UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL SANNIO FACOLTÀ DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI Corso di Laurea in Economia e Commercio TESI DI LAUREA in ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO LA DIVISIONE DEL TESTATORE RELATORE CANDIDATO Ch.mo Prof. CARLO LETTIERI VINCENZO VERDICCHIO matr. 027/001026 CORRELATORE Ch.ma Prof.ssa FRANCESCA CARIMINI ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Introduzione La comunione ereditaria si determina allorché il de cuius abbia omesso di provvedere ad una preventiva divisione nel testamento, ai sensi dell art. 734, comma 1, c.c. La comunione ereditaria pertanto si forma quale effetto legale della successione nell eredità del defunto di una pluralità di soggetti che abbiano accettato l eredità loro devoluta per testamento o per legge, anche se essi succedano per rappresentazione, senza che sia possibile individuare immediatamente la concreta porzione attribuita a ciascuno di essi, per cui ad ogni coerede spetterà unicamente una quota astratta dell eredità medesima. La comunione ereditaria, così come quella ordinaria, può essere fatta cessare in ogni momento, quando esista l accordo dei coeredi o per effetto della richiesta di uno qualsiasi dei partecipanti (art. 713, comma 1, c.c. ed art. 1111 c.c.). Nell ambito dei modi di scioglimento della comunione ereditaria si distingue la divisione in senso stretto, quale atto o serie di atti attraverso i quali si passa dalla preesistente situazione di contitolarità tra i compartecipi rispetto all eredità intesa in senso oggettivo, ad una situazione di titolarità solitaria di ciascun coerede in ordine a porzioni determinate dell eredità economicamente corrispondenti al valore della quota. L espressione divisione testamentaria è polisensa, in quanto racchiude in sé alcune ipotesi, previste dalla legge e rientranti nella più generale autonomia II
testamentaria, concesse al testatore di disporre in ordine ai propri beni che cadranno in successione. Distinte tra loro, esse hanno come tratto comune che al testatore è consentito di disporre in vario modo in ordine alla futura attribuzione dei beni trasmessi ai suoi successori a titolo universale, i quali abbiano accettato l eredità. Solo in questo caso, si può parlare di divisione testamentaria in un accezione ampia e comune a tutte le previsioni racchiuse negli artt. 733 e 734 c.c. Infatti, i singoli istituti, rimodellati dal nostro legislatore rispetto al passato, prevedono possibilità di intervento da parte del testatore nella divisione con effetti e natura diversi tra loro. La divisione testamentaria trae le sue origini storiche dalla c.d. divisio parentis inter liberos del diritto romano, nata in età classica come divisione delle cose ereditarie attuata dal padre tra i figli eredi pro quota per successione legittima o testamentaria: siffatta divisio trovava esecuzione ad opera dell arbiter del giudizio divisorio o degli stessi coeredi con atti privati; poteva essere disposta per atto mortis causa ma anche per atto inter vivos, a partire da Costantino pure dalla madre, col rispetto delle regole di forma prescritte da Giustiniano nelle sue Novelle. Ai sensi del vigente codice civile, il testatore può effettuare la divisione direttamente, secondo quanto previsto dall art. 734 c.c.: è questo il caso della divisione fatta dal testatore, o semplicemente divisione del testatore, comunemente definita anche come assegno divisorio qualificato. Rientra, III
invece, nell assegno divisionale o divisorio semplice la possibilità che il testatore detti norme per la effettuazione della divisione, che obblighino gli eredi, secondo quanto previsto dall art. 733, comma 1, c.c. Nel sistema del nuovo codice l affermazione dell art. 734 c.c., secondo cui il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi, se si ricollega in generale alla libertà, riconosciuta dall art. 587 c.c., di disporre mortis causa tramite testamento di tutte le proprie sostanze o di parte di esse, trova in particolare implicita conferma nell art. 588 c.c., secondo cui l indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio. A norma dell art. 733, comma 1, c.c., il testatore, senza direttamente procedere alla divisione, può limitarsi a stabilire criteri distributivi, da seguirsi nella composizione dei lotti, in sede di successiva divisione ordinaria: criteri vincolanti per gli eredi, salvo che ne derivi la mancata corrispondenza del valore dei beni al valore della quota. Trattasi del cosiddetto assegno divisorio semplice o obbligatorio, che può anche esaurire il contenuto dell atto testamentario, il quale in questo modo si limita a regolare la divisione della comunione originatasi dalla successione legittima. In presenza di semplici norme per la divisione, dettate dal testatore ex art. 733 c.c., non si attua l effetto tipico della divisione testamentaria, consistente nel prevenire il sorgere della comunione tra i chiamati. Di qui la necessità di IV
