H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H α- CD H β- CD H γ- CD H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H H Ciclodestrina Molecola organica apolare Complesso di inclusione Figura 2. In alto: struttura delle ciclodestrine α, β e γ. In basso: la forma toroidale della ciclodestrina permette di inglobare molecole organiche formando complessi di inclusione. La formazione di complessi di inclusione di ciclodestrine con molecole organiche ha trovato numerose applicazioni in settori molto diversi fra di loro. Per esempio l inclusione rende meno volatili alcuni composti organici dall odore sgradevole; perciò l aggiunta delle ciclodestrine è servita a mascherare odori o sapoti eccessivamente sgradevoli di farmaci (per esempio gli estratti di aglio); ciclodestrine legate a tessuti sono utilizzate nell abbigliamento per inglobare le sostanze odorose che si sviluppano durante un attività sportiva rendendo meno sgradevole il capo di abbigliamento (e lo sportivo!) dopo l uso. Anche sostanze dall odore gradevole quali i profumi o gli aromi alimentari possono essere inglobate: in questo caso lo scopo dell uso di ciclodestrine sta nella possibilità di rilasciare lentamente l aroma, rendendone più durevole nel tempo l effetto; perciò sono state descritte applicazioni alla fabbricazione di accessori ed oggetti profumati e per aumentare la sensazione di fragranza di alimenti. Una delle applicazioni più importanti è però nell industria farmaceutica, in cui la formazione di complessi di inclusione viene utilizzata per incapsulare farmaci al fine di proteggerli dalla degradazione o viceversa per evitare che il farmaco dia luogo ad effetti indesiderati (ad esempio il farmaco Brexin sviluppato dalla Chiesi farmaceutici di Parma). Il complesso di inclusione di un principio attivo in una ciclo destrina viene considerato come un entità nuova e quindi un nuovo farmaco. Bisogna però dimostrare che le due molecole siano veramente unite in un complesso stabile. C è quindi il problema di quali tecniche si possano utilizzare per dimostrare che il complesso di inclusione è qualcosa di reale e non semplicemente un cartoon nato dalla fantasia di un chimico. La Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) La tecnica di risonanza magnetica nucleare è molto utilizzata in diversi settori. I due principali sono nella diagnostica per immagini (NMRI) in medicina e nella determinazione strutturale di molecole organiche e

biomolecole. Il principio su cui si basa è legato alla presenza nei nuclei di alcuni atomi, di un momento di dipolo magnetico derivante dal moto di rotazione (spin) delle cariche presenti. Questa proprietà dipende dal tipo di nucleo e da un numero detto numero quantico di spin nucleare (I) che è un multiplo di ½. Quando un nucleo con I diverso da 0 viene posto in un campo magnetico, sono possibili diversi stati (in numero di 2I+1) con orientazione diversa del momento di dipolo magnetico rispetto al campo magnetico esterno; questi corrispondono a stati ad energia diversa. I nuclei che si trovano nello stato ad energia più bassa possono assorbire energia sotto forma di radiazione elettromagnetica per passare agli stati ad energia maggiore. Poiché la differenza di energia è bassa, la radiazione necessaria per provocare queste transizioni cade nel campo delle onde radio. Per il nucleo di un atomo di idrogeno, costituito da un protone, il numero quantico di spin vale ½ e sono possibili due soli stati indicati con +1/2 e -1/2, corrispondenti ad una situazione in cui il momento di dipolo dei nuclei descrive un moto di precessione (simile a quello di una trottola) attorno all asse verticale del campo magnetico, con le orientazioni indicate in figura. a) b) B 0 µ z = -I γ (h/2π) = - ½ γ (h/2π) µ z = I γ (h/2π) = ½ γ (h/2π) E - ½ E = ½ γ (h/2π) B 0 µ z µ ½, - ½ ½ E = -½ γ (h/2π)b 0 µ µ z 125 16 54 44 In assenza di campo magnetico: stessa energia B 0 In presenza di campo magnetico: più stabile quello concorde Figura 3. a) Stati di spin nucleare per l idrogeno immerso in un campo magnetico B 0 µ = momento di dipolo magnetico µ z = componente del momento di dipolo magnetico lungo z (direzione del campo magnetico). b) Energia degli stati di spin nucleare per l idrogeno in funzione del campo magnetico esterno. La differenza di energia fra questi due stati è espressa dalla formula: E = γ (h/2π) B 0 dove B 0 è il campo magnetico e γ è il rapporto giromagnetico, una costante che dipende dal nucleo in esame e h la costante di Planck (6.6256 10-34 Js). La frequenza della radiazione assorbita è data dalla formula di Planck: E = h ν Dove ν è la frequenza della radiazione elettromagnetica. Per il protone, con un campo magnetico di 2.3488 Tesla, la frequenza della radiazione necessaria cade nel campo delle onde radio = 100 MHz. Tali valori di campo magnetico sono ragiunti nei moderni apparecchi NMR mediante l uso di superconduttori che lavorano a temperature estremamente basse (immersi in elio liquido). Gli strumenti devono perciò avere una parte che produce il campo magnetico perfettamente isolata termicamente dall esterno e richiedono una manutenzione molto accurata. Inoltre sono dotati di dispositivi di elettronica molto elaborati.

