APPUNTI INTERPRETATIVI PER PROMUOVERE COMUNITÀ COOPERATIVE INTERGENERAZIONALI



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APPUNTI INTERPRETATIVI PER PROMUOVERE COMUNITÀ COOPERATIVE INTERGENERAZIONALI di Renato Briante VERSO UN ECOLOGIA RELAZIONALE Politiche di partecipazione e strategie di cittadinanza sociale Lab-Forum FSE ISFOL FLAI-lab 1 dicembre 2011

APPUNTI INTERPRETATIVI PER PROMUOVERE COMUNITÀ COOPERATIVE INTERGENERAZIONALI Paradossalmente il punto di forza delle politiche giovanili sta proprio nella possibilità del loro azzeramento, ovvero nella capacità di tutti gli stakeholders di comprendere l importanza di poter ricominciare, partendo dal riconoscimento degli errori commessi e dalla lettura delle esperienze trascorse. L azzeramento non si riferisce ai principi alla base delle politiche per i giovani, ma tiene conto delle concrete ricadute delle azioni prodotte sulla loro usabilità, misurata in termini di efficacia, efficienza e soddisfazione, in rapporto ai destinatari finali. Nessuno può permettersi, soprattutto partendo dal centro di una situazione di crisi economica e sociale, di mettere in dubbio la centralità delle politiche giovanili nei processi di sviluppo delle comunità locali, come punto da cui partire per l attivazione di reti di prevenzione al disagio e all emarginazione, sulle quali fondare una buona società. Questa scelta permette una misurazione continua dei livelli di dinamicità sostenibile di una comunità che vuole crescere: laddove gli indirizzi operativi tengono in considerazione la partecipazione attiva e consapevole dei giovani e dove gli stessi si sentono corresponsabili dei percorsi di costruzione del proprio sistema organizzativo, allora potranno sorgere comunità nelle quali ogni persona si potrà riconoscere, in ogni momento del ciclo della vita, sentendosi protagonista del proprio percorso individuale e, al contempo, disponibile a condividere obiettivi e scelte con gli altri. È così che si costruiscono i processi di strategia relazionale. Ed è così che i padri potranno lasciare ai figli società non costruite solamente a propria immagine e somiglianza e, soprattutto, in considerazione di bisogni e di obiettivi inattuali o sorpassati dai tempi e dagli eventi, ma in grado di prevedere le reali e dinamiche esigenze di una comunità in continua evoluzione. Diciamocelo: pur contenendo temi e considerazioni di assoluto valore, gli appuntamenti epocali che hanno accompagnato il dibattito sulle politiche giovanili negli ultimi decenni, partendo dal contrasto alla devianza, per giungere al tempo libero, all educazione alla cittadinanza e al tema sull autonomia, sono giunti tutti con considerevole ritardo, ovvero quando il caso era assolutamente conclamato e allo stato di emergenza, e troppo spesso gli argomenti usati riflettevano le impostazioni culturali e ideologiche appartenenti alle epoche e alle esperienze precedenti, proprio perché impostate su indicatori valoriali dell età adulta. E se il tempo della settorializzazione del disagio è stato superato dalla scarsità delle risorse e dalla prorompente globalizzazione, per cui si è finito di pensare ai giovani solo allorquando ricadevano nei gironi delle categorie dell emarginazione sociale, ed erano visibili ed economicamente interessanti solo in quanto tossicodipendenti e alcoolisti, disabili, criminali, disoccupati e inoccupati o, peggio, vittime della violenza, ciononostante per tornare a pensare a loro in un accezione più ampia, si tende a configurarli all interno di una specifica categoria, quella dei giovani, per forza delle cose, disagiata ed emarginata in quanto tale. E questo è sufficiente a considerare tutti gli appartenenti a questa categoria alla stregua delle Regioni ex Obiettivo 1, in credito di assistenza, di risorse, di aiuti, soprattutto provenienti dall esterno e, cosa veramente grave e catastrofica, per questo utilizzabili in deroga a programmi, strategie, business plan, specifici percorsi formativi, senza un attenta analisi dei risultati e delle ricadute. Il più delle volte, in deroga alla stessa partecipazione diretta dei giovani. A questo proposito è interessante ascoltare il punto di vista di un terminale della cultura giovanile, attraverso un intervita rilasciata dal rapper Fabri Fibra al mensile Rolling Stone: il problema è che le vecchie e nuove generazioni stanno troppo in contatto. I ragazzi ascoltano troppo gli adulti, cioè quelli che gli hanno creato problemi. Gli adulti dicono: bisogna dare spazio ai giovani, e intanto continuano a prenderselo tutto. 2