procedere, successivamente, a divisione ordinaria tra i coeredi: salvo, in tale sede, il diritto spettante ad ognuno dei condividenti di veder attuate le prescrizioni fissate dal de cuius per la formazione delle porzioni e quindi di vedersi assegnato, a preferenza degli altri, quanto stabilito dal disponente. Invece, secondo l art 734, comma 1, c.c., il testatore assegna i propri beni ai singoli istituiti eredi, attribuendoli in proprietà separata a ciascuno di essi; i successibili, una volta accettata l eredità, ne diventano esclusivi proprietari, in quanto non divengono successori in quote astratte, ma in quelle quote concrete di beni indicate dal testatore nella scheda testamentaria. Una diversa modalità attuativa della divisione del testatore si ha con la possibilità di ripartire concretamente i beni, attraverso assegnazioni specifiche, rappresentative di quote del patrimonio. La divisione del testatore, quando non sia parziale, è incompatibile con le altre tipologie di divisione ereditaria, avendo la particolare caratteristica di impedire che si instauri una comunione ereditaria tra i successori a titolo universale mortis causa del testatore. La trasmissione dei beni ex art. 734 c.c. comporta che essi vengano trasferiti dal momento dell apertura della successione, direttamente e con effetto reale in capo agli eredi assegnatari. La divisione del testatore può avere ad oggetto una parte soltanto dei beni dello stesso. Ove il testatore non abbia disposto di tutti i suoi beni, rispetto a quelli non contemplati si apre, ex art. 734, comma 2, c.c., la successione ab intestato. V
La divisione in esame può anche essere soggettivamente parziale (l opinione è comune in dottrina, nonostante non vi sia un espressa previsione normativa al riguardo), potendosi ipotizzare che il testatore costituisca solo alcune porzioni in capo ad alcuni eredi istituiti in quota, con una duplice conseguenza: la prima è che la divisione è anche, necessariamente, oggettivamente parziale; la seconda, che gli eredi istituiti, ma non assegnatari, sono in comunione ereditaria, soggettivamente ristretta a tali eredi. L art. 735, comma 1, c.c. stabilisce che è nulla la divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti. Tuttavia, l interpretazione preferibile giunge a precisare che l azione di nullità sia esercitabile solo se nel relictum non vi siano beni sufficienti, non compresi nella divisione, a formare le porzioni dei soggetti pretermessi. Il secondo comma dell art. 735 c.c. prevede che il coerede, che sia stato leso nella quota di riserva, possa esercitare l azione di riduzione contro gli altri coeredi. È il caso del legittimario non pretermesso che abbia ricevuto beni di valore inferiore rispetto alla quota di riserva; si giustifica, così, una revisione della divisione effettuata, tanto che la conseguenza, che deriva dall accoglimento dell azione, non è la nullità della divisione ma solo una riduzione della quota attribuita al coerede estraneo, in eccedenza rispetto alla disponibile. Non diversamente dalla divisione contrattuale, è da osservare che l art. 763, comma 2, c.c. prevede la rescissione per lesione della divisione anche nel VI
caso di divisione fatta dal testatore, quando il valore dei beni assegnati ad alcuno dei coeredi sia inferiore di oltre un quarto all entità della quota ad esso spettante. Si tratta di uno strumento di reazione, sottoposto a prescrizione breve, concesso a tutti coloro rispetto ai quali la concreta assegnazione dei beni non corrisponda, nella predetta misura, alla quota dichiarata, non anche al legittimario, il cui unico mezzo di tutela continua ad essere rappresentato dall azione di riduzione, quale che sia «l entità della lesione della quota riservatagli». Non sussistono dubbi, infine, in ordine alla possibile applicazione dell art. 758 c.c., norma dettata per la divisione tra coeredi, alla divisione del testatore, per cui si ritiene che i singoli assegnatari siano vicendevolmente tenuti alla garanzia per evizione. L estensione appare giustificata, sia sotto un profilo strettamente esegetico, sia dal punto di vista sistematico. Al primo riguardo, può rilevarsi coma la formulazione letterale della norma citata (ove si parla di «coeredi» anziché di condividenti) sia idonea a ricomprendere anche gli assegnatari di porzioni predisposte dal testatore; sotto il secondo profilo, si è osservato che la presenza di una divisione testamentaria non altera sostanzialmente la ratio della tutela evizionale. VII