N 2 liquido He liquido Superconduttore Figura 4. Spaccato di un magnete a superconduttore usato per generare il campo magnetico esterno in un esperimento NMR. Il campione viene immesso al centro del campo magnetico dall alto lungo il condotto verticale e in genere si trova a temperatura ambiente. Il superconduttore è immerso in elio liquido, a sua volta protetto da uno strato di azoto liquido. Le bobine per la produzione e la ricezione delle onde radio e per la generazione di gradienti sono inserite in basso e circondano il campione. In una molecola che contiene tanti protoni, il campo magnetico effettivamente sentito da ciascuno dipende dal suo intorno chimico (quanti atomi e quanti elettroni lo circondano e secondo quale geometria) B eff = B 0 B el Dove B el è il campo magnetico generato dagli elettroni, che si oppone al campo esterno. Perciò protoni che si trovano in intorni non equivalenti daranno assorbimento a una frequenza diversa, la cui posizione rispetto ad un riferimento prende il nome di chemical shift e viene indicata con δ i e si indica in parti per milione (ppm): δ i = (ν i ν st /ν str ) 10 6 Dove ν i è la frequenza del segnale di assorbimento, ν st è la frequenza del segnale di uno standard (in genere tetrametilsilano) e ν str è la frequenza di lavoro dello strumento. Questa scala viene usata per evitare di avere numeri a sei cifre che differiscono solo per le ultime cifre. Uno spettro NMR è quindi costituito da una serie di righe o gruppi di righe la cui posizione dipende dalla posizione dei nuclei (a quindi degli atomi) nelle molecole. Le informazioni fornite dallo spettro NMR sono: 1- Quali sono le caratteristiche dell intorno chimico di un singolo nucleo. 2-Quanti nuclei dello stesso tipo sono presenti nella molecola (dall area dei segnali) 3- A quanti nuclei è vicino il nucleo che ci dà un certo segnale ( dal numero di righe in cui si suddivide il segnale di ciascun nucleo). Con queste informazioni si può con un po di esercizio ricomporre il puzzle e stabilire la formula della molecola in esame. Questo non è sempre immediato. E una delle cose che si impara nei corsi di Laurea in Chimica. Come ci può aiutare questa tecnica a dimostrare che si è formato un composto di inclusione? Se una molecola si trova da sola in soluzione, i suoi nuclei di idrogeno avranno un certo intorno chimico. Se però noi la mettiamo in contatto con un altra molecola che la ingloba, l intorno chimico cambierà significativamente. Nel caso dell inclusione in ciclodestrine, gli atomi della molecola che si troveranno dentro al cavità saranno circondati da altri atomi e quindi da più elettroni e risentiranno quindi di un campo magnetico minore, in quanto saranno maggiormente schermati.