Una delle debolezza del nostro sistema adulto risente di un epoca nella quale il ricorso estremo alle ideologie ha tramandato in molti la convinzione che i principi e i valori di base abbiano lo stesso peso a prescindere dalla loro reale usabilità, in un determinato contesto spazio/temporale. Pertanto, il loro valore non può essere calcolato sulla base dei risultati prodotti e sulle reali ricadute nei contesti locali, ma ci si accontenta di esaltare il profilo etico dell enunciato. In pratica, il principio viene disgiunto dalla propria esigibilità. Il lavoro, per esempio, è un diritto inalienabile e perciò costituisce un principio irrinunciabile. Ma il semplice fatto di contemplarlo all interno di ogni sistema normativo, dalla sacralità costituzionale fino al regolamento della circoscrizione, non ne fa automaticamente un diritto esigibile. Anzi, a nessun livello si prevede una clausola di risarcimento che i diversi livelli di istituzioni - che costantemente ne disattendono la più elementare applicazione - dovrebbero corrispondere alle molteplici categorie di illusi. Né si prevedono sanzioni contro quelle persone che pur avendone la possibilità, vi rinunciano o, comunque, non si attengono all enunciato dell art. 4 della Costituzione, per cui ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Troppo spesso abbiamo lasciato che diritti, come quelli di cittadinanza e di pari opportunità, progredissero e si affermassero nella dimensione declamatoria e, a volte culturale, pur senza garantirli sul versante della esigibilità e sostenibilità e, nell accezione tecnica, della usabilità. Ecco, i giovani hanno paura che i diritti dei giovani diventino politiche di principio, ma che restino, di fatto, impraticabili, che non portino a risultati concreti. Per questo sembrano sordi, perché non credono alle nostre soluzioni in quanto drammaticamente vincolate al nostro concetto di società e di sviluppo. E anche di relazione. Sono sempre gli adulti a imporre le regole del sedersi al tavolo nei confronti e nelle trattative. Sono gli adulti ad affermare il metodo, in virtù della propria esperienza. Sono gli adulti a comporre l agenda degli obiettivi. Nessuno dice mai: partiamo da zero. Mettiamo sul tavolo le risorse comuni, valutiamo le competenze gestibili, ascoltiamo i bisogni e le esigenze di percorso, le regole per le adesioni e gli impegni. E lasciamo che siano gli stessi giovani a gestire e a organizzare le fasi di creazione, definizione e gestione dei loro programmi e delle loro risorse, assumendosene appieno la responsabilità, limitandoci, da adulti, a condividerne i processi e le applicazioni all interno delle comunità integrate. Il giovane ha il vantaggio di limitare l interesse per il passato e per il futuro, preferendo parlare e investire sul presente. Il passato e il futuro dei giovani si misurano e si definiscono nell oggi e per questo riassumono tutta la certezza del percorso strategico. È adesso che il giovane, anche grazie all esperienza condivisa, intende discutere il ciclo della propria vita cercando, più che sicurezze, riferimenti concreti per fotografare la realtà della propria dimensione dinamica di giovane adulto, adulto e quindi anziano, in rapporto all ambiente, al territorio, alle reti dell economia globale e al modello di relazioni possibili, analizzati nella loro configurazione attuale e, soprattutto, nel processo di evoluzione temporale. Concedendo al progetto la possibilità di misurare il valore dei principi di riferimento anche in termini numerici. Se analizziamo i fatti, il fallimento dei piani strategici poggia, in generale, su due punti chiave: l immissione di dati statici, che non ci permettono di capire quale sarà la realtà sociale ed economica che dovremo affrontare nel corso della programmazione; e l insufficiente partecipazione degli attori sociali ed economici, che in gran parte rimangono gruppi silenziosi e non classificabili. Per essere credibili, pertanto, i piani strategici devono introdurre indicatori di valutazione dei livelli di partecipazione attiva delle parti sociali, nonché sistemi di organizzazione, aggiornamento e verifica continua dei dati. Nel caso delle politiche giovanili, si realizza una proiezione automatica dei cicli della vita individuali e, in termini aggregati, delle dinamiche di crescita di una comunità. 3