Capitolo I COMUNIONE E DIVISIONE EREDITARIA 1.1 La comunione ordinaria e la comunione ereditaria La comunione, secondo l art. 1100 c.c., è la situazione per la quale la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone. Nell ambito della comunione ordinaria si distingue, dal punto di vista della formazione, tra: a) comunione volontaria, dipendente cioè dalla volontà dei partecipanti alla comunione: più persone, ad esempio, comperano insieme un medesimo bene e ne diventano comproprietarie; b) comunione incidentale, non dipendente dalla volontà dei partecipanti ma che può essere liberamente sciolta. Più persone, ad esempio, ricevono lo stesso bene in eredità e si trovano, indipendentemente dalla loro volontà, ad esserne comproprietarie; c) comunione legale (o forzosa), se nasce dalla legge, alla quale non ci si può sottrarre, non suscettibile di scioglimento (ad esempio il condominio negli edifici). La disciplina della comunione è innanzitutto quella dettata dalla volontà delle parti, in mancanza si applicheranno le regole contenute agli artt. 1101 ss. c.c. Materialmente la cosa comune appartiene per intero a tutti i partecipanti ma idealmente essa si scompone in tante quote quanti sono i partecipanti. A 1
mente dell art. 1101 c.c. le quote dei partecipanti alla comunione, che individuano anche il loro concorso nei vantaggi e negli oneri della comunione stessa, si presumono uguali ma possono per legge o per volontà delle parti essere disuguali fra loro. Quanto al godimento, l art. 1102 c.c. stabilisce che ciascun comunista può fare uso della cosa nella sua interezza purché non ne alteri la destinazione e non impedisca ad altri di farne ugualmente uso. Sotto il profilo della gestione della cosa comune, occorre distinguere gli atti di ordinaria amministrazione (nomina dell'amministratore, approvazione del regolamento della comunione, atti che concernono la conservazione ed il migliore godimento della cosa comune), per i quali è necessario il consenso dei comunisti che rappresentino la quota maggioritaria della comunione, dagli atti di straordinaria amministrazione (innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa, e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti), per i quali è necessario una doppia maggioranza: maggioranza di numero dei partecipanti, che rappresentino almeno i due terzi del valore della cosa (art. 1108, commi 1 e 2, c.c.). Per gli atti di alienazione della cosa comune o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni, 2
poiché incidenti sul diritto di ciascun comunista, è necessario il consenso unanime di tutti i partecipanti e non la sola maggioranza qualificata. Ciascun partecipante, se si tratta di cose divisibili, può chiedere lo scioglimento della comunione, purché questa non sia forzosa o non sia stato pattuito che la contitolarità debba rimanere per un certo periodo di tempo che però non può eccedere il decennio. In caso di indivisibilità si procede alla vendita o all assegnazione del bene ad un singolo partecipante, con riparto di quanto incassato o imputazione alla singola porzione, secondo le regole della divisione ereditaria 1. La comunione ereditaria, spesso indicata come coeredità, si determina allorché il de cuius abbia omesso di provvedere ad una preventiva divisione nel testamento, ai sensi dell art. 734, comma 1, c.c. La comunione ereditaria pertanto si forma quale effetto legale della successione nell eredità del defunto di una pluralità di soggetti che abbiano accettato l eredità loro devoluta per testamento o per legge, anche se essi succedano per rappresentazione 2, senza che sia possibile individuare immediatamente la concreta porzione attribuita a ciascuno di essi, per cui ad ogni coerede spetterà unicamente una quota astratta dell eredità medesima 3. Gli eredi legittimari pretermessi entrano 1 Sulla comunione ordinaria cfr.: F. GALGANO, Diritto privato, 11 a ed., Padova, 2001, p. 175 ss.; P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, Napoli, 1997, p. 193 s.; F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, 3 a ed., Napoli, 1992, p. 263 ss. 2 A. CIATTI, La comunione ereditaria e la divisione, in Diritto delle successioni, a cura di R. Calvo e G. Perlingieri, vol. II, Napoli, 2009, p. 1171. 3 G. F. BASINI, Nozione, e natura, della comunione ereditaria, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, a cura di G. Bonilini, vol. IV, Milano, 2009, p. 3 ss., secondo il quale il fondamento della comunione ereditaria viene ravvisato nell impossibilità di individuare, già all apertura della successione, le porzioni concrete del patrimonio ereditario corrispondenti alle quote astratte di ciascun erede. 3