Se consideriamo l equilibrio: H + G H--G Registreremo uno spettro di una molecola da sola e in presenza di ciclodestrina. Avremo che se il complesso HG non si forma, lo spettro di G rimarrà lo stesso in assenza o in presenza di G (cioè di ciclodestrina). Se il complesso sarà completamente formato avremo uno spettro che rispecchia la posizione dei nuclei nel complesso HG. Se il complesso è solo parzialmente formato, la situazione sarà intermedia e vedremo i segnali posizionarsi a un valore intermedio. Il cambiamento della posizione dei segnali ci fornisce una prova che il complesso si forma, l entità dello spostamento dei segnali ci può fornire informazioni su quanto il complesso è stabile. Tecniche di NMR avanzate L affermarsi delle tecniche NMR ha stimolato lo sviluppo di sistemi particolarmente raffinati dal punto di vista strumentale che permettono di misurare altre proprietà molecolari, oltre quelle descritte nel precedente paragrafo. In particolare, oggigiorno si fa un largo uso delle tecniche ad impulsi. Dosando opportunamente la direzione, la durata e la fase degli impulsi di radiofrequenze che colpiscono il campione si possono indurre i nuclei a compiere dei percorsi durante i quali raccolgono informazioni su ciò che sta loro intorno in maniera più precisa. La descrizione di queste tecniche avanzate richiede un bagaglio di conoscenze che in genere si acquisisce solo agli ultimi anni di Università. Tuttavia è possibile dare un idea della potenza di tali tecniche menzionando alcuni risultati che oggigiorno è possibile raggiungere con esperimenti di routine: 1-Si possono ottenere spettri in cui segnali molto vicini fra di loro vengono distinti, passando da spettri monodimensionali a mappe bidimensionali (si puo estendere questo procedimento anche a tre dimensioni). 2-Si possono ottenere spettri solo di una parte della molecola (ad esempio un ammino acido in una proteina) 3-Si possono ottenere delle informazioni su quali nuclei sono vicini a quali altri nella molecola (in termini di legami) 4-Si possono ottenere informazioni su quali nuclei sono vicini a quali altri nello spazio, anche se fra gli uni e gli altri ci sono molti legami (per effetto del ripiegamento della molecola dato dalla sua conformazione ). Da questa informazione si possono generare delle strutture tridimensionali di molecole anche complesse come le proteine. 5-Si possono misurare proprietà che dipendono dalla mobilità della molecola o dei suoi gruppi dalla capacità di perdere energia (rilassamento). 6-Si può valutare il coefficiente di diffusione, dalla capacità di un nucleo di cambiare posizione nel campo magnetico. L esperimento DSY (Diffusion rdered SpectroscopY) Proprio a quest ultima proprietà fa riferimento l esperimento che faremo. Applicando un gradiente di campo magnetico (cioè un campo magnetico che varia progressivamente lungo l asse verticale, lungo la direzione del campo magnetico) che si aggiunge al campo magnetico statico dello strumento, ogni punto avrà un campo magnetico che dipende anche dalla sua posizione; il campo magnetico di cui risente (B) sarà espresso da. B= B 0 +G z z Dove B 0 è il campo magnetico statico, G z è il coefficiente del gradiente e z è la posizione lungo l asse verticale. Quindi due atomi di idrogeno che abbiano lo stesso intorno chimico in assenza di gradiente ma diversa posizione lungo la verticale daranno un segnale di assorbimento alla stessa frequenza, mentre in presenza di un gradiente daranno origine a due righe distinte. Con un insieme di un impulso di radiofrequenze e di intervalli di tempo calibrati si riesce a riportare le due righe allo stesso valore, cioè a rifocalizzarle (come se mettessimo a fuoco una immagine sdoppiata), riottenendo una riga unica. Questo avviene nell ipotesi che durante il tempo dell impulso gli atomi di idrogeno (o meglio le molecole che li contengono) non si siano spostati. Se invece si sono spostati (per effetto del fatto che diffondono, cioè si

spostano in soluzione), otterremo una parte del segnale andrà perso perché non sarà rifocalizzato e si perderà nel rumore di fondo. Si può paragonare questo effetto a quello che succede fotografando un soggetto in cui ci siano alcuni oggetti fermi e alcuni in movimento: gli oggetti che sono rimasti fermi saranno molto ben visibili, quelli che si sono mossi un poco saranno un po meno definiti, mentre quelli in rapido movimento saranno non più identificabili, ma la loro traccia sarà sparsa per tutta la fotografia, sparendo nel rumore di fondo. Potremmo valutare la velocità con cui si spostano gli oggetti facendo fotografie con tempi più o meno rapidi: se il tempo è molto breve vedremmo tutti gli oggetti fermi, con