Agire sulla proiezione dinamica dei cicli della vita, considerando al centro la condizione di passaggio tra l essere minore e l età adulta, allontana il concetto di integrazione dal motivo dell emergenza, che risulta uno degli elementi inconciliabili con la natura stessa dell essere giovane. Occorre, invece, favorire i processi di inclusione naturale e partecipata della persona che trasferisce il proprio bagaglio esperienziale dalla fase adolescenziale a quella adulta, all interno di un percorso strategico dei cicli della vita, inserito in un sistema locale di prevenzione e di accompagnamento. In questo senso, il percorso inclusivo riguarda la persona, mentre il processo di integrazione comprende la rete di supporto degli attori istituzionali e dei riferimenti, pubblici e privati, presenti sul territorio. Ecco che la persona rappresenta il soggetto al quale noi ci rivolgiamo, in quanto attore principale dei processi di sviluppo e di crescita, al di là di qualsiasi categoria particolare di appartenenza o di specificazione. L essere parte di una categoria specifica, in subordine all essere persona, mette in moto il meccanismo dei diritti di cittadinanza e la relativa organizzazione e gestione delle reti locali dei servizi sociali e socio-sanitari. Soltanto in terza battuta, ma non privo di importanza collettiva e soggettiva, si propone la raffigurazione dell utente, soggetto titolare di diritti/doveri che derivano dal rapporto tra livelli di esigibilità del servizio, qualità dello stesso e contesto economico di riferimento. Quando parliamo di strategie per lo sviluppo, non possiamo assolutamente prescindere dalla contestualizzazione della matrice economica: l economia sociale, pertanto, è il luogo nel quale le relazioni umane si confrontano con le risorse accessibili e questa è l unica opzione possibile affinché si possa parlare di servizi o programmi esigibili. Il valore aggiunto non consiste nella qualità delle relazioni umane che si instaurano all interno della comunità, ma nel metodo di valutazione delle relazioni: il bene relazionale non si misura soltanto in termini di efficacia/efficienza ma di reciprocità. In una relazione etica l indicatore principale è rappresentato dai livelli di ben-essere equamente distribuiti tra le parti in correlazione. L autonomia dei giovani, per non sfociare nel disinteresse e nell egoismo, deve coniugarsi con il concetto di responsabilità e, più compiutamente, responsabilità sociale: io ho la capacità di prendermi responsabilmente cura di determinati traguardi e del raggiungimento di obiettivi concreti. E dal momento che la responsabilità sociale non può essere assolutamente autoreferenziale, ovvero rivolta unicamente verso sé stessi ma comprende necessariamente l io in relazione con altri, si è veramente autonomi quando ci si sente pronti ad occuparsi della comunità, anche attraverso la valorizzazione di risorse che ci appartengono. In questo modo si avvia un processo di definizione dell autonomia solidale per mezzo del quale la nostra crescita personale diventa un bene comune in funzione dello sviluppo della comunità. In una rete di autonomia solidale i conflitti vengono affrontati attraverso la mediazione. La mediazione con i minori e i giovani non deve ricercare a tutti i costi la soluzione del problema ; piuttosto deve recuperare le cause dalle quali trae origine, all interno della comunità, individuando gli altri soggetti protagonisti (docenti, educatori, familiari, branco, etc.). Non si risolve, pertanto, attraverso la tradizionale individuazione delle figure del colpevole e della vittima, ma tende ad avviare una trasformazione del conflitto in un processo che si colloca all interno della Comunità, creando relazioni e connessioni paritarie tra minore o giovane e altri agenti. Più che l integrazione, che continua ad essere un termine ambiguo per il giovane, perché rimanda ad una lettura del contesto adulto l integrazione avviene sempre in un luogo evocato dagli adulti e, pertanto, non accessibile e condivisibile, conta la ricerca di una terra comune sulla quale avviare un patto di cooperazione, a fronte di obiettivi strategici non uguali ma compatibili. 4

Per raggiungere questo obiettivo occorre per ambedue le parti liberare sé stessi da ogni preconcetto dell altro. Inoltre, per i giovani la promozione della sicurezza urbana prevede l utilizzo di un etica assolutamente priva di pregiudizi morali. Non è assolutamente negoziabile il diritto alla formazione e al lavoro, con la disperazione propria di chi è consapevole, senza ragione di dubbio, di aver ereditato una società nella quale questi beni sono a rischio. In questo ambito ci si scontra inevitabilmente all interno di una contraddizione senza speranza. Il giovane tende a partire dalla declinazione di un diritto: quello di scegliere liberamente la propria strada. Cosa voglio fare? Ed è pronto a misurare le proprie ambizioni mettendo in campo i coefficienti di capacità/abilità. Coefficienti che, alla luce della condizione attuale di crisi si scontrano con altri coefficienti critici: a) Disponibilità/limitatezza b) Contesto/possibilità L adulto controbatte con un impostazione differente dell offerta: Cosa devi fare. (Utilità/Imposizione). Mediazione possibile: Cosa puoi fare?: a) Formazione, saperi, motivazione, conoscenza, volontà b) Opportunità del territorio c) Strategia (tempi, rapporto contesto, risorse) Il Territorio di confronto è la comunità, non intesa come strada/percorso individuale, nella quale predomina il soggetto o il gruppo più forte; ma neanche intesa come luogo delle relazioni burocratiche, in cui si subisce il peso di relazioni statiche, di potere e di controllo. Occorre rafforzare la costruzione di Comunità Cooperative, spazi aperti e tra pari edificati sui cinque pilastri architettonici del vivere comune: partecipazione, responsabilizzazione, comunicazione, condivisione e reciprocità. 5