un tempo medio vedremmo in movimento solo gli oggetti che si spostano più rapidamente, infine con un tempo molto lungo vedremmo mossi tutti gli oggetti che si spostano. Così nell esperimento DSY l intensità dei segnali di risonanza dei nuclei di idrogeno (I) dipende dal coefficiente di diffusione D, che misura la velocità con cui le molecole si spostano, e dall intervallo di tempo τ usato nella rifocalizzazione. I = I 0 e -bd cioè ln(i/i 0 )=-bd Dove I 0 è l intensità iniziale, e un numero (numero di Nepero) che si usa come base dei logaritmi naturali (circa 2.7183) b è un coefficiente che dipende dal tempo τ e D è il coefficiente di diffusione. Il coefficiente di diffusione a sua volta è direttamente proporzionale rispetto alla temperatura T e inversamente proporzionale rispetto al raggio idrodinamico (r H ), vale a dire alla dimensione della molecola: D = cost T/r H Compiendo una serie di esperimenti con diverso tempo (cioè facendo variare il coefficiente b) si può ricostruire per ciascun segnale il coefficiente di diffusione D. Se si analizza una miscela di sostanze, nello spettro NMR vedremo tutti i segnali dei nuclei di idrogeno delle molecole presenti. Con l esperimento DSY si possono separare i segnali in base al loro coefficiente di diffusione. I segnali dei nuclei della stessa molecola daranno lo stesso valore di D, mentre quelli di molecole differenti con differente D saranno distinti. Questa distinzione viene evidenziata suddividendo i segnali in una seconda dimensione che distingue i valori del logaritmo di D. I segnali di nuclei di idrogeno della stessa molecola si troveranno sulla stessa riga e i segnali di molecole diverse si troveranno su righe diverse, come illustrato nella figura 5 per una miscela di acqua, glicole etilenico e caffeina che hanno coefficienti di diffusione decrescenti nell ordine indicato. Perciò con questo esperimento si riescono a separare gli spettri delle singole molecole senza separare i rispettivi composti, ma basandosi sulla loro capacità di migrare; perciò si dice che è l equivalente NMR di una cromatografia quale l HPLC o la GC. a) b) Log D Diffondono lentamente CH 3 H 3 C N N N CH 3 N CH 2 H CH 2 H H HG H D HD G Diffonde velocemente Figura 5. a) Un esempio di esperimento DSY: i segnali dello spettro NMR (in alto) sono quelli delle tre sostanze indicate; misurando il coefficiente di diffusione si separano i gruppi di segnali che corrispondono alla stessa molecola; la caffeina, essendo più grande ha coefficiente di diffusione più basso (logd = -9.25), mentre l acqua parzialmente deuterata (HD) presenta un valore più elevato (log D = -8.75). b) Illustrazione dell effetto della formazione di un complesso di inclusione sulla velocità di diffusione della ciclodestrina e del suo guest. Nel complesso (HG) le due molecole diffonderanno con la stessa velocità.

In che modo questo esperimento ci può indicare la formazione di un complesso di inclusione? Poiché la ciclodestrina deve contenere il suo guest, la sua dimensione (e quindi il raggio idrodinamico) sarà maggiore di quello del guest. Quindi se misuriamo il coefficiente di diffusione dei due componenti separati troveremo più grande quello del guest e più piccolo quello della ciclodestrina. Se però si è formato un complesso di inclusione, le due molecole formeranno un unica supramolecola (HG) e quindi si muoveranno come un'unica specie, osserveremo un coefficiente di diffusione unico sia per la molecola ospitata che per la ciclodestrina. Cioè potremo verificare che le due molecole viaggiano insieme perché si sono associate in maniera stabile. Istruzioni operative Sebbene concettualmente elaborato, l esperimento è relativamente semplice da preparare. 1-Si preparano tre soluzioni: una soluzione di β-ciclodestrina, una della molecola guest (nel nostro caso acido N(dansil)glutammico) e una terza contenente entrambi i composti in rapporto 1:1 in acqua deuterata (perche i nuclei di deuterio assorbono in una zona diversa da quelli dell idrogeno e quindi non coprono i segnali delle molecole che analizzeremo). Si mettono le soluzioni in tubicini per NMR da 5 mm di diametro. 2-Per ciascuna soluzione si registra lo spettro NMR con lo strumento a impulsi disponibile presso la nostra Università (frequenza di lavoro 300 MHz per i nuclei di idrogeno). 3-Si riportano le posizioni dei segnali (chemical shifts) di ciascuna molecola da sola e nella miscela. 4-Per ciascuna soluzione si registra lo spettro DSY e si annotano i coefficienti di diffusione osservati. 5-Si riportano in tabella i coefficienti osservati per le sostanze da sole o in miscela. 6-Si traggono le conclusioni sull esistenza o meno di un complesso di inclusione.